Capolinea, discesa e (si spera) ripartenza. Un anno dopo la splendida promozione che aveva restituito entusiasmo e passione a una città che ne aveva davvero bisogno, il Padova è pronto a tornare in Serie C, sprecando una grande opportunità per dare una svolta alla sua storia. La realtà racconta di una città che, dal 1962 ad oggi ha disputato appena due campionati di Serie A, dal 1994 al 1996. La realtà racconta che il Chievo, un quartiere di Verona, ha disputato un numero di campionati di Serie A maggiore rispetto al Padova, che Empoli, lo stesso Chievo, Sassuolo, Spal, Ancona, Udinese, Verona, Vicenza, Siena, Piacenza, Messina, Reggina, Parma, Como, Cremonese, Ascoli, Avellino, Salerno, Lecce, Foggia, Pescara, Brescia, Pisa, Livorno e Catania hanno prodotto cicli nella massima serie ben più solidi rispetto a quante seppe fare il Padova di Puggina, Giordani e Aggradi. Tutto questo per dire che purtroppo, ci sono tanti elementi che in oltre mezzo secolo allontanano Padova dall’elite del calcio italiano. E che la storia diventa più correttamente quasi preistoria, visto che il Padova di Rocco è roba di quasi sessant’anni fa.
La realtà purtroppo parla di una nuova caduta in Serie C devastante sotto tutti i punti di vista. Prima di tutto perché allontanerà tanti tifosi che si erano riavvicinati, poi perché sarà difficilissimo tornare in B immediatamente, poi ancora perché al momento il futuro è un grosso punto interrogativo. Che ci fosse puzza di bruciato già l’estate scorsa era evidente, che sarebbe finita male l’avevo intuito nell’esatto momento in cui il presidente Roberto Bonetto decise di richiamare Pierpaolo Bisoli. Tutto è finito (salvo miracoli impensabili) in quel momento, perché i rapporti dietro le quinte erano troppo deteriorati, perché fare finta di niente non poteva essere la soluzione e perché si sarebbe dovuto mettere a libro paga un terzo allenatore per salvare una stagione. Non c’erano le possibilità economiche e si è deciso così, fermo restando che già si era sbagliato scegliendo Foscarini e che il secondo esonero di Bisoli (uno dei principali responsabili della retrocessione ma non certo l’unico) e l’arrivo di Centurioni era prevedibile che sarebbero serviti a poco, se non a nulla. La sequenza di errori commessi a livello dirigenziale è stata lunga, anzi lunghissima. Non vedo, però, malafede, ma soltanto tanta inesperienza, emotività e approssimazione. L’inesperienza è di tutti i protagonisti sul ponte di comando, tranne che di Bisoli e di Foscarini, che in misura ovviamente differente, sono i primi ad aver tradito. Il tentativo di salvare il salvabile a gennaio è stato encomiabile, ma anziché cambiare tutta la squadra sarebbero serviti cinque o al massimo sei correttivi mirati e importanti. Azzerare tutto non ha portato a niente, se non ad aumentare fino al mostruoso numero di 40 (quaranta!) i giocatori utilizzati nel corso di un campionato pessimo sotto tutti i punti di vista.
Le domande che si fanno i tifosi e anche gli addetti ai lavori sono tante. Bonetto ripartirà? E, se sì, come lo farà? Proverà subito la risalita investendo ancora cifre importanti? Sarà affiancato ancora da Joseph Oughourlian? Oppure, abbandonato da tutti, non potrà che limitarsi a un campionato di medio cabotaggio, oppure ancora passerà la mano? E, se sì, a chi? Domande che per ora non hanno una risposta, così come non è chiaro chi sarà il direttore sportivo e chi l’allenatore. Se Zamuner (che ha precise responsabilità e che oggi tutti insultano e denigrano ma che appena un anno fa era stato l’unico ds, in 33 anni a saper costruire una squadra capace di vincere un campionato di Serie C a Padova) non verrà riconfermato, bisognerà capire prima di tutto come ripartirà la proprietà. Perché un conto è progettare un’immediata risalita e allora hanno un senso certi nomi che già circolano, un altro è vivacchiare in Serie C senza grosse ambizioni e allora diventa tutto più fosco, indefinito, sfumato. La chiave resta Oughourlian, socio di minoranza solo sulla carta, ma per forza economica in grado di rilanciare in modo pesante. Dopo Pasqua si capirà se ne abbia o meno l’intenzione.
Quello che mi sento di dire oggi è che sicuramente il Padova non scomparirà di nuovo dal calcio professionistico, perché se Bonetto si farà da parte (cosa che non mi sembra che al momento abbia intenzione di fare almeno fino a quando sarà aperta la porta per il nuovo stadio), qualcun altro arriverà e il presidente non cederà il club al primo avventuriero di turno. Si parla di cordate di imprenditori locali, si è rifatto il nome di Alessandro Banzato, ma per ora di conferme neppure l’ombra. O magari arriverà qualcuno da fuori, sperando che non porti novità nefaste come accaduto in passato con Viganò e Penocchio. Non sempre lo “straniero” è sinonimo di fallimenti o epoche nere, a Venezia e a Bologna ne sanno qualcosa e pure a Parma. Quel che mi sento di chiedere a Bonetto o a chi eventualmente abbia intenzione di raccoglierne l’eredità, è di fare presto. Perché la programmazione è tutto, la rapidità nelle decisioni anche. Qualsiasi esse siano.