Che cosa serve al Padova sul piano tecnico? Semplice: un allenatore con gli… attributi. Ma attributi veri, il che, in estrema sintesi, significa avere idee chiare e personalità forte. Presupposti fondamentali per tentare di far bene in una piazza “particolare”, dove agli eterni brontolìi di una parte della tifoseria e al senso di vittimismo che permea l’approccio domenicale allo stadio (la litanìa dell’Euganeo che più brutto di così non si può sinceramente ha stancato) si sommano grandi attese, ogni estate, per allestire squadre che siano protagoniste. Esauritosi il triennio della rinascita, che aveva come traguardo ipotizzato (ma non sicuro) il ritorno in Serie B, il ribaltone verificatosi in società – i Bonetto ora sul ponte di comando e Bergamin, l’ex patron, finito ai margini, con dimissioni imprevedibili annunciate anche da componente del Cda – pone come immediata conseguenza la necessità di non fallire le prime mosse del nuovo corso: e proprio la figura del mister, che succederà a Brevi, diventa uno dei “nodi” cruciali da sciogliere, perché è dalla sua scelta che dipenderanno i destini futuri della stessa proprietà. L’esperienza suggerisce, dunque, di tracciare l’identikit del prossimo allenatore sulla base di alcune semplici considerazioni: il gruppo biancoscudato che sarà in gran parte confermato, per i molti contratti già in essere con il club, ha buoni elementi ma non è così coeso come si voleva far credere. Il passato è passato, ma certi comportamenti non sono stati da professionisti veri: alimentazione, “vizietti” come il fumo o qualche bicchierino di troppo, orari non rispettati. Serve un uomo dal polso fermo, che riporti un po’ di ordine in uno spogliatoio dove c’è stato purtroppo chi ne ha approfittato per farsi i propri affari, ma la cui qualità tecnica è comunque di buon livello per la categoria di cui fa parte.
[…]Due parole, per concludere, sul settore giovanile. Il Padova ha speso molto in questi anni, però chi sostiene che non avesse i giovani buoni da lanciare in prima squadra è stato smentito dai fatti: quando Penocchio ha fatto sparire la società dal professionismo, tre anni fa, le altre società ne hanno approfittato alla grande, compreso il Cittadella, che non ci ha pensato su un secondo nell’accaparrarsi e portare sotto la propria ala i vari Varnier, Maniero, Fasolo e Caccin. Tutti usciti dal vivaio biancoscudato, non da chissà dove. La questione, al di là del (doveroso) contenimento dei costi, è un’altra: saper aspettare che i giovani maturino e acquisiscano le qualità idonee per giocarsi le loro carte in Lega Pro. Siamo sicuri che questa “politica” della pazienza abbia fatto sempre da filo conduttore per investimenti mirati e decisioni conseguenti? Qualche dubbio ci resta, a prescindere dal lavoro di Giorgio Molon, al quale adesso è d’obbligo augurare un grosso “in bocca al lupo!”.
(Fonte: Mattino di Padova, editoriale di Stefano Edel dal titolo “Mister di categoria con le idee chiare e personalità forte”. Trovate il resto dell’articolo sull’edizione odierna del quotidiano)