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Ore 21.20 – (Il Piccolo) 2124 abbonamenti: questo il dato definitivo sulle tessere stagionali sottoscritte dai tifosi, comunicato ieri dalla Triestina. Certo, è stato necessario qualche piccolo aiutino, vedi i 365 abbonamenti arrivati con l’accordo di sponsorizzazione con la Siderurgica Triestina (ma si tratta di presenze e di soldi veri, che è quello che più conta), però alla fine in qualche modo l’obiettivo sognato da Mauro Milanese alla vigilia della campagna abbonamenti (ovvero duemila tessere) è stato addirittura superato. E comunque, anche non volendo contare questa spinta finale, si è arrivati comunque a circa 1750 tessere, un risultato certamente significativo visto che si partiva da zero e dalla tabula rasa dello scorso anno. Mai in questi anni, dopo il fallimento del 2012, si era giunti a questa cifra tra Eccellenza e serie D: per vederne una superiore bisogna andare alla stagione della Lega Pro, la 2010/11, quando c’erano quasi 3mila abbonati, frutto tra l’altro dei sogni del post Fantinel, durati poco e poi addirittura naufragati appunto nel fallimento dell’estate successiva. Ma il dato è estremamente significativo anche in generale. Perché con questo numero di abbonati la Triestina non solo non teme rivali in serie D, ma si colloca addirittura tra le società con più seguito di aficionados anche considerando l’attuale Lega Pro. Solamente otto società nei tre gironi della Lega pro possono infatti vantare numeri migliori. Considerando il solo girone B, che poi è quello Est dove si spera potrà giocare presto la Triestina, solamente Parma (addirittura 9mila abbonamenti), Reggiana e Padova (2900) hanno fatto meglio. Nel girone A, quello Ovest, c’è solo il Livorno che vanta cifre migliori, mentre il Siena che è secondo è fermo a 2100. Nel girone C con le squadre del sud, ci sono solo Lecce (addirittura 9183 tessere, primato assoluto), Catania, Foggia e Reggina ad avere più abbonati della Triestina. Insomma, quanto a seguito della tifoseria, nonostante navighi ancora una categoria più sotto, la Triestina idealmente è già in Lega Pro, anzi nelle prime posizioni, e addirittura seconda considerando quello che dovrebbe essere il suo girone di appartenenza. Questo giusto per capire che il potenziale seguito della città verso il calcio, al cospetto di una società seria, un progetto ambizioso e una squadra competitiva, può essere ancora molto alto.
Ore 21.00 – (Corriere delle Alpi) Alberto Tibolla sfida il Belluno. Il centrocampista di Sedico, ex Feltrese e Ripa Fenadora, in estate è passato alla neo promossa Carenipievigina, prossimo avversario della società di Piazzale della Resistenza. Il match si gioca sabato 24 alle 16 a Oderzo. I destini di Tibolla e del Belluno non si sono mai incrociati, nonostante più di una volta le due parti si siano sentite per un possibile approdo del giovane classe 1996 in gialloblù ma alla fine non si è mai fatto niente. «Il Belluno è una corazzata, lo conosco bene anche perchè ci ho giocato contro due anni fa quando ero al Ripa , ma anche nella passata stagione li ho sempre seguiti. Per cercare di portare a casa punti non abbiamo molte alternative, dobbiamo dare il massimo. Sono convinto, però, che sarà una bella partita. Giocare contro i gialloblù è sempre molto bello, non vedo l’ora. L’obiettivo del Carenipievigina? Siamo una squadra neo promossa, il primo pensiero è salvarci, cercando di evitare i playout». Alberto Tibolla ha giocato i primi anni della sua carriera tra Pizzocco e Feltrese, dopo è passato al Chievo Verona facendo tutte le giovanili, con anche una parentesi a Roma. Due anni fa il centrocampista sedicense ha giocato con il Ripa Fenadora mentre la scorsa stagione ha vinto la serie D con il Gubbio. «Speravo sinceramente di rimanere in Umbria, ci siamo meritati la promozione in Lega Pro – continua “Tibo” – la società però ha deciso di cambiare due terzi della squadra e quindi è andata così. Ho aspettato fino alla fine una Lega Pro, ma non è arrivata e quindi ho deciso di accettare la proposta del Carenipievigina che mi ha cercato tante volte durante l’estate. Ci alleniamo di sera quindi vivo a casa e vado su e giù». Che ricordi hai dei due derby che hai disputato contro il Belluno? «Non posso dimenticare la stupenda atmosfera che si respirava in quelle giornate – racconta Tibolla – le partite sono state sempre molto combattute e i due derby a cui ho partecipato sono terminati entrambi in parità. Ricordi della mia stagione al Ripa? È stata una bella esperienza quella stagione, il ricordo più bello è stata la vittoria a Trieste al Nereo Rocco. In questi anni sei stato più volte accostato al Belluno, c’è mai stata la reale possibilità di approdare in Piazzale della Resistenza? «Ho sentito il Belluno due volte, la possibilità più concreta è stata quella di quest’estate dove abbiamo parlato un paio di volte a giugno, ma non abbiamo trovato un punto di incontro. Nel futuro non si può mai sapere, magari prima o poi vestirò la maglia gialloblù». Giorno di riposo. Il Belluno ieri pomeriggio non si è allenato e tornerà a lavorare oggi. Mister Vecchiato deve valutare le condizioni di Nicola Borghetto e Simone Bertagno, indisponibili nel match di domenica contro il Legnato, terminato 1-1. Coppa Italia. Il Belluno giocherà in casa del Tamai mercoledì 28 settembre, la partita è stata posticipata alle 19.
Ore 20.40 – (Il Centro) Il Teramo lavora a fari spenti sul mercato per cercare un terzino che possa numericamente sostituire l’infortunato Karkalis. Il compito della dirigenza, però, non si annuncia semplice. La lista degli svincolati, infatti, non offre tante possibilità di scelta per la corsia di sinistra, dove attualmente la rosa biancorossa può disporre del solo D’Orazio. Non sono da escludere, quindi, due strade alternative: o ci si fionda su un terzino destro adattabile anche sull’out mancino, oppure ci si inventerà qualcosa tra gli elementi a disposizione. Nel caso in cui dovesse andare in porto quest’ultima ipotesi, il ruolo di terzino sinistro potrebbe essere ricoperto, all’occorrenza, dal 23enne Filippo Capitanio o dall’esperto Stefano Scipioni (come è accaduto in qualche circostanza ai tempi della gestione Cappellacci). La società, nel frattempo, riflette anche su altre due questioni da risolvere: l’ingaggio di un vice allenatore da inserire nello staff di Nofri e se occupare la poltrona di direttore sportivo, dopo il divorzio da Fabio Lupo. La sensazione, comunque, è che l’eventuale arrivo di un nuovo ds sarà ratificato con calma, magari a ridosso della sessione invernale del mercato. Il patron Luciano Campitelli, nei giorni scorsi, ha lasciato intendere che per il momento la carica rimarrà vacante. Un nome particolarmente gradito all’ambiente sarebbe quello dell’ex Vincenzo Minguzzi, che però è sotto contratto con la Viterbese. Il profilo di Minguzzi era già stato accostato al Teramo qualche mese fa, prima dell’avvento di Lupo. La presenza del tecnico Federico Nofri, con il quale l’esperto dirigente ha lavorato (e vinto) a Viterbo, potrebbe favorire il ritorno in biancorosso di Minguzzi. La squadra, nel frattempo, continua a preparare il match interno di sabato (ore 20,30) contro il Fano. In palio ci sono tre punti pesanti, per dare una boccata d’ossigeno alla classifica e una svolta a questo inizio di campionato. «I miglioramenti già visti a Santarcangelo mi fanno essere fiducioso», dice il 28enne attaccante brasiliano Jefferson, «ma sappiamo che c’è ancora tanto da fare per uscire da questa situazione difficile. Mister Nofri sta lavorando bene. Questo gruppo ha bisogno di una vittoria per sbloccarsi e acquisire autostima. È una settimana molto importante. C’è una classifica da raddrizzare assolutamente. Sabato vogliamo finalmente conquistare i tre punti». Sul piano personale, Jefferson (in gol contro il Modena otto giorni fa), sottolinea: «Non sono ancora al top della condizione. Ho già parlato con il preparatore atletico per migliorare sul piano della brillantezza e fare quelle giocate che adesso non mi riescono». Non si è allenato, nella giornata di ieri, il centrocampista Davide Petermann (febbre). È tornato in gruppo, invece, il difensore Mattia Altobelli. Prosegue, a piccoli passi, la fase di recupero di Alessandro Di Paolantonio. Da valutare, in vista di sabato, se partire nuovamente con il 4-4-2 oppure se affidarsi al 3-5-2 adottato (con buoni riscontri) nel finale di gara a Santarcangelo. Oggi è prevista una doppia seduta di allenamento (alle 10 e alle 16). Il match Teramo-Fano sarà arbitrato da Davide Andreini (sezione di Forlì), con il quale i biancorossi, nei quattro precedenti tra campionato e Coppa Italia, non hanno mai perso.
Ore 20.20 – (Gazzetta di Mantova) In attesa di poter essere tesserato (il contratto è stato firmato ieri e verrà depositato stamani) e familiarizzare con i nuovi compagni, ieri il 20enne Fran Alvarez ha seguito l’allenamento sotto i platani del Te intrattenendosi con un gruppo di tifosi. Spagnolo di Barcellona, quindi rigorosamente catalano, Alvarez ha spiegato le tappe della sua ancor breve carriera: «Sono entrato molto presto nella Cantera del Barça – ha detto Alvarez – dove sono rimasto per ben 11 anni. Poi ci fu il trasferimento alla seconda squadra del Monaco, dove mi trovai molto bene ma arrivò un’offerta importante dal Granada B (in un campionato equivalente alla Lega Pro in Italia, ndr) all’inizio di questa stagione. Lì però l’ambientamento non fu dei migliori e così rescissi il contratto, fino a quando il mio agente mi ha proposto questa opportunità. Non conoscevo Mantova ma mi è stato detto che è una piazza importante per mettersi in mostra. Io ci spero tanto». Alvarez si descrive come un esterno d’attacco, mancino, con una discreta confidenza con il gol: «Ho fatto le visite mediche che sono andate bene – conclude – e ho messo la mia firma sul contratto annuale. Ora aspetto che il presidente metta la propria».
Ore 20.10 – (Gazzetta di Mantova) È ripresa la preparazione del Mantova dopo le due giornate di riposo susseguenti alla sconfitta di sabato sera a Bergamo contro l’Albinoleffe. Mister Luca Prina ha dovuto ancora una volta fare a meno di Tano Caridi e Siniscalchi, che proseguono nel loro programma di recupero dai rispettivi acciacchi con la speranza di poterli avere a disposizione entro una decina di giorni. A riposo anche Bandini, vittima di crampi e sostituito nel corso della gara contro i seriani, mentre a parte si è allenato Gargiulo per gli esiti di una botta rimediata la scorsa settimana. A bordo campo si è rivisto con piacere il giovane Boccalari, ristabilitosi dalla frattura al metatarso. Tutti gli altri biancorossi erano a disposizione del tecnico, il quale per la prima volta ha sperimentato dei moduli diversi: su tutti il 3-5-2 (o 3-5-1-1) nel quale di volta in volta ha fatto ruotare quasi tutti gli atleti. In particolare, all’inizio Prina ha schierato in difesa Cristini, Carini e Romeo, a centrocampo Skolnik in regia con Zammarini a destra e Raggio Garibaldi a sinistra, mentre sugli esterni hanno agito Di Santantonio e Regoli. In attacco Tripoli tra le linee a far coppia con Ruopolo. I cambi poi sono stati Menini per Cristini, Raggio per Skolnik, Salifu per per Zammarini e Boniperti per Tripoli. Addirittura il tecnico ha provato anche una sorta di 3-3-4 (o 3-3-1-3), magari da utilizzare durante la gara, con l’utilizzo in fase offensiva di Di Santantonio e Regoli esterni molto alti, Ruopolo punta centrale con Maccabiti che spesso usciva ricevendo palla per creare superiorità. Oggi allenamento pomeridiano.
