«L’esperienza in D con il Padova? Eravamo partiti ad Asiago con una quarantina di ragazzi e la porta era aperta a tutti, in particolare ai fuoriquota giovani per valutarli. Sin dall’inizio mi sono raccomandato con i giocatori dicendo loro “non immaginate dove siete, ve ne accorgerete a breve dell’onda gigante del tifo padovano”. Si era creata un’atmosfera e un’unione tra città, società e squadra che non ho più rivisto: i tifosi avevano dimostrato che non conta la categoria, ma l’amore per il Biancoscudo e questo era entrato nella testa dei giocatori. Era una ripartenza e tutti sapevamo dall’inizio che dovevamo portare a casa il risultato finale: avevo una responsabilità maggiore essendo l’allenatore e grazie al cielo sono riuscito a riportare il Padova nei professionisti. Una cosa molto gratificante della quale ancora oggi tutti si ricordano. Il Padova degli ultimi anni? Non ha fatto male perché i punti sono stati tanti, il problema è che sono stati oscurati dal non avere vinto la categoria ed è quello che oggi i tifosi non perdonano. Puoi farne anche cento, ma se qualcuno ne fa uno in più rimarranno delusi perché vorrebbero salire di categoria. Il fatto che in questo momento non ci sia un coinvolgimento con i tifosi non aiuta la società e i giocatori verso un cammino propositivo, mi piacerebbe che si ricreasse l’atmosfera di allora. Il consiglio che do è credere di essere in una grandissima piazza e che la pressione è una cosa bellissima da vivere in maniera positiva»: queste le dichiarazioni rilasciate sulle colonne de “Il Gazzettino” da Carmine Parlato, ex allenatore del Padova.