Scelta non facile, quella a cui sono chiamati Bergamin, Bonetto e Zamuner, ma la gestione di giornate come queste sul piano della comunicazione, va detto e sottolineato con il pennarello rosso, ha lasciato e lascia molto a desiderare. E offre una chiave di lettura disarmante: la dirigenza del Padova non era assolutamente preparata ad una crisi del genere, convinta (e in alcune componenti lo è ancora) di poterne uscire al meglio con l’attuale tecnico. Lo sconcerto provato a San Benedetto martedì, e ammesso con frasi schiette sia nel dopo-gara che il giorno successivo, si sarebbe dovuto tradurre in scelte operative convinte e sicure: insomma, sul tavolo di discussione ci saremmo aspettati varie opzioni per giungere ad individuare già il giorno dopo il profilo migliore per la panchina. Niente di tutto ciò, invece. Il risultato è che si sono persi 3 mesi e mezzo, compromettendo un avvio di campionato (e prima la Tim Cup) su cui si puntava molto. Ed ecco le conseguenze che il cambio comporterà: investimenti economici superiori, nuovi interventi sul “mercato” a gennaio, idee tattiche diverse e un gruppo costretto a ripartire da zero (il che, forse, non è detto che sia proprio un problema). I tifosi sono giustamente preoccupati e delusi. Se alla B&B va riconosciuto il merito di aver creduto nella rifondazione del Biancoscudo, altrimenti il calcio alle nostre latitudini sarebbe sparito, è sulla capacità di compiere il salto di qualità, una volta approdati al professionismo, che adesso le perplessità sono giustificate. Nelle prime due stagioni tanto di cappello, in questa i limiti sono emersi subito in modo vistoso. Nessuna fretta, certo, presidente, ma perlomeno evitate di sbagliare ancora. Le “rivoluzioni”, come avete visto, spesso non pagano, anzi diventano pericolosi boomerang.
(Fonte: Mattino di Padova, editoriale di Stefano Edel dal titolo “Si sono persi tre mesi e messo, evitate di sbagliare ancora”)