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Ore 22.30 – (Il Piccolo) In una partita spigolosa in cui gli ospiti hanno anestetizzato il talento del fronte offensivo alabardato, tra i migliori in campo di certo si annovera Omar Leonarduzzi, il capitano giunto a Trieste dopo otto stagioni vissute ai piedi del lago di Salò. Non che i feltrini abbiamo impensierito più di tanto la retroguardia giuliana, ma in tutte le occasioni in cui è stato chiamato in causa, Leonarduzzi si è confermato un lusso per la categoria, unendo alle riconosciute doti difensive un ottimo contributo in fase di impostazione. Il capitano scherza sul ruolo del migliore in campo, e si dice soddisfatto per la prestazione della squadra. «L’Union Feltre è venuta a Trieste a fare una partita sulla difensiva, a mio avviso la nostra prestazione è buona, abbiamo cercato in tutti i modi di fare gol e le occasioni non sono mancate. Tutto questo senza rischiare praticamente nulla. Anche se non abbiamo portato a casa la vittoria, è un buon punto da cui ripartire, perché abbiamo dato continuità alle prestazioni ed è un fattore molto importante alla lunga. Quando fai la prestazione nella maggior parte dei casi i tre punti li porti a casa». Il copione si ripete, avversarie chiuse e spazi serrati saranno una costante al Rocco? «Ci aspettiamo da quasi tutte le avversarie questo tipo di atteggiamento, l’importante sarà l’interpretazione della partita da parte nostra. Ribadisco, siamo arrivati diverse volte in avanti a concludere, in diverse situazioni avremmo potuto fare meglio sul piano della lucidità. Non è sicuramente una prestazione da buttare via, teniamoci strette le cose buone che abbiamo fatto». L’arrivo del presidente Biasin, lo sponsor, una società che opera con professionalità. Dettagli importanti per chi va in campo? «Per noi giocatori vivere questa società, questo ambiente con il suo tifo, la città rinata dopo anni bui, è un onore. Il pubblico ci ha spinto fino al novantesimo e ha applaudito anche se non abbiamo portato a casa i tre punti. Sono cose che riempiono d’orgoglio, faremo di tutto per farli gioire». Infine lo sguardo volge al prossimo impegno a Legnago. «Cercheremo di preparare bene la partita come facciamo ogni settimana, solo in campo capiremo se il Legnago giocherà attendista o più votato all’attacco. Dobbiamo essere pronti a tutto».
Ore 22.20 – (Il Piccolo) «Non ci è mancata solamente la zampata vincente. Abbiamo peccato anche nell’ultimo passaggio, molti cross potevamo farli meglio e su questo dovremo lavorare dal punto di vista tecnico». Antonio Andreucci traccia i motivi della mancata vittoria: il tecnico è soddisfatto della prestazione della squadra, ma riconosce che qualcosa è mancato proprio in fase realizzativa. Un aspetto fondamentale quando si trovano formazioni chiuse. «Bisogna dar merito anche agli avversari – afferma Andreucci – che nel primo tempo hanno giocato con buon ritmo, anche se noi già nella prima frazione abbiamo creato buone situazioni. Poi nella ripresa abbiamo davvero spinto tantissimo. Ma come detto, oltre alla zampata vincente, siamo mancati nell’ultimo passaggio, troppi cross non sono arrivati con la traiettoria giusta e nel momento giusto. Peccato perché siamo arrivati sul fondo molte volte, visto che loro erano chiusi abbiamo cercato infatti di andare per vie esterne per sfruttare le nostre qualità. Purtroppo ci è mancato il gol: detto questo, ritengo che nel secondo tempo meritavamo di vincere. Poi alla fine è un punto che va accolto, perché alla fine certe partite che hai tanta voglia di vincere, magari finisci di perderle perché ti sbilanci e prendi un gol». Andreucci spiega poi le scelte iniziali, con due centrocampisti di maggior copertura come Carraro e Frulla, e l’utilizzo solo nella ripresa di due giocatori offensivi come Corteggiano e Turea: «Corteggiano si è allenato in gruppo solo da venerdi – spiega il tecnico – mentre Turea aveva un piccolo risentimento e ho deciso di non impiegarlo nel primo tempo altrimenti era un cambio certo. E poi ho una rosa nella quale è giusto dar fiducia a tutti, soprattutto a chi si è allenato sempre durante la settimana. Fra l’altro è una scelta che nel secondo tempo ci ha consentito di spingere molto di più. Abbiamo creato tantissimo volume, eravamo superiori, ma bisogna migliorare ancora per vincere le partite e rivedere qualcosa dal punto di vista tecnico sui cross». E guai, quando il tempo passa, farsi prendere dalla frenesia: «Bisogna rendersi conto che molte avversarie si chiuderanno – dice il mister – quindi bisogna essere meno precipitosi. Anche se è comprensibile quando il tempo passa e vedi l’avversario stanco che perde tempo per pareggiare. Legittimamente, perché l’Union Feltre ha obiettivi diversi dai nostri e per loro il pareggio al Rocco è un successo. Tutto questo voler vincere ha creato un po’ di ansia, ma il campionato è lungo e ho fiducia nei ragazzi. Inoltre va detto che abbiamo rischiato poco o quasi niente, mantenendo la squadra compatta. E questo è un passo avanti rispetto a domenica scorsa».
Ore 22.10 – (Il Piccolo) «Pian pianin, ma con morbin». Mario Biasin aggiunge qualcosina al motto che ha caratterizzato la sua prima venuta a Trieste. Il pareggio non gli ha fatto perdere il sorriso, il presidente si presenta in sala stampa con Mauro Milanese e quattro nipotini (tre ragazzine e un ragazzino), pronto a scherzare nonostante la mancata vittoria, e con l’ormai solito e inconfondibile dialetto triestino. «Con Mauro mi sento ogni giorno, sono otto ore di differenza, in pratica mi sveglia ogni mattina… Ora mi aspetta una settimana piena, seguirò Mauro che ha preparato il programma». Poi Biasin parla della partita con l’Union Feltre: «Speravo in una vittoria – dice il presidente alabardato – ma ci è mancato in pratica solo il gol. Abbiamo fatto tantissimi cross. E poi per me su quel gol annullato non era fuorigioco. Poi loro, come si suol dire, hanno parcheggiato il bus davanti la porta». In ogni caso, tutta un’altra storia rispetto alla Triestina che aveva visto qualche mese fa: «Ho visto una squadra molto migliore – dice Biasin – davvero un’altra cosa, dire una bella squadra con un capitano davvero molto bravo. I giocatori li ho incontrati, ma ci sarà tempo con calma di conoscerli meglio durante la settimana. I cori dei tifosi? Li ho sentiti e mi hanno fatto molto piacere, una cosa che prende il cuore». Milanese che gli è accanto annuncia intanto che la quota degli abbonamenti lo ha soddisfatto: «Dal main sponsor arrivano 155 tribune, 200 curve e 10 tribune vip: quindi ci siamo alle 2000 tessere, una buona risposta. Quanto alla partita, la prestazione c’è stata: c’era una squadra che voleva solo difendersi contro una che voleva vincere. Peccato, un gol avrebbe aperto la partita e consentito altri spazi. Sono circostanze che troveremo spesso, dobbiamo essere più fluidi e meno imprecisi, ma abbiamo giocato sempre nella metà campo loro, senza concedere loro mai contropiedi».
Ore 22.00 – (Il Piccolo) È il 40’ del secondo tempo: Corteggiano crossa da sinistra sul primo palo, França entra di testa ma non centra la porta. È la fotografia della Triestina fermata in casa sullo 0-0 dall’UnionFeltre. L’Unione (dopo una rete di Aquaro annullata nella prima frazione per sospetto fuorigioco) ha creato molto di più al cospetto dell’avversario più strutturato di quelli incontrati in questo primissimo scorcio di stagione. Ma è mancato il gol o il guizzo di uno dei suoi bomber. E quindi Mario Biasin, tornato a Trieste dall’Australia, ieri se n’è tornato in albergo a bocca asciutta o meglio con un solo punto. Poco male perché la curva gli ha tributato un sontuoso coro a fine match. Segno che l’azione combinata con il cugino Milanese ha fatto presa. Con o senza lo 0-0 casalingo. Sul piano tecnico c’è da aggiungere che dopo un primo tempo giocato in modo compassato (con Carraro e Frulla a centrocampo) anche per la capacità dei veneti, gli alabardati nella seconda frazione hanno gettato sul prato allentato del Rocco una prestazione decisamente a trazione anteriore ma si sono fatti prendere da una certa frenesia. Molti cross un po’ imprecisi, molti appoggi “sporchi” sulla trequarti. È normale con un pubblico così e dopo due vittorie ma Andreucci dovrà lavorare su questo aspetto. E il tecnico deve lavorare anche per scegliere se sia meglio partire a razzo per poi aspettare gli avversari, sperando di segnare o se, come ieri, attendere il secondo tempo per innestare la trazione integrale. Dopo la sfilata (ottima iniziativa) dei ragazzini della giova, la Triestina schierata contro l’Union presenta un centrocampo con due incontristi come Carraro e Frulla a coprire le spalle a Cecchi. Sull’altro fronte Bianchini è bravo a far accorciare i centrocampisti su Serafini mettendo così in difficoltà la fonte di gioco offensiva di Andreucci. Il risultato sul campo è evidente. I padroni di casa fanno fatica a trovare sbocchi sia centralmente che sulle fasce. Pizzul ci prova al 18’ con una staffilata di prima intenzione che finisce di pochissimo a lato e poi França non riesce a concretizzare in area un assist di Serafini. Gli avversari controllano con ordine e ripartono ma senza pungere. L’arbitro annulla la rete alabardata (32’) su punizione di Frulla da destra. Il Rocco però sobbalza ancora una volta per un sinistro fulmineo da fuori area di França ma stavolta Scaranto è pronto a togliere la palla dall’angolino. Ripresa totalmente diversa con gli ingressi prima di Turea (non in gran giornata) e poi di Corteggiano. Al 6’ Dos Santos incorna male, e un minuto più tardi devia fortuitamente una staffilata di França ma il portiere ospite fa un mezzo miracolo. L’Unione evidentemente lavora di più e meglio sulle fasce anche con un Pizzul inesauribile mentre dietro Leonarduzzi e Aquaro giganteggiano. Andreucci e la squadra vogliono vincere. L’Unione fa grande pressione e nel finale il tecnico getta nella mischia anche Bradaschia. Ma l’unica grande occasione arriva appunto al 40’ con la capocciata di França che finisce alta. Assedio finale inutile. Certe partite vanno così e tavolta anche peggio. Il torneo è appena cominciato. Serve pazienza e lasciar lavorare il tecnico che deve plasmare una squadra tutta nuova. Domenica a Legnago c’è un altro banco di prova per testare la vera forza dell’Unione.
Ore 21.40 – (Gazzettino, edizione di Belluno) «Due punti persi? No, questo è un punto guadagnato». Roberto Vecchiato non ha dubbi. E accetta un pari che muove la classifica, in attesa di oliare qualche meccanismo. Mister, partita strana. «Sì, voi da fuori vi sarete divertiti. Io un po’ meno. Potevamo segnare il gol della vittoria, ma anche incassarlo. Ci è mancato sicuramente equilibrio». Un tempo a testa? «Nel primo abbiamo messo in pratica il nostro calcio, anche se con fatica, mentre nel secondo si sono espressi meglio loro. E, per quanto mi riguarda, il Legnago non rappresenta affatto una sorpresa, anzi. Fra le tre squadre che abbiamo affrontato finora è di certo la più forte. O, almeno, quella che si è espressa meglio. Hanno un reparto avanzato molto importante, con un paio di elementi in grado di metterti sempre in difficoltà». Eppure la rete dell’1-1 è arrivata su un bolide da lontano. «Se qualcuno avesse visto Napoli-Bologna di sabato sera, si sarà reso conto che è lo stesso, identico tiro del gol bolognese di Verdi. Può sbagliare Reina, che è un portiere di serie A e pure della nazionale spagnola, sbagliano anche i nostri, in questa categoria. Ma non è un problema». Quanto ha pesato l’assenza di Bertagno? «Simone ha caratteristiche uniche: chi gioca al suo posto è comunque adattato. Mike Miniati, in ogni caso, ha disputato una buona partita». La scelta di un Belluno così offensivo?«Penso semplicemente che gli elementi di qualità vadano sempre messi in campo». Il pareggio col Legnago segue la sconfitta di misura a Campodarsego e l’esordio vittorioso con il Cordenons. Si aspettava una partenza di questo tipo? «Mi aspetto solo di giocare una gara per volta e provare a vincere. Non siamo una squadra che possa travolgere qualsiasi avversario con facilità. Tantomeno il Legnago. Se poi qualcuno vuole andare in Lega Pro, mi viene da ridere».
