E’ difficile vincere a Padova? Sì, lo è: per una serie di ragioni, complesse e non di facile lettura. E’ impossibile vincere a Padova? No, non lo è e la dimostrazione sono le promozioni ottenute al primo tentativo dalla D alla C da Giuseppe Bergamin e da Roberto Bonetto e quella al primo tentativo da Roberto Bonetto dalla C alla B. Quali sono i fili conduttori delle due promozioni? Due presidenti in sintonia con l’ambiente, che hanno capito Padova e le sue complessità e che hanno saputo governarla. In entrambi i casi: due allenatori (Parlato e Bisoli) cavalli di razza nelle rispettive categorie. Due direttori sportivi capaci nelle rispettive categorie (De Poli in D, Zamuner in C). Siccome il vero inferno del calcio italiano è la terza serie, cerchiamo di capire perché Giorgio Zamuner è stato l’unico direttore sportivo negli ultimi 14 anni a centrare l’impresa. Ha capito la piazza, l’ha governata, ha usato le sue competenze (ottime) e ha creato un ambiente favorevole all’ottenimento del risultato finale, legando con i tifosi, con la stampa, con le istituzioni nel suo complesso. Ha fallito in B? Sì, per risorse limitate, un po’ per inesperienza, divergenza di vedute con Edoardo Bonetto sulla strategia da usare e sulla figura di Bisoli, che poi successivamente ha dimostrato tutto il suo valore in altre piazze, oltre ad averlo fatto in C a Padova. Ma rimane un dirigente (molto) capace.
Dopo l’eliminazione ai quarti di finale del Padova per mano del Vicenza, che ha dimostrato nel complesso delle due partite di essere più forte sostenuto anche dalla fortuna negli episodi chiave, sul banco degli imputati sale inevitabilmente il grande fautore dell’esonero di Vincenzo Torrente e del mercato di gennaio, ossia Massimiliano Mirabelli: “Se le cose non andranno bene, mi prendo le mie responsabilità e sarò io il responsabile”. Lo disse il ds il 9 aprile, giorno della presentazione di Massimo Oddo. Ieri in sala stampa, però, nessuna traccia di chi avrebbe dovuto metterci la faccia, l’unico a mettercela il più degno, Peghin. Anzi, sollecitato sul perché non si fosse presentato ai microfoni per spiegare il suo fallimento, il diretto interessato si è pure risentito (sostenuto dai propri fiancheggiatori che un tempo giuravano fedeltà a Bonetto e che hanno cambiato casacca alla velocità della luce), con modalità in linea con quanto dimostrato nel corso della sua esperienza a Padova su cui preferisco soprassedere. Tre anni a Padova, risultati sportivi zero, se non quelli economici, ossia le cessioni dei pezzi pregiati, anche e soprattutto grazie al lavoro di altri. Mirabelli sa vendere? Sì, sa vendere e per questo motivo gli hanno rinnovato il contratto fino al 2026 (!!!), il problema è che gli è mancato tutto il resto. In tre anni, si è reso protagonista di una gestione infarcita di tracotanza e di superbia, non ha mai legato con la piazza, è stato difeso anche quando era indifendibile e ha pure fatto l’offeso, c’era sempre un colpevole su cui scaricare la colpa, ha collezionato assenze strategiche nei momenti topici della stagione. Assente in estate quando, a mezzo stampa, si sarebbe dovuto definire l’obiettivo stagionale, cosa che fece a chiare lettere solo Torrente. Assente il 7 settembre, alla presentazione ufficiale della squadra in Prato della Valle. Assente alla cena di Natale, mentre brindava con i suoi collaboratori in un ristorante della zona mentre tutti gli altri erano radunati come ogni anno in un ristorante scelto dalla società, priva di uno dei suoi principali rappresentanti e felice, quasi compiaciuta di questa assenza (…) , lontano da quell’ambiente che gli fa così schifo, ma grazie al quale fa il bello e il cattivo tempo con un superstipendio da tre anni. Tre anni, tre esoneri, sempre convincendo la proprietà che quella era la strada giusta. Possibile sia sempre colpa dell’allenatore? Lo scorso anno quattro giocatori fuori lista con 1 milione buttato al vento. Sì, anche quello va considerato, quando si traccia un giudizio complessivo. L’imperdonabile errore, che se ci fosse una logica dovrebbe portare a immediate dimissioni, è stato quello di quest’anno, quando al primo scricchiolio dopo un girone senza sconfitte Mirabelli, anziché sostenere e ringraziare Torrente che aveva fatto overperformare una rosa costruita con giocatori del Sangiuliano, della Pro Sesto, della Pergolettese, gli ha lavorato dietro le spalle assieme a qualche scontento (oltretutto in panchina pure con la successiva gestione), di fatto affossandolo. Prima con un mercato inutilmente extralarge quando sarebbero bastati due, al massimo tre ritocchi, poi cercando inutilmente di convincere la proprietà che fosse giusto esonerarlo dopo il pareggio col Trento, infine, riuscendo a centrare il suo obiettivo dopo Lumezzane. Chi mi legge sa cosa penso. Ritengo quell’esonero di un allenatore che aveva fatto 70 punti una delle decisioni più infelici che io ricordi da quando faccio questo mestiere. La squadra era in calo? Sì. La squadra non performava più come prima? Sì. Giusto l’esonero dunque? Nemmeno per sogno. Il calo era fisiologico e mentale, dopo un girone e mezzo trascorso a inseguire, con la quasi certezza di arrivare secondi mai veramente scalfita, la squadra si era un po’ persa. Un ds serio e capace si sarebbe rimboccato le maniche e avrebbe sostenuto l’allenatore, invece non gli ha parlato per 20 giorni, facendo trapelare ai suoi fedelissimi quanto stava accadendo anche dentro lo spogliatoio. Col risultato che una piccola parte dei giocatori, evidentemente non dei cuor di leoni, ha alimentato una fronda interna fino a far saltare Torrente.
