Eccola, l’ennesima delusione e l’ennesima opportunità mancata. Sembrava poter essere l’anno buono per il Padova, a caccia di una promozione in Serie B che nella gestione Oughourlian è sempre sfuggita nonostante le ingenti risorse messe sul piatto. E dire che la stagione pareva aver assunto le sembianze di qualcosa in cui tutto si incastrava nel posto giusto al momento giusto. Un girone meno complicato di quello dell’anno precedente, avversarie che non sembravano irresistibili e una partenza sparata, con sei vittorie nelle prime sei giornate sotto la gestione di Massimo Pavanel.
Sfilza di allenatori e illusioni
Eppure nessuno dei quattro allenatori scelti nei tre anni della gestione Oughourlian ha saputo fare quello per cui era stato chiamato. Ha fallito Salvatore Sullo, parso molto presto inadeguato per gestire una squadra di vertice e senza alcuna esperienza da head coach. È andato a sprazzi Andrea Mandorlini, probabilmente nella fase calante della carriera e incapace di gestire sette punti di vantaggio sul Perugia. Pavanel era partito bene, poi ha perso qualche colpo ma ha comunque al passivo appena due sconfitte (Oddo ne ha quattro) e subito un esonero dopo essere rimasto imbattuto per quattro mesi. Ma il Südtirol, quel Südtirol inarrestabile che ha spinto fino a conquistare ben 90 punti, battendo ogni record e subendo appena nove gol con la difesa meno battuta d’Europa, si è rivelato l’ennesimo ostacolo alla voglia di grande calcio di una città ormai disillusa. Col Palermo in finale erano in 14mila, a testimoniare che, se adeguatamente stimolata dai risultati, Padova è una piazza che risponde presente. Rimane Massimo Oddo. Assunto perché “vogliamo arrivare primi e non ci accontentiamo del secondo posto” e poi alla fine, nonostante una grande rimonta, sempre secondi si è arrivati. Era secondo Pavanel quando fu esonerato a febbraio, secondo ha chiuso Oddo al termine della regular season, pur dopo una rimonta che aveva illuso. E secondo è arrivato ai playoff, dietro la vincitrice Palermo.
Un «Tradimento»
Ancora una volta a festeggiare sono altri, ancora una volta il Padova, che paga gli errori di costruzione della rosa da parte dell’ex direttore sportivo Sean Sogliano resi evidenti dal flop fragoroso dell’attacco, tradisce sul più bello. Fermandosi (ancora) a un passo dal traguardo. Tradito dal suo capitano Ronaldo, espulso come lo scorso anno a Perugia, sempre atteso al varco “perché in C è un lusso” e invece in C ci è finito perche quella è la sua dimensione. Un giocatore non è solo talento, qualche gol da applausi, qualche prestazione scintillante. È anche e soprattutto cuore e testa nei momenti decisivi. Quelli che non ha avuto neppure a Palermo, quando ha perso sanguinosi palloni sul campo, quando ha tirato una testata a Perrotta pescata dal Var, che non perdona nessuno, tantomeno chi non riesce a trent’anni a tenere i nervi sotto controllo nei momenti decisivi. Tradito da Pelagatti, che regala un gol per un fallo di mano scriteriato, che ricorda quello di Riccardo Brosco in Cosenza – Vicenza, spareggio per evitare la C. Doppia condanna, perché dopotutto se sbagli all’andata (Curcio e Gasbarro) e al ritorno (Pelagatti e Ronaldo, ma con molti altri che finiscono dietro la lavagna), l’epilogo non può che essere il solito. Quello più giusto. Quello che premia chi è più bravo (il Palermo) e fa capire che serve un reset totale, perché dopo due finali perse consecutive (un record, purtroppo negativo), non si può che azzerare e provare a ripartire con tanta aria nuova. Sempre nella speranza che Joseph Oughourlian, che ha fatto i salti mortali per essere a Palermo e che alla fine se n’è andato infuriato disertando la sala stampa, non si stufi di buttare milioni per una squadra che puntualmente tradisce. Sempre sul più bello.