Ore 21.30 – (Gazzettino, edizione di Belluno) Occasioni e capovolgimenti, errori e belle giocate, svarioni e finezze: Belluno-Legnago è stata la classica partita da tripla, in cui poteva vincere chiunque. E alla fine, come spesso accade, non ha vinto nessuno: un gol, un tempo e un punto a testa. Ma i gialloblù avranno molto su cui riflettere: specialmente rispetto a una ripresa in cui la squadra si è pericolosamente allungata. E le distanze fra i reparti sono apparse eccessive. L’alibi legato all’assenza di un metronomo e calcolatore come Simone Bertagno (in tribuna per un risentimento muscolare) regge fino a un certo punto. Se vorrà rimanere agganciata alle zone alte della classifica, la formazione di Vecchiato dovrà ritrovare gli equilibri perduti. Anche perché, allargando gli orizzonti, si scopre che il Belluno ha vinto solo una delle quattro gare ufficiali finora disputate (compresa la coppa, dove il successo è maturato ai rigori). Insomma, una partenza un po’ lenta. Simile a quella della scorsa stagione. Eppure, contro il Legnago, la tavola sembrava subito apparecchiata per un pomeriggio di gloria: passano appena 6’ e Duravia, schierato da mezzala, inizia (con una giocata da vero interditore) e conclude al meglio l’azione che spezza l’equilibrio. Determinante, in tal senso, lo spunto sulla fascia e il cross basso e arretrato di Mosca, mentre «Dura» è letale col sinistro. Se è vero che il Legnago è una compagine da «mordi e fuggi», abile a ripartire e assai meno a costruire, vien da pensare che il piano partita vada esattamente nella direzione dolomitica. Ma non è così: l’undici a trazione anteriore (con Corbanese e Marta davanti, Brotto ad agire alle loro spalle da fantasista e Duravia schierato fra i tre di centrocampo) ha una sua logica e funzionalità per i primi 45’. Non per i secondi. Alla lunga, i bellunesi si sfaldano e prestano il fianco ai contropiede ospiti: Barone (già vicino al gol nel primo tempo con un diagonale fuori di un soffio e un tiro da distanza ravvicinata, murato da Menegazzo) è un satanasso a tratti imprendibile, Villanova è un «10» con tecnica e rapidità, Zanetti tiene sotto scacco la retroguardia gialloblù. E il pari arriva puntuale: con una ripartenza? No, paradossalmente con una sassata da 30 metri: la scocca Bigolin. Menegazzo, però, non è esente da colpe. E nel finale, tra una scorribanda da un’area all’altra, il Belluno trema. Anche se ad andare più vicino al bersaglio è Marta, che esalta i riflessi di Martello. Ma un punto è il giusto raccolto di giornata.
Ore 21.10 – (Il Centro) Un punto per ripartire. Il pari di Santarcangelo rappresenta per il Teramo un raggio di luce in fondo al tunnel di questo complicato inizio di stagione. Per il tecnico Federico Nofri è stato un debutto positivo, anche se sono ancora tante le cose da sistemare. Sabato, nel match casalingo contro il Fano (ore 20,30), urge un successo per abbandonare l’ultimo posto in classifica (attualmente in coabitazione con Ancona e Forlì). Preoccupano, nel frattempo, le condizioni di Karkalis: il 21enne terzino di proprietà del Pescara ha riportato un trauma distorsivo al ginocchio destro, nel contrasto con un avversario, nei minuti conclusivi della trasferta di Santarcangelo. I tempi di recupero di Karkalis saranno più chiari dopo la risonanza magnetica prevista in questi giorni, ma si teme un lungo stop. «La gara di Santarcangelo ci lascia un po’ di rammarico perché potevamo vincerla», dice il direttore generale Gianluca Scacchioli, «però la prestazione ci conforta. Si è vista più determinazione rispetto alle precedenti occasioni e se lo spirito rimarrà questo sono convinto che ci risolleveremo presto. Mister Nofri sta lavorando parecchio sull’aspetto caratteriale e la sua determinazione si ripercuote positivamente sui ragazzi. A livello tattico, Nofri avrà bisogno di un po’ di tempo per conoscere meglio i giocatori e le caratteristiche di ognuno, in modo da scegliere poi l’assetto definitivo. Contro il Fano è ora di iniziare a vincere. Ne abbiamo bisogno tutti per acquisire fiducia e dare ossigeno alla nostra classifica. Il mercato degli svincolati? Faremo un punto della situazione con l’allenatore», risponde Scacchioli, «e vedremo se ci saranno delle richieste specifiche da parte sua». A proposito del recente esonero del tecnico Lamberto Zauli e del ds Fabio Lupo, questo il commento del dg biancorosso: «Il divorzio con Zauli mi è dispiaciuto tantissimo. Il mister ha commesso degli errori, ma è un allenatore con dei valori importanti e in condizioni diverse avrebbe potuto esprimerli. Per quanto riguarda Lupo, il suo esonero è stato la conseguenza di tante piccole situazioni che ci hanno portato alla sfiducia nei suoi riguardi». Probabile che nel corso della settimana lo staff di Nofri venga completato con l’arrivo di un vice allenatore. La squadra riprende gli allenamenti oggi pomeriggio. Da valutare la fase di recupero del centrocampista Alessandro Di Paolantonio (fermo da 15 giorni) e del difensore Mattia Altobelli. Torna a disposizione il terzino Tommaso D’Orazio, che ha scontato il turno di squalifica. C’è curiosità sul quale modulo verrà affrontato il Fano. Nella gara di Santarcangelo il Teramo è partito con un 4-4-2 reso piuttosto offensivo dalla contemporanea presenza di Petrella (a destra) e Forte (a sinistra). Quest’ultimo, sostituito da Carraro all’intervallo, è stato costretto ad adattarsi in una posizione non proprio sua senza lasciare tracce di sè. Sul piano tattico le cose sono migliorate non solo con l’ingresso di Carraro (e lo spostamento di Bulevardi sull’out mancino), ma, soprattutto, quando il difensore Capitanio ha preso il posto di Petrella e si è passati ad un più equilibrato 3-5-2. Il cambio del modulo ha permesso a Ilari, per esempio, di essere più propositivo e di mettere lo zampino nell’azione che ha portato al momentaneo vantaggio di Sansovini (seconda rete stagionale). Nel Fano, reduce dalla sconfitta per 1-0 nel derby contro la Sambenedettese, ci saranno due ex teramani: il trequartista Davide Borrelli e il difensore Manuel Ferrani. Per il Diavolo sarà il primo impegno di campionato alle ore 20,30. In caso di successo i biancorossi scavalcherebbero in classifica la formazione marchigiana, ammessa quest’anno in Lega Pro tramite ripescaggio.
Ore 20.50 – (Gazzetta di Mantova) Dopo la sconfitta subita sabato a Bergamo contro l’Albinoleffe (terza gara giocata in otto giorni), mister Luca Prina ha concesso ai biancorossi un paio di giorni di riposo. La preparazione in vista della sfida di sabato (ore 20.30) al Martelli contro la FeralpiSalò sarà ripresa dunque domani, con una doppia seduta di lavoro. La buona notizia di giornata arriva dallo staff medico, che rassicura sulle condizioni di Bandini, uscito nel corso della gara all’Atleti Azzurri d’Italia per infortunio. In realtà l’esterno di scuola Inter si è dovuto arrendere a dei semplici crampi e dunque sarà pienamente a disposizione del tecnico fin da domani. In gruppo dovrebbe tornare anche il difensore argentino Gargiulo, che ha saltato la trasferta bergamasca a causa di una contusione al ginocchio subita la settimana scorsa nell’amichevole giocata contro la Berretti. Prina dovrà invece sicuramente fare ancora a meno dello squalificato Marchi e dell’infortunato Caridi (stiramento ai flessori della coscia destra). Difficile appare anche il recupero del difensore Siniscalchi, che ha un grosso ematoma alla coscia e che si sta sottoponendo a tutte le terapie del caso. Ma lo staff medico proverà comunque a fare di tutto per rimetterlo in extremis a disposizione del mister. La settimana di allenamenti del Mantova si svolgerà al Laterale Te “Massimo Paccini” con il seguente programma: domani doppia seduta, mercoledì allenamento pomeridiano, giovedì seduta mattutina e venerdì, sempre al mattino, rifinitura.
Ore 20.40 – (Gazzetta di Mantova) Andarsene? La cordata romana non ci pensa neppure. E a spiegarlo è Marco Claudio De Sanctis, sempre più convinto nel sostenere le ragioni sue e dei soci Enrico Folgori e Andrea Barberis. «A noi sembra quasi di essere su Scherzi a parte – afferma il vicepresidente -, continuiamo a sentire str…te e ad assistere a un teatro assoluto. Siamo proprietari del 75% del Mantova, abbiamo rispettato tutte le scadenze e veniamo accusati di qualsiasi cosa pur non avendo ancora gestito un euro. Adesso siamo stufi, domani (oggi per chi legge, ndr) comunicheremo in Camera di commercio il nuovo cda e cominceremo a portare avanti il nostro progetto. Ma vi sembra normale che, pur essendo i padroni del club, da martedì manteniamo a nostre spese in un albergo di Mantova il 20enne ex Barcellona Fran Alvarez in attesa che il presidente Musso trovi il tempo di firmare il suo tesseramento, peraltro al minimo di stipendio? Noi abbiamo sempre teso la mano e continuiamo a farlo, ma a tutto c’è un limite. E dunque è arrivato il momento di mettere le cose in chiaro». E le cose, secondo De Sanctis, starebbero così: «Ci hanno detto per settimane che il 16 settembre bisognava pagare tre stipendi ma non era vero. In realtà l’obbligo riguardava soltanto giugno, per evitare penalizzazione. E dunque noi abbiamo pagato il necessario, nè più nè meno. E in tempo utile per fare i bonifici. Di Loreto ha voluto andare oltre e pagare anche luglio e agosto? Lo ringraziamo, ma non serviva. Se vogliamo vederla in positivo – sorride De Sanctis -, squadra e tifosi possono stare più che tranquilli perché qui facciamo a gara a chi paga prima…». «Se parliamo di scadenze, poi – aggiunge il vicepresidente – possiamo dire che c’era un contratto firmato dalla Sdl per una sponsorizzazione di 150mila euro da versare entro il 10 settembre. E invece i soldi sono arrivati il 16. Le scadenze allora valgono solo per noi? E i soldi che erano in cassa, parte dei quali sono stati utilizzati per pagare, vorrei sottolineare che sono anche nostri, in quanto proprietari del 75% della società». Insomma, i soci romani pensano di essere nel giusto e non intendono mollare l’osso: «Noi andiamo avanti nel progetto, sperando che non ci mettano ancora i bastoni gfra le ruote. Che dobbiamo fare, cambiare le serrature in sede? Dite che Di Loreto vuole riprendersi il Mantova. Bene, se la sua intenzione è questa faccia un’offerta per ricomprare le quote. Ma tanto io non voglio niente da Di Loreto, quindi è inutile. Mi spiace per loro, vorrà dire che andranno a vedersi il Rezzato».
Ore 20.30 – (Gazzetta di Mantova) È ormai lotta aperta per il controllo del Mantova e spazi di mediazione non sembrano più esserci se perfino il moderato presidente Sandro Musso chiarisce che «o andiamo avanti noi oppure vanno avanti i romani, ma soltanto dopo aver dimostrato di poter sostenere economicamente la società. Cosa che finora non hanno fatto. E, in tal caso, dovranno farlo senza di noi e senza i soci mantovani». Fin qui Musso, ma il patron Serafino Di Loreto va anche oltre: «I soci romani o pagano quanto concordato e chiedono scusa, oppure se ne devono andare». Quando gli si chiede come intende mandar via gli attuali detentori del 75% della società, Di Loreto non entra nel merito ma si mostra molto sicuro del fatto suo: «So io come fare, questi signori non hanno la più pallida idea di ciò a cui stanno andando incontro». L’avvocato bresciano è furbondo per le offese riservategli dai soci romani negli ultimi giorni e snocciola uno dietro l’altro gli accordi che a suo avviso hanno disatteso: «Hanno fatto mille promesse quando il presidente Musso li ha pregati, attorno al 15 agosto, di pagare in anticipo almeno gli stipendi di giugno per dare un segnale alla città. Hanno fissato una dopo l’altra sette date e le hanno disattese tutte. Poi siamo arrivati alla scadenza vera, quella del 16 settembre, una sorta di linea del Piave. E abbiamo visto com’è andata. Dovevano versare 321mila euro e ne hanno mandati 100mila, peraltro nel pomeriggio di venerdì, quando era tardi. Il Mantova a quel punto sarebbe stato penalizzato». Una pausa, poi Di Loreto riparte in quarta: «Avevano promesso per settimane di pagare anche gli stipendi di luglio e agosto e ovviamente, quando venerdì mattina si è capito che il Mantova avrebbe pagato soltanto quelli di giugno, nello spogliatoio è venuto fuori un bordello. Così siamo intervenuti, per rispettare anche le scadenze fissate dal codice di autoregolamentazione della Lega, che da quest’anno impegna tutte le società a versare gli stipendi mese per mese. Ripeto: noi abbiamo dato fiducia ai soci romani anche quando la stampa li attaccava, abbiamo aspettato a giudicare i fatti. E i fatti sono quelli che vi ho spiegato. Adesso, ribadisco, questi signori o pagano e chiedono scusa oppure se ne vanno». Per quanto riguarda i soci mantovani, a prendere la parola è Bruno Bompieri: «Io non conosco gli accordi fra loro, ma di sicuro i romani non si sono comportati bene insultando Di Loreto. Noi stiamo con i bresciani, è con loro che abbiamo dei patti che rispetteremo».
