Padova, Bisoli: “Mio figlio Dimitri in Biancoscudato? Lui ha quest’idea in testa, ne sarebbe felicissimo! Ma ho paura di…”

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L’uomo del monte si chiama Pierpaolo ed è nato a Porretta Terme, sull’Appennino che si arrampica tra Toscana ed Emilia. L’uomo delle quattro promozioni si chiama Bisoli e allena il Padova. Il calcio vuole che siano la stessa persona: «Ci sono allenatori che sbagliano 10 volte e si ritrovano all’improvviso in Serie A. Io non sono il tipo in cravatta che frequenta i salotti. Mi sono detto: vuoi vincere? Vai in C e dimostralo». L’uomo del monte, instancabile, un po’ ruvido: in società chi le assomiglia di più? «Il figlio del presidente Bonetto, Edoardo. È competitivo, vorrebbe che le cose funzionassero subito. Ma ci giochiamo la partita con suo papà e il direttore Zamuner».

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E quest’anno cosa le è stato chiesto? «Di mantenere la categoria, consolidando il lavoro della scorsa stagione. Anche se io non mi accontento mai».

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Nella sua carriera ha lanciato anche molti giovani come Parolo, Giaccherini, Defrel: su chi punta nel Padova? «Cisco, un ’98, già preso dal Sassuolo che ci è stato lasciato in prestito. Ma anche Marcandella e Piovanello, un 2000». Pinzi ha 37 anni: perché il Padova ha bisogno di lui? «Perché giocatori come Giampiero, Trevisan o Capelli danno solidità all’interno dello spogliatoio. E se si allenano bene, la loro esperienza ma anche la loro… staticità, a volte, può essere importante. Vedo che non si accontentano mai». Lei allena quattro figli di ex giocatori: Madonna, Mandorlini, Serena e Trevisan. La differenza si vede? «C’è, perché se cresci con il calcio in casa, qualche nozione in più ti arriva. Come i figli dei notai che nella maggior parte dei casi finiscono a fare a loro volta i notai. Infatti a casa mia non si parlava di algebra…». Suo figlio Dimitri potrebbe lasciare il Brescia. Ha pensato di portarlo a Padova? «Io mai. Lui ha quest’idea in testa, ne sarebbe felicissimo. Ma io ho paura di metterlo in difficoltà. Non come giocatore – perché di mezzali come lui, in B, ce ne sono poche – ma come figlio. È naturale che in alcune occasioni gli allenatori vengano “massacrati” dentro uno spogliatoio, e non vorrei che si sentisse toccato».

(Fonte: Gazzetta dell0 Sport, Giulia Guglielmi. Trovate il resto dell’articolo sull’edizione odierna del quotidiano)




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