Tanto di cappello al Forlì, anzi tanto di… Capellini, autore di una gran giocata allo scadere del primo tempo, con un destro a giro dal limite dell’area che si è infilato nel “sette” alla sinistra di Bindi. Il Padova cade al “Morgagni” dopo aver iniziato benissimo il girone di ritorno (successi con la Sambenedettese e l’Albinoleffe), e non sfata purtroppo il tabù che lo perseguita nello stadio romagnolo, visto che l’ultima vittoria da queste parti risale al marzo 1946, un 5-3 del campionato misto B-C che si disputò dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Consolazione magra per i biancoscudati: qui sono stati battuti anche il Venezia (1-0) e la Reggiana (2-0). È la quinta sconfitta della stagione, la quarta in trasferta (le precedenti a Fano, San Benedetto del Tronto e Bassano) contro una sola all’Euganeo (Pordenone), ed è una battuta d’arresto che brucia molto, anzi moltissimo. Perché frena la rincorsa alle posizioni di vertice assoluto e perché chiama in causa colpevolmente tutti, in ossequio ad una regola spietata del calcio: sbagli tu, vinco io.
Ovvero: non ci si può divorare una quantità industriale di palle-gol in area o davanti al portiere avversario e pensare di portar via un risultato positivo. Se poi commetti un errore, grave, nell’occasione in cui (Altinier nella fattispecie) perdi la sfera all’altezza del centrocampo, consentendo al trequartista di casa, Capellini appunto, di involarsi tutto solo verso l’area, senza che nessuno esca da questa per provare a fermarlo, e gli permetti pure di prendere la mira e realizzare uno splendido gol, il peccato diventa doppio. E non esiste giustificazione che tenga, neppure quella di una rete che c’era, e che è stata clamorosamente negata a Neto, per tentare di ridurre le responsabilità che ne conseguono.
[…]Insomma, niente da fare. Il Venezia ha allungato a + 6, il Parma è salito al secondo posto, Neto & C. sono scesi dal podio su cui si trovavano insieme ai ducali. Il ko è brutto, ma dimostra anche che il “vizietto” di subìre con le squadre di medio-bassa classifica non è stato sradicato. E su questo bisognerà lavorare.
(Fonte: Mattino di Padova, Stefano Edel. Trovate il resto dell’articolo sull’edizione odierna del quotidiano)