Ore 20.10 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Casertana e Bassano sono le uniche due «teste coronate» fatte cadere dal Pordenone. Negli altri scontri con le grandi di LegaPro pochi punti e tanti rimpianti. È la storia dell’ultimo anno e mezzo (si esclude dall’analisi la stagione del ritorno tra i professionisti, in cui la caratura dei ramarri non poteva essere considerata tale da supportare un paragone) e si è ripetuta sabato sera contro il Parma. Insomma, alla creatura di Bruno Tedino manca il definitivo salto di qualità che ti permette di diventare avvezzo all’impresa. Sabato sera è stata solo sfiorata, spazzata via dai due minuti folli che sono costati il pareggio ducale. La stessa «follia» che a maggio aveva permesso al Pisa di Gennaro Gattuso di ipotecare la finale dei playoff. Un’altra occasione persa contro una grande di Terza serie. «Ci manca ancora qualcosa per essere al loro livello», disse allora mister Bruno Tedino. Lo stesso concetto ripetuto nel post partita del Bottecchia, dopo la remuntada del Parma. Valori tecnici? Condizione fisica? Non sembrano questi i punti di distanza tra il Pordenone e i top club di LegaPro. Più che altro, la squadra appare mezzo passo indietro dal punto di vista mentale: come contro il Pisa, anche al cospetto del Parma è emersa quella paura che in due giri di lancette ha attanagliato la testa della squadra. «Abbiamo temuto», ha ammesso il bomber Rachid Arma. Eccolo, l’unico difetto che l’allenatore del Pordenone dovrà correggere: tenere la barra dritta anche quando i giganti spingono sull’acceleratore. L’anno scorso, per esempio, il club neroverde ha vinto solamente contro il Bassano (l’analisi è ristretta alle squadre che hanno partecipato ai playoff) e nella post-season con la Casertana. Ha perso ad Alessandria e rimediato un 1-0 anche al ritorno con lo stesso Bassano. In totale fanno 4 punti contro i “grandi” di serie C in 7 incontri disputati nelle stagioni regolari. Troppo pochi, se si vuole davvero puntare al vertice. Restano freddi numeri, ma dicono qualcosa.
Ore 20.00 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Manuel Nocciolini che si porta sorridente il pallone della sua tripletta sul pullman gialloblù e se lo fa firmare dai compagni: è l’immagine simbolo della notte magica (alla fine solo per i ducali) di Pordenone-Parma, finita 4-2 a favore degli ospiti grazie soprattutto alla tripletta dell’ex viola. In realtà sono state due partite e due storie completamente diverse. La prima è durata quasi un’ora, durante la quale Arma (doppietta) e compagni hanno mandato in visibilio Lovisa e i 1900 pordenonesi (300 gli ospiti) che hanno riempito gradinata, vecchia e nuova tribuna assemblata a tempo di record. Colpo d’occhio emozionante. Poi è iniziata un’altra storia come nei film western di una volta. Solo che sabato invece dei «nostri» sono arrivati i «loro», accompagnati da tre squilli di tromba di Nocciolini e dall’urlo di Calaiò. Stefani e compagni hanno fatto la parte poco politically correct degli sprovveduti indiani travolti dalle giacche gialloblù della cavalleria di Apolloni. MEZZO BICCHIERE – Il giorno dopo non sai ancora se il bicchiere bevuto la sera prima era mezzo pieno o mezzo vuoto. Questa volta i giudizi di Mauro Lovisa e Bruno Tedino concordano. «Ha vinto – afferma re Mauro – la loro superiorità tecnica e soprattutto quella fisica. Nell’ultima mezzora hanno fatto pesare chili e centimetri in più». Gli fa eco Tedino. «Sì – annuisce Bruno -, abbiamo pagato la loro superiore fisicità. In mezzora abbiamo capito – appuntino sulle dichiarazioni ottimistiche della vigilia – la vera differenza tra le formazioni più quotate del girone e le altre, fra le quali stiamo anche noi». Entrambi riconoscono comunque ciò che di buono ha fatto il Pordenone e il grande supporto dato nell’occasione dal popolo neroverde. «Fantastico – ha detto il presidente – vedere e “sentire” tanta gente intorno alla squadra. Dovrebbe essere sempre così». Tedino, mentre dal tunnel raggiungeva la panchina sabato, si era rivolto più volte verso la tribuna invitando a gesti i supporter a sostenere il ramarro. «Sono stati eccezionali – riprende il giorno dopo -. Tutta la squadra li ringrazia». SLIDING DOORS – Nei vari bar sport cittadini due sono i temi che hanno tenuto banco nella domenica pordenonese. Come sarebbe finità se sul 2-0 Berrettoni, non si fosse fatto ipnotizzare da Kristaps (forte assonanza con la coppia Kripstak e Petrektek di Zelig) Zommers, portiere lettone dei ducali, spedendo sul fondo il pallone del 3-0? E poi: Nocciolini avrebbe avuto tanta libertà se a fianco di Stefani ci fosse stato Ingegneri (stirato)? Sofismi, ma il calcio è bello perchè di una partita ti fa parlare giorni prima e giorni dopo. RIPARTENZA – Questa volta non intesa come sinonimo del vecchio «contropiede», ma come ripresa del percorso. Sì, perché la strada neroverde non si è interrotta (come la verginità del Bottecchia, durata 9 mesi) sabato sera con la sconfitta a opera della «predestinata» e la consegna del primato al Venezia. Con il Parma si può anche perdere. Sabato però i ramarri andranno a Macerata (marchigiani quart’ultimi con 3 punti) e vedremo se sapranno reagire con maturità e fermezza. Poi (2 ottobre) sarà ancora notte magica al Bottecchia con il Venezia. Subito dopo trasferta a Bassano (9). Infine la gara in casa con il Santarcangelo (16 ottobre), quando sapremo anche se le nuove tribunette hanno un senso che nasce dall’amore per il ramarro e non solo dal richiamo dei grandi nomi in transito per Pordenone.
Ore 19.50 – (Messaggero Veneto) Quella maturata sabato scorso col Parma – oltre a essere la sconfitta che ha posto fine all’imbattibilità casalinga, durata nove mesi – è la seconda caduta più larga nel punteggio da quando il Pordenone è tornato nei professionisti. Il rovescio peggiore rimane quello al cospetto del Como, il 5-2 incassato il 21 marzo 2015 durante la gestione Rossitto. Passato in vantaggio al 5’, con un rigore di Franchini, il team neroverde incassò un micidiale uno-due da parte di Le Noci, per poi tornare in parità a 5’ dalla fine del primo tempo in seguito a un’autorete di Cassetti. Nella ripresa, lo show del Como: Ganz siglò il 3-2 in avvio di frazione, Mattielig si fece espellere al 13’ e da lì in poi arrivarono il quarto e il quinto centro dei lariani, firmati rispettivamente da Ganz e Fautario. L’ultima sconfitta in casa invece risaliva al 19 dicembre scorso quando al Bottecchia passò il Pavia per 2-0.
Ore 19.40 – (Messaggero Veneto) Il rovescio è stato pesante, perlomeno in termini di gol subiti: solo una volta, in tre anni di Lega Pro, aveva fatto peggio. Ma il ko col Parma (4-2 il risultato finale) non ridimensiona il Pordenone, il suo campionato e le prospettive. Nonostante la prima sconfitta in questo torneo, che le ha fatto perdere il primato, la formazione di Tedino ha cercato sempre di fare il gioco e, anche sul 2-2, non si è mai accontenta del pareggio: c’è una mentalità vincente che, unita alla qualità della manovra e dei giocatori, può portare lontano. La settimana. Naturalmente a nessun tifoso, e a nessun componente dello staff, è piaciuto perdere 4-2, soprattutto dopo essere stati avanti di due gol. Tuttavia c’è da dire che, se si guardano le statistiche dell’ultima settimana, in cui si sono giocati tre turni, il Pordenone resta una delle squadre migliori del girone B di Lega Pro. Solo il Venezia, non a caso capolista, ha fatto meglio dei ramarri, conquistando sette dei nove punti disponibili (un pari con la Reggiana, vittorie con Parma e Ancona). Il gruppo di Tedino ne ha conquistati sei, assieme a Gubbio e Sambenedettese. Il ragionamento è per dire che è davvero difficile fare en-plein quando si scende in campo per tre volte in sette giorni. E quindi una sconfitta ci può stare. Il gioco. Il Pordenone riprende oggi a lavorare con una certezza: la qualità del gioco. Nel mini-ciclo di tre partite la squadra ha confermato di aver trovato gli automatismi giusti, al di là del modulo: chi scende in campo sa sempre cosa fare, supportato da un’ottima condizione atletica. Inoltre la squadra non è mai ancorata a un modulo fisso, aspetto che dà una grande poliedricità. Anche in questo senso si spiega il punto forte dei neroverdi, ovvero la fase offensiva: quello di Tedino, con 10 reti segnate, è il miglior attacco della categoria. Arma, inoltre, con 5 centri realizzati, è il capocannoniere del torneo. E’ lui il beneficiario della manovra, un meccanismo tale che ha portato il marocchino a eguagliare la sua miglior partenza di sempre: anche nel 2013-2014 a Pisa era partito così forte. Il futuro. Della settimana che si è appena chiusa rimangono tante cose positive. Le prestazioni con Teramo prima e Mantova poi sono state da incorniciare, per non parlare del primo tempo contro il Parma. Sabato, alle 16.30, i neroverdi vanno a Macerata, dove trovano una squadra reduce da tre pareggi di fila che però non ha mai vinto sinora: se il gioco espresso sarà quello visto negli ultimi match è probabile che il Pordenone torni a casa col bottino pieno. Da questo aspetto, oggi, si riparte. Ed è tanto, visto che tante squadre stanno ancora cercando di trovare gli automatismi oppure si aggrappano alle giocate dei singoli per risolvere i problemi.
Ore 19.20 – (Giornale di Vicenza) Bacio mortale. La favola al contrario di Bassano tornato rospo dopo aver accarezzato una settimana da ipotetico principe azzurro è da imputare al morso velenoso di Bacio Terracino, il bomberino del Lume, panchinato sino alla primavera scorsa e che, ripescato dalla naftalina da Filippini, lo sta ripagando con una sequenza di gemme d’autore. Doppietta sabato, terzo timbro sinora per un ventiquattrenne che è una via di mezzo tra Ciro Immobile e Antonio Floro Flores con cui condivide i natali partenopei e, nel secondo caso, anche il nome.Tuttavia un sabato da andamento lento spalanca interrogativi imprevisti per una formazione che tra Alto Adige e Lumezzane ha prodotto di più e di meglio degli interlocutori raccogliendo però un fatturato miserrimo. Sì perchè 1 punto sui 6 disponibili è pochissima roba, specie se rapportato allo spessore rispettabile ma niente affatto trascendentale dei rivali. E il rammarico è proprio lì, per un ruolino sgonfiatosi all’improvviso e che, pur sempre ragguardevole nei numeri, annota 5 punti in meno confronto alla squadra di un anno fa nello stesso periodo del torneo. Inoltre sfuma l’approdo al comando della graduatoria, un’operazione che alla vigilia di questa puntata appariva alla portata. La verità è che Bassano pur tenendo le redini del gioco saldamente in pugno è sempre rimasto piatto, un’offensiva senza sussulti e per lunghi tratti scontata e prevedibile che si è complicata maledettamente quando i bresciani sono andati avanti e hanno enfatizzato all’eccesso il loro sistema lucroso, raggomitolati a pugno e pronti a involarsi negli spazi profittando delle sbavature altrui. La colpa della Virtus è stata quella di non avere impresso cadenze alte sin dall’avvio, non certo l’atteggiamento che è stato corretto a differenza degli approcci sbilenchi con Ancona e Alto Adige.D’Angelo ha ragione quando applaude la mentalità propositiva dei suoi sostenendo che il risultato è bugiardo (il pari era sacrosanto, ma per vincere occorreva industriarsi più e meglio), eppure l’impressione è che nella circostanza un peso massimo come Tommy Maistrello sarebbe servito già al pronti via per sfondare il bunker lombardo, al posto di un Rantier in piena involuzione dopo gli squilli di tromba agostani.Tantopiù che Maistrellone ha dimostrato di starci benone in tandem con Grandolfo (a proposito, l’uso del piede perno da pivot di Cicciogol in occasione della rete, è stato da manuale). Semmai a tradire insoliti impacci è stato il pack difensivo con Carletto Crialese, arrembante in fase di appoggio ma in chiaro disagio se attaccato e non è la prima volta. Lo stesso Pasini ha sofferto esageratamente l’accelerazione con cui Barbuti l’ha seminato nell’assalto dell’1-0. Sei reti incassate in 5 uscite. Per rincorrere ambizioni van sigillati anche gli spifferi.
