Cittadella-Latina, Alfonso: “Credo di aver vissuto una giornata di grazia! E la parata più bella…”

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Chi fa e chi disfa. Da una parte Litteri, che con la sua doppietta ha demolito la Salernitana, regalando al Cittadella la seconda affermazione consecutiva. Dall’altra, non meno importante, Enrico Alfonso. Che, ed è quasi paradossale, continua a essere fra i migliori in campo in una squadra che gioca un ottimo calcio. Strano, no? «Il portiere è messo lì per parare, ben venga se riesco a dare una mano», la risposta del numero uno granata. «Avevamo bisogno di ricominciare a far punti dopo che, un po’ per sfortuna e un po’ per un minimo appannamento, abbiamo interrotto la nostra marcia. Più che per la mia prova sono contento perché questi risultati riportano in alto il morale». In ogni caso, per la prima volta dopo cinque gare, pur correndo qualche rischio ha mantenuto inviolata la porta. «In alcuni momenti è venuta meno la compattezza di squadra. Attenzione, non parlo di reparto difensivo, ma del lavoro di tutti: abbiamo subìto di più proprio quando è mancata quella compattezza che è sempre stata la nostra forza. Dopodiché ci sta che ci si adagi nel corso di una partita come quella di sabato, incanalata nella nostra direzione. Ma se vogliamo pensare in grande dobbiamo migliorare anche sotto quest’aspetto». La parata più difficile? «Ho rivisto l’incontro, e credo di aver vissuto una giornata di grazia. A livello stilistico, forse la più bella è arrivata sul colpo di testa di Coda nel primo tempo, anche se pure quella nella ripresa sul tiro a incrociare di Donnarumma non è stata male: lì ho saputo anticipare la conclusione».

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A un certo punto l’abbiamo vista sbottare all’indirizzo di Scaglia come, forse, non era mai successo. «Non ero arrabbiato con lui: neanche sull’autogol più clamoroso me la sono mai presa con un compagno, perché gli errori ci stanno. Quella reazione è stata dettata dall’adrenalina e dal fatto che ero preoccupato: stavamo concedendo troppo, avessimo subito gol avremmo corso il rischio di infilarci in un tunnel psicologico che poteva anche portarci a riaprire una partita già chiusa. Ho solo voluto alzare l’attenzione di tutta la squadra. Che davanti a me ci fosse Scaglia, poi, è una fatalità: è la persona più importante per me nello spogliatoio, è il compagno con cui ho legato di più, ci mancherebbe che me la prendessi con lui».

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(Fonte: Mattino di Padova. Trovate il resto dell’articolo sull’edizione odierna del quotidiano)




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