Ore 20.00 – (Gazzetta di Mantova) Pace fatta fra i proprietari del Mantova, con tanto di strette di mano e sorrisi di rito. Così si conclude l’ennesimo vertice societario, che stavolta vede seduti al tavolo, nella sede Sdl di Mazzano, Serafino Di Loreto, Sandro Musso, Enrico Folgori e Marco Claudio De Sanctis. Alla parte tecnica del confronto prende poi parte anche il dg Matteo Togni, mentre l’avvocato Carlo Pegoraro che rappresenta i mantovani deve scappar via presto per impegni di lavoro. E cosa viene fuori da queste 5 ore di riunione? «Che si sta lavorando a un documento di intenti, da sottoporre all’assemblea dei soci», spiega Togni, anche ieri unico delegato a parlare a nome della società. E quali sono i cardini di questo accordo? «È escluso il riassetto delle quote – risponde Togni -, ma si lavora a una condivisione dell’operatività. E a far sì che Di Loreto, Musso, Folgori e De Sanctis prendano in mano aree con specifiche competenze». La traduzione dal “direttorese” spetta ovviamente al cronista e suona più o meno così: l’idea che si fa strada è quella di affidare la gestione sportiva all’ala romana del club e quella finanziaria all’ala bresciana. Quando si parla invece di «condivisione dell’operatività», ci si dovrebbe riferire a un’intesa che preveda la doppia firma (bresciana e romana) sugli atti di Viale Te. Nei dettagli però Togni non entra. Ad esempio, sulla composizione del nuovo cda e sui ruoli che avranno i dirigenti, le informazioni accessibili sono soltanto queste: «Musso dovrebbe restare presidente – dice ancora il dg biancorosso -, sugli altri ruoli non ci sono ancora certezze. Il cda potrebbe cambiare o restare anche com’è, ma la cosa importante è che le deleghe siano chiare». Le 5 ore di riunone di ieri non sono comunque bastate per ultimare l’accordo: «Ci stiamo ancora lavorando, ma siamo a buon punto». Una volta ultimato (presumibilmente oggi) il documento, che prevede anche un dettagliato piano finanziario, bisognerà poi farlo approvare dall’assemblea dei soci. Quando? «Sicuramente entro la fine della settimana», dice Togni. E dunque da domani a sabato ogni giorno sarà buono. Poi bisognerà attendere per verificare quanto potrà durare questa pace. Perché in Viale Te dal cantare insieme un «fatece largo che passamo noi» al lanciarsi coltelli il passo è breve, ormai lo si è capito. E in posizione d’attesa è anche la parte tecnica del club. Non a caso ieri è stata annullata la consueta conferenza stampa di mister Luca Prina, che si sarebbe trovato in difficoltà nel dover rispondere a inevitabili domande sulla situazione societaria. Immaginiamo poi che lo stesso tecnico avrebbe preferito di gran lunga l’ingaggio di una punta piuttosto che l’arrivo di un esterno sinistro come Alvarez. Operazione, quest’ultima, che nelle intenzioni di Folgori e De Sanctis dovrebbe rivelarsi molto vantaggiosa per il Mantova in futuro (lo scopo è valorizzare e rivendere una giovane promessa, politica giusta per un club di terza serie), ma che al momento non risponde alle esigenze tecniche della rosa.
Ore 19.40 – (Gazzetta di Modena) L’Antonio furioso paga pegno con una squalifica di un mese e mezzo. Inibizione fino al 30 novembre: questa la punizione inflitta a Caliendo dopo le vivaci proteste nel derby all’indirizzo dell’arbitro Robilotta per la sua sciagurata direzione di gara. Colpa non dello show di alcuni minuti al quale tutti hanno assistito, l’ingresso nel recinto di gioco ed il conseguente allontanamento dopo il clamoroso rigore negato al Modena, ma di quanto accaduto al rientro delle squadre negli spogliatoi sia durante l’intervallo che a gara terminata. Così recita il comunicato del giudice sportivo: “Inibizione a svolgere ogni attività in seno alla Figc, a ricoprire cariche federali ed a rappresentare la società nell’ambito federale a tutto il 30 novembre 2016 per Antonio Caliendo, perché al termine del primo tempo di gara, indebitamente presente negli spogliatoi, attendeva il rientro dell’arbitro e avvicinatolo gli rivolgeva frasi offensive; tale comportamento veniva reiterato al termine della gara con ulteriori frasi offensive e minacciose”. Il presidente del Modena, che da mesi ha perso la parola con gli organi di informazione, aveva voglia di sfogarsi, magari meditando di riaprire il dossier presentato in estate ai vertici Aia sui torti arbitrali subiti nella passata stagione. I provvedimenti contro il club non si limitano alla sola inibizione di Caliendo: multa di 2mila euro per il comportamento del presidente e per un petardo introdotto all’interno del Braglia e fatto scoppiare dai tifosi, squalifica di due giornate al medico sociale Domenico Amuso per atteggiamento offensivo nei confronti dell’arbitro e squalifica di una giornata più multa di 500 euro al massaggiatore Enrico Corradini per atteggiamento irriguardoso verso la terna arbitrale. A proposito di arbitri, provando ad archiviare la disastrosa direzione di Robilotta nel derby, è già noto il nome del “fischietto” di Ancona: sarà Lorenzo Maggioni della sezione di Lecco, coadiuvato dagli assistenti Margheritino e Fantino di Savona. Ieri pomeriggio, intanto, il Modena ha ripreso gli allenamenti. Dopo quasi due mesi è tornato in gruppo Sakaj, che ha definitivamente risolto il problema alla caviglia per il quale mister Pavan lo aveva fermato, mentre allo Zelocchi non si è visto Laner. Regolarmente in gruppo Schiavi, non impiegato nel derby per un problema agli adduttori nonostante per venti minuti si fosse scaldato a bordo campo.
Ore 19.20 – (Gazzetta di Reggio) La notizia bomba è arrivata nelle scorse ore: a 20 squadre dell’attuale campionato è stata garantita la fideiussione da 350.000 euro da parte di una finanziaria sull’orlo del baratro. Nel girone della Reggiana sono coinvolte Mantova, Modena, Maceratese, Venezia e Santarcangelo. Abbiamo chiesto un parere su questa vicenda all’avvocato Cesare Di Cintio, uno dei principali legali del mondo sportivo italiano. Avvocato, rischio caos in Lega Pro? «Non lo definirei un vero e proprio caos perché purtroppo è difficile dire a priori se le scelte che sono state fatte dalle società nel momento in cui è stata richiesta la fideiussione siano corrette o meno». Che cosa può portare questo nel proseguo del campionato? «Da un punto di vista sportivo al momento nulla. I problemi potrebbero iniziare a sorgere se una di queste società dovesse iniziare a non rispettare le scadenze degli impegni federali». Come vengono fatti i controlli? «E’ difficile in questo momento addossare la responsabilità a qualcuno, poiché dal momento in cui viene data la possibilità alle società di rivolgersi a delle compagnie assicurative anche dal punto di vista dei controlli della Lega non c’è nulla di sbagliato». Com’è possibile che ogni anno succedano questi tipi di problematiche? «Da questa stagione alle società è stata data la possibilità di richiedere la fideiussione per l’iscrizione al campionato anche a delle compagnie assicurative. Probabilmente l’errore è stato commesso da chi ha valutato sicura Gable, ma questo errore può essere stato commesso da molte altre società al di fuori del mondo del calcio». Quale potrebbe essere una soluzione efficace? «La soluzione si era trovata con la sola fideiussione bancarie, ma l’antitrust ha giudicato questo un sistema contro la libera concorrenza con le società assicurative e se ci si rivolge a quelle di prima fascia difficilmente si sbaglia».
Ore 19.10 – (Gazzetta di Reggio) Per la prima volta, dopo tanto tempo, non è l’anno zero per la Reggiana. C’è una coppia al comando, inedita e forte, rappresentata da Mike Piazza e Stefano Compagni. L’impressione che si ha è che finalmente ci sia una visione di lungo respiro, un progetto serio che si può sviluppare in un quadro di solidità economica. Mike Piazza conferma di avere idee precise per il futuro e tanta benzina nel motore da spendere. Ha capito sin da subito che la sua scommessa imprenditoriale, per avere successo, necessitava di una base logistica locale con personaggi forti e credibili, non solo agli occhi dei tifosi, ma degli ambienti economici, delle istituzioni e della società civile. Stefano Compagni e Gianfranco Medici si sono rivelati partner perfetti, il matrimonio si è così celebrato, abbattendo il pregiudizio iniziale di molti. Compagni e Medici hanno dimostrato con i fatti che vogliono il bene della Reggiana. Risulta, da fonti attendibili, che fra le numerose clausole essenziali ad integrazione del contratto di cessione della società, avrebbero inserito la cosiddetta opzione call, cioè il diritto di riacquisto. Questa possibilità al momento è però del tutto remota, visti i progetti del nuovo presidente. I due imprenditori venivano da un anno travagliato e pieno di insidie. L’acquisto delle azioni di Alessandro Barilli, l’accollo di alcuni debiti, buonuscite varie, la gestione di mercato della squadra che ha provocato qualche squilibrio finanziario. Poi il colpo che poteva risultare fatale, il mancato arrivo di Vavassori e della Italsempione. Tutto questo ha comportato l’esborso di una cifra importante, da aggiungere all’ormai cronico disavanzo d’esercizio. Stagione tra l’altro finita sportivamente male, con la squadra che ha mancato l’obiettivo minimo dei play-off. Mentre si prospettava il profondo rosso, si è passati al miracolo americano. L’operazione di cessione delle quote a Mike Piazza è stata la classica ciambella di salvataggio, anche perché Compagni e Medici, continuando a gestire da soli, avrebbero potuto compromettere nel calcio il loro impero costruito nel tempo. La Mectiles Italia è una realtà che, nonostante la crisi mondiale, viaggia come un treno. Il suo capitale sociale è suddiviso tra tre soci, Compagni e Medici hanno il 35% a testa, il restante 30% è della Sacmi, un colosso del settore dei forni per ceramiche. Compagni è il presidente del consiglio di amministrazione, poi sia lui che Medici sono amministratori delegati. La società, che ha sede a Casalgrande e commercializza forni usati per ceramiche, ha fatturato 28 milioni di euro nel 2012, 40,1 nel 2013, 39,9 nel 2014 e 35,3 nel 2015. Dal 2012 al 2014 il margine operativo è stato di 1,5 milioni di euro, lo scorso anno è risultato leggermente superiore, 1,6 milioni di euro. L’utile dopo le imposte nel 2015 è stato di 675 mila euro, contro i 730 mila del 2014. In aumento sensibile nell’ultimo bilancio i debiti verso le banche, rispetto ad una situazione molto positiva, sino al penultimo esercizio, addirittura con della liquidità superiore all’esposizione bancaria. Gli ex soci di maggioranza non hanno ceduto a Piazza la maggioranza qualificata del 67%, ma una quota inferiore, per avere voce in capitolo ed essere ago della bilancia in tutte le eventuali, future, operazioni straordinarie, salvaguardando così il proprio investimento in caso di diversità di vedute. Uno scenario, ripetiamo, al momento improbabile.
Ore 18.55 – La notizia che nessun tifoso Biancoscudato avrebbe voluto ricevere. Soprattutto adesso: nel corso dell’allenamento odierno Neto Pereira si è lesionato il menisco del ginocchio sinistro. L’attaccante brasiliano, come raccontato in tempo reale dalla nostra redazione, era rimasto difatti a terra dopo un banalissimo contrasto con Ilari. Si era sin da subito capito che non era un problema di poco conto, dato che Neto è stato portato a spalla dal fisioterapista Wais Baron fino allo spogliatoio per le prime cure. Questo il comunicato ufficiale: “Il Calcio Padova informa che durante la seduta di allenamento di oggi pomeriggio l’attaccante Neto Pereira ha riportato una lesione del menisco mediale del ginocchio sinistro, già evidenziata dai primi esami eseguiti presso il Poliambulatorio Arcella. Nei prossimi giorni Neto verrà sottoposto a visita specialistica per valutare il suo recupero.”.
Ore 18.50 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Dopo le notizie allarmanti sulle fideiussioni emesse dalla compagnia assicuratrice Gable Insurance Ag in favore di società sportive di serie A, B e C, compreso il Pordenone, interviene la stessa LegaPro con un comunicato pubblicato ieri sul suo sito ufficiale. Dopo aver ricordato che al momento dell’iscrizione delle squadre il giudizio sulla regolarità delle garanzie era stato delegato alla Banca d’Italia e all’Ivass stessa, chiarisce che «quanto comunicato dall’Ivass il 16 settembre 2016 sulla situazione critica della Gable Insurance non inficia la validità dei contratti stipulati antecedentemente al 9 settembre 2016». La dirigenza della stessa LegaPro ribadisce poi «che è stato fatto divieto alla Gable Insurance di concludere nuovi contratti e di rinnovare o concedere proroghe sui contratti in essere». Infine, con il comunicato di ieri cerca di tranquillizzare tutti affermando che «salvo diversa e ulteriore comunicazione da parte della Financial Market Authority del Liechtenstein, non vi è ragione per cui debbano essere sollevate criticità che a oggi non sono di fatto state segnalate dalle competenti autorità di controllo». L’argomento non ha influito sulla seduta dei ramarri, nel cui gruppo è finalmente rientrato anche Marchi. Lavoro a parte invece per Ingegneri (in recupero) e Suciu (leggero stiramento). Oggi allenamento alle 15.30. La segreteria ricorda che la gara con il Venezia non è inclusa nell’abbonamento. I “fidelizzati” tuttavia usufruiranno di uno sconto del 50% sul prezzo del biglietto.
