Come si vince un campionato? Scegliendo un allenatore di categoria che offra garanzie, interagendo con l’ambiente e capendone le sfaccettature, evitando di cercare il consenso “esterno” e concentrandosi su quello “interno” e cioè di chi ti circonda quotidianamente, costruendo una squadra all’altezza, mettendo a disposizione del tecnico i giocatori che gli servono, mettendo sul piatto un budget adeguato. Ci sono questi ingredienti nel Padova 2019-2020 che si appresta a presentarsi ai nastri di partenza della nuova stagione? A parere di chi scrive, ce ne sono alcuni ed altri no. C’è la competenza di un direttore che sicuramente sa come si lavora dal punto di vista tecnico, che conosce i giocatori ma che deve sintonizzarsi su un terreno a lui poco conosciuto. Perché la Serie C non è la Serie A e neppure la Serie B, perché Padova va capita e compresa e non basta la competenza per vincere. La squadra costruita, in attesa degli ultimi aggiustamenti in vista del 2 settembre, data in cui si chiuderà il mercato, presenta qualche carenza. Ha una difesa forte, senza alcun dubbio, ma un centrocampo che copre poco pur offrendo giocatori di categoria di ottime qualità. Il trio Castiglia – Ronaldo – Germano è tecnicamente più che valido (e i tre hanno già giocato insieme), ma offre scarsa schermatura alla difesa. Rondanini è un ottimo esterno ma bisogna sperare che fisicamente sia a posto, Joel Baraye ha tanta forza fisica e corsa ma tatticamente deve migliorare molto, Fazzi bisogna di capire in quale ruolo può essere schierato. L’attacco, poi, pur offrendo cinque diverse alternative più il partente Marcandella, non ha nessun prim’attore potenzialmente in grado di garantire una quindicina di gol. Basta scrutare il rendimento di tutti i cinque protagonisti nelle ultime tre stagioni per rendersene conto. Ed è vero che si possono vincere i campionati anche senza un centravanti da copertina, ma è altrettanto vero che questa è l’eccezione e non la regola.
Poi c’è Salvatore Sullo, la vera incognita e scommessa di Sogliano chiamato a scalare le montagne perché fare il vice non è la stessa cosa che fare l’head coach. E perché Padova non aspetta e ha bisogno di un uomo dalle spalle larghe. Che eviti magari dopo uno 0-3 a Cittadella in undici contro dieci per 25 minuti di dire di “essere orgoglioso dell’atteggiamento della squadra”. Se è vero che il passivo alla prima di Coppa non ha rispecchiato se non in parte quanto visto in campo, alle dichiarazioni bisogna fare attenzione, altrimenti si corre il rischio di un cortocircuito immediato. Nessuno pretende la luna, tutti sanno che c’è una categoria di differenza fra le due squadre, ma il Carpi ieri sera ha sfiorato la vittoria a Cittadella perdendo solo ai rigori chiudendo i tempi regolamentari sul 2-2 e i supplementari sul 3-3. Qualcosa vorrà pur dire.
Spalle larghe, dunque. Come le ebbe Mandorlini quando tirò fuori la squadra dalle secche della zona retrocessione tanti anni orsono, come le ebbe Bisoli quando il primo anno sfruttò la sua esperienza per vincere un campionato. Impresa mai banale, neppure in anni potenzialmente favorevoli. Poi ha rovinato tutto con una gestione scriteriata della B assieme ad altri protagonisti, ma quanto fatto nella sua prima stagione testimonia quanto Padova abbia bisogno di un allenatore che sappia quello che fa. Auguro a Sullo il meglio, perché ha un compito difficilissimo. Smentire i tanti che sostengono che un vice difficilmente sarà un head coach coi fiocchi. Ci sono le eccezioni, certo, ma la regola dice altro.
Alla prima c’è Virtus Verona-Padova, un passaggio già difficile della stagione per tanti motivi, psicologici e ambientali. Il Padova che viaggia per ora a marce basse senza convincere più di tanto in precampionato (aspetto prevedibile, considerati i tanti cambi fatti all’interno della rosa), ha bisogno di tempo per assestarsi. Ma con un paracadute di 1,6 milioni da poter sfruttare pur all’interno di un quadro in cui tante risorse se ne vanno per i contratti di Bisoli (a proposito, ha preferito rimanere a casa a spese del Padova che andare a Reggio Calabria e questo dovrebbe far capire tante cose), staff e Zamuner, forse era lecito aspettarsi qualcosa in più. Ad oggi, a parere di chi scrive, il Padova non è da primo posto, ma da quarto/quinto, quantomeno sulla carta. Tante cose possono succedere e altrettante possono cambiare, ma è inutile alimentare un ottimismo fuori luogo stando così le cose. Del resto il progetto iniziale targato Oughourlian parlava di risalita in B in “un massimo di tre anni”, senza dimenticare che in quel momento non si poteva certo sapere che i soldi del paracadute sarebbero stati raddoppiati per le sparizioni di Foggia e Palermo. Occhio ai particolari, perché fanno la differenza….
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