Ore 19.00 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Sabato al Del Conero ha realizzato il suo gol numero dieci da professionista, ma il primo centro arancioneroverde di Davide Marsura vale sicuramente doppio. Per la vittoria regalata al Venezia, in primis, firmata con quello che è stato il suo primo gol «da tre punti» della carriera. «In effetti è così – va a ritroso il 22enne di Valdobbiadene – con la FeralpiSalò avevo segnato una doppietta alla Pro Vercelli ma la gara era terminata 2-2, poi c’era stato anche un 1-1 col Vicenza. Naturalmente sono molto felice di esser risultato decisivo, pur non essendo io un attaccante di ruolo spero di dare il più possibile il mio contributo». Marsura ha coronato al meglio tre ottime prestazioni nel tour de force delle tre gare ravvicinate, giocate da titolare contro Reggiana e Ancona, con un buon subentro in corsa invece a Parma. «Abbiamo portato a casa 7 punti che, tenuto conto delle avversarie, sono senz’altro «tanta roba». Vincere in rimonta o su un terreno imbarazzante come quello del Del Conero è un ottimo segnale, certo dispiace aver concluso con tre espulsi essendo caduti un po’ nelle provocazioni degli avversari. Ci servirà di lezione, teniamoci stretti il salto al primo posto anche se la Sambenedettese vincendo il recupero col Padova potrebbe sorpassarci». Il Venezia continua ad aspettare i primi gol di Ferrari e Geijo. «Alex mi ha servito una gran palla in profondità, ho voluto a tutti i costi vincere il corpo a corpo con Barilani dopodiché mi è riuscito un buon diagonale. Non nascondo che qualche rimpianto c’è, ripenso alla gara con la Reggiana e resto convinto che con poco in più avremmo portato a casa anche quella. Poco male, siamo sereni e in fiducia, consapevoli però che sabato contro il Lumezzane non sarà una passeggiata. I bresciani hanno battuto il Bassano, un segnale da non trascurare per nessun motivo visto che l’ultima cosa che vogliamo è rallentare o fermarci». GIOVANILI – Si è conclusa ai quarti di finale l’avventura degli Allievi nazionali al Trofeo Rocco di Gradisca d’Isonzo: i baby arancioneroverdi di Maurizio Rossi sono stati eliminati per 2-0 dall’Hnk Rijeka, dopo che nel girone avevano battuto Deportivo Calì (2-1), Nova Gorica (3-0) e ceduto al Milan (0-2). Domani alle ore 18.30 al Taliercio la presentazione della scuola calcio del Venezia Soccer Academy.
Ore 18.50 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Sette punti in otto giorni, tre vittorie e due pareggi nelle prime cinque uscite e il Venezia di Pippo Inzaghi vola già davanti a tutti. Un primato che, per quanto parziale, è sicuramente di spessore in considerazione di una imbattibilità mantenuta nonostante un calendario in salita, per la nomea delle avversarie e le tre trasferte a fronte di due uscite al Penzo. «L’1-1 con la Reggiana con una grande prestazione, poi le vittorie esterne, per 2-1 in rimonta a Parma e per 1-0 ad Ancona finendo con 8 uomini. Il carattere, la personalità e lo spirito del gruppo dimostrano come il Venezia sia già una squadra – la soddisfazione del ds Giorgio Perinetti -. Il primo posto fa piacere ma conterà solo il 7 maggio, io oggi credo che un Venezia con questi «attributi» vada sostenuto e seguito dai tifosi e dalla città, perché i campionati non si conquistano mai da soli. Ai tifosi dico «adottateci» perché l’unione è necessaria per vincere». L’unica nota stonata è dovuta al poker di espulsioni di sabato al Del Conero, dove il Venezia ha finito in 8 contro 10 e senza mister Inzaghi in panchina. I «cattivi» da regolamento interno saranno subito multati, ma Perinetti annuncia che la società, presumendo squalifiche nell’ordine delle 2-3 giornate, farà sicuramente ricorso. «Garofalo ha avuto una reazione spropositata a un torto clamoroso, perché aveva subito fallo da rigore. Ci siamo trovati in inferiorità al 30′, adesso il timore è che l’arbitro (Valiante di Salerno, ndr) per giustificare quel che ha fatto calchi la mano nel referto. L’allontanamento di Inzaghi è clamoroso, sarà anche uscito dall’area tecnica, ma un direttore di gara così fiscale avrebbe dovuto accorgersi che Moi ha detto di tutto per 90′. Evidentemente cacciare Inzaghi dà «titoli», Moi no». Altri rossi diretti per Baldanzeddu e Moreo. «Baldanzeddu si è sbracciato con un avversario eppure ha pagato solo lui su segnalazione del guardalinee, per Moreo invece sarebbe stata eccessiva persino l’ammonizione. L’operato l’ha visto dal vivo il vicedesignatore Brighi al quale ho parlato a fine gara, forse l’arbitro si è sentito sotto pressione e ha cercato di far vedere personalità in questo modo. Tuttavia siamo noi a doverci adeguare a una Lega Pro in cui, a differenza della A e B, i fischietti accettano molto meno il dialogo». Sabato arriva il Lumezzane. «Poche squadre avrebbero reagito come ha fatto il Venezia anche ad Ancona, peraltro su un campo scientemente trascurato per complicarci le cose. Pensiamo a mantenere lo stesso spirito con maggiore self control».
Ore 18.40 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Venezia già in vetta dopo cinque giornate: frutto del successo per 1-0 sabato ad Ancona. Risultato importantissimo che viene a confermare l’ottimo lavoro sin qui svolto a livello di mercato e di impostazione del club lagunare. Indubbiamente è prestissimo per interpretare l’attuale leadership come definitiva ma si tratta di un segnale tangibile delle ambizioni, della consistenza e delle possibilità che sono di questo Venezia. Nelle prima gare si è visto il tocco del tecnico Pippo Inzaghi che ha saputo dare idee di gioco interessanti alla squadra – anche passando per qualche esperimento non esaltante, subito corretto con coraggio – consentendo di rivedere dopo tanto tempo della buona qualità in campo. Di certo il Venezia ha anche dimostrato di non saper ancora concretizzare a dovere il numero di opportunità – ma anche le tante semplici situazioni di gioco propizie – che riesce a costruire. Una lacuna legata alla necessità di oliare i meccanismi, di accrescere l’intesa dei movimenti di squadra, ma anche sicuramente dell’assenza accusata sino ad ora di una punta in grado di imporsi con autorità in area avversaria. Geijo è in ritardo per gli acciacchi accusati, Ferrari non ha ancora trovato il passo: comunque il Venezia non si ferma e manda in gol altri, in attesa del bomber “vero”. A impressionare nella settimana che si è appena conclusa è stato il carattere della squadra: ha conquistato sette punti su nove in appena otto giorni, dimostrando determinazione e tantissima voglia. A Parma addirittura ha rovesciato in un paio di minuti il match a tempo scaduto dimostrando che non si arrende mai. Ad Ancona, invece, è riuscito ad esagerare, rimediando tre espulsioni che danno la misura di una grande carica ma anche di una tensione forse troppo elevata. Un impegno in più per Inzaghi: deve riportare al più presto il tutto alla normalità.
Ore 18.30 – (La Nuova Venezia) Pippo Inzaghi da giocatore non è mai stato un cattivo. Di botte ne ha più prese che date. Non è stato neanche un santarellino, la buona dose di malizia fa parte del bagaglio tecnico di un attaccante e lui è stato uno dei più grandi attaccanti degli ultimi trent’anni. Gli avversari lo hanno accusato di aver fatto qualche tuffetto in area e magari è vero, ma ogni polemica al fischio finale deve svaporare con tutte le sue code di polemiche. A rovistare nella memoria viene in mente, da giocatore, un’espulsione con la maglia dell’Atalanta, contro il Milan. E da allenatore del Milan, una proprio contro l’Atalanta, più un paio di volte con la Primavera. Nel complesso la figura di Inzaghi è quella di un atleta corretto e così si sta delineando anche da tecnico. Ad Ancona è stato espulso per una sciocchezza. Non sarà che qualche arbitro aspirante fenomeno vuol far vedere che non si fa condizionare dai grandi nomi dei campioni?
Ore 18.20 – (La Nuova Venezia) Il presidente Joe Tacopina esulta per la preziosissima vittoria di Ancona, che fa seguito ai tre punti conquistati nello scontro diretto con il Parma. Sei punti in quattro giorni che sono come oro colato e che valgono il primato in classifica. La società, e lo stesso Tacopina, non si sono mai nascoste dietro a un dito, dichiarando a chiare lettere gli obiettivi stagionali, e dopo una manciata di partite i risultati si vedono anche se la squadra a tratti si è spesso complicata la vita. Ne sono una testimonianza le quattro espulsioni del Conero, o la rimonta in extremis del Tardini. Da oltre oceano il numero uno arancioneroverde ha seguito la sfida con l’Ancona in streaming, e passo dopo passo ha sofferto al fianco dei suoi ragazzi e di Filippo Inzaghi. Tra un miracolo di Facchin e le espulsioni di Garofalo e Inzaghi, probabilmente qualche occhiataccia al cielo sarà anche partita dal suo volto, e chissà cosa avrà pensato quando il cartellino rosso è stato sventolato in muso a Baldanzeddu e Moreo. Però un urlo di gioia non sarà mancato alla rete decisiva di Marsura, giocatore che sin dal ritiro estivo ha lasciato intendere che quando c’è da fare il colpaccio lui è sempre in prima fila. E così, passata qualche ora e fatto un brindisi al successo di Ancona, Tacopina ha voluto commentare così la giornata: «Sono profondamente orgoglioso di come i nostri ragazzi, Giorgio (Perinetti, ndr) e il suo staff, l’allenatore Filippo Inzaghi e lo stesso Maurizio D’Angelo hanno mantenuto il gruppo dopo l’espulsione di Pippo. La nostra squadra continua a dimostrare di avere carattere, coraggio e cuore anche quando siamo in inferiorità numerica o anche quando gli eventi sono contro di noi. Nei momenti difficili abbiamo dimostrato di saper restare uniti e di mantenere il controllo del gioco». Tutto quindi procede per il meglio, con un Venezia che al momento ha il vento in poppa pur non avendo ancora spiegato del tutto le vele, specie quelle dell’attacco. E così vien da pensare all’espressione possibile del presidente all’incredibile gol mancato da Ferrari nella ripresa. Ma la vittoria avrà poi cancellato dalla sua mente quel frangente. E Joe Tacopina, in attesa di tornare al più presto a Venezia, cerca lo stesso in ogni modo di stare vicino alla sua squadra, un gruppo che tratta e considera come una famiglia. Per ora si deve accontentare di vedere il Venezia davanti a uno schermo o di mantenere i contatti al telefono, però le parole con cui chiude dagli Stati Uniti sono in alta definizione: «Noi siamo il Venezia, supereremo tutto e continueremo il nostro viaggio con calma».
Ore 18.00 – (Gazzetta di Modena) Giorico incassa i complimenti di Leo Colucci, mister della Reggiana ed ex regista canarino, ma non nasconde la tristezza per la sconfitta. «Fa piacere sentire belle parole sul proprio conto da parte di uno come Colucci che è stato un grandissimo centrocampista. Però non riesco proprio a mandare giù questa sconfitta perchè è stata originata da tutte le possibili cose negative che possono portare ad un ko. In primo luogo il grave errore arbitrale, più una grande dose di sfortuna e troppi episodi a noi negativi. E’ una gara persa che può fare davvero molto male al morale. Adesso dobbiamo essere bravi a raccogliere le forze e reagire. La vittoria esterna di Teramo ci aveva dato entusiasmo ed energie, è un peccato non aver dato un seguito nel derby. Ma è la consapevolezza nei nostri mezzi l’unica arma che ci può permettere di lasciarci in fretta alle spalle questa giornata nera».
