Ho voluto dormici sopra una notte, perché il finale di stagione è stato quanto di peggio si potesse immaginare. Brutto, indegno, imbarazzante, persino offensivo rispetto a chi ha tifato e seguito per un’intera stagione la squadra, tenendo sempre la barra dritta senza mai abbandonarla neppure nel momento di difficoltà. A pensarci bene, i segnali c’erano, ma ho sperato che fossero sbagliati, che fossero solo nubi passeggere: una settimana di allenamenti a porte chiuse dopo il ritiro, la paura che trapelava qua e là (del tutto ingiustificata) dell’Albinoleffe, la folle scelta di giocare alle 14.30 con una squadra infarcita di ultratrentenni (Madonna, Dettori, Altinier, Emerson, Alfageme). Poi il campo, con una prestazione imbarazzante, con il nulla tattico come spesso abbiamo visto negli ultimi tempi in bella mostra, con i cambi tardivi, con la totale assenza di uno straccio di alternativa quando la partita gira male, con l’assenza di gioco che ha caratterizzato tutta la stagione. Tutto questo è Oscar Brevi, che ha regalato momenti anche esaltanti, come a Parma e a Venezia e che per un breve periodo ha anche puntato al primo posto, ma che non ha mai dato un gioco alla squadra. Poi è rimasto vittima della sua arroganza, della voglia di sbattere in faccia all’ambiente che non meritava quell’accoglienza gelida che gli era stata riservata in estate. Arroganza, certo, ma anche scelte sconsiderate, che alla fine hanno portato a chiudere il campionato cancellando quasi tutto quello che di buono è stato fatto. E adesso tira una brutta aria pure per Giorgio Zamuner, che la prima volta ci ha preso, quando ha difeso Brevi, ma che poi ha avuto il torto di difendere anche contro l’evidenza un allenatore che aveva perso il controllo della situazione.
Ieri in serata il clima in società era quello di un “tutti contro tutti”, della desolazione per un’uscita di scena che ha avuto il potere di cancellare con un colpo di spugna (quasi) tutto quanto di buono è stato fatto in questa stagione. Da qui la tentazione di un hard reset, come tante altre volte è accaduto. Ha poco senso parlare oggi di futuro di Zamuner, che finisce improvvisamente in bilico nonostante il quarto posto migliori sulla carta il quinto dello scorso anno. Quantomeno abbiamo capito che Brevi (nonostante la spocchiosa risposta data ieri a un giornalista) non sarà più l’allenatore del Padova e, per fortuna, aggiungo io. Visto che, oltre a non dare un gioco alla squadra, è riuscito a mettersi contro tutti, da stampa a tifosi con un atteggiamento irritante e sempre ai confini della sfida con l’ambiente. A cos’abbia portato lo abbiamo visto ieri. Tante cose devono accadere dietro le quinte. A cominciare dalla società, dove bisognerà capire se Alessandro Banzato deciderà o meno di compiere il tanto atteso passo, o se i suoi rimarranno soltanto propositi sfumati. Bisognerà capire se Roberto Bonetto e Giuseppe Bergamin andranno avanti insieme, perché quest’anno sì (non certo 12 mesi fa) le premesse per continuare sono tutte da verificare. Era stato firmato un impegno triennale, i tre anni sono scaduti. Capire cosa fare è una domanda che non ha risposte, almeno oggi.
Nonostante tutto, non riesco a puntare il dito contro la società. Hanno fatto errori, ma hanno dato tutto quello che avevano, faticosamente ognuno è restato al proprio posto rivestendo il ruolo che ricopriva. Non poco, considerato il passato. Hanno rispettato la carica assegnata l’estate scorsa a Zamuner, dandogli praticamente carta bianca. A inizio anno il proposito era: “Miglioriamo il quinto posto ottenuto con Pillon”. E’ stato fatto un passetto in più, arrivando quarti a pari merito col Pordenone (terzo). Ma poi ecco il tracollo con l’Albinoleffe, che spazza via come un ciclone (quasi) tutto. Hard reset, dunque? Mi sbilancio e dico che mi auguro di no. Se arrivasse davvero Banzato, Zamuner potrebbe rimanere, magari con Ivone De Franceschi (per quanto mi riguarda, sarebbe un gradito ritorno con tanta esperienza in più accumulata) accanto all’amico con ruoli e competenze da definire. Non la reputo per nulla una brutta idea. Zamuner ha fatto molto di positivo, ha sbagliato pure commettendo errori dovuti all’inesperienza. I pro: ha costruito una buona squadra, che non era e non poteva essere al livello del Venezia, ha avuto una funzione equilibrante e rassicurante nei confronti dell’ambiente, ha lavorato tanto dietro le quinte per unire e non per dividere, ha portato tanti buoni giocatori (Bindi, Emerson, Madonna, Dettori, Cappelletti, Russo). I contro: ha sbagliato qualche acquisto (Filipe e Alfageme su tutti), è rimasto troppo legato a Brevi finendo per affondare con lui, sbagliando la scelta più importante, quella dell’allenatore. Fateci caso: è da quindici anni che a Padova chi siede in panchina non fa carriera: l’unico è stato Andrea Mandorlini, finito in Serie A, gli altri annaspano tutti ai confini fra B e Lega Pro. Se davvero il problema fosse solo l’ambiente padovano, qualcuno, crescendo passo dopo passo, altrove avrebbe dimostrato di essere un big e invece…. Investire sull’allenatore, qualsiasi sia il budget a disposizione e qualsiasi siano gli equilibri societari nella prossima stagione, è il primo obiettivo di chi avrà in mano il Padova 2017-2018.