Ore 18.40 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Sarà Giampaolo Mantelli della sezione di Brescia ad arbitrare la sfida all’Helvia Recina fra Maceratese e Pordenone di sabato alle 16.30. Il fischietto lombardo, nato a Brescia e residente a Milano, è un bocconiano che lavora nel gruppo Mediaset come marketing analyst. Memorabili tre suoi precedenti con i ramarri. Fu lui a dirigere il primo aprile 2012 Pordenone-Giorgione in Lega D. Finì con una bruciante sconfitta (0-2) per i neroverdi di Giovanni Soncin. In panca però nell’occasione c’era Crestan, poiché Giovanni (che venne poi “tagliato” e rimpiazzato da Rossitto) era squalificato. Decisamente meglio andò il secondo incontro con Mantelli, ancora in Lega D, il 18 ottobre del 2013. L’arbitro bresciano diresse la supersfida al Bottecchia fra i naoniani (in panca Parlato) e il Marano (ora Altovicentino) del vulcanico presidente Rino Dalle Rive. A decidere fu una doppietta di Emil Zubin (2-0), che poi però venne espulso. Una montagna di proteste vicentine rotolò sopra il fischietto lombardo durante i 90′ e per tutta la susseguente settimana. I pordenonesi e i vicentini (in 1500 sugli spalti) ricorderanno quella partita anche per la caterva di multe che i vigili naoniani lasciarono sui parabrezza delle macchine parcheggiate un po’ dovunque, intorno al Bottecchia. La direzione di Mantelli che i tifosi dei ramarri ricordano di più (e con rabbia), però, è quella fra Arezzo e Pordenone dell’11 ottobre 2014. Il bocconiano cacciò dal campo Possenti e Maccan e dalla panchina Mateos. Inoltre estrasse ben 6 volte il giallo nei confronti degli uomini in neroverde. Giornata disgraziata, decisa da un’autorete di Possenti (0-1). In panca c’era Foschi, rilevato successivamente ancora da Rossitto. I supporter (e anche Tedino) incrociano già le dita. La scorsa stagione in LegaPro «Giampi», così viene chiamato dagli amici, nelle 11 gare disputate ha sventolato 2 volte il rosso e ben 49 gialli, a conferma della sua poca propensione al dialogo con i giocatori in campo.
Ore 18.30 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Passata la delusione per la rimonta subita contro il Parma, il Pordenone si gode il miglior Rachid Arma di sempre. Il bomber marocchino, arrivato a 5 reti in campionato (media-gol spaventosa, che grazie alla doppietta di sabato al Bottecchia ha raggiunto quota una rete ogni 90’), non era partito così a razzo nemmeno quando ha disputato la sua miglior stagione in Terza serie, nel 2011-12, con la maglia della Spal e un bottino finale di 18 reti in 34 partite. Con 5 centri in altrettanti match, quindi, quella di Arma è la partenza più bruciante in carriera. E tra i professionisti il marocchino è oggi il secondo marcatore assoluto. Solo Caturano, attaccante del Lecce (girone C), ha fatto meglio del neroverde, mettendo insieme addirittura 7 botti in 5 sfide di campionato. Nel gruppo B non c’è storia: i secondi in classifica sono Grandolfo (Bassano), Gucci (Fano), Bacio Terracino (Lumezzane), Nocciolini (Parma) e Gliozzi (Sudtirol), tutti a quota 3. Nel girone A invece ci sono tre giocatori a 4 gol: Gonzalez dell’Alessandria, Brighenti della Cremonese e Shekiladze del Tuttocuoio. Salendo, poi, si trovano Maniero del Bari e Litteri del Cittadella, entrambi appaiati a 4, mentre in serie A c’è solo un giocatore che ha segnato come Rachid Arma. È Callejon del Napoli, anch’egli a 5 reti (ma in 4 partite). «Segnare aiuta», ha sempre detto il nordafricano. Aiuta soprattutto la classifica del Pordenone.
Ore 18.20 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Un pordenonese contro i neroverdi. Nella Maceratese della presidentessa Maria Francesca Tardella, l’avversaria di sabato pomeriggio, milita un ragazzo della città del Noncello. La società marchigiana, infatti, dopo aver acquistato l’ex ramarro Riccardo Fissore, difensore centrale, classe 1980, per il campionato 2016-17 ha “pescato” dalla Primavera dell’Empoli anche il giovane centrocampista Francesco Mestre. Il 19enne, naoniano doc ma cresciuto alla scuola della Juventus Academy, è così approdato in LegaPro. «Il primo salto di qualità l’ho fatto a 14 anni – racconta Mestre, nipote di un noto giornalista pordenonese scomparso nel 2011 -. Ho trascorso un quadriennio a Torino, nella grande famiglia bianconera. Lì si respira calcio 24 ore su 24, ma vengono anche diffusi valori importanti, come il fairplay in campo, secondo l’impeccabile stile Juve. Poi sono passato all’Empoli, dove ho giocato per una stagione nella Primavera». – Adesso il salto tra i “grandi”: cosa si aspetta? «Di riuscire finalmente a dimostrare quello che valgo. Per me, di fatto, questo è il primo anno di calcio “vero”, una tappa fondamentale per un giocatore». – Come si è trovato nella nuova squadra? «Finora veramente bene, sotto tutti i punti di vista. Compagni, allenatore e staff fin dal primo giorno mi hanno accolto al meglio, facendomi subito sentire a mio agio». – Ma le manca Pordenone? «Sì, certo, resta la mia città. Però devo dire di avere sempre avuto alle spalle una famiglia che mi ha incoraggiato, spingendomi a seguire la passione per il calcio senza impormi condizioni. Quindi sono sereno». – Il suo ruolo favorito sul campo? «Mi sento una mezzala. Alla Juvo ho ricoperto un po’ tutti i ruoli sulla fascia destra: terzino, mezzala, esterno alto. Per me non è un problema, ho buona corsa e l’importante alla mia età è soprattutto il fatto di poter giocare con la giusta continuità». – Sabato sfiderà, per la prima volta, la squadra della sua terra. Come vivrà questo momento? «Lo immagino emozionante, strano e intenso, ma fa parte del mondo del calcio. Ognuno deve fare la sua strada e queste cose capitano. Molto particolare sarà sicuramente la partita di ritorno, che si giocherà il 12 febbraio al Bottecchia».
Ore 18.00 – (Messaggero Veneto) C’è chi, nella rosa, non è riuscito ancora a dare il suo contributo ma brama dalla voglia di farlo. A partire da Stefano Pietribiasi: per il “Condor”, attaccante tra i più forti in categoria, ancora spiccioli di gara, una sola presenza da titolare e nessun gol segnato ma solo uno sfiorato a Mantova. Si è già fatto ben volere dalla piazza, essendo tra i più disponibili fuori dal campo: vuole ricambiare l’affetto con il primo centro e trovando quella continuità che solo un piccolo infortunio a inizio stagione gli ha negato. Anche Jeremie Broh è ai margini, nonostante sia uno dei giocatori con più futuro. Per la mezzala classe ’97 nessun minuto in campionato, come un altro prospetto su cui i neroverdi puntano molto: Simone Raffini, centravanti classe ’96 che ha sottoscritto un triennale. Hanno avuto la sfortuna di trovare due reparti che già funzionavano bene. Arriverà il loro momento. Chiuso da Tomei, che non ha mai perso una gara dall’anno scorso, è D’Arsiè, ormai calato nei panni del perfetto secondo portiere.
Ore 17.50 – (Messaggero Veneto) Quattro presenze la scorsa stagione, per colpa di continui infortuni. I guai fisici lo perseguitarono. Per questo, e per altri motivi, molti storsero il naso di fronte alla sua riconferma. Dopo cinque gare, e almeno per ora, Riccardo Martignago ha smentito tutti e ha colto la sua occasione. L’ala (classe ’91) è la piacevole riscoperta del Pordenone e lui si sta godendo questo buon avvio di campionato: buona prestazione col Teramo dieci giorni fa, il gol a Mantova che ha chiuso la partita, l’assist sabato scorso per il secondo centro di Arma col Parma. Un bottino niente male e la sensazione che il bello è appena cominciato. Sfortunato. Il tecnico neroverde, Bruno Tedino, l’anno scorso puntò molto su di lui. Il motivo: il grande passo che ha Martignago, la forza fisica che permette a una squadra di ripartire molto rapidamente. Tuttavia il ragazzo trevigiano, già proveniente da stagioni sfortunate in C, continuò a Pordenone il suo calvario. Arrivò e, al momento di firmare, si fece male. Riprese, venne tesserato ma, dopo un’impressionante amichevole col Porcia, si dovette di nuovo stoppare. Problemi fisici-muscolari proseguiti sino a marzo, quando tornò e, pur in un contesto di squadra ben rodato, trovò spazio e conobbe il suo top a Pavia, alla penultima giornata: buona gara e rete decisiva. Tuttavia, anche in quella occasione, il guaio. Dopo la rete si fece nuovamente male e finì la sua stagione. Fiducia. Qualcuno ci credeva, in questo giocatore? Pochi, nell’ambiente neroverde. Adesso però si racconta una storia diversa, finalmente positiva. Martignago è partito alla grande nel campionato del suo riscatto. Ha lavorato bene sin da subito in ritiro, si è messo in luce nelle amichevoli in Carnia e ha dimostrato una grande duttilità tattica, passando da esterno del tridente a quello di centrocampo. L’ultima settimana è stata quella del definitivo rilancio, perché ha inciso in tutte e tre le gare arrivando a segnare anche il primo centro personale in campionato. In generale si sta rivelando il giocatore che Tedino vuole, un’ala che ha grande potenza e riesce a saltare l’uomo, tenendo alto l’indice di pericolosità. Conferma. Adesso Martignago è chiamato a dare continuità alle sue prestazioni, l’aspetto più difficile. Dalla sua ha la fiducia dell’ambiente, del tecnico e in particolare dei compagni, in primis quella di capitan Stefani. Anche il difensore credeva molto in lui a inizio torneo: «Ci darà una grande mano e riscatterà l’ultima stagione». La previsione, per ora, è azzeccata.
Ore 17.30 – (Corriere del Veneto, edizione di Vicenza) Sospiro di sollievo, semplice ammonizione e niente squalifica. Luca D’angelo, che solitamente in panchina qualche reazione forte non la disdegna ed è un allenatore sanguigno, è stato «perdonato» dal giudice sportivo. Sarà in panchina sabato contro il Santacarcangelo, quando ci sarà da stringere i denti per battere un avversario partito benissimo e che si annuncia a dir poco ostico da superare. Per lui ammonizione senza diffida, il provvedimento più blando possibile dopo essere stato allontanato dal campo a Lumezzane. Se D’Angelo ci sarà, tutta da verificare la formazione, visto che nelle ultime due uscite la squadra non ha brillato. L’allenatore, a proposito del ko di Lumezzane, ha le idee chiarissime: «Il Lumezzane ha disputato una buona gara — evidenzia D0’Angelo — anche se il risultato è bugiardo. Abbiamo fatto la partita, loro hanno capitalizzato al massimo le due occasioni che abbiamo concesso. Rimane il rammarico per il risultato, non per la prestazione. Loro erano ben messi in campo, molto chiusi». D’Angelo, in definitiva, non è preoccupato dalla condizione della squadra. «Purtroppo capita di fare la partita — sottolinea ancora D’Angelo — ma di non riuscire a conquistare punti. Dispiace per i ragazzi che avrebbero meritato almeno il pareggio ma la cosa importante è rialzarsi subito». L’attacco dovrebbe rimanere inalterato, qualche cambiamento possibile in difesa e a centrocampo. Soprattutto la linea mediana potrebbe riservare qualche sorpresa. E occhio, D’Angelo ha sempre in mente il 3-5-2 e prima o dopo nel corso della stagione potrebbe utilizzare il modulo a lui più caro.