Ore 17.50 – (Gazzetta di Modena) Antonio Marino, difensore gialloblù, è ancora incredulo nel pensare al secondo gol della Reggiana. «E’ stato un mio autogol purtroppo e non sono ancora riuscito a farmi un’idea della traiettoria assurda che ha preso quella palla. L’ho toccata io e la girata di Guidone si è impennata andando sul secondo palo. Il rammarico per questa sconfitta è grandissimo. Tanto più per l’episodio iniziale che ci ha gravemente penalizzato e che è stato a dir poco clamoroso; una svista arbitrale, mettiamola così, che ha segnato tutto il resto della partita. Per come si era messa alla fine del primo tempo, doveva essere almeno un pareggio. Invece siamo qua a parlare di una sconfitta che però non deve lasciare il segno. Rialziamo la testa in fretta, recuperiamo tutti gli infortunati e proviamo a sfruttare il prossimo trittico di partite che sono alla nostra portata». Situazione. Il Modena tornerà in campo sabato prossimo alle ore 14,30 ad Ancona. La squadra di Pavan dovrà cercare di recuperare in trasferta al Dorico i punti persi ieri nel derby contro la Reggiana. Oggi la squadra inizierà a lavorare in vista della trasferta nelle Marche e Pavan, al momento, non ha problemi di infortuni con cui fare i conti.
Ore 17.40 – (Gazzetta di Modena) L’attaccante del Modena Riccardo Ravasi rivendica la paternità del gol gialloblù. «E’ una magra consolazione. Una piccola soddisfazione personale al termine di un derby che ci ha lasciato invece tanta amarezza. E’ una sconfitta del tutto immeritata perchè la Reggiana non ha fatto certamente molto più di noi. I granata avevano anche il vantaggio di non aver giocato martedì e credo che nella ripresa, quando per noi è venuto il momento di rimontare, la fatica di Teramo si sia vista e anche fatta sentire. Sarebbe stato tutto diverso se l’episodio ad inizio partita fosse stato interpretato in modo corretto dall’arbitro: quando ho visto che non fischiava il rigore, e ci sarebbe stato anche il rosso al portiere, stentavo a credere ai miei occhi. Tra l’altro ci ha trattati con supponenza e non ha accettato il dialogo evitando di dare spiegazioni. Sulla sconfitta credo che i due gol presi a freddo ad inizio ripresa abbiano pesato molto».
Ore 17.30 – (Gazzetta di Modena) Il diesse canarino Gigi Pavarese concentra il suo commento sull’episodio inziale. Una decisione arbitrale che ha avuto un peso enorme sulla storia del derby. «Non mi soffermo mai sugli arbitraggi e sugli episodi dubbi, ma mi auguro che i vertici arbitrali questa volta si accorgano della incapacità di un arbitro come quello visto al Braglia in questo derby. Io sono un campano e pensando alla grande tradizione arbitrale della mia regione mi viene il voltastomaco nel vedere a chi è affidata. Non è ammissibile un errore del genere, perché va al di là di qualsiasi dubbio. Con un rigore a nostro favore e l’espulsione del loro portiere sarebbe stata tutta un’altra partita. Purtroppo non ci resta che fare i complimenti alla Reggiana e rammaricarci per la reazione che nel secondo tempo non siamo riusciti a produrre, al contrario di quanto invece la squadra aveva fatto a Teramo. Ma ripeto senza quell’errore all’inizio forse parleremmo di un’altra partita».
Ore 17.20 – (Gazzetta di Modena) Il Modena era reduce dalla prima vittoria in campionato, la Reggiana sta vivendo una una sorta di vero a proprio rinascimento grazie alla nuova proprietà, quindi il derby, che già è la madre di tutte le partite, si era caricato di attese ancora più grandi. Logico che alla fine in casa gialloblù la delusione sia altrettanto grande, anche per gli episodi che hanno determinato il risultato finale. Una delusione che ben si legge sul volto di Simone Pavan, una delusione mescolata però con la rabbia, soprattutto per le decisioni arbitrali. Sulle quali l’allenatore del Modena, per evitare squalifiche, si deve costringere a… pratiche zen, per non dire quello che vorrebbe: “Non posso commentare quell’intervento del portiere avversario che tutti hanno visto. Posso però dire che era un rigore netto, anzi, che un penalty così inequivocabile è difficile da vedere, e che a termini di regolamento avrebbe comportato pure l’espulsione del portiere. La gara era appena iniziata, dunque l’avremmo giocata sicuramente in superiorità numerica e, se avessimo trasformato il rigore, anche in vantaggio di un gol. E’ evidente che il derby poteva essere tutto a favore nostro, con un esito quindi probabilmente diverso. Commenti, ripeto, non ne posso fare, ma spero solo che chi deve prenda i provvedimenti del caso”. Si capisce bene lo stato d’animo del tecnico gialloblù, anche perché il veleno, contrariamente al vecchio detto, per il suo Modena non è stato nella coda del derby, ma all’inizio dei due tempi. Se nel primo infatti si è verificato il ‘fattaccio’ del rigore negato, nella ripresa c’è stato l’uno-due della Regia, che Pavan spiega così: “Bene il primo tempo della mia squadra, poi al rientro dagli spogliatoi sono arrivati i due gol della Reggiana. Due episodi sfortunati che possono capitare, ma che evidentemente hanno stravolto l’andamento della partita, il tutto a nostro sfavore. Cosa ho detto a Manfredini? Non gli ho detto niente e comunque dopo la partita io non parlo mai con i giocatori. Forse era scritto che andasse così, visto che anche il secondo gol è arrivato in modo rocambolesco, un autogol con una parabola beffarda come forse non ne ho mai viste”. Modena poco concentrato a inizio ripresa? Pavan non è per niente d’accordo con questa lettura degli episodi iniziali del secondo tempo: “La squadra era concentrata, ma l’uno-due degli avversari era difficile da assorbire. Io non ho niente da rimproverare ai miei giocatori, hanno dato tutto, pur in una situazione molto difficile. Difficile anche per le condizioni fisiche di alcuni di loro, che hanno limitato le mie scelte. Basso questa mattina aveva la febbre, Schiavi era infortunato, lo stesso Diakitè non era al massimo, tanto che ho potuto schierarlo solo nel finale di gara. Tulissi ha giocato, ma anche lui ha problemi a un ginocchio. Insomma, come vedete, per noi non è stata una giornata fortunata, da nessun punto di vista”.
Ore 17.10 – (Gazzetta di Modena) Se per la seconda volta nella storia la Reggiana è riuscita ad espugnare lo stadio Braglia, a distanza di 26 anni dalla prima, un ringraziamento da parte dei granata deve andare di diritto anche all’arbitro Ivan Robilotta della sezione Aia di Sala Consilina. Arbitro che “ha fatto venire il voltastomaco” non solo al ds Gigi Pavarese ma a tutti i tifosi presenti allo stadio Braglia e pure a chi, sulla pagina Facebook del canale Sportube Tv, ha potuto immediatamente rivedere il video dell’episodio che avrebbe cambiato inevitabilmente la gara. Appena tre minuti dopo il fischio d’inizio, infatti, Robilotta ha compiuto un’impresa incredibile: riuscire a sorvolare su un netto fallo da rigore, con annessa espulsione, del portiere granata Perilli ai danni di Loi. La dinamica dell’azione era talmente tanto chiara da andare in soccorso all’arbitro, visto che Perilli si era trovato costretto ad affossare l’attaccante canarino per rimediare ad un controllo errato del pallone sul retropassaggio del compagno Spanò, dopo esserselo fatto soffiare dai piedi dall’attaccante canarino. Chissà, invece, quale azione abbia visto Robilotta, sicuramente colto di sorpresa da un errore non preventivato, e chissà pure dove stesse guardando il guardalinee Loni, quasi omonimo e pure conterraneo del cagliaritano Loi. Il contributo del primo assistente, in una situazione del genere, sarebbe stato fondamentale, ma è quello che – lo si è capito bene anche in B – puntualmente non arriva.
Ore 16.50 – Qui Guizza: termina l’allenamento.
Ore 16.30 – Qui Guizza: si passa nuovamente al lavoro atletico.
Ore 16.10 – Qui Guizza: si passa agli esercizi col pallone. Arriva al campo anche Edoardo Bonetto.
Ore 15.50 – Qui Guizza: lavoro atletico, assenti Filipe e De Risio mentre è regolarmente in gruppo Favalli.
Ore 15.35 – Qui Guizza: termina solo ora il colloquio.
Ore 15.20 – Qui Guizza: ancora in corso il colloquio tra l’allenatore e la squadra. Assiste da bordo campo il dg Zamuner.
Ore 15.00 – Qui Guizza: Biancoscudati in campo, colloquio con mister Brevi.
Ore 14.30 – (Gazzetta di Reggio) Partita nelle partita per il centrale granata Minel Sabotic che ieri al “Braglia” ha affrontato la squadra della sua città, contribuendo a quella vittoria che la Reggiana inseguiva in trasferta nel derby di Modena dal 1990. Cosa ha provato vincendo a Modena? «Ci tenevo a far bene questa partita abitando qua anche se un po’ mi dispiace per il Modena perché, vivendo qua, li ho sempre seguiti ed ho ex compagni ancora lì, ma non posso che essere contento per noi». Partenza in salita? «Nel primo tempo forse siamo stati un po’ indecisi ma loro sono stati bravi a non sbagliare nulla ed a metterci in difficoltà». Sul loro gol cosa è successo? «Ho tentato l’anticipato al mio avversario nell’uno contro uno ma quando è arrivato il cross di Loi l’ho “spizzata” verso la porta quindi Besea ha avuto gioco facile a spingerla dentro». Nella ripresa invece si è vista un’altra Reggiana. «Pian piano ci stiamo conoscendo e ci vuole un po’ di pazienza poi la vera Reggiana arriverà, ma è logico con tanti volti nuovi». Loro hanno recriminato molto per il rigore iniziale non concesso: dalle sue parti cosa ha visto? «Diciamo che stavolta è andata a bene a noi perché poteva essere fischiato però, si sa, la decisione finale è dell’arbitro ed evidentemente ha visto l’episodio in altro modo». Tra i tanti ex scesi in campi Antonio Loi è stato una spina nel vostro fianco. «L’ho visto molto bene e prima della gara ci siamo scambiati un grande “in bocca al lupo. Ha fatto la sua bella partita ma noi sapevamo quanto fosse bravo nell’uno contro uno e l’abbiamo gestito bene”. Dopo le prime due di campionato da spettatore si sente tornato titolare inamovibile? «Adesso che sono tornati tutti a disposizione ripeto quanto detto in settimana e cioè che tocca al mister scegliere in base a ciò che vece negli allenamenti ma certamente sarà una bella lotta». Questa vittoria, che in un derby non è mai scontata, fa aumentare in voi l’autostima? «Noi continueremo a giocare partita dopo partita stando coi piedi per terra ma naturalmente proveremo a vincerle tutte per poi tirare le somme alla fine». Adesso all’orizzonte arriva un filotto di partite più abbordabili. E’ il momento di rilanciare la vostra classifica? «Per noi una partita vale l’altra e le avversarie sono tutte forti quindi non le sottovaluteremo».
Ore 14.20 – (Gazzetta di Reggio) Con il suo bellissimo gol sul secondo palo ha regalato i tre punti alla Reggiana. Un uno-due micidiale quello della formazione granata, grazie a due super gol di Giron e Marco Guidone. Quest’ultimo è il ritratto della felicità e a causa dell’infortunio occorso a Marchi probabilmente vedrà il campo per parecchio tempo dal 1′. «Sono contento io e siamo contenti tutti noi per avere vinto un grande derby – le prime parole dell’attaccante ex Santarcangelo -. L’abbiamo vinto di carattere, ci siamo ricompattati nell’intervallo anche grazie alla strigliata giusta che ci ha dato il mister negli spogliatoi. Noi abbiamo capito il messaggio e in cinque minuti abbiamo ribaltato il risultato, meritatamente». Come si spiega un primo tempo così negativo? «E’ stato un primo tempo anomalo rispetto a quelli che abbiamo fatto finora. Ci si è messa anche la sfortuna con l’infortunio di Ettore (Marchi, ndc). Però non era la solita Reggiana: eravamo poco aggressivi, perdevamo tanti contrasti, ci ripartivano sempre in velocità e infatti abbiamo preso gol quasi subito. Ma le grandi squadre fanno così: sanno soffrire, poi si ricompattano e vanno a vincere la partita». Nel secondo tempo non è cambiato solo l’atteggiamento mentale, ma anche la disposizione tattica. «Sì il mister ha messo me e Jacopo davanti con Nolè che ci girava alle spalle. Ma nella ripresa è proprio cambiato l’atteggiamento della squadra. Avevamo voglia di riprendere la partita». Cosa ha detto Colucci negli spogliatoi? «Ci ha dato una “svegliata” delle sue. Sapeva dove prenderci, ci ha ferito anche un po’ ma alla fine ha fatto bene. Questa è la dimostrazione». Ci racconta il gol? «Ho visto Simone (Calvano, ndc) che stava crossando. Ho anticipato il difensore perché pensavo che il pallone arrivava sul primo palo. E’ stato così e ho tirato, non ho capito cos’è successo, se c’è stata una deviazione. L’importante è che sia entrata». Avete avvertito la pressione dei tre punti obbligatori contro il Modena? Le altre iniziano a correre. «Noi pensiamo alla nostra squadra e siamo consapevoli della nostra forza. In settimana abbiamo lavorato sereni». Che impressione le ha fatto quel muro granata di tifosi in curva? «E’ stato un bell’impatto. Già dall’arrivo in pullman c’era un migliaio di tifosi e durante il riscaldamento vedere quella curva piena ci ha fatto piacere».
