Partiamo subito da una considerazione. Pierpaolo Bisoli lascia il Padova dopo aver vinto un campionato di C al primo tentativo e aver portato a casa pure una Supercoppa. Quello della passata stagione è stato il quarto campionato vinto dopo i tre di Cesena, il segno che evidentemente qualche qualità Bisoli deve per forza di cose avercela per aver ottenuto questi risultati. Questi sono i fatti, incontrovertibili. E un ringraziamento è assolutamente doveroso, oltreché onesto intellettualmente. Dopodiché c’è anche il rovescio della medaglia: in tutte le altre situazioni in cui è stato chiamato a guidare squadre in difficoltà, o comunque non costruite per vincere, ha fatto fatica. In Serie A a Cagliari e a Bologna, dove in entrambi i casi è stato esonerato, in Serie B a Perugia, dove si è reso protagonista di una stagione non certo esaltante tanto che la società a fine stagione decise di cambiare e a Vicenza, dove ha pagato in buona parte colpe non sue e uno sfacelo societario che di lì a poco si sarebbe materializzato in tutti i suoi contorni. Anche lì, però, esonero. Anche questi sono fatti.
Dopodiché veniamo ai giorni nostri. Dopo Crotone avevo scritto che bene aveva fatto la società a confermarlo e sono ancora dello stesso parere. Speravo, però, in un’inversione di rotta con lo Spezia, che in tutta evidenza non c’è stata. Siccome nel calcio comandano i risultati, sarà bene ricordarli: oggi il Padova è quartultimo in classifica, non vince da nove giornate, viaggia a una media retrocessione pareggiando in casa e perdendo fuori regolarmente, ha 8 punti e una partita in più rispetto a Carpi (6 punti) e Livorno (5). Non è detto che Carpi e Livorno vinceranno quella partita, ma nella peggiore delle ipotesi il Padova potrebbe ritrovarsi penultimo, con il Foggia probabilmente destinato a lasciare alla lunga la zona pericolo. Tutto questo per non perdere di vista i risultati, che poi sono anche il principale motivo per cui Bisoli è stato esonerato.
Dopodiché arriva giustamente la prima obiezione: “Ma come, sabato Bisoli dopo lo 0-0 col Cittadella è stato confermato e oggi la società ha fatto inversione di rotta, perché?”. In conferenza stampa Bonetto ha preferito glissare, ma non è improvvisamente impazzito. Fra sabato e lunedì è successo qualcosa di impossibile da ignorare, ma lo scontro nello spogliatoio avvenuto lunedì è stato soltanto la goccia che ha fatto traboccare un vaso ormai colmo. L’episodio è stato talmente eclatante ed è avvenuto davanti agli occhi del presidente, che ha tentato di fermare Bisoli e il suo vice Groppi venendo completamente ignorato. Ora: siccome il presidente ha un’autorità, il fatto che l’allenatore non la rispetti, per tutte le ragioni che può avere, è qualcosa di inaccettabile. Solo questo dovrebbe far capire tante cose. Il perché della rottura, però, parte da lontano. E cioè dal campionato scorso, quando dopo Gubbio l’idea dell’allenatore era quella di cambiare portiere, schierando Merelli al posto di Bindi. In quel caso intervenne la società, preoccupata di non destabilizzare lo spogliatoio, visto che Bindi era uno dei cardini di quel gruppo. I primi scricchiolii sinistri si avvertirono proprio in quel periodo e non a caso la gestione del girone di ritorno di Bisoli certamente non fu impeccabile. Anzi: si andò avanti vincendo poco, pareggiando tanto e perdendo più di qualche volta, chiudendo la pratica grazie anche alle disgrazie altrui, con la festa promozione andata in scena a scoppio ritardato per il ko della Reggiana a Bergamo con l’Albinoleffe. Promozione sì, insomma, ma in mezzo a mille ansie per molti versi ingiustificate. La rottura con Bindi si è trascinata all’interno dello spogliatoio tutta l’estate e ha creato le prime crepe. La successiva è stata con Pinzi. Nonostante il buon contributo dato da quest’ultimo nel girone di andata lo scorso anno e a tratti anche nel girone di ritorno, Bisoli ne aveva bocciato la riconferma. La società, anche in virtù di una vecchia promessa fatta a Pinzi che aveva accettato di venire per una cifra bassissima (30mila euro netti), lo ha invece riconfermato. Non prima di aver chiarito quale sarebbe stato il suo ruolo: non un titolare, ma un supporto al regista titolare. Ossia Della Rocca, chiesto specificatamente da Bisoli dopo il fallimento della trattativa per Schiavone. Pinzi ha accettato senza battere ciglio. Il problema, però, è che è stato messo sin da subito ai margini, relegato in ritiro a fare il difensore centrale, spedito regolarmente in tribuna e mai coinvolto nel progetto. Il tutto mentre Della Rocca, anziché essere gestito considerate le sue condizioni fisiche (di cui tutti, Bisoli compreso, erano ben a conoscenza sin dall’inizio) è stato inzialmente spremuto come fosse un ragazzino di 18 anni acuendo i suoi problemi. E così, mentre Bindi salutava sbattendo la porta, un altro “senatore” del gruppo della promozione veniva messo alla porta e chi avrebbe dovuto sostituirlo, di fatto, era fuorigioco.