Tutto risolto, dunque? In un mondo dove la competenza calcistica è un optional, abbiamo letto tante e tali bestialità che si potrebbe scriverne un libro. Prima che il Padova non vinceva più perché bisognava passare al 4-3-3. Quel modulo rinnegato da Oddo nella partita decisiva della sua gestione per tornare al tanto bistrattato 3-5-2, attorno al quale era stata costruita la squadra in estate. Poi non si vinceva più perché era colpa di Torrente e con Oddo sarebbe cambiato tutto. Poi che era colpa di Crisetig e che bastava rispolverare Radrezza e si sarebbe tornati a vincere. Risultato. Due sconfitte senza segnare un gol, sia all’andata che al ritorno, contro il Vicenza, contro cui Torrente non aveva mai perso. Eliminati. Sì, proprio contro quell’avversario preso sempre come termine di paragone nelle poche uscite, accuratamente selezionate dal diretto interessato, per dire che aveva fatto meglio di loro. L’uomo dei sogni? Invece meglio di Mirabelli ha fatto Botturi, da cui il ds dovrebbe prendere lezioni su come costruire una squadra in 20 giorni con quasi la metà dei soldi a disposizione, scegliere l’allenatore giusto, dargli fiducia, difenderlo, gestire il quotidiano e vincere un campionato facendo 80 punti, per giunta dopo aver innestato il freno a mano nella parte finale.
Mirabelli è stato il più contestato (in modo sacrosanto) sabato sera dagli ultras, che non hanno risparmiato neppure Alessandra Bianchi. Nelle cinque gestioni di Oughourlian in cinque anni c’è sempre un filo conduttore e cioè la scelta sbagliata dei dirigenti. Prima, dopo aver individuato Giuseppe Magalini come prescelto (scelta giustissima), ce lo si è fatti soffiare proprio dal Vicenza, poi portato in Serie B al primo tentativo. E si è andati su Sean Sogliano. Un dirigente su cui avevo riposto tante speranze e che a Padova non ha fatto bene nonostante avesse avuto budget pressoché illimitati e carta bianca su tutto. Non lo dico io, lo dicono i risultati ottenuti e basta scorrere la lunghissima lista di giocatori che non hanno reso di quelli portati a Padova (Gabionetta, Mokulu, Bunino, Daffara, Jefferson, Litteri, Zecca tutti con superstipendi, giusto per citarne qualcuno). Un peccato, ma se il diretto interessato fosse onesto in questo momento in cui raccoglie i meritati elogi per quanto fatto a Verona dovrebbe riconoscere che molto da farsi perdonare ha anche lui. Poi, quando è stato mandato via, ecco che si poteva nuovamente prendere Giuseppe Magalini e stavolta, per ripicca per il precedente vicentino, si è scelto Mirabelli. Si può governare la società con le ripicche? Al lettore la risposta. Col risultato che dopo due anni e mezzo Magalini ha portato il Catanzaro prima alla promozione in Serie B e poi a un passo dalla A e il Padova è sempre in Serie C. Con un ds con due anni di contratto da cui ci si aspettano per coerenza dimissioni immediate anche se dovesse avere già in mano la firma di Domenico Toscano, con una dirigenza che non riesce proprio a capire la città e a cui sbattono tutti le porte in faccia. Una volta è colpa del Comune cattivo che non dà gli anni giusti di concessione per il miraggio Padovanello, peccato che dopo ci si metta pure Valentino Turetta il cattivo (???) sindaco di Teolo che dice di no alla proposta biancoscudata per il Centro sportivo di Bresseo. Nessuno che si chieda perché? Basta prendere una calcolatrice e farsi un po’ di conti rispetto alle cifre trapelate e si capiscono tante cose. In tutto questo è intatta la stima per Francesco Peghin, che poteva essere l’unico raggio di luce in mezzo a questo buio e che lo è stato fino a un certo punto. Speravo che avrebbe avuto la forza di difendere Torrente, non è stato così. Ci ha comunque messo la faccia subito. Onore. Perché se Oughourlian sbaglia due volte la scelta dei dirigenti è evidente che abbia una responsabilità precisa, così come nella conferma di dirigenti che porteranno pure soldi in cassa, ma non portano i risultati, quello per cui si compete nel calcio. Continuo ad essere meravigliato che un imprenditore come Oughourlian, che a Lens ha ottenuto risultati strabilianti, non capisca che tutto parte dalla scelta di chi ti rappresenta che, nella migliore delle ipotesi, non ha capito la realtà in cui galleggia senza gloria. Davvero è solo il territorio che non capisce Oughourlian o forse un po’ è anche il contrario? Non so cosa farà Oughourlian, anche se sono in molti ad essere preoccupati che lasci. A questo punto, se esiste un piano B, che lo si valuti davvero. Quello che so è che Padova, come del resto non potrebbero accettarlo città come Vicenza, Trieste e Venezia, non può ridursi a sopravvivere senza prospettive solo in funzione delle plusvalenze dei giovani del vivaio senza uno straccio di risultato. A questo chiunque direbbe “No grazie”, Eppure i dirigenti bravi esistono. Zamuner, non solo per competenza sportiva, era uno di questi, ce ne sono altri. Basta saperli scegliere. Nel proprio stesso interesse, non solo economico, non solo immediato.