Ore 14.10 – (Gazzetta di Reggio) Stefano Compagni ha vissuto il suo primo derby da vice presidente della Reggiana, dopo i tanti da tifoso. Per l’imprenditore reggiano è questo il vero derby, considerato anche il suo luogo di residenza (Casalgrande) e il forte campanilismo che da sempre si respira sulle due sponde del Secchia. Una splendida Reggiana e una bella giornata per tutti i presenti… «E’ stata davvero per tutti i tifosi granata, anche per quelli che non sono venuti al Braglia, una bellissima giornata, una giornata che aspettavamo da quindici anni». La squadra le è piaciuta? «Siamo partiti un po’ contratti, come spesso ci accade in questo inizio di stagione, però nella ripresa credo che la Reggiana abbia fatto qualcosa in più del Modena per vincere il derby . Dobbiamo però essere onesti ed ammettere che l’episodio iniziale, su cui il Modena ha reclamato il rigore, è quantomeno dubbio. Credo che abbiamo vinto una partita da grande squadra». L’impressione è stata che la sveglia sia arrivata direttamente dall’allenatore… «Sicuramente i giocatori sono rientrati in campo con un altro piglio e un’altra determinazione. Nell’intervallo sono stati strigliati e hanno lasciato negli spogliatoi tutti i timori del primo tempo. Probabilmente non siamo stati neanche agevolati dal campo perché non era in perfette condizioni e noi siamo una squadra molto tecnica». Com’è stato il personalissimo derby di Stefano Compagni? «Noi, abitando al confine con Sassuolo, sentiamo molto di più il derby con il Modena rispetto a quello con il Parma. Sono due tifoserie molto importanti, che si rispettano molto, quella granata e quella canarina e questo l’ho potuto constatare anche in un paio di spiacevoli occasioni negli ultimi anni. Oggi siamo felici, perché i tifosi hanno sposato il nostro progetto con tanto entusiasmo e una campagna abbonamenti importante». I reggiani sugli spalti erano 2.500. «La trasferta in treno è sempre bellissima e credo che sia stata anche organizzata per ritrovarsi e stare tutti insieme. Credono molto in questa squadra e siamo riusciti a ripagarli. Abbiamo giocato contro una squadra che credo farà faticare molte formazioni in questo stadio, però è stata una vittoria importante per noi perché davanti alcune squadre stanno iniziando a scappare». E’ stata una vittoria per la serie B? «Abbiamo ancora alcuni giocatori fuori per infortunio quindi credo che la vera Reggiana si potrà vedere e valutare solamente tra quattro o cinque partite». Avete aggiornato in tempo reale il presidente Piazza? «E’ molto più aggiornato di noi, è molto social. Ci ha fatto un in bocca al lupo prima della partita e sicuramente ci sentiremo entro qualche ora».
Ore 14.00 – (Gazzetta di Reggio) La Reggiana esce dal Braglia con i tre punti e la cosa che si chiedono tutti è cosa abbia detto il tecnico Leonardo Colucci nell’intervallo ai suoi ragazzi dopo che nel primo tempo la squadra era stata praticamente inesistente. «Nell’intervallo ho spiegato ai ragazzi che non centra niente la diagonale o il controllo sbagliato, è lo spirito che conta, ed è quello che ho chiesto ai giocatori. Devo però dire che la squadra, anche nella difficoltà, anche se su un campo di patate, ha comunque mantenuto la sua identità e ha sempre giocato il pallone partendo dal basso». Nel secondo tempo è stata tutta un’altra storia. «Ho visto la reazione che volevo, l’ho ottenuta e potevamo anche fare qualche altro gol in più». Come li spiega quei primi 45 minuti? «Avevamo preparato la partita con Guidone e Marchi davanti e Manconi a sinistra e dopo pochi minuti arriva l’infortunio di Marchi. Questo ti costringe a cambiare in corsa così come è successo nel secondo tempo quando ci siamo messi 1-2. Quel primo tempo lo posso solo spiegare con un blocco psicologico: vedi uscire il tuo capitano e qualche ragazzo giovane può aver accusato il colpo». Nel secondo tempo Nolè ha giocato dietro alle due punte: una necessità o un modulo che potrà proporre in futuro? «Quando hai giocatori duttili e che danno grande disponibilità puoi cambiare in corsa. Il rammarico è quello di non aver sfruttato le tante ripartenze che abbiamo creato. Ci avrebbe permesso di fare il terzo gol e chiudere la partita». Il Modena recrimina per un fallo da rigore di Perilli… «Ero distante e accetto la decisione dell’arbitro. Non commento mai, né a favore e né a sfavore». Cosa ha provato quando ha messo piede sul terreno del Braglia? «Anche se sono abituato è sempre una grande soddisfazione. Sono uno che vive di emozioni e mi sono emozionato. Al triplice fischio ho guardato la curva e mi sono emozionato a vedere la gente che si abbracciava». Di questa partita cosa vuole salvare: il secondo tempo e i tre punti? «Comunque anche nel primo tempo abbiamo avuto un paio di occasioni. Avevo chiesto la prestazione e nel secondo tempo hanno fatto una grande prestazione. E poi hanno vinto. Alla fine sono i tre punti che fanno la differenza». Perché avete dovuto prendere quello schiaffo nel primo tempo per svegliarvi? «Ci stiamo lavorando. E’ un percorso che stiamo facendo. Io dico sempre ai ragazzi che le partite durano 96 minuti». Mister, quel muro di tifosi che effetto le ha fatto? «Li ho visti, li ho sentiti e mi sono emozionato. Ci ero abituato da giocatore ma adesso sono fuori e le emozioni ci sono sempre. Quando siamo usciti per il riscaldamento e devi 2300 tifosi, sai com’è. E’ per questo che ho detto ai ragazzi che regaliomo loro e regaliamoci la vittoria.».
Ore 13.50 – (Gazzetta di Reggio) Mentre in piazza Grande andava in scena il Festival Filosofia, quest’anno dedicato al tema dell’agonismo, allo stadio Braglia, di fronte a quasi cinquemila spettatori, metà dei quali granata, Modena e Reggiana si sono fatte carico di dare una dimostrazione pratica di questo concetto. Il derby del Secchia infatti è stata una vera e propria battaglia, dove si è visto poco gioco, tanta intensità e qualche scintilla. È stata comunque una gara corretta da parte di entrambe le formazioni, come testimoniano le sole due ammonizioni rifilate dall’arbitro (una per parte). La Reggiana torna da Modena con tre punti pesantissimi che le consentono di tenersi in scia delle prime in classifica (in attesa di recuperare la partita con il Santarcangelo) e pareggiare il conto delle vittorie complessive nei derby, 16 a testa. Una vittoria conquistata con il coltello tra i denti, in attesa che i meccanismi di gioco si perfezionino. PARTITA A DUE FACCE. Mister Leonardo Colucci ha mandato la Reggiana in campo con due novità rispetto a quanto era stato ipotizzato: fuori Nolè e dentro Guidone e fuori Bovo e dentro Calvano. La partita ha avuto due volti. Nel primo tempo i padroni di casa hanno avuto le occasioni migliori e sono andati negli spogliatoi meritatamente in vantaggio. A inizio ripresa, in tre minuti, prima Giron e poi Guidone hanno ribaltato il risultato e da quel momento in poi Reggiana ha tenuto il pallino del gioco. EPISODIO DECISIVO. Alcuni episodi sono risultati decisivi nell’economia della gara. Al 2’ il Modena ha reclamato, giustamente, per un rigore non dato. Perilli controlla male su retropassaggio di Spanò e poi atterra Loi che si era impadronito della palla e si involava verso la porta. L’arbitro non fischia il rigore e non espelle l’estremo difensore. Nei primi 45’ il migliore è l’ex Loi, che sulla fascia destra della Reggiana fa quello che vuole e poi proprizia il gol del vantaggio, mettendola in mezzo per la deviazione sfortunata di Sabotic. MARCHI INFORTUNATO. La squadra di Colucci perde la sua prima punta titolare, Marchi, nei primi minuti di gioco: per lui distorsione con sospetto interessamento del ginocchio. Oggi sarà sottoposto alla risonanza magnetica. RIMONTA NELLA RIPRESA. Nella ripresa la musica cambia. Giron, con un pizzico di spavalderia transalpina, in avvio scocca un tiro dai 40 metri e il portiere Manfredini, uno degli ex della partita, si lascia sorprendere e la devia in porta. I canarini a quel punto sono in bambola e dopo tre minuti Guidone, prima punta dopo l’uscita di Marchi, riceve in area da Calvano e il suo tiro diventa un pallonetto imprendibile. A questo punto i granata prendono in mano le redini del gioco, il Modena non si vede più e arrivano anche le occasioni per il possibile 3-1. MANCONI IL MIGLIORE. La gara di ieri ha consacrato il talento di Jacopo Manconi. L’attaccante è stato protagonista di una gara di spinta e sacrificio: è stato al servizio della squadra e ha corso, tantissimo, fino all’ultimo minuto. L’esterno destro è stato autore di alcune giocate di fino che hanno esaltato i tifosi. La Reggiana ora può preparare con rinnovata fiducia nei suoi mezzi la sfida di lunedì prossimo con il Sudtirol. Oggi la squadra sarà già in campo per allenarsi, mentre riposerà domani. Il presidente Mike Piazza ha assistito alla gara dagli Stati Uniti e a fine match ha commentato su Twitter: «Proud of our team», «Orgoglioso della nostra squadra».
Ore 13.30 – (Giornale di Vicenza) Eccolo, il colpaccio che ci voleva. All’Arechi di Salerno un Vicenza da battaglia è riuscito ad ottenere il primo acuto da tre punti di questo campionato, al termine di un incontro in cui i biancorossi hanno saputo tenere bene il campo con il 4-4-2 disegnato da Franco Lerda, contenendo il tentativo di spinta dei padroni di casa per ripartire in maniera efficace ogni volta che se ne è presentata l’opportunità. Una vittoria che è ossigeno puro per la classifica, ma più ancora rappresenta un’iniezione di fiducia straordinaria in vista delle altre due partite ravvicinate che attendono il Vicenza già domani ad Ascoli e sabato al Menti con l’Avellino: un tour de force determinante per indirizzare psicologicamente la prima parte della stagione biancorossa nel segno del timore o della fiducia.La chiave. Alla prima giornata di campionato era stato il Carpi di Castori, battendo il Vicenza al Menti, a indicare la via che può portare spesso ad ottenere ottimi risultati in campo esterno: lasciare il pallino del gioco ai padroni di casa e verticalizzare con efficacia nei ribaltamenti dell’azione. Proprio questo è riuscito a fare il Vicenza venerdì sera a Salerno, come dimostrano i dati incrociati del possesso di palla (57% per la Salernitana, 43% per i biancorossi), quello della presenza nella metà campo avversaria (14 minuti e 51 secondi per i campani, quasi il doppio dei berici con 7 minuti e 39 secondi) a fronte di un indice sintetico di pericolosità che ha visto invece il Vicenza prevalere con un dato di 61,9 (in una scala da 1 a 100) contro il 59 dei granata. Per rendersi conto di come la squadra di Lerda sia stata molto più propositiva ed efficace nelle sue azioni offensive rispetto alle partite precedenti, è sufficiente raffrontare questo dato con l’indice di pericolosità che era stato riscontrato la settimana scorsa contro il Bari: appena 22. Del resto, anche per merito della Salernitana, la partita dell’Arechi ha registrato moltissimi tentativi di conclusione: 19 i tiri dei campani, 14 quelli dei biancorossi, con 6 tiri a testa nello specchio della porta.In evidenza. Di questi 6 tiri scoccati dal Lane la metà sono finiti in gol, con il centrocampista Francesco Signori mattatore della serata: la sua doppietta sintetizza da sola una partita da incorniciare, senza bisogno di aggiungere altre cifre a supporto. Ancora una volta merita di essere sottolineata la combattività di Giuseppe Rizzo, come sempre ai vertici nella classifica dei “rubapalloni”: 31 le palle recuperate dal mediano messinese, sempre più gladiatore in mezzo al campo. Sorpresa Bogdan. Stavolta va rimarcata anche l’efficacia del giovane centrale difensivo Luka Bogdan: il suo inizio di stagione, in precampionato e nelle prime partite ufficiali, era stato caratterizzato da ricorrenti errori dettati dall’inesperienza; a Salerno invece è stato protagonista al fianco di Adejo di una prova di sostanza, come certificano i 23 palloni sottratti agli attaccanti avversari. I passaggi… passano. Un Vicenza concreto, dunque, che non ha rimpianti nell’aver lasciato gli avversari giostrare molto di più in mezzo al campo: nella classifica dei passaggi riusciti ai primi posti ci sono infatti solo giocatori granata (Odjer 58, Vitale 56, Perico 49, Della Rocca 47). Ben magra consolazione per la Salernitana, che perdendo è rimasta inchiodata a 2 punti in classifica, e dovrà attendere un’altra occasione per festeggiare la prima vittoria.
