20 gennaio 2020. Un nuovo inizio per il Padova, che riparte con Andrea Mandorlini in panchina e Salvatore Sullo esonerato. Parte di questo editoriale sono ampi frammenti di un articolo di analisi che ho scritto oggi sul Corriere del Veneto per spiegare l’ultima evoluzione al quartier generale di viale Nereo Rocco. A scavarsi la fossa in questa situazione è stato prima di tutto l’ex tecnico, con una gestione troppo condizionata dai personalismi e con atteggiamenti ben lontani dall’umiltà sbandierata ai quattro venti. A scanso di equivoci: Sullo ha concetti di gioco e di calcio ed è un buon tecnico. E quei concetti, fino a quando la squadra lo ha seguito, li ha trasmessi, ossia fino alla tredicesima giornata quando il Vicenza è stato battuto al Menti con un controsorpasso in classifica “benedetto” dalla tifoseria. E che pareva preludere a una nuova accelerazione al vertice. Poi è imploso.
Ha cominciato a essere vittima del suo personaggio, ossia a quell’allenatore che pretendeva sempre di dare piccole lezioni a tutti. Ai “giornalisti che non seguono gli allenamenti e non possono capire certe cose” salvo poi, come da abitudine diffusa praticamente ovunque, inserire dalle due alle tre sedute di allenamento a porte chiuse alla settimana nel suo carnet sempre in movimento. Come se seguire l’allenamento di scarico del lunedì o del martedì o le partitelle a tema del mercoledì autorizzasse o meno un editorialista o un cronista a snocciolare o meno la propria analisi sulla situazione. Lezioni alle altre squadre “di cui non parlo”, ma poi a un certo punto ha cominciato a farlo. Lezioni al ds sconfessato pubblicamente in un’incredibile conferenza stampa prima della partita col Modena, lasciando intendere fra le altre cose che tutti i meriti dell’esplosione di Matteo Lovato fossero suoi e gettando ombre sull’acquisto di Gianluca Litteri. Lezioni all’ambiente quando disse che «ci sarà un motivo se in alcune piazze si vince sempre e in altre non si vince mai». Lezioni a chi tentava un’analisi diversa rispetto alla sua ostinazione tecnica e tattica su alcuni giocatori che alla fine lo hanno affossato (Mokulu, soprattutto, un gol in tutto il girone d’andata su rigore) e Sullo rispondeva sempre con un sorrisetto di malcelata superiorità. Quanto e come ha sbagliato Sullo? Lo ha fatto di sicuro e gli errori sono stati più di uno, perché questo Padova non sarà da primato, ma di sicuro non vale nemmeno l’attuale -13 dalla vetta.
Dopodiché cerchiamo di capire quanto abbia sbagliato Sogliano. Ha sbagliato anche lui, senza dubbio, non ha speso poco per una squadra comunque sicuramente competitiva e costruita con criterio. Ha sbagliato prima di tutto l’allenatore, perché a Padova non servono figuranti, tecnici alle prime armi, o vice allenatori di tutto rispetto come lo era e lo è Sullo che tentano di cambiare mestiere a quasi 50 anni. E, si badi bene, qui stiamo parlando di lavoro, non c’entrano nulla altri discorsi legati alla vita privata e alla salute in cui è giusto non entrare, con il massimo rispetto per l’uomo e la battaglia che ha vinto contro la malattia. Si parla di calcio e di calcio parliamo. Si parla di una scelta che in estate, se l’obiettivo era quello di salire (e l’arrivo di Andrea Mandorlini dimostra che questa società non si accontenta del piccolo medio – cabotaggio ma vuole puntare in alto), assume connotazioni molto chiare. E che ha costruito una squadra, magari non da primo posto, ma sicuramente molto vicino ad esserlo, potenzialmente e di fatto (diciamo da terzo, posizione più, posizione meno). Dovendo forgiarne una nuova di zecca, fisiologicamente Sogliano qualche nome lo ha “toppato” (allenatore, come detto, prima di tutti gli altri), puntando su 2-3 uomini che sarebbero dovuti essere il cardine del team e che, al contrario, nel momento di difficoltà si sono afflosciati (Gabionetta, Mokulu e Castiglia su tutti). Le malelingue sostengono che, a “fare fuori”, come si dice in gergo, Sullo, siano stati alcuni giocatori. Più di qualcuno aggiunge che la società non lo abbia sostenuto abbastanza, io su questo punto non sono d’accordo e, anzi, penso che di sostegno e di “imbeccate” l’allenatore ne abbia ricevute. Volendo però andare avanti come un caterpillar contro tutto e tutti per dimostrare che la verità era sempre e solo la sua.
I sospetti su chi non lo seguisse più tanto (smentite ovvie e più o meno risentite sono già arrivate in queste ore) sarebbero indirizzati sul tridente ex Pro Vercelli Germano – Ronaldo – Castiglia, che già in Piemonte si diceva non gradisse troppo Cristiano Scazzola. Il primo a Padova non voleva e non vorrebbe tuttora giocare esterno in fascia e, pur eseguendo gli ordini di scuderia, non ne ha mai fatto mistero protetto da orecchi indiscreti, il secondo ha mandato più volte a quel paese allenatore e direttore a Salò, ben visto e udito da addetti ai lavori e da panchina avversaria, il terzo è un altro giocatore vittima di se stesso. Qualitativamente eccellente per la C, è partito a razzo con tre reti in tre partite e poi è sparito. Fatalità i problemi sono cominciati quando il trio è stato separato con gli inserimenti di Buglio prima e di Mandorlini poi, senza dimenticare il passaggio al 4-3-1-2 che ha spento gli ardori di Baraye, che da quinto di centrocampo rende tantissimo e da quarto basso molto meno.
Adesso è tornato Andrea Mandorlini, che oggi ha sorriso come davvero chi fosse tornato a casa. Allenerà suo figlio, avrà “un privilegio”, come lui stesso lo ha chiamato. Ha accettato praticamente di tornare senza staff, si dice persino che il piano A fosse stato studiato già in estate e che al tempo non ci fossero le condizioni economiche per blindarlo. Detto che non ci sarà mai la controprova, torna un allenatore che ha accettato sei mesi di contratto e che si è messo in gioco praticamente senza chiedere nulla in cambio. Se non un contratto adeguato al valore del professionista. Sul resto, chi vivrà, vedrà. A Padova, tanto per chiudere il discorso, servono allenatori con le spalle larghe. Come lo è stato Bisoli (solo in C) e come lo è stato Pillon. E come lo è, senza alcun dubbio, Mandorlini.