Ore 17.10 – (Giornale di Vicenza) Soltanto un’ammonizione e niente più. Motivo per cui Luca D’Angelo sarà regolarmente al suo posto sabato alle 14.30 nel big match del Mercante con il Santarcangelo. Il giudice sportivo dinanzi all’espulsione comminata al tecnico giallorosso nel finale di gara di Lumezzane ha scelto di sanzionare il trainer soltanto con un cartellino giallo, segno che le proteste dell’allenatore nei confronti dell’arbitro erano state davvero risibili. Detto che non ci sono appiedati né tra virtussini né tra i romagnoli, a dirigere l’incontro del velodromo è stato designato Davide Miele della sezione di Torino. A coadiuvarlo gli assistenti Diomaiuta di Albano Laziale e Fabbro di Roma. La curiosità è che l’assistente Fabbro, soltanto omonimo della punta giallorossa è alla seconda chiamata col Bassano in questa stagione. Non ci sono invece precedenti specifici con l’arbitro Miele.
Ore 17.00 – (Giornale di Vicenza) Se Bassano balla ancora coi lupi del calcio professionistico e non è precipitato nel sottoscala del pallone, quello dei pochi intimi attorno alla rete di recinzione, quasi sempre mogli, morose e familiari stretti, è grazie a un’epica vittoria col Santarcangelo, imminente oppositore.LA SVOLTA. La data va segnata col circolino rosso sul calendario: sabato 21 dicembre 2013. Santarcangelo comanda la classifica di C2, Bassano è immediatamente alle spalle e se vince lo scontro diretto dell’ultima giornata di andata infila il sorpassone in tromba e indossa pure la corona di campione d’inverno.È la meravigliosa creatura di Mario Petrone, quella costruita con due lire e che incanta il pianeta della C mettendo in riga squadroni come Spal, Alessandria o Mantova che avevano investito dei capitali ed erano tutti dietro a rincorrere con la lingua di fuori. Siamo sotto Natale, c’è il pienone al Mercante e il Bassano comincia sparato: i romagnoli sono alle corde coi ritmi indiavolati dei giallorossi che colpiscono un palo in apertura con Furlan e schiodano dopo 14 minuti con Pietribiasi che si avventa come un falco su una presa difettosa del portiere Nardi e imbuca l’1-0.Pelagatti, Iocolano e Berrettoni sfiorano il raddoppio, i clementini sono all’angolo e solo quando il tecnico Fraschetti nella ripresa azzarda il tridente pescano il pari al minuto 39 con Graziani a insaccare l’assistenza del moro Obeng. Pare finita, la beffa a guastare una prestazione sontuosa. Invece Petrone non si arrende e cala la carta Maistrello accompagnato dall’aletta Cortesi. E proprio su una pennellata dell’esterno al 90′ spaccato, Tommy il gigante prende l’ascensore, sale sull’attico e stampa un’incornata di rara potenza che gonfia la rete e manda in estasi il Mercante completamente in delirio. È la sterzata: Bassano balza primo da solo e con la fascia di campione d’inverno. Può bastare per spazzare via ogni dubbio tra la famiglia Rosso. Renzo e Stefano in quel preciso giorno decidono che a questa centrifuga di emozioni mica si può rinunciare. Si va avanti con l’entusiasmo addosso, quella stessa sera Renzo farà un rapido giro di telefonate tra i suoi più stretti collaboratori, in primis quelli del settore giovanile, per garantirsi la loro disponibilità a proseguire assieme l’avventura. Riceverà un sì plebiscitario. È l’inizio di una magia. Che non è ancora finita.
Ore 16.40 – Qui Guizza: termina l’allenamento.
Ore 16.20 – Qui Guizza: ultimi scampoli di partita. In visita anche l’ex Davide Sentinelli.
Ore 16.00 – Qui Guizza: infortunio per Neto Pereira, che viene portato fuori sulle spalle da Wais Baron. Si teme un problema alla caviglia sinistra.
Ore 15.40 – Qui Guizza: partitella in corso. Provato il 3-5-2.
Ore 15.20 – Qui Guizza: lavoro atletico prima della partitella in famiglia. Assente De Risio, mentre lavorano a parte Filipe, Marcandella e Monteleone.
Ore 15.00 – Qui Guizza: Biancoscudati in campo per il riscaldamento.
Ore 14.40 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Si è spento lunedì notte a Mosca Yury Korablin, penultimo proprietario e presidente del Venezia Calcio, arrivato in laguna con l’intenzione dichiarata di «arrivare in serie A in cinque anni». Il 56enne russo si è arreso alla malattia contro cui lottava da alcuni anni e che, assieme ai progressivi problemi di liquidità, è stata determinante per l’amaro epilogo della sua scommessa sportivo-imprenditoriale. Korablin – che lascia la moglie Vicktoria e i quattro figli Svetlana, Roman, Aleksandr e Vadim – era sbarcato in laguna il 15 febbraio 2011 acquistando l’allora Fbc Unione Venezia dall’immobiliarista padovano Enrico Rigoni. L’era-russa aveva portato subito una ventata di entusiasmo, tanto che alla prima partita del nuovo corso (il derby-promozione tra Venezia e Treviso) al Penzo si era presentati 5.500 tifosi, record imbattuto da quasi un decennio. Fallita la vittoria della serie D al primo tentativo, Korablin al secondo (stagione 2011/12) è riuscito a riportare i colori arancioneroverdi tra i professionisti dopo un triennio tra i dilettanti, successo coronato dalla conquista dello scudetto di categoria. Nel campionato 2012/13 il Venezia ottiene la seconda promozione consecutiva, battendo il Monza nell’esaltante finale playoff di Portogruaro, con il 3-2 firmato dai veneziani Bocalon-D’Appolonia. Dopo due campionati vinti in dodici mesi Korablin tenta (invano) di forzare la mano con il Comune sul fronte della costruzione del nuovo stadio di Tessera, vero obiettivo principale della sua calata in laguna. Infatti nel marzo 2014 l’ex sindaco di Khimki firma il preliminare d’acquisto di parte dei terreni necessari alla realizzazione della faraonica «Venice Green Arena», già presentata nel settembre 2011, ma l’operazione si arena definitivamente dopo il commissariamento del Comune per l’arresto del primo cittadino Giorgio Orsoni nello scandalo-Mose. Tanto i problemi di salute quanto quelli economici di Korablin si acuiscono in maniera sempre più evidente, il Venezia difetta di programmazione e comunicazione scendendo sempre più nell’anonimato. Le penalizzazioni nella Lega Pro 2014/15 per inadempienze economiche sono il preludio all’addio che si concretizza, nel totale silenzio di Korablin, nell’estate scorsa prestando il fianco alla rinascita con il Venezia Fc di Joe Tacopina cui nel febbraio 2015 si era rifiutato di vendere la società.
Ore 14.30 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Inzaghi se la cava indenne ma sul Venezia piovono cinque giornate di squalifica. Anche se poteva andare pure peggio è costata comunque cara al team arancioneroverde la vittoria di sabato scorso ad Ancona, un 1-0 strappato pur avendo terminato il match con soli 8 giocatori per le espulsioni dirette dei terzini Garofalo, Baldanzeddu e dell’attaccante Moreo. Ieri il giudice sportivo, sulla base del referto dell’arbitro Valiante di Salerno, ha fermato per due turni i due difensori (uno solo alla punta) che quindi salteranno Venezia-Lumezzane di sabato al Penzo (ore 16.30) e il successivo big match a Pordenone. Lo stop di Garofalo e Baldanzeddu è dovuto a un «atto di violenza verso un avversario a gioco fermo», motivazione analoga per Moreo «in azione di gioco». Chi se l’è cavata è almeno il tecnico Pippo Inzaghi, spedito in tribuna al Del Conero per aver colpito un pallone a gioco fermo uscendo dall’area tecnica: solo l’ammonizione. In ogni caso la società, oltre a multare gli espulsi come prevede il regolamento interno, ha già annunciato che valuterà se presentare ricorso contro le due giornate a Baldanzeddu. «Anche a 32 anni purtroppo capita di cadere nei tranelli, ai miei compagni chiedo scusa e dico grazie per aver vinto nonostante la mia ingenuità – il mea culpa di Agostino Garofalo -. Cos’è successo? Premesso che ho subito un fallo netto in area, che già l’arbitro avrebbe dovuto sanzionare con il giusto rigore, poi nei secondi successivi Barilaro mi ha tirato un orecchio e io per reazione gli ho messo le mani al viso». La seconda tirata d’orecchi per il mancino napoletano è stata quella di mister Inzaghi. «Giustamente mi ha detto che non avrei dovuto reagire e che simili atteggiamenti li ritroveremo ad ogni partita, quindi volenti o nolenti dobbiamo conviverci. Ho sbagliato e mi dispiace, soprattutto perché stava andando tutto bene e sulla fascia sinistra l’intesa con Marsura cresceva a vista d’occhio». Per consolarsi almeno in parte basta guardare la classifica. «Un primo posto fa sempre piacere, sappiamo che fin d’ora dipende solo da noi. Ad Ancona il Venezia ha fatto vedere di che pasta è fatto proprio alla luce delle espulsioni subite: forse davanti al vicedesignatore (Brighi, ndr) l’arbitro ha voltuo far vedere il «pugno di ferro», ormai è andata e bisogna lasciarsi tutto alle spalle. Dimostreremo sul campo la forza di questa squadra». Sulla questioni fideiussioni dell’assicurazione Gable – annunciata in difficoltà economiche – ieri la Lega Pro ha diffuso una nota che si chiude con «Ad oggi, salva diversa ed ulteriore comunicazione da parte della Financial Market Authority del Liechtenstein, non v’è ragione per la quale debbano esser sollevate criticità che ad oggi non sono di fatto state segnalate dalle competenti autorità di controllo». Tutto ok, insomma per chi come il Venezia si è affidato alle garanzie della Gable.
Ore 14.10 – (Corriere del Veneto, edizione di Venezia) Tutto era cominciato quasi per caso, da una maglietta. «Pioveva e c’era acqua alta. Mentre mi compravo gli stivali ho visto in un negozio delle maglie di calcio. Quando viaggio porto sempre qualcosa della squadra locale ai miei figli. Così abbiamo chiesto se potevamo comprare le magliette del Venezia», diceva nel marzo del 2011 Yuri Korablin. E poi ha finito per comprarsi la squadra. Un sogno, tante speranze, finite quattro anni dopo con la mancata iscrizione al campionato e l’addio, in sordina, al Venezia. Già allora lo stava mordendo la malattia, i suoi viaggi in laguna sono diventati sempre più radi, le comunicazioni si eclissavano anche per settimane senza nessun preavviso, la società non aveva più punti di riferimento. Un anno e mezzo dopo Yuri Korablin ha perso la sua partita più importante. E’ morto la scorsa notte nel sonno, a 56 anni, dopo la lunga malattia che lo aveva colpito. E’ stato il primo presidente russo di una squadra italiana di calcio. Acquistato nel 2011 portò il Venezia dalla serie D alla Prima divisione ma proprio i problemi di salute lo hanno fatto desistere, diradando le presenze in Italia fino alla decisione nella primavera del 2015 di cedere il club arancioneroverde. Non trovando compratori la squadra non si iscrisse al campionato di Lega Pro e la società ricominciò dalla serie D con un nuovo nome e una nuova proprietà, che ieri ha fatto le condoglianze alla famiglia dell’ex presidente. Korablin era nato il 30 gennaio 1960, abitava a Mosca nel quartiere frequentato da sindaci, oligarchi e ministri. Nel 1991 era diventato sindaco di Khimki, aveva fondato prima una squadra di basket portandola in Euroleague e poi una squadra di calcio che dai dilettanti portò ai massimi livelli. Sognava di ripetere lo stesso percorso a Venezia, era la sua nuova vita su cui si era buttato a capofitto, archiviando la politica che lo aveva portato ad appoggiare l’elezione del presidente russo Boris Eltsin e nel dicembre 2001 ad essere eletto alla Duma di Mosca. Attento agli affari aveva fiutato l’avventura italiana, comprando il Venezia con l’intenzione di riportare la squadra in serie A, realizzare lo stadio nuovo con tanto di cittadella sportiva di fronte all’aeroporto. Sul campo le prime soddisfazioni con la doppia promozione ma che presto si sono infrante sul muro di gomma che gli impediva di avviare la «fase 2» della sua esperienza lagunare. Senza stadio, clinica sportiva, ostello e albergo il piano economico che lo aveva portato a comprare il Venezia non stava più in piedi. Il progetto fallisce per una serie di problemi burocratici, alcuni dicono anche per mancanza di soldi, e per la malattia che lo stava portando sempre più distante dalla laguna. Alla fine, comunque, quella maglietta non l’aveva comprata.