Ore 13.10 – (Gazzettino) Non decolla la Vigontina San Paolo, che in terra vicentina rimedia il secondo ko. Ancora una volta i padovani si trovano a dover fare i conti con una partenza ad handicap: era già successo con l’Altovicentino e ieri la storia si è ripetuta con l’Arzignano Chiampo, anche se nell’occasione i padovani reclamano per un fallo su Rossi, costretto poi a lasciare il campo a inizio ripresa. Un sigillo quello di Bernasconi che ha comunque costretto i bianconeri a inseguire invano il pareggio, sfiorandolo soprattutto con il palo colpito da Scarpa. E nonostante la supremazia territoriale sono stati costretti alla resa quando i locali hanno allungato con Carlotto e Marchetti. Avvio choc, come detto. Retropassaggio per Rossi che non stoppa al meglio, Bernasconi entra in scivolata rubando il pallone e probabilmente facendo fallo sul portiere, l’arbitro non interviene ed è un gioco da ragazzi depositare la sfera nella porta sguarnita. La replica padovana comunque si vede, e sugli sviluppi di un calcio da fermo è Casagrande a chiamare all’intervento il portiere. L’occasionissima per il pareggio pochi istanti più tardi. Sul retropassaggio di Biasi, Kerezovic rinvia male, palla che finisce a Scarpa che sia pur pressato va alla conclusione, ma il palo gli nega il possibile 1-1. Poco prima della mezz’ora invece è ancora brivido, e questa volta Rossi nega il raddoppio sulla conclusione ravvicinata di Martino imbeccato da Grbac. In questa fase comunque i padovani ribattono colpo su colpo, ed è il turno di Michelotto ad andare al tiro con sfera che sorvola di poco la traversa. Mentre agli sgoccioli della frazione Bernasconi si rende protagonista di un recupero in scivolata disinnescando la minaccia portata dai bianconeri. Nella ripresa subito dentro Vanzato al posto di Rossi, che si è fatto male in occasione del vantaggio di casa. Per tutta la seconda frazione i padovani mantengono a lungo l’iniziativa, ma manca lo spunto negli ultimi metri per poter impensierire i vicentini. Così c’è lavoro per Vanzato che mette in angolo l’iniziativa di Marchetti. E poco dopo la mezz’ora i padroni di casa chiudono i conti. Carlotto con il piatto firma il raddoppio. Passano appena due minuti e matura anche il tris con un destro di Marchetti. Ecco Vincenzo Italiano. «Su Rossi era fallo netto, e ho dovuto sostituirlo all’intervallo. L’arbitro però non ha fischiato e siamo così partiti ad handicap. Abbiamo dominato sul piano del gioco, colpendo un palo clamoroso che poteva valere il pareggio, e creato altre due-tre situazioni. Nella ripresa abbiamo continuato a fare la partita, ma in contropiede hanno segnato altri due gol e la gara è finita lì. La nostra prestazione è stata comunque importante, anche se alla fine contano i risultati e oggi non è arrivato, quindi hanno ragione loro». Preoccupato per il secondo stop? «Se guardo alla prestazione, abbiamo fatto passi in avanti sotto tutti i punti di vista. Però in attacco dobbiamo essere più incisivi, ed è su questo che dobbiamo lavorare. È un risultato troppo pesante per quello che si è visto sul campo».
Ore 12.50 – (Gazzettino) Siamo solo alla terza giornata, è vero. E per i giudizi è ancora prestissimo. Forse, però, non è comunque più il caso di definirla “sorpresa”. L’Este torna infatti con tre punti e altrettanti gol all’attivo da Tamai, dove affrontava un’altra delle veterane del raggruppamento. I pordenonesi disputano la loro quindicesima stagione consecutiva in categoria, contro le dodici degli atestini, che con la vittoria esterna si issano al secondo posto in classifica, assieme alla nobile Triestina e alle spalle di un’altra favorita per il salto di categoria, il Mestre. Al “Polisportivo Comunale” non c’è praticamente mai partita, tanta è la differenza di rendimento mostrata dalle due formazioni. Il tecnico atestino Florindo, costretto a rinunciare per squalifica a Tessari, rispetto a domenica scorsa sacrifica Longato e inserisce il secondo dei fratelli Faggin in mediana. Simile al vittorioso match contro l’Altovicentino è anche l’andamento della partita, visto che dopo dieci minuti i giallorossi si trovano già in vantaggio e con la strada abbondantemente spianata. Ferrara riceve infatti la palla sulla trequarti offensiva di sinistra, si inventa un gioco di prestigio saltando in veronica un paio di attoniti difensori e serve a centro area per Munarini, che a porta sguarnita deve solo impegnarsi a centrare lo specchio. Colpito a freddo, il Tamai cerca di imbastire una reazione ma gli uomini di De Agostini paiono bloccati e il blocco difesa-centrocampo dei padovani non fa passare neanche uno spillo. Gli atestini, pur senza forzare troppo per non esporsi a inutili rischi, vanno anche a caccia del raddoppio che quasi trovano al 37′, quando Edoardo Faggin mira all’angolino da fuori area, facendo guadagnare applausi al portiere Buiatti che vola per togliere la sfera dall’incrocio. La seconda rete non tarda comunque molto. Basta infatti attendere un paio di minuti dall’inizio della ripresa per assistere alla nuova finalizzazione di Munarini, questa volta su cross di Gilli, capitalizzato dal numero 10 con una palombella dal limite che non lascia scampo al portiere friulano. Da lì in poi la gara si spegne e neanche i cambi ordinati dal tecnico De Agostini riescono a rivitalizzare un Tamai apparso particolarmente spuntato e titubante in fase di costruzione della manovra, mentre l’Este si dimostra formazione molto più quadrata e coesa. C’è ancora spazio, però, per il suggello finale al risultato, che arriva, su rigore, a dieci minuti dal triplice fischio finale. Ancora Munarini, vero incubo per la retroguardia pordenonese, viene abbattuto in area da Cramaro, con l’arbitro che non ha esitazioni nell’assegnare il penalty, trasformato con freddezza da Ferrara. Comprensibile a fine partita la soddisfazione del tecnico Florindo: «Abbiamo disputato una grande partita e sto iniziando a vedere un buon gioco. Siamo stati aiutati da una cattiva prestazione degli avversari, ma i ragazzi hanno fatto comunque benissimo, nonostante abbia tenuto in panchina due pezzi da novanta quali Volpato e Boron».
Ore 12.30 – (Gazzettino) È raggiante a fine match il tecnico aponense Luca Tiozzo, molto soddisfatto della netta vittoria nel derby: «Abbiamo dominato il match, giocando sempre la partita. Nel primo tempo abbiamo fatto due gol, ma potevano essere tranquillamente quattro, cosi come nella ripresa». Il Campodarsego si presentava allo Stadio delle Terme a punteggio pieno, mentre i neroverdi in due partite pur giocando un buon calcio non erano andati oltre due pareggi. «Per contrastare il Campodarsego e il suo attacco, che per me è tra i più forti, dovevamo essere corti in campo e pressare tutti insieme, giocando a calcio perché noi non siamo capaci solo di difenderci. Ci siamo riusciti e abbiamo fatto una grande gara». «Dopo le prime due partite – continua Tiozzo – avevo detto che il problema non erano i gol, che quelli prima o poi arrivavano, come sono arrivati oggi. Il problema era quello di diventare squadra, visto che siamo anche la squadra più giovane del campionato e completamente nuova. Bisogna continuare a crescere giorno dopo giorno, lavorando e rimanendo umili». Sugli obbiettivi stagionali il tecnico non si sbilancia: «Come già detto a inizio stagione noi ci impegneremo a giocare partita dopo partita. Non voglio vedere giocatori che mollano, e chi vedo che molla va a casa. Il nostro unico obbiettivo deve essere quello di fare il meglio per l’Abano Calcio. Il significato di questa vittoria nel derby? Vale 3 punti, da domenica prossima sarà un’altra battaglia».
Ore 12.20 – (Gazzettino) Dopo il poker subito nel derby c’è ovviamente delusione in casa biancorossa. Il tecnico Enrico Cunico cavallerescamente e intelligentemente parte nella sua analisi con il riconoscere il merito agli avversari: «Complimenti all’Abano che ha disputato un grandissimo match. Noi non siamo riusciti ad entrare in partita e di conseguenza arrivavamo sempre secondi sulla palla, non riuscivamo mai ad anticipare l’avversario e i rimpalli erano tutti a loro favore. Ci è mancato anche quel pizzico di cattiveria e quell’animo agonistico che ci vuole per battagliare con l’avversario. Loro hanno avuto molta più intensità di noi e abbiamo anche rischiato di subire più di quattro gol. È una giornata da dimenticare». Con i quattro gol subiti, sul banco degli imputati per forza di cose è finita la fase difensiva, apparsa troppo in difficoltà nel derby. «Purtroppo abbiamo messo l’Abano nella condizione di fare molte ripartenze, e come sapevamo già prima della partita loro sono micidiali in questo, con giocatori come Nobile e Ferrante. A partita in corso ho variato un po’ la linea difensiva perché avevamo soprattutto difficoltà a contrastare le ripartenze di Nobile. Durante la settimana avevamo provato queste situazioni in allenamento, ma purtroppo neanche con i cambiamenti fatti durante il match le cose sono andare meglio. Siamo stati sempre in difficoltà con le palle veloci e di conseguenza a non interpretare bene certe situazioni». Archiviata la sconfitta, Cunico cerca di guardare avanti: «È stato un incidente di percorso pesante, però dobbiamo voltare pagina e pensare subito alla partita di domenica, che è un match importante contro il Mestre (capolista a punteggio pieno, ndr) e di conseguenza dobbiamo leccarci le ferite, guardarci negli occhi e cominciare a capire che chi incontra il Campodarsego vuole sempre fare una grande partita e l’ha dimostrato oggi l’Abano. Quindi dovremo lavorare molto sull’aspetto mentale e sulla cattiveria agonistica da mettere in campo».
Ore 12.10 – (Gazzettino) Allo stadio delle Terme l’Abano supera con un bel poker un irriconoscibile Campodarsego, conquistando il sentito derby che vale la prima vittoria in campionato degli aponensi. Match senza storia in favore dei neroverdi, arrembanti in attacco e capaci di chiudere la prima frazione con due gol di vantaggio, per poi portarsi sul parziale di tre a zero nella ripresa. Inutile il gol della bandiera di Lauria dal dischetto, visto che i biancorossi incassano pure la quarta rete allo scadere. La squadra di Cunico paga un approccio al match sbagliato, oltre che a una linea difensiva tutta da rivedere in vista del prossimo big match con il Mestre. Tutto il pubblico di Monteortone, invece, ad applaudire a fine match l’Abano sotto gli spalti: oltre alla netta vittoria si è visto il bel gioco e quella capacità realizzativa che era mancata fin qui alla truppa di Tiozzo. Bastano pochi secondi per capire il copione della partita. Infatti, dopo nemmeno un minuto dal fischio d’inizio, l’Abano mette in difficoltà gli ospiti con un affondo sulla corsia sinistra di Nobile, il cui tiro-cross non viene intercettato per un soffio da Seno. Abano arrembante anche all’8′ con una conclusione dal limite di Serena, su cui Brino fa buona guardia. Poi ci prova Ferrante con un tiro dal limite, ma Brino è attento a deviare in angolo. Il Campodarsego balla troppo in difesa e, dopo avere rischiato grosso (24′) su una combinazione Nobile-Ferrante, capitola per la prima volta al 28′: Serena serve bene in area Tescaro, che con freddezza supera Brino. Cunico prova a correre ai ripari rivedendo l’intero assetto difensivo, spostando Beccaro a destra, Severgnini centrale con Gal e Sanavia a sinistra. Ma l’Abano riesce sempre e comunque a fare male, raddoppiando al 40′. Uno svarione che coinvolge Severgnini e Callegaro favorisce Ferrante che giunto in area conclude trovando una deviazione della difesa, sulla respinta è pronto Fracaro che sottorete segna facile. Nella ripresa il Campodarsego deve per forza provare ad attaccare di più, lasciando però il fianco scoperto alle pericolose ripartenze aponensi. Cunico per dare più peso all’attacco inserisce D’Apollonia (fuori Pignat) e il neo entrato dà in effetti un po’ di verve alla manovra biancorossa. Ma sono sempre i locali ad essere più incisivi. Da segnalare al 20′ una bella conclusione di Fracaro neutralizzata da Brino, mentre un minuto dopo i locali fanno tris: angolo di Pagan e in mischia Serena è il più lesto di tutti a metterla dentro. Nell’azione successiva il Campodarsego si guadagna un rigore con D’Apollonia (steso da Tescaro). Lauria dagli undici metri accorcia le distanze e ridà un barlume di speranza ai suoi, che si rendono pericolosi al 35′ con Beccaro e al 40′ con Aliù. Ma il finale si tinge ancora di neroverde: pregevole il pallonetto del neoentrato Rampin che da fuori area beffa Brino per il gol del poker finale.