Tanto per essere ancora più chiari. Bisoli non è stato esonerato solo per l’episodio di lunedì, non c’è stata una congiura di spogliatoio alimentata da Pinzi, Della Rocca e Guidone, intervenuto a difesa di un suo compagno. Non c’è un allenatore martire e un gruppo “cattivo” che lo caccia con i mezzucci. Semplicemente la fiducia era già venuta meno da qualche tempo e quella è stata la classica punta dell’iceberg. Una rottura alimentata dai risultati negativi (a questo ritmo, è bene sottolinearlo, si retrocede) e dai malumori di diversi giocatori. Perché Bisoli sa cavalcare l’onda positiva, ma spesso affonda quando trova le difficoltà. Non lo dico io, ma lo dice la sua carriera.
Nessuno, a scanso di equivoci, sostiene che la squadra sia una corazzata. Nella mia personale griglia di inizio stagione l’avevo messa quintultima e avevo pronosticato un campionato di lacrime e sangue. Le lacune ci sono e andranno colmate, per quanto possibile, a gennaio. E’ stato fatto un mercato a costi contenuti, perché la priorità è sempre stata quella di non far saltare i conti. Sarà bene rinfrescare la memoria a chi ha già dimenticato tutto in pochi mesi: Bonetto, prima assieme a Bergamin e poi da solo, ha ottenuto due promozioni in quattro anni, con una squadra che di fatto era sparita dal calcio. Zamuner, da quando è arrivato, ha ottenuto un quarto posto il primo anno e un primo posto il secondo. Trovo ingiuste le accuse a Bonetto, che sta agendo in prima persona per il bene della squadra e pure quelle al dg. Io vedo persone che stanno lavorando per il bene della società, che sicuramente hanno commesso errori (il primo dei quali, evitabile, è stato rinnovare e alzare lo stipendio a Bisoli, visto che già da contratto il suo stipendio aumentava con il salto di categoria) e che devono fare i conti con le risorse che hanno. In ere precedenti vedevo persone incompetenti e arroganti che, con qualche rara eccezione, hanno portato la società alla rovina pur avendo a disposizione molto, ma molto di più. Oggi non vedo nulla di tutto questo. Ed è bene sottolineare che è vero che Bisoli voleva Volta e che al posto di Volta è arrivato Capelli, è vero che Bisoli aveva chiesto un centravanti e quel centravanti non è arrivato, ma è anche vero che Bisoli ha avallato tutte le operazioni che sono state fatte e che, anzi, ha bocciato l’arrivo di Vitale l’ultimo giorno di mercato finendo col trovarsi senza un regista. Insomma, senza commettere l’errore di considerarlo l’unico responsabile, di colpe l’allenatore ne ha eccome e sono molto precise. Fra queste, cito in ordine sparso: 1) sei moduli cambiati in undici giornate; 2) undici formazioni diverse; 3) giocatori palesemente fuori ruolo, l’ultimo Pulzetti esterno sinistro col Cittadella; 4) giocatori passati dall’essere portati su un palmo di mano (Clemenza) a esclusi di lusso senza neppure un minuto giocato; 5) dichiarazioni quantomeno inopportune, in più di qualche occasione, che non sono state prese bene né in spogliatoio né in società. Anziché essere un valore aggiunto come lo è stato nel girone d’andata dello scorso anno, insomma, Bisoli non ha saputo ripetersi. Ecco, in buona sostanza, perché è stato esonerato. Per essere ulteriormente più chiaro, sono d’accordo al 100% con la decisione della società. Nel calcio non si vive di ricordi, bisogna sempre avere la lucidità e per certi versi la freddezza di gestire il presente. E, per quanto mi riguarda, la società ha ancora tutta la mia stima e il mio apprezzamento.
Conclusioni: sono in molti a sostenere che la squadra sia scarsa e che non ci sia alcuna possibilità di salvarsi. La penso, invece, esattamente come Claudio Foscarini, scelto in fretta e furia per sostituire Bisoli in una rosa di tre candidati che comprendeva anche Cosmi e Marcolini. E cioè che questa squadra, senza ombra di dubbio, abbia reso meno di quanto sia nelle sue possibilità. Che non vuol dire decollare e arrivare ai playoff, ma quantomeno avere un’identità precisa, non schierare i giocatori fuori ruolo, cercare di fare le cose semplici, riportare serenità in un gruppo troppo sotto pressione e che non fa quello che può. Poi, in tutta evidenza, la prima missione di gennaio è quella di cedere, perché la bravura di un ds è quella di saperlo fare e qui entra in gioco Zamuner. Che dovrà essere bravo a sfoltire e a trovare tre giocatori importanti per rinforzare la rosa. Non so se Foscarini riuscirà nell’intento per cui è stato chiamato, so però che è una persona seria, che ha salvato la Pro Vercelli e l’Avellino in situazioni analoghe e che ha portato il Livorno a un passo dalla finale playoff in C negli ultimi tre campionati. Insomma, si merita un in bocca al lupo di cuore. Ha una missione difficile, ma non una missione impossibile. Questo è bene sottolinearlo con forza.