Ore 14.00 – (Corriere del Veneto, edizione di Venezia) Cinque giornate di squalifica complessive, due a Garofalo, due a Baldanzeddu e una a Moreo. Più l’ammonizione a mister Pippo Inzaghi. La mano del giudice sportivo ha colpito secondo previsioni, dopo i cartellini rossi in Ancona-Venezia. E la società medita il ricorso, almeno nel caso di Baldanzeddu. Niente Lumezzane e Pordenone, dunque, per i due terzini squalificati per «atto di violenza verso un avversario a gioco fermo». Salterà invece solo la prossima giornata in casa Stefano Moreo, pure lui colpevole di «atto di violenza verso un avversario», ma durante un’azione di gioco. Mister Pippo Inzaghi se l’è cavata con un’ammonizione per «condotta non regolamentare in campo durante la gara»: il tecnico aveva passato il pallone a un uomo in campo, a gioco fermo, ma l’arbitro aveva ravvisato un’irregolarità e lo aveva spedito negli spogliatoi. La società valuterà se presentare ricorso contro la squalifica di Baldanzeddu. «Visioneremo le carte e valuteremo se ci sono gli estremi per appellarci almeno contro questo provvedimento — annuncia il ds Giorgio Perinetti — nel caso di calcio d’angolo o punizione, infatti, i contrasti sono frequenti, anche a gioco fermo. Si tratta di sbracciate per prendere la posizione». Non ci sono margini, invece, per Garofalo, che aveva spinto in maniera evidente un difensore dell’Ancona, così come per la gomitata di Moreo. La società, poi, valuterà se adottare dei provvedimenti disciplinari verso i tre giocatori: «Lo decideremo dopo aver letto le carte. Abbiamo un regolamento interno che disciplina queste situazioni, vedremo», aggiunge Perinetti. La squadra intanto prepara la sfida del Penzo di sabato con il Lumezzane e mister Inzaghi dovrà sostituire i due terzini, magari con Pellicanò e Luciani (o Malomo), oppure affidandosi alla difesa a tre. Davanti, anche senza Moreo, c’è scelta in abbondanza pur mancando ancora Gianni Fabiano: il fantasista sta smaltendo la botta al ginocchio patita con il Mantova e aspetta il riassorbimento dell’ematoma per sottoporsi a un’altra risonanza. Ieri la società ha diramato i dati relativi alla campagna abbonamenti, che si è chiusa con 1108 tessere, di cui 269 vendute in curva Sud, 527 in tribuna Solesin (ex distinti), 184 in tribuna laterale, 128 in tribuna centrale. Infine «l’affaire Gable», la società off shore con sede in Liechtenstein che ha garantito numerose fideiussioni di squadre professionistiche, compreso il Venezia, e che ora si trova in grave difficoltà finanziaria. La Lega Pro ieri ha precisato che tali difficoltà «non inficiano la validità dei contratti stipulati in data antecedente al 9 settembre 2016», mentre viene fatto divieto alla Gable di stipularne di nuovi. «Ad oggi — si legge nel comunicato emesso dalla Lega — salva diversa comunicazione da parte della Financial Market Authority del Liechtenstein, non vi è ragione per la quale debbano essere sollevate criticità».
Ore 13.40 – (La Nuova Venezia) Yuri Korablin, proprietario e presidente dell’FBC Unione Venezia dal 2011 al 2015, è morto lunedì sera a Mosca. Malato da tempo, non aveva più dato notizie di sè, se non ai vecchi amici. La notizia è rimbalzata ieri pomeriggio in città e in serata ha trovato conferma. Una storia, quella di Korablin in laguna, cominciata con tanta speranza ma finita male. Il primo contatto con la realtà veneziana avviene nella sala consiliare del municipio di Mestre, a inizio marzo 2011, alla presenza del sindaco Giorgio Orsoni, pochi giorni dopo aver rilevato la società da Enrico Rigoni, che sarebbe scomparso poche settimane dopo. Serie A e nuovo stadio, all’interno di una cittadella dello sport: le promesse di allora. Cinquini, Gazzoli e Scibilia sono stati i suoi interlocutori in società, Carlo Trevisan per il progetto dello stadio, Cunico il primo allenatore e il primo esonerato, poi sono arrivati Luppi, Sassarini, Favarin, Zanin, Sottili, Dal Canto e Serena. Nato a Mosca, il 30 gennaio 1960, laureato in Giurisprudenza, Yuri Korablin si era fatto strada nell’esercito sovietico fino alla carica di colonnello. Poi si era dato alla politica (sindaco di Khimki prima, eletto nella Duma poi), con un occhio di riguardo per lo sport, fondando le società di basket e di calcio di Khimki. I rapporti di lavoro con l’avvocato Alessio Vianello e l’amicizia instaurata con Massimo Venturini («Sono molto dispiaciuto per la sua scomparsa, ha dato molto di più di quanto ha ricevuto»), portano Korablin all’acquisto dell’FBC Unione Venezia. Fallito il primo tentativo di promozione, chiama Oreste Cinquini come direttore generale e al termine della stagione 2011-2012, dopo il ribaltone Favarin-Sassarin, riporta il Venezia tra i professionisti. Non è facile per i suoi interlocutori il contatto, la distanza pesa, nell’estate 2012 Gazzoli prende il posto di Cinquini, nel ritiro di Pieve di Cadore il tecnico Zanin ha una manciata di giocatori. Via Zanin, arriva Sottili, il tandem veneziano Bocalon-D’Appolonia porta l’Unione in Prima Divisione. Ma Korablin è assente. Progetti per lo stadio si vedono, ma la strada è tortuosa, intanto viene rifatto il manto (erba sintetica) del campo principale del Taliercio. In una delle ultime apparizioni a Mestre il presidente russo illustra il suo modello, lo stadio che vorrebbe realizzare, nolto simile al nuovo impianto costruito a Nizza. C’è il disegno, ci sono alcune fotografie, ma nient’altro. La strada diventa un sentiero di alta montagna nell’estate del 2014 quando cade la giunta Orsoni e a Ca’ Farsetti arriva il commissario. L’ultima stagione, 2014-2015, vede in rarissime occasioni Korablin. Il nuovo direttore generale Scibilia è costretto a volare a Mosca. Il ritardo di alcuni pagamenti porta tre punti di penalizzazione in classifica, ma il Venezia di Dal Canto, poi sostituito da Serena, si salva. Inizia una corsa contro il tempo, in extremis Korablin dà mandato all’avvocato Baratella di trovare un acquirente per la società, servono un paio di milioni per far fronte ai debiti, impresa che non riesce. Alla scadenza del 30 giugno, l’FBC Unione Venezia presenta solo la domanda di iscrizione, senza fideiussione bancaria. Korablin sparisce, la società viene esclusa dal campionato, il progetto russo è fallito, si ritorna in serie D. Dalla Russia agli Stati Uniti, di lì a poco entrerà in scena Joe Tacopina, che diventa in breve il numero uno della società e dà il via alla risalita. Yuri Korablin lascia la moglie Viktoria e quattro figli.
Ore 13.30 – (La Nuova Venezia) Quattro espulsioni, cinque giornate di squalifica: Venezia punito, ma non demolito dal giudice sportivo della Lega Pro dopo la partita a nervi test giocata sabato scorso sul campo dell’Ancona. Due giornate di squalifica per Agostino Garofalo, due giornate anche per Ivano Baldanzeddu, un solo turno di stop per Stefano Moreo. Inoltre, nessun provvedimento a carico di Filippo Inzaghi che sabato (ore 16.30), sarà regolarmente in panchina contro il Lumezzane. «Mi aspettavo che Inzaghi non ricevesse sanzioni» ha puntualizzato ieri dopo la comunicazione delle decisioni il responsabile dell’Area Tecnica Giorgio Perinetti, che ad Ancona aveva parlato con l’arbitro in mezzo al campo a fine partita, forse nel momento di maggior tensione. Nella tagliola del giudice sportivo sono invece terminati i tre giocatori espulsi: due giornate ad Agostino Garofalo “per atto di violenza verso un avversario a gioco fermo”, due giornate a Ivano Baldanzeddu “per atto di violenza verso un avversario a gioco fermo”, una a Stefano Moreo “per atto di violenza verso un avversario in azione di gioco”, queste le motivazioni. Da aggiungere che anche Momentè, attaccante dell’Ancona espulso durante la partita, ha preso una giornata di squalifica e la società biancorossa una ammenda di duemila euro per lo scoppio di alcuni mortaretti prima e durante la partita. «Analizzeremo le tre posizioni e poi valuteremo se esistono gli estremi per inoltrare un ricorso» aggiuntge Perinetti, «anche se l’unico per cui potremmo eventualmente chiedere uno sconto è Baldanzeddu. Ne parlerò con l’avvocato Daminato e il segretario generale Brendolin. Decisioni giuste? Poteva anche andarci peggio vista l’intransigenza dell’arbitro, però soprattutto con Moreo poteva prevalere il buon senso, tenendo conto che eravamo allo scadere della partita ed erano già stati espulsi Garofalo, Inzaghi e Baldanzeddu». Fasce difensive, quindi, da ridisegnare per Filippi Inzaghi mentre è scontata la conferma del tandem Modolo-Domizzi al centro del reparto. A destra sono almeno in tre a giocarsi il posto: Luciani, che si era disimpegnato bene contro il Forlì, Malomo, schierato in quella posizione a Mantova, ma anche Fabris, in grado di ricoprire tutti e tre i ruoli sulla fascia destra. Qualora la scelta di Inzaghi cadesse su Fabris, a centrocampo ci sarebbe una chance per Acquadro o capitan Soligo. Sull’out mancino potrebbe essere il turno della prima gara da titolare per Paolo Pellicanò, l’ex difensore del Belluno che ha debuttato sabato ad Ancona in Lega Pro. Se Leo Stulac è ormai completamente recuperato da Inzaghi, Gianni Fabiano è ancora out: l’edema al ginocchio rimediato a Mantova sta pian pino riassorbendosi, ma l’esterno milanese si sta ancora sottoponendo alle terapie del caso in attesa della prossima risonanza magnetica. Scontata dunque la sua assenza per sabato, per la sfida contro il Lumezzane che sarà arbitrata da Fabio Schirru di Nichelino. Abbonamenti. Sono ufficiali i dati della campagna abbonamenti del Venezia, che ha chiuso con 1108 tessere sottoscritte dopo la riapertura fino alla vigilia della partita contro la Reggiana, e un incasso complessivo di 94.336 euro. La suddivisione per settore dei 1108 abbonamenti è la seguente: 269 curva sud, 527 tribuna “Valeria Solesin” (ex distinti), 184 tribuna laterale e 128 tribuna centrale.
