Premetto subito: in questo editoriale sarò durissimo. Perché a leggere certi commenti in questi giorni sulla cessione di Andrea Cisco che potrebbe concretizzarsi al Sassuolo davvero mi è andata di traverso la colazione. Dunque, ricapitoliamo: l’estate scorsa uno dei due soci storici del Calcio Padova che ha contribuito in modo determinante alla rinascita della società, Giuseppe Bergamin, decide di farsi da parte dopo aver dichiarato in conferenza stampa di aver ” pensato che per il bene della società fosse giusto che andasse avanti Bonetto”. Roberto Bonetto si è fatto carico di portare avanti il club con il 70% delle quote, ha costruito una squadra che è prima in classifica, ha confermato un dg di cui in molti chiedevano la testa all’inizio dell’estate, ha portato un allenatore che gode di un consenso mai registrato prima in città, ha trovato un socio dalle potenzialità sconfinate (fatevi un giro sul web per capire di chi stiamo parlando… uno speculatore, forse, ma sicuramente di successo, che sa quello che fa e non lo fa mai per caso) e, per la prima volta dopo anni, ha permesso che si affacciassero in prima squadra due giovani come Marcandella e Cisco. Ora, Zamuner mette in piedi, partendo da una posizione di assoluta debolezza rappresentando una società di terza serie, una trattativa con il Sassuolo e una con la Juventus che vanno avanti da settimane. Stabilisce una cifra per il cartellino che il Sassuolo (o la Juventus se vorrà rilanciare) dovrà corrispondere al Padova. Ma non è tutto: riesce a studiare un accordo in cui Cisco, se davvero andrà al Sassuolo, rimarrà per quest’anno a Padova. E poi anche il prossimo, in caso di promozione in B. E se giocherà e segnerà, il suo valore aumenterà e al Padova arriveranno altri soldi, un’operazione che penso migliore non sarebbe potuta esserci. Sempre se andrà in porto.
Detto che ancora non ci sono le firme e che le parti sono vicine ma non c’è ancora la fumata bianca, che fanno in molti? Reagiscono sdegnati, non riuscendo a comprendere: 1) che per quasi DIECI anni, per un motivo o per l’altro, il settore giovanile al Padova non ha dato praticamente nulla alla prima squadra, l’ultimo giocatore ad essere venduto garantendo un’entrata per il club è stato Rossettini; 2) che Cisco è un giocatore ancora tutto da costruire, talento puro, ma da sgrezzare e da lavorarci, senza sapere al momento come evolverà; 3) che in quasi 60 anni il Padova ha giocato DUE campionati di Serie A, per cui è ora di togliersi quella spocchia immotivata che circonda una parte dell’ambiente e ragionare con umiltà e consapevolezza della propria dimensione; 4) che una provinciale lavora così, lancia 1-2 giocatori del suo vivaio in prima squadra all’anno e poi li vende per autofinanziarsi, come ha fatto per esempio l’Atalanta con Caldara o come ha fatto il Cittadella in diverse occasioni; 5) troppo facile pretendere, pretendere e pretendere ancora. Le cifre, euro più euro meno, le conosco. Non le rivelo per rispetto dei diretti interessati, lo faranno altri o la società stessa, se lo riterrà opportuno. Aggiungo però: ma cosa si vuole di più da una proprietà che ha costruito una squadra da primo posto, che tiene i conti a posto e non rinuncia a investire, che si sta giocando la volata per la B, che va avanti senza che nessuno, dico nessuno, fra i grandi imprenditori cittadini, abbia mai mosso un dito per la squadra di calcio della propria città? Proprio nei giorni in cui a Vicenza sta andando in scena lo sfascio e a tre anni e mezzo dalla tempesta perfetta che ha colpito il club, è ora di smetterla di gettare fango (con spocchia immotivata) su chi lavora con un senso logico e con capacità indiscutibili, è ora di cambiare mentalità. Perché andando avanti così si continuerà a vivere nella mediocrità, come purtroppo è accaduto per lunghi anni da Nereo Rocco in poi. Per chi se ne fosse dimenticato, era il MILLENOVECENTOSESSANTADUE.