365 giorni fa il Padova si godeva il primo posto in classifica in Serie C e chiudeva il 2017 in testa al girone B. Tutto bello, anzi bellissimo. Il 2018 che va in archivio, invece, ha due facce completamente diverse. Sole ed estate piena fino a giugno, buio pesto da luglio in poi. In un precedente editoriale ho spiegato perché si era arrivati alla rottura con Pierpaolo Bisoli e perché l’esonero dopo undici giornate, 0,72 punti a partita di media e una sola vittoria, fosse sacrosanto. Claudio Foscarini era partito benissimo, ad Ascoli avevamo visto un raggio di sole abbagliante in mezzo al buio, giocatori nei propri ruoli e tante cose buone. Un abbaglio, appunto. Perché col Carpi, anziché riproporre la stessa formazione, Foscarini ha cominciato ad inanellare errori, partendo da quel Belingheri regista che grida ancora vendetta. Peggio ancora a Cosenza, con cambi sbagliati e tardivi, oppure col Palermo con l’inserimento incomprensibile di Della Rocca e un inspiegabile ostracismo nei confronti di Riccardo Serena, sempre fra i migliori quando è stato chiamato in causa nonostante un curriculum decisamente meno scintillante rispetto a illustri colleghi. Anche Foscarini ci ha capito ben poco, aggiungendo errore a errore, affondando senza trovare soluzioni e chiudendo la sua brevissima esperienza a Padova con cinque sconfitte consecutive in sei partite. Esonerato in modo sacrosanto, anzi ci si sarebbe aspettato che presentasse le proprie dimissioni, perché se un allenatore colleziona cinque sconfitte consecutive e si presenta con certe dichiarazioni logica vorrebbe che si comportasse di conseguenza, più che mai quando capisce che la squadra non lo segue e che si squaglia come neve al sole. Ma tant’è, dimettersi evidentemente non fa parte della cultura di questo paese e di esempi ce ne sono a tutte le latitudini, neanche di fronte all’evidenza.
Come ho già avuto modo di spiegare nel mio ultimo intervento e di ribadire a Telenuovo giovedì, non sono d’accordo con la decisione di richiamare Bisoli, perché al momento di essere esonerato lo stesso allenatore disse che “non c’erano le condizioni per proseguire insieme”. Nel frattempo, durante il mese e mezzo di naftalina, Roberto Bonetto lo ha attaccato in modo diretto, attribuendogli buone parte delle colpe dell’attuale situazione anche oltre le sue effettive responsabilità e addirittura promuovendo un contenzioso legale nei suoi confronti. Cosa mai sia cambiato e abbia reso possibile ricomporre il rapporto al momento è impossibile da sapere, visto che il presidente non lo ha spiegato. Peraltro, particolare tutt’altro che trascurabile, Bisoli torna senza il suo vice Simone Groppi, per il quale il Padova ha aperto un procedimento disciplinare in Figc. Mettere la testa sotto la sabbia fingendo che certe cose non siano mai accadute non è mai una buona idea, tantomeno lo è sconfessare se stessi in questo modo.
Ora: chi mi conosce sa bene che non temo di dire ciò che penso, a costo di essere impopolare. Non avrei ripreso Bisoli, più che mai non lo avrei ripreso depotenziandolo e togliendogli cioè la sua spalla, tanto importante come lo era stato il suo vice Angelini nel suo primo Cesena. Ma tant’è. La società ha deciso questo e la speranza è che Bisoli dimostri di poter modificare certe sue convinzioni in questo nuovo anno e che la scelta si riveli azzeccata, dando torto alla mia convinzione. Auguri di cuore al tecnico di Porretta Terme perché mi smentisca e ben felice di riconoscere se questo mio punto di vista sarà cancellato dai fatti. Per ora non posso che ribadire forti perplessità su quest’ultimo ribaltone. A Livorno cosa ho visto? Personalmente ho visto un buon primo tempo, come era stato buono il primo tempo col Benevento. Poi ho visto cambi finalmente non conservativi, eccetto l’ultimo (Zambataro per Clemenza) e il solito tema già visto tante volte. Squadra che arretra e che si chiude, baricentro che si abbassa, il povero Bonazzoli a 50 metri dalla porta e l’immancabile rimonta per un errore individuale. Stavolta è stato Contessa a commettere un’ingenuità da libro nero, completando così un campionato in questa prima parte disastroso e confermando che c’era un motivo ben preciso perché la sua carriera avesse ben poca Serie B nel suo file Excel. Probabilmente il suo nome si aggiungerà ai tanti partenti, in un gennaio in cui servirà una vera rivoluzione per rimettere in sesto quella che dopotutto è la squadra ultima in classifica. Su questo dato nessuno può discutere. Allo stesso modo trasformare Giorgio Zamuner in un incapace e incompetente dopo che sei mesi fa ha completato il suo personale successo dopo aver costruito la squadra capace di tornare in B al secondo tentativo a quattro anni dalla sparizione, è quanto di più assurdo possa esistere. Allo stesso tempo Roberto Bonetto non è diventato improvvisamente la morte nera mentre pochi mesi fa in molti mesi lo definivano “il miglior presidente della storia del Padova”. Esagerazioni e assurdità dei tribunali virtuali da cui non potrei sentirmi più distante. Tempo per rimediare ce n’è, Zamuner avrà il suo bel daffare soprattutto sul mercato in uscita, ancora più complicato da condurre rispetto a quello in entrata. E Bonetto potrà dimostrare, perché è una persona capace, di saper rimediare agli errori. Auguri, Biancoscudo. Ne hai davvero bisogno