Ore 13.10 – (Corriere del Veneto, edizione di Vicenza) Il Vicenza cercava conferme al Del Duca ma da Ascoli esce solo una pesante sconfitta che acuisce i dubbi sull’undici biancorosso. Alla squadra di Franco Lerda non è riuscito il secondo exploit in cinque giorni, anzi i biancorossi sono stati vittime di una regressione abbastanza preoccupante dopo le belle cose viste in Campania, cedendo per 2-0. Archiviato il successo esterno di venerdì con la Salernitana, l’aficionado sperava che la formazione biancorossa trovasse la forza per continuare il trend positivo e portare a casa punti anche dalle Marche. Così non è stato. Anzi i vicentini hanno giocato una partita davvero modesta e condita da una sfilza di errori individuali, venendo puniti prima da Carpani e poi da Cacia su rigore. Male la difesa e ancora peggio i singoli tra le file vicentine: con quelli di ieri sono già nove i gol incassati nelle prime cinque partite di campionato. Lerda dovrà meditare parecchio sia sulle scelte, sia sull’atteggiamento dei propri giocatori, apparsi spaesati e in difficoltà anche dal punto di vista fisico. Squadra che vince non ci cambia e così il mister biancorosso decide di proporre lo stesso undici vittorioso a Salerno. Dall’altra parte torna titolare Cacia come terminale offensivo della manovra bianconera e proprio dalla punta arriva la prima occasione del match. Un brivido provocato da Benussi che dopo 2’ sbaglia il rinvio e la punta a momenti non approfitta col portiere che si salva in corner. I venticinque minuti iniziali sono di sofferenza per i biancorossi, che non riescono a creare alcuna occasione e subiscono la pressione dei padroni di casa. Soprattutto sulla sinistra Zaccardo e Vita faticano a contenere l’ex Gatto in gran spolvero. Insieme a loro è tutta la manovra del Vicenza a non funzionare con i singoli latitanti nella quadratura del cerchio per tutti i primi 45 minuti. Anzi le cose peggiorano al 32’ quando l’Ascoli conquista il vantaggio: Vita sbaglia nuovamente un passaggio, Cacia intercetta, vede smarcato Gatto sulla destra, cross tagliente per l’accorrente Carpani che ribatte in gol con un tiro preciso. Che i berici non siano in serata lo si vede dalla reazione al gol: praticamente nulla. Per tutto il primo tempo Lanni resta inoperoso, con lo score dei tiri in porta fermo a zero sino al duplice fischio. L’unico a provare a costruire qualcosa è Galano che tenta di impensierire l’estremo difensore marchigiano con un tiro debole dalla distanza. Nel recupero lo stesso Galano cicca da pochi metri la deviazione di testa. Un’occasione clamorosa che dà il termometro della frazione biancorossa. Al cambio di campo serve una scossa e allora Lerda decide di correre ai ripari mandando in campo Fabinho per un Vita decisamente sottotono e levando Raicevic per Cernigoi. Nonostante un tentativo da calcio d’angolo, il copione non muta e continua la sagra dell’errore. Prima Adejo viene graziato da Cacia che manca per un niente il raddoppio, poi Benussi si salva coi pugni su un tiro a sorpresa. Per qualche minuto sembra che il Vicenza riesca anche a mettere la testa in avanti, ma appena l’Ascoli vuole continua a rendersi pericoloso. Come al 64’ quando Cacia prende la traversa o come tre minuti più tardi quando Gatto entra in area e Adejo lo stende. Per l’arbitro non ci sono dubbi: rigore e cartellino rosso er il centrale del Vicenza. Sul dischetto Cacia non fallisce il penalty e il Vicenza, sotto di due gol, deve anche giocare la restante parte di gara in inferiorità numerica. Il finale di gara è un calvario, con la squadra ospite impotente a cercare di non prendere altri gol e l’umiliazione di vedere l’Ascoli che fa pure un giro palla molto simile al «torello». Non succede altro, se non l’incredulità dei pochi tifosi biancorossi presenti al Del Duca e di chi sperava in una conferma sbattendo invece in una preoccupante realtà.
Ore 12.50 – (Giornale di Vicenza) Dopo Salerno gioiosi, al Del Duca «presuntuosi». Cristian Galano non fa sconti a se stesso e alla propria squadra, che ad Ascoli ha mostrato la sua più brutta copia. «Abbiamo fatto pochissimo nel primo tempo, ma anche nel secondo non abbiamo creato granchè – l’analisi dell’attaccante foggiano dopo il novantesimo – Volevamo ripetere la prova di Salerno e ci siamo presentati ad Ascoli sulle ali dell’entusiasmo, ma non siamo riusciti a compiere un’altra impresa. Andiamo avanti, questo campionato è lungo. Forse – continua – siamo stati un po’ presuntuosi, non ci resta che usare l’unica ricetta possibile, quella del lavoro, e preparare la prossima gara». Vi aspettavate un Ascoli così? «Sì, perchè è una formazione determinata, sa giocare a calcio. Niente da dire, sono stati bravi, noi facevamo fatica anche sulle seconde palle».Per Raffaele Pucino, il Vicenza va rimproverato soprattutto per l’atteggiamento. «Loro hanno avuto un approccio alla gara diverso da noi. Volevamo dare continuità, e invece abbiamo sofferto non solo sulle fasce ma in tutte le zone del campo, come squadra, e l’Ascoli ha meritato il successo». Lerda ha detto che avete sbagliato praticamente tutto. «Non possiamo dare torto al nostro mister. Eravamo venuti ad Ascoli per fare punti, è stato sbagliato soprattutto l’atteggiamento ed è questo che dobbiamo rimproverarci. Per fortuna sabato ci aspetta un’altra gara, in casa, di fronte al nostro pubblico, contro un avversario che non sta attraversando un bel momento. Vogliamo tirarci subito su. Non serve a nulla vincere a Salerno se poi si perde malamente, com’è accaduto ieri». Pucino tra l’altro è un ex e magari avrà qualche motivo in più per caricarsi sulle spalle il Vicenza.
Ore 12.40 – (Giornale di Vicenza) Come la classica doccia scozzese, purtroppo. Il bel Vicenza vittorioso e a tratti travolgente a Salerno è ripiombato ad Ascoli nel buco nero che lo aveva inghiottito nella prima trasferta di campionato, quella malamente persa a Ferrara. Una sconfitta netta a pochi giorni dal primo successo che tante speranze aveva suscitato, con la stessa squadra in campo all’inizio, ma irriconoscibile, nello spirito e nelle giocate.E già prima del rigore del 2-0, costato anche il rosso ad Adejo, il Vicenza non era mai entrato in partita, nuovamente inghiottito in un tunnel di errori e certezze smarrite. Un brusco passo indietro, proprio nella gara in cui c’era anche la curiosità di capire quanto vale davvero la squadra che Franco Lerda sta piano piano mettendo insieme. E stando al verdetto di ieri sera il tecnico deve tornare a preoccuparsi, perché il secondo scontro diretto consecutivo in trasferta dopo quello con la Salernitana ha cancellato d’un colpo i segnali positivi. A fine partita Franco Lerda è stato il primo ad ammettere senza scuse la serata no dei suoi giocatori riassumendo così la brutta prestazione del Vicenza.Concorda, Lerda?Abbiamo fatto poco, ma proprio poco – ha sottolineato il tecnico – non siamo nemmeno entrati in campo, non abbiamo avuto l’approccio giusto, insomma non c’eravamo con la testa e si è visto.Per rendere ancor più chiara la situazione vissuta può usare un’immagine?Non stavamo neanche in piedi, tanti dei miei giocatori parevano calzare le scarpe in gomma; dall’altra parte un Ascoli che facendo il minimo si è trovato in vantaggio.Al 21′ del secondo tempo siete pure rimasti in dieci, la cosa vi ha complicato la vita ancora di più.Per come eravamo messi era chiaro che non avremmo più potuto recuperare, ma stasera non ci saremmo riusciti nemmeno undici contro undiciUn po’ di merito in tutto questo va anche all’Ascoli?Scusate ma io parlo del Vicenza, dell’Ascoli posso dire che ha vinto meritatamente facendo il minimo sindacale, perchè noi non abbiamo proprio giocato a calcio. Troppi gli errori fatti, sui cross, sui passaggi, si scivolava in continuazione.Il primo gol…Appunto nato così, avevamo palla noi e abbiamo subìto perchè siamo scivolati.E del rigore concesso per fallo di Adejo su Gatto con espulsione pure del suo difensore?Il rigore non c’era, il fallo l’ha commesso Gatto su Adejo, l’ha preso per la maglia e l’ha tirato giù, però non abbiamo perso per questo episodio, ma perchè l’Ascoli ha avuto più determinazione di noi.
Ore 12.30 – (Giornale di Vicenza) Gatto nero e Gatto bianco, il regista balcanico Kusturica ci ha fatto un film, l’ex di turno, Leonardo, ha fatto viola il Lane trascinando l’Ascoli verso un 2-0 che non ammette particolari obiezioni. Un gol per tempo, Carpani su azione e Cacia su rigore, così va la vita è così va il calcio cosicchè Salerno resta una tappa fulgida e al momento isolata in un avvio di torneo in salita come era prevedibile. PASSATO E PRESENTE. I calzettoni rossi portafortuna del presidente Costantino Rozzi, le telecronache di Tonino Carino, gli scarpini (preferibilmente a 6 tacchetti) così morbidi da sembrare pantofole… d’oro e soprattutto rigorosamente neri come ahinoi non se ne vedono più ma come dovrebbero tornare su tutti i campi per decreto legge non scritto: eccoci al Del Duca di Ascoli dove si danno appuntamento storie e personaggi di un calcio antico, lontano, quel calcio che appartiene ai nostri sogni bambini. E sono sogni che vedono partecipare da lassù anche il nostro caro Gibì Fabbri , amatissimo e indimenticabile su entrambi i fronti visto che dopo l’avventura Real di Vicenza regalò due memorabili stagioni anche ai bianconeri di Piceno issandoli sino al quarto posto nel campionato dell’80. Altri tempi e altro calcio, per l’appunto. Oggi ecco il Lane di Lerda reduce dal blitz di Salerno ed ecco l’Ascoli Picchio di Alfredo Aglietti che insegue la prima vittoria. È una gara che nel cuore delle Marche riporta a una stabile normalità dopo il rinvio del match con il Cesena del 4 settembre e i lutti nei paesi qua vicino sbranati dal terremoto.VIETATO IL PARI. Certo, nel frattempo i bianconeri sono tornati al Del Duca contro la Spal dieci giorni fa ma la normalità riconquistata parte dalle cose che torni a fare abitualmente. Quello a cui non vuole abituarsi l’Ascoli è di pareggiare. E così l’Alfredone dalla chioma corvina dopo il pari di Trapani esclude il turn over; mentre torna a disposizione Giorgi, nel disegno del suo 4-3-3 trova posto l’ex Gatto. PIEDE POCO FATATO. L’errore grande come una casa lo commette però Benussi, che dopo 1’40” temporeggia nel rinvio di piede cosicchè Cacia allunga il piedone e i brividi si spengono solo in calcio d’angolo. Gatto pare non veda l’ora di tendere il trappolone dell’ex (al 9′ infila Zaccardo).In casa biancorossa, Vita è fuori giri mentre Galano e Raicevic si incrociano senza profitto. Cosicchè dopo un’incursione a sorpresa di Cassata che Zaccardo e Benussi neutralizzano d’esperienza (18′) ecco il gol del vantaggio bianconero. Minuto 26′, ripartenza fulminea con combinazione Mignanelli-Cacia-Gatto, dalla destra quest’ultimo lascia partire un traversone basso, teso e velenoso, Benussi s’allunga ma devia dalle parti di Carpani che non ci pensa su troppo e recapita in fondo al sacco: 1-0.L’Ascoli s’entusiasma, Gatto e Orsolini sembrano tarantolati ma il match – già guerreggiato a bassa tensione – vive momenti sempre più tesi al che Raicevic e Cinaglia rimediano un giallo. Il Vicenza si ridesta nel finale di tempo quando Vita (39′) tenta la girata e protesta per un fallo in area che non c’è. Un tiro sballato a testa per Galano e lo stesso Vita, poi nel recupero Raicevic segnala la sua presenza in area ma invano.SI CAMBIA (?) La ripresa s’inizia con Fabinho al posto di Vita, non pervenuto ad Ascoli, e la sensazione che qualcosa si muova è suffragata da una conclusione violenta ma sfortunata di Rizzo imbeccato da Galano (3′). Benussi è costretto ad opporre i pugni su conclusione di Carpani da posizione defilata (7′) e di lì a poco Cernigoi sostituisce l’evanescente Raicevic. Signori prova ad alzare il baricentro però l’Ascoli è in perenne agguato e al 19′ Cacia viene pescato bene sulla destra, prende la mira, colpisce di collo destro, i guantoni di Benussi s’arroventano, palla respinta contro la faccia inferiore della traversa e pericolo scampato. Ma è il preludio alla resa. Minuto 20′: Gatto irrompe sulla sinistra contrastato da Adejo, i due non si fanno i complimenti ma l’ex fa il gatto – nel senso furbesco del termine – e va per le terre.Il fragile Piccinini opta per il dischetto ed estrae il rosso. Cacia non perdona, 2 a 0 e Lane in dieci. La partita vive di rari sprazzi, un infortunio a Rizzo, tacchettate e spintoni in duelli rusticani, l’uscita di Gatto fra gli applausi. Indubbiamente l’uomo partita. Chi se lo ricordava così?
