Non è un fulmine a ciel sereno, quantomeno nella sostanza. Perché il divorzio fra Sean Sogliano e il Padova era nell’aria da tempo, diciamo da un paio di mesi. I primi motivi di attrito con la proprietà sono da ricercarsi nella riduzione del budget avvenuto in estate. Un budget, questo vorrei sottolinearlo con forza, sicuramente inferiore rispetto allo scorso, ma molto importante per la categoria, il più alto di tutto il girone A, come ricordato giustamente da Alessandra Bianchi oggi in conferenza stampa. In quel contesto, i primi attriti riguardano il nome di Pietro Cianci, che Sogliano avrebbe voluto portare a Padova. Come per Tommaso Biasci, pagato 210mila euro al Carpi, anche qui c’era da spendere più o meno la stessa cifra. E la proprietà ha detto no. Nelle cosiddette “ristrettezze” di cui si è tanto parlato e che, come abbiamo visto, erano tali solo relativamente, Sogliano ha portato a casa a zero non certo un signor nessuno, ossia Fabio Ceravolo, probabilmente il miglior centravanti del girone assieme a Galuppini. Gli attriti sono proseguiti poi nel corso del campionato, vuoi perché i risultati non arrivavano, vuoi perché a finire nell’occhio del ciclone era finito Massimo Pavanel. Sogliano lo ha sempre difeso, anche perché sapeva perfettamente che il suo fallimento e un eventuale esonero sarebbero significati automaticamente anche il suo, di fallimento.
Da quando è a Padova, Sogliano ha portato tre allenatori: Salvatore Sullo, Andrea Mandorlini e Massimo Pavanel. Il primo è stato oggettivamente un errore, ma ha comunque un merito fra tanti demeriti: quello di aver valorizzato Lovato, venduto poi al Verona e per il quale successivamente c’è stato pure un ulteriore bonus nel corso dell’operazione all’Atalanta. Il secondo, Mandorlini, ha fallito, con un organico monstre potenziato a gennaio e otto milioni spesi per l’intera gestione del club (un’enormità, solo Monza, Venezia e Parma negli anni scorsi spesero di più). Il suo Padova non è stato promosso per il mani di Gomez a Trieste, ma perché ha dilapidato un vantaggio enorme e non è stato capace di gestire, come fece ad esempio il Padova di Bisoli, il primato. Resta Massimo Pavanel, un allenatore per cui ammetto di fare il tifo. Perché penso sia un tecnico valido, perché è un’ottima persona e perché, se aiutato, penso possa quantomeno giocarsi il traguardo massimo, ossia la promozione in B.
Tornando alla questione rapporti, sempre più irrigiditi nel corso del campionato, si è arrivati al punto di non ritorno dopo Trieste. Dopo un mese di totale immobilismo sul mercato, la cessione di Biasci in prestito al Catanzaro conclusa da Sogliano a delle cifre che poi sono state rimesse in discussione rischiando di far saltare l’affare, la proprietà era già sul piede di guerra. Sogliano, dal canto suo, ha approfittato della vittoria di Trieste per bussare di nuovo alla porta di Oughourlian. Beppe Riso, agente di Luca Moro, gli aveva consegnato l’offerta del Sassuolo per il suo assistito: offerta non ancora formalizzata, ma comunque apparecchiata. E lui l’ha portata alla proprietà. Ma qui Alessandra Bianchi e Joseph Ourghourlian, che evidentemente avevano già deciso da un po’ di rivolgersi a Massimo Mirabelli e probabilmente consigliati da lui stesso, si sono opposti: “Aspettiamo più avanti, se ne riparlerà a giugno”. Sogliano voleva vendere Moro, incassare i tre milioni di cui si chiacchiera da tempo e investirne una parte sul mercato di riparazione. E qui è nata la rottura, perché ancora una volta la porta gli è stata chiusa. E, a quel punto, il litigio che ne è seguito ha portato al divorzio. Così fragoroso, così intempestivo, perché oggettivamente rompere con un ds il 23 gennaio sembra una scelta fuori tempo. C’è però anche un altro segnale, che va messo sul piatto, in questo contesto. A Mirabelli è stato fatto un contratto di un due anni e mezzo, il che sembra suggerire che la proprietà ritiene chiuso un ciclo ed è pronta ad aprirne un altro, basato su un modo diverso di fare calcio e sullo scouting. Non è poco, di questi tempi. C’è anche chi dice che la presenza di Mirabelli sia propedeutica a un cambio di società, ma la notizia è stata smentita dalla stessa Bianchi.
In questo contesto c’è una squadra in cui abbondano i fedelissimi di Sogliano che si trova spiazzata da un colpo di scena tanto fragoroso. Per giunta dopo due vittorie esterne da applausi. Da ricordare che: 1) le squadre di Pavanel di solito corrono nel girone di ritorno e quanto accaduto a Catanzaro e Trieste lo conferma, 2) Oliver Kragl, che sembrava in procinto di vestire di biancoscudato, sembra trovarsi improvvisamente una porta chiusa di fronte a sé; 3) l’impatto di una simile manovra sulla squadra è del tutto imprevedibile, così come è impossibile sapere oggi se la scelta di Mirabelli, a digiuno di esperienza da ds in Serie C in ballottaggio fino all’ultimo con Giuseppe Magalini, si rivelerà vincente.
Come si chiude l’esperienza di Sogliano a Padova? Purtroppo per lui e per tutto l’ambiente in maniera non positiva. Era il ds scelto per tornare in B. Non ci è riuscito il primo anno, non ci è riuscito il secondo, il terzo è stato interrotto a metà del guado con la squadra a inseguire una capolista che non sbaglia un colpo. Ha speso tanto, a volte male: la gestione di Biasci, strappato al Perugia, lascia molto a desiderare, i 180mila euro di ingaggio a Mokulu sono un nonsenso, Culina, Zecca e lo stesso Gabionetta sono operazioni da dimenticare. Ha anche dei meriti: la cessione di Lovato (le cui royalties però sono da ascrivere soprattutto a Sullo, visto che il giocatore non lo conosceva e al suo primo agente) e ritengo anche la valorizzazione di Moro, diventato un patrimonio per il Padova proprio grazie alla cessione in prestito al Catania dopo aver rinnovato il contratto. Il tempo dirà se la ragione starà dalla parte sua, oppure da quella della società, oggi spacciare per certezze semplici previsioni ha poco senso. Per il resto si può soltanto aspettare. E fare un in bocca al lupo a Mirabelli, in attesa di capire cosa estrarrà dal cilindro da qui a lunedì prossimo. E anche dopo