Perché il Padova ha perso la B

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Quando ti trovi due volte a un passo dal traguardo e per due volte fallisci è difficile accettarlo. E’ difficile, frustrante, avvilente, più che mai in una piazza che da tempo non ha pace, vive pochissime gioie, circoscritte in un perimetro assai limitato e che non riesce a lasciarsi alle spalle una palude ormai abituale, quella della Serie C. Ci era riuscita tre anni fa, ma la B l’ha persa subito, quasi fosse un’intrusa capitata da quelle parti per caso. Ora il Padova si trova di fronte all’ennesimo bivio. La gestione di Joseph Oughourlian, che ha investito soldi e risorse come da tempo non si vedeva a queste latitudini, non ha riportato la squadra al secondo piano del calcio italiano né al primo, né al secondo tentativo. Rimane il terzo e ultimo, nell’ambito di un programma triennale a cui il finanziere franco – armeno, a quanto risulta dai primi rumors, terrà fede nonostante la cocente, doppia delusione appena incassata. Questo è l’aspetto più importante a cui guardare in prospettiva futura, perché di questi tempi avere una proprietà solida in terza serie è un privilegio. Ripartire dopo una regular season e una finale persa non sarà facile. Anche perché il calcio è pieno di casi in cui, dopo situazioni analoghe, l’anno successivo al quasi trionfo è stato un calvario. Piacenza e Triestina i due più vicini, ma di esempi ce ne sono a bizzeffe. E, spesso, dolorosamente, l’unica soluzione possibile quando sei di fronte a questo bivio, è quella di un reset.

Perché il Padova ha perso la Serie B? Perché in C, purtroppo, a differenza di quanto accadeva in un passato remoto, viene promossa soltanto una squadra e alle altre rimangono le briciole, o solo i rimpianti. O la chance dalla porta di servizio, che sarebbero i playoff. I motivi, si diceva: se vai due volte a un capello dal traguardo e non riesci a spingere con le gambe fino in fondo, non può essere un caso. Personalità, guida tecnica, limiti caratteriali, di tutto un po’. Non può essere soltanto sfortuna. Non possono essere soltanto gli arbitraggi. Non può essere solo il gol di mano di Gomez, segnato a mezz’ora dal fischio finale, quando ancora la partita di Trieste si poteva rimettere in piedi e invece non si è nemmeno tirato in porta. Prima e dopo ci sono stati Imola, Fano, Matelica, Modena, giusto per fare qualche esempio. Le avvisaglie di una squadra che, in alcuni suoi elementi, ha difettato in personalità, erano arrivati forti e chiari. Perché i forti, quando hanno in mano il proprio destino, non perdono come a Macerata, dove pure ci sono stati errori arbitrali che hanno favorito il deragliamento. Ai playoff si sono viste tante buone cose, ma anche orrori come quelli del ritorno col Renate, si sono viste giocate di primissimo livello e storture stridenti sottoporta come quelle di ieri al Moccagatta. Complessivamente il Padova ha fatto qualcosa in più dell’Alessandria, ma se non hai un centravanti che la butti dentro è dura risolverla sempre con gli esterni o con i centrocampisti. Il Padova non è salito in Serie B per tanti motivi: perché Biasci e Paponi, che lo scorso anno avevano occupato i primi due posti della classifica cannonieri del girone B, hanno tradito. E quando i primi due investimenti della tua prima linea deragliano, prima o poi il conto lo paghi. Non è salito in Serie B perché il gruppo, quando c’è stato bisogno di tenere i nervi saldi, in qualche suo elemento, si è liquefatto proprio sul più bello. Perché la sua guida tecnica raramente è stata ispirata nei cambi a partita in corso, perché quando togli Chiricò e metti Gasbarro senza che l’avversario da una buona mezz’ora metta piedi nella tua area, stai consegnando un messaggio preciso a chi sta in campo e ti metti a giocare a una roulette russa in cui qualsiasi certezza viene meno. E perché più di qualche volta si è avvertita un pizzico di presunzione nel preparare la partita, quasi chi fosse contro di te non esistesse. Non è successo sempre, ma è accaduto. E prima o poi arriva il momento in cui ti viene presentato il conto.

In questo quadro oggi è molto difficile che Andrea Mandorlini, che non si è presentato in sala stampa nel momento della sconfitta, rimanga. In panchina ci sarà con ogni probabilità qualcun altro al suo posto. E, visti gli spifferi più volte trapelati e tappati in corso d’opera, non ci sarebbe nulla di cui sorprendersi di uno scenario simile. Non si sa se ci sarà ancora Sean Sogliano, che ha un altro anno di contratto, ma che ha sempre specificato come nella sua carriera non abbia mai ragionato su queste basi. La proprietà, a quanto sembra, vorrebbe andare avanti con lui, il diretto interessato presto chiarirà se ha ancora gli stimoli per ripartire.  Ci sarà Joseph Oughourlian, a quanto pare. Ed è un buon punto di ripartenza. Per quanto riguarda la squadra, temo che per una serie di ragioni serva un restyling importante, soprattutto dal punto di vista motivazionale, più che tecnico. Ai ripescaggi è meglio non pensare. Il Chievo, informa chi è vicino ai vertici del club, si iscriverà, la Spal pure. Sarà ancora Serie C. E sarà forse l’ultimo anno di Oughourlian. Con un traguardo che, stavolta sì, non potrà e non dovrà sfuggire.




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About Dimitri Canello

Direttore responsabile del sito web Padovagoal. Nato a Padova l'11 ottobre 1975, si è laureato nel marzo del 2002 in Lingue Orientali con la specializzazione in cinese. Giornalista professionista dal settembre 2007, vanta nel suo curriculum numerose esperienze televisive (Telemontecarlo, Stream Tv, Gioco Calcio, Sky, La 7, Skysport24, Dahlia Tv, Telenuovo, Reteazzurra, Reteveneta, Telecittà), sulla carta stampata (collaborazioni con Corriere dello Sport, Tuttosport, Corriere della Sera, Repubblica, Il Giornale, World Soccer Digest, Bbc Sport online, Il Mattino di Napoli, Corriere del Veneto) e sui media radiofonici (RTL 102.500, Radio Italia Uno)

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