Ore 12.10 – (Gazzettino) Tanti indizi fanno una prova: Venturato stravolge l’undici iniziale, Ardemagni sbaglia un rigore sullo 0-0, Arrighini segna su assist involontario di un giocatore dell’Avellino e il Cittadella dei record vince la quinta partita di fila. Che sia l’anno dalle grandi sorprese? Chissà, certamente il ritorno in serie B è nato sotto una buona, buonissima stella. Roberto Venturato (300 panchine in carriera) sorprende tutti con un ampio turnover. Per rendere l’idea il tecnico granata rispetto all’undici iniziale schierato contro il Novara cambia ben sette giocatori ad Avellino: tre difensori (i laterali Pedrelli e Benedetti, il centrale Pelagatti), tre centrocampisti (Valzania, Paolucci a dettare i tempi in mezzo al campo e Schenetti chiamato a fare il lavoro di Chiaretti) e un attaccante, Arrighini, l’ex della partita. Unico cambio “forzato” quello di Martin, che ha alzato bandiera bianca nel riscaldamento pregara. A prima vista la mossa di Venturato sembra un pericoloso azzardo perché la squadra rischia di perdere la sua fisionomia, giocando tra l’altro su un terreno di gioco inedito, con il fondo in erba sintetica. Il Cittadella, in effetti, fatica a imporsi al Partenio, al cospetto dell’Avellino che insegue il primo successo stagionale dopo i soli due punti raccolti finora. Gli irpini alla vigilia si dicono convinti di poter fare lo sgambetto alla capolista, e partono bene: serve un grande recupero di Pelagatti per fermare Castaldo lanciato verso l’area granata. Nella prima metà dell’incontro è più propositivo l’Avellino, ma la difesa del Cittadella non commette sbavature: Scaglia e Pelagatti sono insuperabili. Ci prova Schenetti al 20′, il destro finisce alto. Si rientra negli spogliatoi dopo 45 minuti di gioco equilibrati, con la truppa di Venturato che, a differenza delle quattro precedenti uscite, non è riuscita a imporre gioco e ritmo. La squadra di casa riparte bene anche nella ripresa, ma la prima vera palla gol dell’incontro ce l’ha Arrighini al 7′. L’attaccante sbaglia il primo controllo e viene recuperato da Omeonga che ne sporca la conclusione. L’Avellino cambia entrambi gli attaccanti, entra anche l’ex Ardemagni. Venturato invece sostituisce per la prima volta Litteri, al suo posto Strizzolo. Al 18′ Benedetti calcia dal limite: da segnalare soltanto perché risulta il primo tiro nello specchio della porta della gara. Quattro minuti dopo l’episodio che poteva decidere la gara, con Paolucci che colpisce con il braccio il pallone messo in mezzo da Asmah. Per l’arbitro è rigore, con il capitano granata che lamenta la carambola sulla coscia. Ardemagni sparacchia sul fondo. Venturato inserisce Chiaretti, e il brasiliano innesca l’azione del vantaggio del Cittadella: il suo cross in area è intercettato da Soumaré, ne esce un assist perfetto per Arrighini appostato a centro area. Girata spettacolare di sinistro e pallone sotto l’incrocio. Basta questo per fare bottino pieno.
Ore 12.00 – (Gazzettino) Il Cittadella non si ferma più: cinque vittorie in altrettante partite. Un avvio di campionato come nessuno mai è riuscito a fare, un altro record per la squadra di Roberto Venturato che non finisce davvero di stupire. Ma forse, adesso, non può più essere considerata una sorpresa bensì una solida realtà. A fine partita, Sky Sport snocciola numeri da grandi squadra e ricorda precedenti illustri. Quasi da brividi: chi ha fatto cinque vittorie di fila nel passato come successo al Lecce, al Torino, al Brescia e al Sassuolo… tre volte su quattro è finito in serie A. Precedenti pericolosamente indicativi. Roberto Venturato davanti al microfono resta impassibile, dicendo che «Non si è sentita la domanda…», ma poi si scioglie: «In questo momento siamo primi in classifica. Non serve sbilanciarsi, è un dato oggettivo, i numeri non si possono discutere». Ecco l’ammissione: «Non è che il primo posto in classifica e i precedenti ci facciano paura, anzi: non possono che fare piacere al Cittadella. Non temiamo di essere così in alto in classifica». Dopo la confidenza, torna il Venturato prudente di sempre: «Il campionato è veramente molto, molto lungo. Ci sono ancora trentasette partite da disputare, un’enormità, non è il caso di fare tabelle né pronostici. Il Cittadella invece deve rimanere concentrato e lavorare con l’intensità e l’impegno che ci mette ogni giorno». Dopo il gol Arrighini è corso ad abbracciare Stefano Marchetti in panchina. È lui che l’ha portato a Cittadella, è il dirigente uno degli uomini cardine della società. «Grandi meriti vanno certamente attribuiti al nostro direttore generale. L’ha dimostrato in tutti questi anni a Cittadella, e anche quest’estate ha lavorato benissimo. Ha grandi capacità e competenze, e riesce a trasmettere a tutto l’ambiente i suoi importanti valori», conclude Venturato. Che si guadagna anche i complimenti in diretta di Fabio Pecchia, allenatore del Verona, secondo in classifica: «Il Cittadella sta facendo cose straordinarie, è primo con grande merito».
Ore 11.40 – (Mattino di Padova) E adesso inchiniamoci al Cittadella, perché è nella storia. Cinque vittorie su cinque, terzo “colpaccio” in trasferta, capolista a tutto tondo, ma soprattutto squadra dei record. Non contenti di aver centrato il filotto di successi consecutivi (ben 11) nel campionato di Lega Pro, i granata padovani centrano un altro traguardo che li consacra negli annali delle statistiche: una “striscia” vincente di 5 en plein in 5 giornate, con 15 punti in saccoccia. In passato, nella Serie B a 22, l’impresa era riuscita ad altre tre formazioni: al Torino nella stagione 2004/05, al Brescia nel 2007/08 e al Sassuolo nel 2012/13. Dovesse superare anche le “rondinelle” lombarde sabato al Tombolato, sarebbe apoteosi. Eppure, delle cinque vittorie raccolte sin qui quella del Partenio è stata la più sofferta. Nel secondo tempo si è subìto un po’ troppo, e ad un certo punto le cose si stavano mettendo male, con un calcio di rigore fischiato a favore dei campani (fallo di mano di Paolucci, su cross di Asmah, 22’). Ma l’ex Ardemagni ha calciato incredibilmente a lato della porta di Alfonso. E da un ex all’altro, la partita ha messo in scena il… delitto perfetto: Arrighini, che ad Avellino aveva segnato la sua prima rete in B, non aggiungendone più altre nella stessa categoria sino a quest’anno, ha sfruttato alla perfezione un tocco difensivo errato di Soumarè su lancio di Chiaretti e in mezza girata ha spedito alle spalle di Radunovic (33’). Secondo centro in due gare (l’altro a Vercelli) per lui. Insomma, la fortuna bisogna meritarsela e il Citta questa fortuna, anche in una serata non eccelsa, se l’è accaparrata tutta, spostando l’ago della bilancia dalla propria parte con cinismo al momento giusto. Venturato cambia tutto. I nove tifosi granata scesi in Irpinia non credono ai loro occhi quando vengono ufficializzate le formazioni: l’undici che ha trafitto il Novara sabato scorso è stato stravolto dal tecnico, in ossequio ad un turnover molto spinto. Sette giocatori sono diversi, con Alfonso, Scaglia, Bartolomei e Litteri unici confermati. «Per me sono tutti titolari», aveva annunciato, convinto più che mai della sua affermazione, l’allenatore subito dopo la quarta vittoria. E la riprova che la frase non era stata buttata là, a caso, l’abbiamo proprio avuta qui: fuori mezza spina dorsale della squadra, capitan Iori e Chiaretti, fuori Pascali (che peraltro non sta bene), fuori Salvi e Martin, fuori l’eroe del 3-1 sui piemontesi, Strizzolo, e fuori Lora. Schenetti è il trequartista, Arrighini torna accanto a Litteri come a Vercelli, Pedrelli e Benedetti sono i terzini e Valzania e Paolucci (regista) costituiscono le novità in mezzo. Poche emozioni. Di fronte ad un Avellino imbottito di stranieri (ben otto), e che non vince tra le mura amiche dal 27 febbraio scorso, la capolista gioca un primo tempo più di contenimento che di proposizione offensiva, anche se i rischi per Alfonso sono ridotti a zero o quasi. Un tiro alto di poco di Soumarè dal limite dell’area (8’), un sinistro a giro di Belloni abbondantemente fuori bersaglio (19’), un colpo di testa di D’Angelo, su angolo dalla destra di Belloni, sul fondo (35’). Il Citta mette sul piatto della bilancia una buona opportunità per Schenetti (palla oltre la traversa, calciata da dentro l’area, 21’) e un assist ancora di Schenetti per Litteri, che ha l’unico difetto di essere troppo lungo e di consentire a Radunovic di uscire tempestivamente (32’). Dal rigore alla zampata dell’ex. Dopo l’intervallo, l’avversario propone un nuovo attacco. Toscano inserisce Mokulu e poi Ardemagni. Ma l’ex commette l’errore più grosso, calciando maldestramente il tiro dal dischetto, e, come vuole il calcio, al gol sbagliato segue il gol subìto. Venturato butta dentro Salvi e Chiaretti, dopo Strizzolo, e la partita gira: da un lancio del brasiliano nasce il gol dell’altro ex. Il Citta vola, e adesso non vuole sentire più parlare di meteora. La “matricola” fa sul serio, maledettamente sul serio.
Ore 11.30 – (Mattino di Padova) Cambia (quasi) tutto, tranne il risultato. Ancora una volta a vincere è soprattutto lui, Roberto Venturato. In tanti hanno storto il naso leggendo la distinta della formazione, con quei sette cambi rispetto alla gara con il Novara di sabato scorso. E invece, alla fine, ha avuto ragione ancora lui. Mister, parla sempre di una rosa di 23-24 titolari, e al Partenio ha fatto vedere che non è una frase fatta: la manovra era meno fluida, ma il risultato è arrivato comunque. «Sono soddisfatto per la vittoria e l’atteggiamento dimostrato: indipendentemente da chi gioca, in questa squadra tutti danno il loro apporto. E poi siamo contenti perché vincere cinque partite di fila significa continuare il percorso iniziato l’anno scorso in Lega Pro, è come se avessimo proseguito su quella scia. Quella di Avellino è la vittoria di una società che è animata da valori semplici e veri». A leggere i segnali, viene da pensare che sia davvero un anno magico: il rigore fallito malamente da Ardemagni, il rimpallo che favorisce il gol di Arrighini… «È stata una partita molto concreta da parte nostra, anche fortunata per quel rigore per l’Avellino, poi sbagliato. Una gara difficile, ma proprio per questo averla vinta ci lascia una soddisfazione maggiore». A proposito di Ardemagni, con il suo ingaggio a Cittadella si pagano 6 o 7 giocatori. O no? «Occorre dare grande merito al direttore Marchetti, che già in passato ha dimostrato di avere grandi capacità e competenza nello scegliere i giocatori e lo sta continuando a fare ottimamente anche da quando sono qui, in queste ultime due stagioni. Non solo li sceglie, ma sa trasferire loro certi valori». Cinque affermazioni consecutive le hanno raccolte in passato anche Torino, Brescia e Sassuolo, e fra queste qualcuna poi è salita in Serie A… «Altra domanda per favore…». Coraggio mister, si sbilanci un po’ almeno stavolta. «Non è questione di non volersi sbilanciare: siamo primi in classifica, è un dato oggettivo e non ne abbiamo paura. Non temiamo questa posizione, ma mancano ancora 37 partite. Occorre rimanere concentrati e continuare a lavorare in questo modo, cominciando già a pensare alla gara con il Brescia di sabato. Bisogna restare con i piedi per terra».
