Per dare l’idea di cosa aspetti il Padova nel prossimo campionato, bisogna immaginarsi una trincea, con i soldati che vanno in battaglia con elmetto e baionetta. Un’immagine di un’aspra contesa che fotografa nel modo più realistico possibile quanto andrà in scena nel prossimo campionato di Serie B. Più che mai in caso di conferma dell’organico a 19 squadre e delle quattro retrocessioni. La categoria riconquistata a soli quattro anni dal crac che fece sparire il biancoscudo dai radar del calcio professionistico, siamo qui nuovamente a parlare di una piazza che si trova nella collocazione che la storia sinora ha dipinto più adatta alla propria dimensione. Due promozioni in quattro anni sono qualcosa di davvero eccezionale e questo dimostra che, con le idee, la serietà e la programmazione, talvolta si può fare meglio di chi ha tanti soldi, ma che non sa come spenderli o, peggio, che con la propria arroganza e incompetenza manda in rovina un club.
Faccio questa premessa perché la priorità resta quella di tenere i conti in ordine e non si può chiedere a qualcuno qualcosa che non è nelle proprie possibilità. Per cui, vista la storica apatia dimostrata dall’imprenditoria padovana nei confronti del calcio, avere una proprietà che rappresenta la città è qualcosa da custodire gelosamente, anche in vista di un futuro in cui le cose potrebbero cambiare. Tutto questo per dire che, in attesa di capire esattamente le intenzioni di Joseph Oughourlian, un finanziere che ha dimostrato nella sua carriera di saper molto bene quello che vuole e che a Padova probabilmente è sbarcato per il business del nuovo stadio, oltre che per il legame con Roberto Bonetto e altri affari, non ci può aspettare piroette, colpi sensazionali e investimenti milionari. L’attuale dimensione del Padova è quella di lottare per la salvezza e quest’anno, con ogni probabilità, andrà così. E, aggiungo, come ripeto dall’inizio dell’estate, che va più che bene così.
Il mercato non è ancora finito, perché arriverà ancora una prima punta per completare l’organico. Salvo sorprese che al momento non sembrano affacciarsi all’orizzonte, la scelta cadrà su uno fra Filip Raicevic e Daniele Cacia, più staccato Federico Macheda. Non arriverà Guido Marilungo, un buon profilo per la B, ma che andrebbe soltanto ad arricchire un parco attaccanti ricchissimo di seconde punte (Capello, Clemenza, Marcandella, Cisco e, a mio modo di vedere, può essere inserito in questa folta batteria anche Bonazzoli, non un vero centravanti ma una seconda punta atipica alla Gabbiadini, tanto per intederci) e con un solo vero centravanti di ruolo, ossia Guidone. E’ evidente che in quest’ultimo ruolo manchi un ultimo ritocco e quel ritocco arriverà.
Raicevic esplode nel 2015-2016, quando a Vicenza segna 10 gol ed è protagonista di un campionato splendido, tanto che il Napoli va a un passo dall’assicurarselo. L’anno dopo, 2016-2017, comincia benissimo proprio con Bisoli allenatore (7 presenze e 3 gol), poi si infortuna e a gennaio viene ceduto per esigenze di bilancio al Bari. Da qui in avanti per Raicevic è buio pesto: 8 presenze e nessun gol nella seconda metà dell’anno, 34 presenze e 4 gol nella scorsa stagione a Vercelli. Classe 1993, è un investimento che potrebbe avere un senso logico. Non è svincolato per demeriti propri, ma solo perché il Bari è fallito, con Bisoli si era trovato bene e potrebbe rilanciarsi. Insomma, una scommessa che può avere un senso.
Quando si parla di Daniele Cacia, a Padova a molti luccicano gli occhi. Un centravanti fantastico che, come Stefan Schwoch dal cui record di gol in B è staccato di una sola rete, in Serie B ha sempre fatto faville, non riuscendo mai a sfondare in Serie A. Ultimamente ha avuto più di qualche problema fisico alla caviglia prima e muscolare poi. Ad Ascoli, nonostante i guai fisici, aveva chiuso con 12 gol finendo fuori rosa per liti con la società, a Cesena appena 16 presenze, molte delle quali non da titolare e 3 gol. La scommessa sarebbe suggestiva, chiarendo bene certi punti fermi al giocatore, che sicuramente verrebbe accolto benissimo dalla piazza, si potrebbe anche tentare. Certo, le incognite non mancano, anche perché Pierpaolo Bisoli ai suoi attaccanti chiede un lavoro particolare e Cacia ha caratteristiche da uomo d’area, non certo da centravanti di manovra. Macheda, infine, ha un carattere bizzoso, era partito promettendo sfracelli allo United, poi si è un po’ arenato fra qualche luce e molte ombre. Anche qui, un bel punto interrogativo, sotto tutti i punti di vista. Può andare bene, come male.
Infine, la squadra. Con le risorse a disposizione, di più francamente non si poteva fare. Il capolavoro – Clemenza, l’uomo che potrebbe risultare determinante in ottica salvezza con una capriola tripla per strapparlo al Palermo, resta un colpo di grandissimo spessore. Difficile la collocazione nel 3-5-2, tanto che Bisoli sta valutando di cambiare modulo. Buona la difesa, con Capelli che resta una garanzia, Ravanelli che diventerà un grande centrale e Ceccaroni che potrebbe proseguire sulla strada della crescita. Interessante anche Vogliacco. I dubbi maggiori sono a centrocampo. A destra Madonna è reduce da un grave infortunio, a sinistra Contessa è al primo vero anno di B, in mezzo il top player Belingheri deve fare i conti con la carta d’identità, giudice spesso inflessibile, Della Rocca si spera abbia superato gli infortuni e la sorpresa potrebbe essere Broh. Quanto a Pulzetti, gli va trovata la collocazione in cui potersi esprimere al meglio, che difficilmente potrà essere quella di mezzala destra. Minesso, infine, la mezzala non l’ha mai fatta in carriera. Anche qui, una scommessa.
In definitiva, il Padova se la giocherà per la salvezza, con altre squadre. Come Carpi, Cosenza, Foggia (solo perché parte da -8, altrimenti qualitativamente superiore ai biancoscudati), forse Livorno (che però ha preso Kozak e Giannetti, che ha Diamanti, Dainelli e Bogdan) e forse Lecce (che però con La Mantia, Pettinari e Falco ha messo a segno tre autentici colpacci) e Pescara. L’Ascoli, almeno sulla carta, parte leggermente avanti, il Cittadella è il solito quiz, con la certezza assoluta rappresentata da Stefano Marchetti in cabina di regia. Qualsiasi cosa tocchi, diventa oro puro. Con tutto quello che ne consegue, anche al di là dei nudi e crudi valori tecnici della rosa.