Primi bilanci: cosa si è fatto bene, cosa non è andato. E cosa si può fare

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Tempo di primi bilanci, in casa Padova, in vista dell’esordio dei playoff in programma giovedì 11 maggio contro la Pergolettese. Giudizi ancora interlocutori, che però servono per farsi un’idea di quanto accaduto in questi mesi. A inizio stagione, come si ricorderà, si era evidenziata la necessità di un brusco ridimensionamento dopo tre anni di spese pazze, fuori controllo. Una necessità che si può comprendere da parte di chi, come Joseph Oughourlian, aveva fatto all-in per tornare subito in Serie B per tre anni consecutivi. E che a un certo punto, dopo Palermo, non voleva più saperne di Padova. Non inganni il primo anno passato un po’ sotto silenzio fra Covid e altre acrobazie, ma sin da quella stagione l’unico obiettivo era quello di tornare in B. Non ce l’ha fatta anche perché il calcio non è soltanto costruire squadre e mettere sul piatto tanti soldi, ma è anche comunicazione e feeling con l’ambiente che ti circonda, la più evidente carenza del patron franco – armeno e dei suoi uomini in questi anni. Ha parlato poco, troppo poco, ha alimentato equivoci con i suoi silenzi e spesso la sua assenza si è avvertita, fra i giocatori e persino fra i dirigenti, ma anche fra i tifosi. Ha uno spessore incredibile Oughourlian, ma secondo noi non ha tutelato a sufficienza il suo investimento e i suoi dirigenti non hanno ancora capito Padova e quello che può dare. Nonostante quello che si possa pensare, Padova continua ad avere grosse potenzialità, può portare 14mila persone allo stadio per una finale playoff,  porta oltre mille persone a Vicenza, cinquecento a Mantova in trasferta, aspetta solo la miccia giusta per accendersi. Non accetta la C e non può accettare di vivacchiare in terza serie.

Di questo dev’esserne a conoscenza Oughourlian e devono capirlo i suoi uomini.  Scrivo questo con la volontà di far comprendere a chi investe che serve un cambio radicale sulla comunicazione e sui rapporti con l’ambiente che circonda la squadra.  L’ultima volta si è assistito, nello spazio di pochi giorni, a un direttore sportivo che, l’ultima volta che ha parlato, preoccupato da un possibile effetto domino, focalizzava il nuovo obiettivo in una semplice salvezza, salvo poi essere smentito a stretto giro di posta dal proprietario del club. Che invece rivendicava la volontà di arrivare come minimo ai playoff. Era del tutto evidente che il Padova non potesse essere una squadra da quattordicesimo posto, che Torrente non fosse un incapace, che il valore del gruppo fosse quello poi emerso, che tanti giocatori non stessero rendendo nel modo migliore. Tuttavia abbiamo assistito a mesi in cui il tribunale mediatico dei social ha massacrato chiunque, dai giocatori, all’allenatore, alla dirigenza, al patron e chi più ne ha e più ne metta e a cadenze regolari le partite del Padova finivano con una contestazione. Questo anche al di là degli effettivi demeriti del gruppo, come quando pareggiò a Verona al 93′ con la Virtus.  Alla fine della regular season molti pezzi del mosaico sono andati al loro posto: il Padova ha chiuso quinto, a soli tre punti dal secondo posto, a dimostrazione che la squadra costruita non era così scadente come si voleva far credere e che adesso ha chance concrete di ben figurare ai playoff. Torrente, da quando è arrivato, ha avuto un ritmo da secondo posto, ha riportato una squadra che era in zona playout ai confini del podio, ha perso solo due volte e, pur senza fare nulla di eccezionale, ha dimostrato di non essere l’ultimo arrivato.

L’errore che non si deve commettere adesso è quello di sedersi e di accontentarsi, perché c’è ancora molta strada da fare, nella migliore delle ipotesi dieci partite da qui alla finale di ritorno. Immaginare che il Padova possa davvero arrivare in fondo è forse un esercizio di eccessivo ottimismo, ma non è una missione impossibile. Ce la fece il Cosenza, arrivato di slancio quinto e promosso a fine stagione, ce la possono fare anche i biancoscudati, che hanno trovato la quadratura del cerchio. A gennaio Mirabelli ha acquistato un signor centravanti (Bortolussi), un ottimo centrale difensivo (Delli Carri, massacrato come fosse il peggiore dei brocchi quando bastava avere un po’ di pazienza) e un discreto esterno sinistro (Crivello). Si poteva fare meglio? Sicuramente, perché manca quel regista che Torrente aveva invocato a più riprese e che avrebbe permesso sicuramente di alzare ulteriormente l’asticella. L’allenatore è stato bravo a non perdersi d’animo e ha pescato dal cilindro una mossa che, a ben guardare, era quella più logica. Rimettere Igor Radrezza, il cui valore tecnico al di là di tutto non è mai stato in discussione, al centro del villaggio. Non è un regista, non è quel regista che Torrente aveva in mente, ma fra tutti i centrocampisti è quello che si può adattare meglio a quel ruolo e che ha il palleggio necessario a far girare la squadra. Ha sperimentato alcune soluzioni, Torrente, poi ha dato via libera a quella che offriva maggiori garanzie. E la squadra ha iniziato a ingranare, macinando gioco e risultati, perdendo immeritatamente solo a Meda, oltre che nel pomeriggio nero contro la Pergolettese. Non è perfetto, questo Padova, ma ha una solidità adesso invidiabile, ha uomini di qualità in tutti i reparti e ha un signor allenatore per la categoria. Che ha vinto due campionati a Gubbio e che non è l’ultimo arrivato. Con lui non si vede calcio champagne, ma si vede un Padova che ha un senso, un’identità e un’idea di gioco, che sa quello che deve fare. Che è conscio delle sue mancanze e sta imparando a conoscere i suoi punti di forza. Che può giocarsela con qualsiasi avversario. E che deve credere in se stesso.

Per i giudizi definitivi, ci sarà tempo. Non basta il quinto posto per promuovere il lavoro di Mirabelli, che andrà valutato più avanti, a seconda di quello che farà la squadra agli spareggi promozione.  Però si può dire che un primo obiettivo sia stato raggiunto. Nelle ipotesi di inizio stagione, si pensava che il Padova potesse stare dietro a quattro squadre e, sia pure con percorsi tortuosi e non lineari, è arrivato esattamente dove si ipotizzava potesse piazzarsi. Con Caneo si è visto per alcune giornate un calcio bellissimo, ma alla lunga l’impalcatura non ha retto. Si fosse scelto prima Torrente, chissà…




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About Dimitri Canello

Direttore responsabile del sito web Padovagoal. Nato a Padova l'11 ottobre 1975, si è laureato nel marzo del 2002 in Lingue Orientali con la specializzazione in cinese. Giornalista professionista dal settembre 2007, vanta nel suo curriculum numerose esperienze televisive (Telemontecarlo, Stream Tv, Gioco Calcio, Sky, La 7, Skysport24, Dahlia Tv, Telenuovo, Reteazzurra, Reteveneta, Telecittà), sulla carta stampata (collaborazioni con Corriere dello Sport, Tuttosport, Corriere della Sera, Repubblica, Il Giornale, World Soccer Digest, Bbc Sport online, Il Mattino di Napoli, Corriere del Veneto) e sui media radiofonici (RTL 102.500, Radio Italia Uno)

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