Giusto non allarmarsi, ma neppure cercare di minimizzare a tutti i costi. Due punti nelle ultime sei partite, almeno dal punto di vista numerico, certificano una crisi di risultati per il Padova che è arrivata molto presto. Forse troppo. Ed è paradossale che tutto ciò si materializzi proprio nel giorno in cui la squadra a Crotone gioca decisamente meglio rispetto alle precedenti trasferte, nel giorno in cui Federico Bonazzoli rompe un digiuno che durava da un anno e otto mesi e che corona tutti gli sforzi fatti per arrivare a questo punto e nel giorno in cui Francesco Della Rocca gioca per la prima volta da titolare. Lo fa pure bene, fino alla clamorosa ingenuità dell’espulsione, che di fatto chiude le speranze di rimonta.
Sulle scelte di Pierpaolo Bisoli a Crotone poco onestamente da obiettare. Logica la formazione e logici pure i cambi, il problema resta sempre quel freno a mano tirato ogni volta che si potrebbero mollare gli ormeggi e provare a osare un po’ di più. Da cosa dipenda è compito della società stabilirlo. Preoccupa il fatto che si perda anche quando non lo si meriterebbe. Preoccupa pure il fatto che, al di là di carenze tecniche che ci sono ma che sono comuni ad altre concorrenti, la squadra non mostri quella personalità che servirebbe in un campionato come l’attuale. Perché i punti da qualche parte bisogna andare per forza di cose cercare di andare a prenderseli ovunque, altrimenti la situazione rischia di sfuggire di mano rapidamente.
Purtroppo il calcio gira da sempre in una certa maniera ed è inevitabile che, se i risultati non arrivano, a finire in discussione sia l’allenatore. È l’anello più debole del sistema e succede ovunque così. Anche a Padova, se le cose non dovessero migliorare, finirà nello stesso modo. Come accadde con Carmine Parlato nel primo anno di C, com’è accaduto a Venezia (via Vecchi, dentro Zenga), giusto per non andare troppo distanti. La società ha dato fiducia a Bisoli e oggi per me ha fatto bene. La situazione è difficile, ma non drammatica e i margini per recuperare ci sono ancora. Ci sono casi, peraltro, in cui cambiare allenatore serve e altri in cui si peggiorano le cose. Ecco perché le prossime partite saranno decisive ed ecco perché ora è giusto aver tenuto il timone dritto: con lo Spezia il Padova se la può giocare e può vincere, a patto che si metta l’elmetto nello stesso modo per 90 minuti, senza rimanere paralizzati dalla paura quando la strada sarebbe al contrario in salita.
Fra le varie considerazioni lette qua e là, una in particolare mi sembra condivisibile. In otto giornate sono state cambiate otto formazioni diverse. Ci sono stati motivi contingenti per farlo, ma non è sempre stato così. Bisoli, a mio parere, dovrebbe scegliere un modulo e andare avanti con quello, evitare troppe rotazioni di uomini e di schieramento anche per regalare qualche certezza a una squadra che sinora ne ha purtroppo per una serie di ragioni ben poche. Ad esempio, dopo il pareggio col Pescara in sala stampa Bisoli disse che con il 4-2-3-1 messo in campo nella ripresa aveva trovato la quadratura, salvo poi presentarsi a Brescia con il 4-3-3 e a Crotone col 3-5-2. È questo secondo me uno degli aspetti su cui concentrarsi e riflettere maggiormente. Poi serve come il pane un vertice basso alla squadra che davvero sia tale. In rosa ce ne sono due, forse tre e uno di quei tre deve per forza di cose giocare perché così facendo migliora tutto il meccanismo complessivo.
Che si dovesse lottare per la salvezza era chiaro a chiunque conoscesse un minimo le dinamiche del mondo del calcio e le sue sfaccettature. Che si sarebbe persa qualche partita anche. Ma non è tutto buttare. La squadra qualche valore al suo interno ce l’ha. E questa società e questo gruppo di lavoro, dirigenziale e tecnico, un credito ce l’hanno pure. Per forza di cose. Due promozioni in quattro anni sono un biglietto da visita che parla da solo. È giusto vivere nel presente valutandolo col giusto spirito critico, ma è altrettanto giusto non dimenticarsi cos’era il Padova nell’estate 2014. E cos’è adesso. Evocare spettri che non hanno alcuna ragione di essere tirati fuori dall’armadio in un momento di (ragionevole) difficoltà, mi sembra davvero un’assurdità. Allo stesso modo, l’unica cosa che mi sento di poter suggerire a chi ha in mano il Padova in tutti i ruoli è quella di non aver paura di parlare chiaro: magari non subito, ma è una politica che alla lunga paga sempre.