Il grande nemico del Padova che duella di sciabola e di fioretto nel marasma infernale della C è prima di tutto al suo interno. Detto una volta, vale la pena ribadirlo. Basti vedere la reazione della piazza al pareggio di Sesto San Giovanni contro l’ultima in classifica, una di quelle partite che a fine anno può fare la differenza in negativo quando sarà il tempo di tirare le somme. Due punti persi, a tutti gli effetti, senza troppi giri di parole. Quello che, purtroppo, non stupisce e va analizzato più ancora del risultato negativo, è la reazione della tifoseria, toccata nel profondo da una stagione, quella scorsa, che qualcuno definì “come buttarsi due volte dal quarto piano”. Al primo venticello contrario riappaiono immediatamente i fantasmi ed è sconcertante, ma purtroppo prevedibile, che ieri i social, la nuova arena del ventunesimo secolo, fossero pieni di messaggi che invocavano l’esonero di Massimo Pavanel. Gli era successo anche a Trieste: dopo il primo pari a San Benedetto alla seconda giornata in diversi ne invocavano l’esonero, poi già dalla sconfitta col Piacenza il clima divenne irrespirabile.
Il pregresso porta indietro di qualche mese e spiega molte cose. Lo scorso anno non sono bastati 79 punti e una finale playoff condotta in buona parte da protagonista per salire di categoria. La conseguenza di tutto ciò è che il tifoso padovano non è disposto a perdonare più nulla, perché non si fida e ha paura di essere scottato ancora, perché vede il Südtirol che non perde una partita e che non prende gol, perché sa che per andare in B si deve arrivare primi e il margine di errore è assai limitato e che i playoff, come purtroppo si è capito sulla propria pelle, sono una roulette russa in cui un rigore calciato fuori può fare la differenza e cambiare la storia di un club e di una città.
Padova ha una grandissima fortuna, quella di avere un patron come Joseph Oughourlian. In tempi in cui andare allo stadio è diventato un problema per svariate ragioni, in cui il calcio naviga in cattivissime acque, in cui cammini sul pantano della terza serie e rischi sempre di affondare, quando ti trovi di fronte Oughourlian capisci di avere a che fare una persona di uno spessore incredibile, come raramente ho visto in trent’anni a queste latitudini. Un’occasione irripetibile che Padova non deve lasciarsi sfuggire, in nessuna delle sue componenti. Detto degli umori di una piazza che bolle e aggiunto il campo minato in cui ci si muove a differenza di Bolzano (o se volete a Salò, dove peraltro i valori tecnici sono ben inferiori e dove le pressioni stanno a zero), è giusto anche sottolineare costruttivamente cosa non va. Non funziona la difesa (che funzionava prima) intesa come fase difensiva nel suo insieme. Nelle ultime tre partite si sono subiti ben sei gol, decisamente troppi. Non funziona la mentalità quando vedi la squadra che costantemente va sotto prima di svegliarsi dal torpore e che ha sempre bisogno di qualcuno che la punzecchi col forcone per rendere al meglio, non funziona lo speculare sul risultato. Col Trento si vinceva 2-0 e non c’era alcun tipo di avvisaglia o necessità di chiudersi a riccio. Non serviva mettere un difensore per una punta e chiudere col 3-5-2. Si è subito un gol al 90′, si è rischiato di subire l’incredibile 2-2 dopo una partita gestita senza alcun affanno fino al novantesimo. Siccome niente accade per caso, a Sesto San Giovanni è successo lo stesso. E così, erano stati ottimi i cambi a inizio ripresa con Terrani e Germano per Busellato e Curcio, poco felice è sembrato quello fra Ronaldo e Pelagatti. Anche qui, in un momento della partita in cui il Padova non sembrava in difficoltà e, anzi, pareva sul punto di poter chiudere il match, con un altro errore dal dischetto a far schiumare rabbia. Se Terrani dice che “a fine partita c’è una sorta di paura da eliminare” sicuramente se Pavanel più volte toglie un attaccante e mette un difensore o mette comunque il terzo centrale sul campo dell’ultima in classifica una parte di responsabilità è sua. Oggi i numeri del Padova, messi a confronto con quelli del Südtirol dicono che a Bolzano si fa tremendamente sul serio, come si era già capito nel momento in cui Baumgartner a inizio estate ha aumentato il budget in modo consistente per l’attuale stagione. Ma non è tutto da buttare, sarebbe un errore gravissimo: i 22 gol segnati sono un patrimonio da custodire e da far fruttare, il livello della rosa è più alto di quello dell’anno scorso. In questo quadro Pavanel ha ancora tutto il tempo di correggere il tiro e magari proprio in quella Salò dove conservano un bel ricordo sia a livello tecnico che a livello umano del tecnico biancoscudato, si può svoltare. Per adesso fermiamoci qui.
Invocare l’esonero dell’allenatore oggi primo in classifica è illogico, ancor più illogico è rievocare Mandorlini. Il tutto contribuisce ad alzare un polverone che ha solo effetti nocivi. Proviamo a indicare una strada costruttiva, magari cercando di individuare ciò che non va senza agitare i pugni in aria e scaricare sull’allenatore tutto quello che non è stato fatto lo scorso anno. Se un campionato fa, la cosa giusta (e coraggiosa) a un certo punto era quella di esonerare Mandorlini, invocare oggi il ritorno dello stesso, osteggiato dalla stragrande maggioranza dei giocatori, è una strada che conduce in un vicolo cieco. Lo scorso anno la società ha fatto il massimo, ma ha fallito nella scelta più difficile, quella di cambiare quando si è capito che il vento stava cambiando e dentro le mura dello spogliatoio c’erano segnali ben precisi, nonostante una squadra che se la stava giocando per il traguardo massimo. Una grande dirigenza si vede anche in momenti come questi. Concludendo: guardia alta, capacità di individuare i problemi e soluzioni in campo per risolverli. Scaricare oggi tutta la frustrazione pregressa su Pavanel è il modo migliore per fallire ancora.