Reggiana-Padova, l’analisi de “Il Mattino di Padova”

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Stavolta le immagini parlano da sole, nette ed inequivocabili. E ci dicono che il Padova ha subìto un furto, di quelli calcistici ovviamente, pesante per le conseguenze che ha provocato sulla classifica del girone B di Lega Pro, dove i biancoscudati restano terzi, distanti però adesso dal Venezia capolista non più 6 lunghezze bensì 8 (61 contro 53 punti). Sull’1-1 con la Reggiana, dopo il botta e risposta iniziale fra Cesarini (rigore, concesso per un pallone finito prima in faccia e quindi sul braccio sinistro aperto di Mandorlini, 7’, e trasformazione dell’attaccante granata all’8’) e Altinier (splendida girata al volo, di destro, appena fuori l’area piccola su cross di Madonna, 10’), il signor Giacomo Camplone, arbitro designato per il big match, è salito in cattedra insieme all’assistente Lorenzo Abagnara di Nocera Inferiore, mettendo in scena, nel giro di poco più di un minuto, il delitto perfetto. Ovvero: come non fare giustizia di un episodio apparso cristallino a tutti, sul terreno di gioco e fuori, al punto da far pensare seriamente a qualcosa di premeditato, o comunque di “sporco”. Prima lo concede, poi lo nega. La partita è rimasta sino alla fine sull’1-1, materializzatosi in quei primi 10 minuti, ma la squadra di Brevi è uscita imbufalita dallo splendido “Mapei Stadium-Città del Tricolore”, a prescindere dal risultato ottenuto, comunque positivo, e che porta il bottino del girone di ritorno a 20 punti in 9 giornate (6 vittorie, 2 pareggi e 1 sconfitta).

Perché l’episodio incriminato, che pesa come un macigno sull’esito della contesa, è avvenuto al 43’ del primo tempo: angolo di Emerson dalla destra, la palla spiove in area, e nel solito grappolo umano che si forma per andare a colpirla Sbraga salta più in alto dell’avversario, che in quel momento è Contessa. La sfera viene smorzata nettamente dal braccio destro proteso in avanti del terzino granata. Il direttore di gara è lì e indica subito il dischetto degli 11 metri. Giusto, l’intervento è da massima punizione, visto che l’arto non è aderente al corpo. Capitan Genevier e compagni circondano il fischietto abruzzese e lo convincono ad andare a consultare l’assistente campano, che agisce sotto la tribuna opposta, là dove Emerson ha calciato, dunque ad una distanza di almeno 40 metri dal punto d’impatto con il pallone da parte di Sbraga. Il capannello di giocatori è folto, e dopo oltre un minuto, fra la sorpresa generale e lo sconcerto dei biancoscudati, Camplone torna sui suoi passi e cancella tutto ciò che aveva accordato. Come se non avesse mai fischiato il penalty. Inviperiti, Emerson e gli altri si sentono dare una spiegazione assurda: “Mi sono sbagliato, il fallo di mano era involontario”. Ma come? Sei lì, a pochi metri dall’azione, vedi tutto, quindi sei in grado di giudicare meglio di chiunque altro, e ti fai condizionare dal tuo collaboratore che ha visto l’azione da lontano, quindi con una visuale sicuramente peggiore della tua? Una cosa mai vista.

Il resto è fuffa, appartiene ad una gara giocata comunque con spirito agonistico e voglia di superarsi da parte di entrambe le squadre, ma condizionata da una decisione senza precedenti e che può spingere molti dei protagonisti in campo a chiedersi: ma allora le proteste con certi arbitri servono, eccome se servono? E non ci troviamo di fronte all’ennesimo “caso” che adombra la sudditanza psicologica nei confronti delle società di nome? La storia della Reggiana la conosciamo, ma anche il Padova ha 107 anni di cronache gloriose alle spalle e non può essere trattato in questo modo. Il penalty dato e poi tolto offende chi continua a credere che ci sia sempre un giudice onesto, in grado di far rispettare le regole del gioco. Nulla di tutto questo, e la domanda sorge spontanea: e se fosse successo al Venezia, che non trascorre domenica in cui non reclami, attraverso il direttore generale Perinetti, per le presunte ingiustizie patite? La risposta non l’abbiamo, ma la possiamo immaginare: dossier al veleno contro le giacchette nere e ipotesi di congiura sbandierate ai quattro venti.

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(Fonte: Mattino di Padova, Stefano Edel. Trovate il resto dell’articolo sull’edizione odierna del quotidiano)




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