Stephen Maar è una delle piacevoli sorprese della stagione 2016/17. Con 104 punti realizzati in 7 partite (9 ace e 8 muri vincenti) è attualmente il giocatore più prolifico della Kioene Padova e occupa il 9° posto nella classifica dei migliori realizzatori della Superlega. Il suo ambientamento nel campionato italiano è stato veloce e “naturale”, soprattutto pensando che fino a qualche mese fa giocava nel campionato universitario canadese.
Il pubblico di Padova è entusiasta del tuo inizio campionato, sia per le buone prestazioni che per il tuo atteggiamento serio e concentrato in campo.
«Mi trovo davvero bene in questa squadra. Tutti mi supportano e siamo pronti ad aiutarci a vicenda anche per migliorare le nostre capacità in allenamento. In campo ci divertiamo davvero tanto. È bello sapere che durante i match non c’è un’unica stella della squadra a cui fare affidamento, ma ognuno esprime il meglio di se stesso per vincere assieme. Ogni elemento porta con sé una forza differente e finora stiamo lavorando per unire le forze per poter vincere».
Che differenze hai trovato tra il campionato che disputavi in Canada e la Superlega?
«La differenza maggiore dal campionato canadese è sicuramente l’esperienza. I giocatori in Canada devono destreggiarsi tra le tante lezioni e questo rende difficile allenarsi con frequenza, duramente e per un lungo periodo. Questo implica poi molti errori. Con tutte queste partite la Superlega ti permette invece di sviluppare anche abilità mentali, oltre che fisiche. La Superlega sta testando e sviluppando tutte ciò che ho imparato in Canada. Ogni volta che giochiamo dobbiamo esprimere il nostro meglio, far emergere tutto il nostro potenziale per conquistare una vittoria».
Che valutazione daresti alla squadra per questo buon avvio di stagione?
«La squadra ha finora giocato molto bene, anche contro le grandi squadre. Questo ci ha iniettato tanta fiducia e sicurezza in noi stessi. Penso che andando avanti la pressione si farà sentire sempre più, ma dobbiamo continuare a rimanere così uniti. Siamo tutti giovani e sarà difficile avere sempre questa costanza di rendimento, ma sono davvero contento di questo nostro inizio».
L’affiatamento con i compagni e con il coach Valerio Baldovin sembra molto naturale. Quanto conta per te lavorare in questo ambiente?
«Coach Baldovin mi ha permesso di transitare da giocatore universitario a giocatore professionista davvero facilmente. Ci segue davvero tantissimo, sia come atleti che come persone. Ha sempre tempo per parlare con noi anche fuori dal campo. Penso che sia fondamentale per dei giocatori così giovani. È paziente anche quando commettiamo degli errori, perché le sue parole sono costruttive al fine di migliorarci. Lavorare in un ambiente così positivo significa molto per me».
Molti hanno notato il tuo tatuaggio sul braccio. Qual è il suo significato?
«Il tatuaggio è una preghiera che dicevo con mia nonna quando ero piccolo. Quando ci ha lasciato, qualche anno fa, non la riuscivo più a ricordare. Ho questo tatuaggio in sua memoria e lo adoro. È scritto in tedesco, come nella lingua in cui recitavamo la preghiera dato che mia nonna era di origini tedesche».
Dal punto di vista professionale, qual è il tuo sogno nel cassetto?
«Il mio sogno è continuare a migliorare. So che sono sulla strada giusta e un giorno spero di diventare un bravo giocatore. Amo profondamente questo sport. Ho sempre sognato di giocare in Italia da quando avevo 15 anni e finalmente il mio sogno si è realizzato. Spero di rimanere in Italia il più lungo possibile».