Il 20 marzo 2017 il Venezia a Bassano mise una serissima ipoteca sulla promozione e quella sera, con un gol di Falzerano al 94′, fu tutto più chiaro nella corsa alla B. Quella sera allo stadio c’era il direttore generale del Padova Giorgio Zamuner, che vide definitivamente tramontare la rincorsa impossibile alla capolista. Perché quel Venezia, rispetto a quel Padova, era semplicemente più forte. Più squadra, più completo, più attrezzato. Dodici mesi e qualche giorno in meno dopo, il destino ha deciso nuovamente di far accadere qualcosa d’importante al Mercante. Ancora una volta con lo stesso risultato: 2-1. Cadenze diverse, partita diversa, dettagli diversi. Il Padova vince e vede spalancarsi le porte del paradiso: se davvero riuscirà a seguire le tracce arancioneroverdi, la data da cerchiare in rosso sul calendario è quella di lunedì 12 marzo. Perché a Bassano, pur non essendo ancora arrivato il momento della bandiera a scacchi, l’impressione è che la capolista abbia quantomeno imboccato il rettilineo finale.
Il rettilineo finale, dunque. Di ostacoli da superare ce n’è ancora qualcuno: soprattutto Mestre e Triestina, per citare le partite più complicate che la capolista dovrà affrontare. Ma è stato fatto molto, anzi moltissimo. Adesso basterà fare le cose semplici, le stesse che hanno portato il Padova sin qui. A dominare un campionato che il 15 marzo lo vede avanti di 11 punti rispetto alla concorrenza, al lordo delle partite da recuperare di un girone che sinora ha avuto un’unica indiscussa protagonista. Perché parlo di cose semplici? Perché Bisoli sinora ha fatto tanto, anzi tantissimo. Ha lanciato tre giovani di proprietà (Serena, Marcandella e Cisco), ha valorizzato un patrimonio della società dopo anni di buio, ha dato fiducia a Ravanelli che gli ha risposto sbocciando partita dopo partita. Adesso deve solo evitare di esagerare, deve schierare i giocatori nel proprio ruolo e continuare su quella strada. Come ha fatto per tutto il girone d’andata. Non servono colpi di bacchetta magica, non servono effetti speciali e luci stroboscopiche. Arrivati a questo punto, serve solo un ultimo sforzo, quello per uscire da una categoria che per certi versi somiglia parecchio a un girone infernale.
Qualche pensiero in libertà sui singoli: con Belingheri e Pulzetti il Padova è un’altra cosa, Sarno va avvicinato alla porta (da esterno o da trequartista) per trasformarlo in un’arma letale, Mandorlini sta dimostrando nelle ultime settimane di meritare una maglia da titolare, è un peccato che Fabris (punto fermo di Inzaghi) non trovi spazio. Davanti c’è da fare una scelta: Guidone o Gliozzi, insieme è complicato. Guidone esterno, poi, non ha molto senso quando in rosa hai Lanini, Capello, Sarno, Marcandella e Cisco. E Capello, quando è entrato a Bassano dopo un’esclusione che ha spiazzato tutti, ha dimostrato di essere un altro giocatore imprescindibile di questa squadra.
Post scriptum. Belli, anzi bellissimi i tifosi biancoscudati a Bassano. Settore ospiti praticamente pieno, un tifo da Serie A. Per chi non l’avesse ancora capito. L’Euganeo così com’è uccide i sogni e le migliori intenzioni, se si arriva al punto di non accorgersene neppure in un vetusto (ma raccolto) velodromo ai piedi del Grappa significa proprio che talvolta le soluzioni più logiche si vuole far finta di non vederle.