“Chiediamo scusa”. Parole recapitate via etere dopo la partita con la Giana Erminio da parte del capitano Antonio Donnarumma, rimbalzate ancora a distanza di due giorni. “Chiediamo scusa”. Di cosa, esattamente, dovrebbero scusarsi i giocatori e l’allenatore del Padova? Di aver perso la prima partita esterna della stagione con la settima in classifica per 2-0? Di essere stata l’ultima fra le concorrenti ad arrendersi allo strapotere del Mantova primo con 74 punti con una proiezione di classifica finale attorno ai 90 punti? Di aver fatto 65 punti e di aver venduto cara la pelle contro qualsiasi avversario? Di aver trasformato quattro onesti giocatori di provincia come Fusi, Varas, Capelli e Villa che avevano pedalato a mille a Sangiuliano, a Crema, a Sesto San Giovanni in giocatori veri, in grado di giocarsi una promozione fino a metà marzo contro una squadra di marziani e di conquistare una finale di Coppa Italia? Di aver rasentato la perfezione per un intero girone senza perdere mai (lo ripeto, senza perdere MAI), vincendo a Trieste, pareggiando a Mantova e a Vicenza senza non uno, ma tre attaccanti e con un giovanissimo lanciato in campo nel finale per disperazione nella bolgia del Menti? Non c’è nulla, ma proprio nulla, di cui scusarsi. Ci si scusa quando si perde 4-0 sul campo dell’ultima in classifica già retrocessa, quando non si onora la maglia, quando si retrocede senza lottare, quando si antepone il proprio ego agli obiettivi della squadra. Non certo quando si perde una partita fuori casa in undici mesi, quando si lotta, si gioca (male), ma si prova a fare la propria partita senza riuscirci. Non è finito domenica, il campionato del Padova. E’ finita la rincorsa al primo posto, anche se magari si arriverà toccare quota 80 punti, quando lo scorso anno alla Feralpisalò ne sono bastati 71 per salire. Ci sono ancora i playoff. Giocarli da seconda in classifica è un bel vantaggio, ci sono sei partite in ballo, provarci si può e si deve. L’unica cosa che non si dovrà fare, è mollare la presa, dare per scontato il secondo posto, sia pure con un margine di vantaggio consistente. Perché abbiamo visto cos’è successo alla Triestina, quando è stato esonerato Attilio Tesser. “Dimettiti”, “Chiedi scusa”, “Vattene”, “Incapace”: quanto scritto sui social, non certo da una fetta minoritaria di tifoseria, sfiora il ridicolo e contribuisce a creare un clima tossico che rischia di inquinare tutto e di perdere di vista la realtà. Ne ho lette tante, troppe, in questi giorni, meglio che non dica ciò che penso e che mi fermi qui.
La quarta fatica in dieci giorni ha tagliato le gambe ai biancoscudati. Vincenzo Torrente ha fatto turnover, inevitabile dopo tre partite a mille all’ora e, giusto per essere chiari, è stata ridicolizzata la teoria che fosse sufficiente passare al 4-3-3 per risolvere tutti i problemi della squadra. Il Padova ha fatto un signor campionato fino a questo momento, l’anomalia è una sola e si chiama Mantova. Se di fronte hai un avversario che sembra sbarcato da Marte, che gioca un calcio divino e infligge lezioni a più avversari, ogni più piccola sbavatura sembra un peccato mortale e tutto viene ingigantito. Chi parla di fallimento non sa quello che dice. Forse bisognerebbe semplicemente ammettere che c’è stato un direttore sportivo (Christian Botturi) che ha fatto meglio di tutti gli altri direttori delle squadre trivenete spendendo meno soldi, che ha saputo puntare su un tecnico emergente che ha fatto il resto (Davide Possanzini) e che ha messo in piedi una signora squadra in 20 giorni di tempo. Inutile scatenare la caccia al colpevole puntando il dito verso la panchina, a volte bisognerebbe solo fermarsi e applaudire e questo è uno di quei casi. Sul Padova si potrebbe scrivere un romanzo, ma quando scrivevamo che non era tutto così automatico cambiando ben cinque giocatori a gennaio ci riferivamo proprio alla gestione dello spogliatoio. Perché se prendi Crisetig solo chi non lo conosce e non conosce il calcio può pensare che sia arrivato per fare panchina. Il fatto è che mettere in discussione un caposaldo dello spogliatoio come Radrezza poteva portare con sé qualche inevitabile problema. Se poi Zamparo conferma di non essere quello di Reggio ma di essere (per ora) quello di Chiavari, se Valente si infortuna sul più bello e se Tordini rimane ai margini è chiaro che non si possa aspettare miracoli da una squadra che aveva fatto un girone intero senza perdere.
Un po’ di conti, per finire: si sono spesi 2,4 milioni in meno dell’anno precedente all’alba del mese di settembre, se ne sono aggiunti 600mila euro dei 700mila risparmiati in estate nella sessione di gennaio, per un totale di 3,9 milioni di euro rispetto ai 5,7 dell’anno 2022-2023. I soldi non sono tutto, certo, come dimostra il Mantova che al 99% vincerà il campionato spendendo poco più della metà del Padova. Ma di certo spesso aiutano a raggiungere gli obiettivi: “La rincorsa al Mantova è durata cinque mesi ed è stata molto stressante, visto che i nostri avversari si sono rivelati eccezionali. Eravamo obbligati ogni volta a mettere in campo la miglior performance per rispondere alle vittorie del Mantova ed è stato logorante: adesso non lo sarà più”. Le parole di Francesco Peghin, come sempre, sono le migliori. Squadra e allenatore ripartano da qui, dimenticando tutto il resto. E senza chiedere scusa. Perché non c’è nulla, ma proprio nulla, di cui scusarsi