Ore 11.10 – (Corriere del Veneto) Segnali di fumo. Segnali in arrivo dal Partenio, dove il Cittadella mette la quinta, si prende altri tre punti pesantissimi e vince pure quando la serata non è esattamente di grazia. Un 1-0 che vale platino, che spinge ancora in alto i granata, a più cinque sul Verona, una corazzata con un monte ingaggi che, a confronto, rende ancora più monumentale la figura di Stefano Marchetti, costretto ogni anno a fare i conti con il bilancino e che scova talenti come un cane da tartufo. A giudicare dai risultati emersi in questo strabiliante inizio di stagione, gli riesce sempre molto bene assemblare squadre che sembrano avere qualche punto debole ma che hanno una solidità di gruppo impagabile. A vedere, poi, quello che accade in campo dopo il gol decisivo di Andrea Arrighini, che da ex non perdona e al 33’ timbra con una semirovesciata da incanto, vien da pensare che Marchetti abbia qualche dote divinatoria nascosta. Arrighini corre ad abbracciarlo, la sensazione piuttosto netta è che il dg avesse scommesso su una sua rete contro la squadra che l’aveva lanciato. Fatto sta che ancora una volta ha ragione Roberto Venturato, che cambia mezza squadra, ma ottiene sempre lo stesso: il massimo, i tre punti che voleva. Forse nella serata meno brillante ed ispirata, che a un certo punto, quando Ardemagni si presenta sul dischetto per il rigore del possibile 1-0, sembra virare male. E invece niente, Ardemagni tira male, fallendo clamorosamente il bersaglio. Poco dopo timbra Arrighini, se non son segnali questi… Che Venturato stesse preparando qualche sorpresa era nell’aria, ma che il tecnico granata cambiasse mezza squadra in una trasferta tutt’altro che agevole nessuno avrebbe potuto immaginarlo. Fuori Salvi, Martin, Pascali, Iori, Chiaretti e Strizzolo con Arrighini che vince il ballottaggio, Paolucci regista, Pedrelli a destra, Pelagatti centrale e Benedetti a sinistra. Il risultato è che, comprensibilmente, la qualità scende, la manovra ne risente e Litteri e Arrighini davanti non hanno un pallone giocabile per tutto il primo tempo. L’Avellino parte con Castaldo e Bidaoui ma poi Toscano cambierà tutto il reparto offensivo, con l’inserimento dell’ex Ardemagni e di Mokulu a inizio ripresa. Sul taccuino, nel primo tempo, praticamente ci sono zero tiri nello specchio della porta. Per il Cittadella l’unico lampo è quello di Schenetti, che con un tiro a giro al 21’ tenta di sorprendere. L’Avellino replica con D’Angelo al 35’, ma il colpo di testa ha la mira sballata. Che altro aggiungere? Toscano, come detto, a inizio ripresa cambia tutto l’attacco, una manina galeotta di Paolucci al 22’ ferma un cross di Asmah e per l’arbitro è rigore. Rigore dubbio ma che Ardemagni sbaglia, tanto per non lasciare nulla al caso. Poi Soumaré serve per errore Arrighini, quasi per caso; non per caso l’ex della serata sforbicia in gol. Il finale è palpitante, il risultato non cambia. Altro giro di roulette, altra epic-win. E adesso la serie A potrebbe non essere soltanto un sogno. Non succede, ma se succede…
Ore 10.50 – (Mattino di Padova) Avendo solo due mediani a disposizione – Mandorlini, appunto, e Dettori – il tecnico ha testato per la prima volta un inedito 4-4-2, con Neto e Altinier terminali offensivi di “pilloniana” memoria, in mancanza di Alfageme, che sconterà il secondo turno di squalifica. Un’eventualità che potrebbe prendere piede nei prossimi giorni: oggi allenamento alle 15 alla Guizza. Padova graziato. Il Giudice sportivo ha deciso di non punire la società per i fischi arrivati da alcuni settori dell’Euganeo sabato scorso, nel corso del minuto di raccoglimento in memoria dell’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. «I fischi venivano prontamente contrastati da un intenso applauso della maggioranza del pubblico presente», la spiegazione del giudice: medesima decisione è stata adottata anche nei confronti di Melfi e Taranto.
Ore 10.40 – (Mattino di Padova) «Se vogliamo creare un ambiente in cui tutti possano dare di più, forse un po’ più di ottimismo sarebbe opportuno. A lungo andare questa situazione potrebbe danneggiare la squadra, ed è per questo che all’interno dello spogliatoio ci siamo fatti forza e ci siamo detti di dare meno peso possibile a tutto questo. Forse è troppo presto per tirare le somme: i 5 punti che abbiamo raccolto sono pochi rispetto al nostro obiettivo, ma spero che siano preziosi per un percorso di crescita». Nuovo modulo? Centrocampo da inventare in vista del match in Umbria. Rientra Favalli, ma non ci sarà l’acciaccato De Risio, vittima di un’elongazione al flessore della coscia destra, mentre Filipe potrà andare al massimo in panchina: Brevi potrebbe decidere di puntare ancora su Mandorlini in cabina di regia, affiancandogli Mazzocco, ma dall’allenamento di ieri ha fatto capolino anche l’ipotesi di un cambio di modulo.
Ore 10.30 – (Mattino di Padova) «È un inizio di campionato come tanti altri, siamo solo caduti in qualche piccolo errore, ma dentro lo spogliatoio c’è un ambiente positivo. Se si vogliono analizzare gli errori, bisogna farlo in un’ottica di crescita, e non per continuare a rivangare ciò che è stato fatto. Bisogna creare un ambiente costruttivo, che dia la possibilità a tutti di crescere: se al primo errore l’unico pensiero è castigare il presunto responsabile, non ne usciamo più. È per questo che noi giocatori non ci scoraggiamo: siamo consapevoli che c’è ancora tutto il tempo per rifarci, abbiamo una mentalità vincente, e non può essere un passo falso a creare un clima negativo intorno a noi». La piazza, però, negli ultimi giorni non è stata affatto tenera nei confronti della squadra né in quelli del tecnico Brevi. «È dal mio primo giorno a Padova che avverto un po’ di scetticismo. E per questo sapevo che qualche malumore, se non fossero arrivate subito tante vittorie, sarebbe venuto fuori: non sono nessuno per dire ai tifosi come devono comportarsi, ma credo che le continue critiche non diano certo al gruppo la spinta di cui ha bisogno».
Ore 10.20 – (Mattino di Padova) Il momento non è facile, ma il Padova è unito. Lo hanno dimostrato sia la società, insieme allo staff tecnico, in un summit chiarificatore andato in scena lunedì all’ora di pranzo, che la squadra stessa, ritrovatasi ieri a cena. Ignota la località della conviviale, quel che è certo è che l’intero gruppo, nessuno escluso, ha voluto trascorrere la serata in compagnia: i giocatori hanno cenato insieme, senza dirigenti o componenti dello staff tecnico, approfittando dell’occasione per guardarsi negli occhi a pochi giorni dalla sfida fondamentale di Gubbio, in programma sabato alle 14.30 (arbitro Pashuku di Albano Laziale). Prova del fatto che, al di là dei risultati, l’unità d’intenti c’è. Lo spirito del gruppo. «Un po’ di malumore gli ultimi risultati lo hanno creato, ma non mi spiego il disfattismo di questi giorni»: parola del portiere biancoscudato, Giacomo Bindi.
Ore 10.00 – (Gazzettino) Sul momento della squadra aggiunge: «Se avessimo ottenuto nove punti tra Albinoleffe, Forlì e Maceratese non ci sarebbe stato niente da dire. Sappiamo di dover migliorare, ma ci è girata anche male. Quando non arrivano i risultati perdi un po’ di fiducia, ed è un errore che non dobbiamo commettere perché siamo solo all’inizio. Il rammarico per questo momento è prima di tutto nostro, ma non è il caso di fare drammi». Cosa vi ha detto Brevi lunedì? «È fiducioso, guarda il bicchiere mezzo pieno. I mugugni dei tifosi nei suoi confronti? Non è una cosa che ci tocca, lui è il nostro allenatore e abbiamo tanta voglia di migliorare insieme». Proprio Brevi è stato ospite lunedì sera alla trasmissione Biancoscudati Channel. «I primi a essere dispiaciuti siamo noi – ha detto l’allenatore – perché ci aspettavamo una partenza diversa. Ci metto la faccia come è giusto che sia essendo il responsabile. Sono il primo a non essere contento, e capisco l’arrabbiatura dei tifosi. Sappiamo che l’aspettativa è alta, però sono sereno e fiducioso. Abbiamo una squadra che può giocarsi il campionato insieme alle altre».
Ore 09.50 – (Gazzettino) Prove tecniche di 4-4-2. Dopo che dal primo giorno di ritiro il Padova si è affidato al 3-5-2, potrebbe esserci sabato a Gubbio un cambio di modulo. Tanto è emerso nell’allenamento effettuato ieri alla Guizza, con una linea di difesa formata da quattro elementi contrapposta a quattro centrocampisti e a due attaccanti. In pratica lo stesso sistema adottato da Bepi Pillon nella seconda parte dello scorso campionato, che portò la squadra fuori dalle sabbie mobili della bassa classifica fino alle soglie dei play off. Naturalmente non è il caso di fare paragoni, anche perché gli interpreti non sono più gli stessi, salvo qualche eccezione. Ma l’animosità con la quale Brevi ha impartito le direttive, soprattutto al pacchetto arretrato, lascia pensare che ci sia l’intenzione di optare per questa soluzione. In difesa sono stati utilizzati a sinistra Favalli, ormai recuperato dall’acciacco che l’ha tenuto fuori con Fano e Maceratese, e a destra Boniotti, posizione che ha ricoperto con continuità un anno fa a Pordenone, mentre in mezzo hanno agito Sbraga ed Emerson; Russo, Cappelletti e Tentardini sono stati provati come alternative. A fare la fase di possesso, come detto, sei giocatori: a centrocampo Madonna e Fantacci esterni, con Mandorlini e Dettori interni, e davanti hanno ruotato Neto, Altinier, Germinale e Alfageme.
Ore 09.40 – (Gazzettino) Considerato che quest’ultimo deve scontare ancora una giornata di squalifica e che Germinale non è ancora al top, a fare coppia in attacco con Neto ci sarà Altinier, che con il Gubbio vorrà vendicare anche l’errore dal dischetto commesso con la Maceratese. «Ho voluto tirarlo centrale perché eravamo quasi a fine partita ed ero un po’ stanco, solo che la mia intenzione era di alzare di più la palla, invece è partita così e il portiere l’ha presa con il piede». Al momento del cambio era arrabbiato: per la sostituzione o per il penalty sbagliato? «Per l’errore. Dispiace perché provi i rigori tutta le settimana e poi arriva questa doccia fredda. Fosse stata solo una delusione mia sarebbe stato meglio, purtroppo invece la delusione è stata doppia perché la Maceratese ha pareggiato». Tra l’altro anche agli sgoccioli del primo tempo ha avuto un’occasione ghiotta per andare in gol. «Ero sicuro di essere da solo perché ho visto la difesa salire. Ho pensato un attimo di troppo come andare nell’uno contro uno con il portiere e mi è stato fatale perché quando ho stoppato la palla è rientrato in extremis un difensore. Peccato, ho fatto una valutazione sbagliata».
Ore 09.30 – (Gazzettino) Biancoscudati a cena insieme ieri per cementare ulteriormente il gruppo. All’appuntamento a tavola si sono ritrovati solo i giocatori, senza staff tecnico e società. Intanto, De Risio quasi certamente salterà la trasferta con il Gubbio: l’ecografia al flessore ha evidenziato un’elongazione, con il centrocampista che ha già iniziato a fare terapie. Domani nell’allenamento a porte chiuse all’Appiani farà un test per valutare l’eventuale recupero, sul quale però trapela un certo pessimismo. È ormai recuperato invece Filipe, anche se molto difficilmente sarà impiegato dal primo minuto essendo rimasto ai box qualche settimana.
Ore 09.10 – (Corriere del Veneto) Mazzocco non ha convinto, Gaiola evidentemente non ha fatto ancora breccia nel cuore di Brevi ed ecco spuntare questa variante tattica, che «giubilerebbe» di fatto uno dei tre centrali difensivi (Sbraga dovrebbe tornare titolare, Cappelletti e Russo si accomoderebbero in panchina), uno dei tre centrali di centrocampo, darebbe una chance a Boniotti e a Fantacci e avanzerebbe il raggio d’azione di Madonna, che tornerebbe a fare l’esterno alto come a La Spezia. A questo punto va capito se si tratti soltanto di una prova oppure se Brevi abbia davvero in mente una svolta per tentare di invertire la rotta. Niente multa per il Padova, invece, per i fischi avvenuti durante il minuto di raccoglimento in memoria dell’ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, sabato prima della partita contro la Maceratese. Decisivi gli applausi del resto dello stadio che si è immediatamente dissociato dal comportamento di una minoranza di sostenitori biancoscudati: «Si segnala – si legge nel comunicato del giudice sportivo, Pasquale Marino – che durante il minuto di raccoglimento in memoria del defunto Presidente Ciampi, da una minoranza di propri sostenitori provenivano fischi che venivano prontamente contrastati da un intenso applauso della maggioranza del pubblico presente. Non si procede pertanto all’applicazione di alcuna sanzione».
Ore 09.00 – (Corriere del Veneto) Per ora è soltanto una prova, un abbozzo di quello che potrebbe accadere sabato a Gubbio. Oscar Brevi, con le spalle al muro dopo una partenza difficile e i tifosi sempre più sul piede di guerra nei suoi confronti, prova una svolta netta e decisa rispetto a quanto visto sinora. Ieri alla Guizza, durante l’allenamento pomeridiano, è stato provato il 4-4-2 puro, quello che lo scorso anno veniva utilizzato con buoni risultati da Giuseppe Pillon. Via libera, dunque, a Bindi fra i pali, a Boniotti, Emerson, Sbraga e Favalli in difesa, a Madonna, Dettori, Mandorlini e Fantacci a centrocampo, ad Altinier e a Neto Pereira di punta. A Gubbio, infatti, mancheranno sia Filipe, ancora out nonostante il suo rientro fosse stato annunciato per ieri, che De Risio, nuovamente infortunato, oltre ad Alfageme, che deve scontare il secondo turno di squalifica.