«Mi sento padovano». Sono tre parole, ma valgono per mille. Perché racchiudono tutta la gioia di un ragazzo del 2000 che ha coronato il suo sogno dopo una vita d’inferno: in un toccante articolo su “Il Mattino di Padova” Stefano Volpe racconta la storia di Cherif Karamoko, arrivato due anni fa in Italia dalla Guinea Conakry “a bordo di un barcone affondato nel Mediterraneo, che ha causato la morte di quasi tutti i profughi a bordo, compreso suo fratello”, che ha dovuto aspettare otto mesi di soli allenamenti per poter giocare – a febbraio 2019 – con la Primavera del Padova e che ha esordito in serie B col Biancoscudo contro il Livorno. Una storia che vi invitiamo a leggere tutta d’un fiato sul quotidiano locale, ma di cui vi proponiamo un breve stralcio: «Nel 2013 durante una battaglia tra etnie un gruppo assalta la mia casa, mio padre esce per difenderci ma viene ucciso. Anche mio fratello maggiore Mory partecipò alla guerriglia per respingere l’assalto, ma per paura di ritorsioni, pochi giorni dopo, decise di fuggire, scappando in Libia. Nel 2015 mia madre si ammala e muore, mi trasferisco da mia sorella ma non mi trovo bene. Vuole che vada a scuola, io penso solo al calcio, lei parla con mio fratello che nel frattempo aveva trovato lavoro in Libia, gli chiede se c’è la possibilità di mandarmi in Europa, lui ci spedisce soldi e un’autista per permettermi di raggiungerlo a Tripoli». La storia continua con due mesi di carcere, e il viaggio in un barcone che «avrebbe potuto ospitare massimo 60 persone, eravamo 143», le ultime parole di suo fratello («Tu hai il sogno di diventare un calciatore, devi salvarti») e l’esordio in B: «Quando mi hanno detto che ero convocato sono tornato a casa e ho pianto. Ero anche in Ramadan, ho giocato solo un minuto ma non lo scorderò mai. Il Padova mi ha accolto in maniera meravigliosa, la città è splendida e non ho mai avuto problemi. Mi sento padovano».