Ore 11.50 – (Gazzettino) La pioggia nella prime ore di domenica ha lasciato il segno a Cittadella, quasi a voler mettere il bastone di traverso all’allenamento della squadra di Roberto Venturato. Angelo – uno degli addetti al campo – ci mostra il pluviometro, poi il fondo del terreno sintetico spazzato via dall’acqua, che ha accumulato tanto materiale organico vegetale ai bordi del rettangolo di gioco. Il campo sussidiario, dove lavora la squadra, è visibilmente allentato, lo staff tecnico ha fatto più di un sopralluogo prima di decidere dove allenarsi. Il cielo è plumbleo, ma si rischiara piano piano all’arrivo dei giocatori granata. Quasi fosse un segno. La squadra esce dallo spogliatoio, spunta il sole: sì, il Cittadella merita davvero le attenzioni di tutti, anche il cielo pare inchinarsi allo strapotere attuale dei ragazzi di Venturato che in questo momento fanno corsa a sè staccando tutte le altre. Mai nella storia della serie B la capolista dopo quattro giornate di campionato ha avuto cinque lunghezze di vantaggio sulla prima delle inseguitrici. Un altro record della squadra di Roberto Venturato, dopo quello messo a segno in Lega Pro con le undici vittorie consecutive. Il Cittadella stupisce tutti e la prestazione maiuscola esibita sabato contro il Novara ha evidenziato i tanti meriti dei granata in questo avvio di stagione. Specie nel primo tempo, infatti, il Cittadella è apparso quasi perfetto, come sottolinea il tecnico, che ha comunque qualcosa da sottolineare ai suoi: «Ho rivisto mentalmente la partita, abbiamo davvero fatto bene i primi 45 minuti ma dovevamo essere più incisivi, concretizzare la gran mole di gioco espressa. Bisogna imparare ad essere cinici, concreti». Sbagliare il meno possibile, insomma: Venturato in questo senso non ha fallito un colpo, indovinando sempre la formazione giusta e i cambi durante i novanta minuti. Ha pagato la scelta di schierare Luca Strizzolo tra i titolari di sabato: l’attaccante dopo il gol di Vercelli, contro il Novara ne ha realizzati due. «Sono contento ma dobbiamo restare tutti con i piedi per terra, io per primo». È di un’umiltà quasi disarmante, Strizzolo: «Bisogna lavorare come stiamo facendo, cercando di migliorare ancora e sempre». Ma qual’è il successo di questa squadra? «Cittadella è una realtà solida, attrezzata, che sa quello che vuole. C’è un’attenta programmazione e i risultati non sono frutto del caso. Poi ci sentiamo tutti parte di una grande famiglia, i nuovi si ambientano con facilità. Ci sono tutte le componenti per far bene». Lei ha imparato in fretta: doppietta alla prima da titolare. «Fa piacere, ma la testa da sabato sera è già rivolta all’Avellino». Ma come, non ha festeggiato i due gol? «Avendo allenamento domenica mattina sono rimasto in famiglia, rilassato e tranquillo». Ma si immaginava uno Strizzolo subito determinante? «Conoscevo la realtà granata, me ne hanno tutti parlato bene, quindi sapevo che impegnandomi a fondo anche la mia integrazione in un gruppo già definito sarebbe stata più semplice. E adesso che ci sono dentro, sono affascinato dal progetto». Poi il gioco di Venturato sembra tagliato apposta per esaltare il compito dell’attaccante. «Ha un’idea di calcio che mi piace molto. Il Cittadella cerca di essere sempre propositivo, di mettere a disposizione degli attaccanti diversi palloni giocabili e puliti nell’arco di una gara. Se noi facciamo gol il merito è del lavoro della squadra, di ogni suo componente, a cominciare dal portiere». Che giochi lei o Arrighini, cambia poco quando si ha un’identità ben definita: «Siamo tutti pronti alla chiamata dell’allenatore, e non ci sono differenze tra titolari e riserve». Ad Avellino avrete i fari puntati addosso. «Noi rimaniamo con i piedi per terra, consideriamo l’Avellino una squadra forte e come tale l’affronteremo».
Ore 11.40 – (Gazzettino) Domani si torna nuovamente in campo per il turno infrasettimanale, con il Cittadella impegnato ad Avellino. Ieri mattina al Tombolato i preparativi per la trasferta con l’allestimento del pulmino contenente il materiale tecnico. La squadra si ritroverà stamattina per la rifinitura, mentre la partenza per raggiungere Venezia è prevista alle 15.30, il volo è fissato due ore più tardi. Prima della partenza del pullman la conferenza stampa di Venturato. Domenica mattina di lavoro anche per il dottor Ilario Candido. Due i giocatori bisognosi di cure: il difensore Pascali e l’attaccante Kouamè. Il primo è uscito nel secondo tempo della partita di sabato per un fastidio all’adduttore, Kouamè invece aveva un ginocchio fasciato per una botta rimediata nel corso della gara. Per entrambi ieri soltanto terapie, ma saranno comunque convocati per la trasferta di Avellino.
Ore 11.20 – (Mattino di Padova) La faccia è quella del bravo ragazzo, ma non è mica una grande novità in questo Cittadella che vince e convince. Ventiquattr’anni compiuti ad aprile, Luca Strizzolo da Udine («Anzi, da un paesino che si chiama Bicinicco», precisa lui) è stato il grande protagonista del successo sul Novara, che ha proiettato i granata a + 5 sul secondo posto: due reti, una di destro e una di sinistro, un movimento continuo lungo tutto il fronte offensivo, alcune progressioni devastanti palla al piede a tagliare la retroguardia piemontese, un’infinità di sponde e ripiegamenti difensivi. E lui? Il sorriso cortese – sarà per la tipica riservatezza friulana – quasi pare nascondersi mentre fa professione di modestia: «Nell’azione del primo gol ero al posto giusto, in quella del secondo ho sfruttato la velocità e ho avuto la fortuna di trovarmi davanti al portiere». «Fortuna» dice lui, che nemmeno s’immaginava di partire dal primo minuto e piuttosto pensava di subentrare a gara in corso, come aveva fatto nelle due precedenti uscite. «Ma forse è proprio questa la nostra forza, no? Chiunque entri si fa trovare pronto. Parlate di me, ma guardate come si è comportato Kouamé, che, chiamato in causa per la prima volta in campionato, ha subito risposto presente andando vicino al gol in un paio di occasioni». Certo che adesso sarà dura per Venturato lasciarla in panca… «Queste sono scelte che dovrà fare il mister, noi siamo qui apposta per metterci in competizione e per rendere più complicate le sue decisioni. L’importante è che chi viene mandato in campo continui così». Il gol di Vercelli l’aveva dedicato alla sua famiglia. Questa doppietta per chi è? «La dedico a mio fratello Daniele, che ha 4 anni più di me e che è venuto a vedermi per la prima volta proprio contro il Novara. Mi ha portato bene… Tra noi esiste un rapporto davvero speciale, questi gol sono per lui». Sia sincero, è vero che occorre avere consapevolezza dei propri mezzi, ma si sarebbe immaginato un inizio di stagione come questo? «Beh, nessuno avrebbe mai detto che ci saremmo trovati lì, ma dobbiamo rimanere molto umili perché ci vuole un attimo a ritrovarsi ad inseguire. Il campionato è lungo, per cui servono concentrazione e capacità di lavorare con costanza. Adesso è necessario rimanere concentrati visto che abbiamo subito davanti due gare ravvicinate e difficili, ad Avellino, domani sera, e con il Brescia, sabato». Pascali e Kouamé fermi. Ieri mattina gruppo diviso in due al Tombolato, con una seduta defaticante sul rettangolo principale per chi ha giocato con i piemontesi e una più intensa per gli altri, che si sono allenati sul sintetico, dato che l’abbondante pioggia caduta nella notte aveva reso pesantissimo il campo usato abitualmente. Tenuti a riposo Pascali e Kouamé: il difensore, che ha abbandonato anzitempo la sfida con il Novara, lamenta un lieve indurimento muscolare all’altezza dell’inguine destro, che potrebbe spingere Venturato a risparmiarlo ad Avellino; il giovane attaccante ivoriano aveva invece una vistosa fasciatura al ginocchio destro a causa di una botta. Tocca ad Arrighini? Iori e compagni si alleneranno anche stamattina, per partire poi alle 15.30 in pullman verso l’aeroporto di Venezia e da lì volare a Napoli. Domattina effettueranno la rifinitura in Campania, in attesa del match in programma alle 20.30 . Il rientro è previsto mercoledì, con il volo di ritorno nel pomeriggio, preceduto da una sgambata mattutina in loco. Venturato non stravolgerà la formazione, ma qualche cambio è ipotizzabile, con Pelagatti pronto a rilevare Pascali in difesa, Schenetti a prendersi il posto di Lora a centrocampo e Arrighini, ex di turno (con l’Avellino, due stagioni fa, aveva realizzato il suo primo gol fra i cadetti), in predicato di sostituire proprio Strizzolo, nell’ottica di un turnover ragionato. Precedenti ed ex. Una gara in C/1 e tre in Serie B: questi i precedenti in campionato tra Avellino e Cittadella. Due vittorie della squadra irpina, un pareggio e una vittoria per i granata sul campo del Partenio Lombardi (1-2 nella stagione 2014/15, con centri di Stanco e Gerardi). Tra gli ex, oltre ad Arrighini, gli attuali calciatori biancoverdi Jidayi e Ardemagni. Sicuri assenti fra i padroni di casa Gavazzi e Lasik, che si sono infortunati nel corso dell’incontro perso 3-1 in casa dell’Hellas Verona. Sconfitta che ha lasciato parecchi strascichi: già si dice che la panchina di Toscano traballi.
Ore 11.00 – (Gazzettino, editoriale di Claudio Malagoli dal titolo “Nubi da burrasca sotto il cielo biancoscudato”) Si gode lo straordinario primo posto il Cittadella, si lecca le ferite il Padova: i verdetti delle partite di sabato non lasciano spazio a discussioni. A dispetto del nubifragio di ieri, splende il sole in casa granata. La truppa di Venturato va che è un piacere tra vittorie e bel gioco, dimostrandosi anche più forte della scaramanzia. Un aneddoto in proposito merita di essere raccontato. Alla cena di giovedì sera sotto il tunnel del Tombolato il presidente Gabrielli si era detto preoccupato per l’esito della sfida con il Novara. «Quest’anno con me in tribuna la squadra ha sempre vinto, quando non c’ero invece ha perso», annunciando con un po’ di timore che nel fine settimana sarebbe stato in Austria per un impegno di lavoro. Ma il copione del Cittadella è stato identico: prestazione di spessore, personalità da vendere e tre punti meritatissimi. Alla faccia, come detto, anche della scaramanzia. Nubi da burrasca occupano invece il cielo biancoscudato. I risultati non arrivano, la squadra fatica enormemente a darsi un’identità, Brevi è nel mirino dei tifosi e la società ondeggia paurosamente. Per fortuna l’ad Bonetto è tornato sui suoi passi dopo che sabato sera, amareggiato e arrabbiato per il deludente 1-1 con la Maceratese, aveva ventilato la possibilità di uscire di scena, rischiando di destabilizzare ulteriormente un ambiente già sull’orlo di una crisi di nervi. Una riflessione a 360 gradi va comunque fatta: tenere insieme i cocci e rialzare la testa è un’operazione delicata che richiede l’apporto dell’intera struttura societaria, senza debolezze ed omissioni. Sempre che ci sia ancora la forza di credere nel progetto tecnico messo in piedi quest’estate.
Ore 10.50 – (Gazzettino) Tornando al campo, cinque punti in quattro partite sono un bottino al di sotto delle attese. «È inevitabile che da parte nostra, della squadra e dei tifosi – sottolinea il direttore generale Giorgio Zamuner – ci fossero aspettative diverse. È stata una partenza ad handicap e non abbiamo tanti elementi per appellarci alla sfortuna. In questo momento dobbiamo stare zitti e prenderci le critiche e l’unica cosa da fare è lavorare, capire dove crescere e migliorarsi in fretta». Secondo il tecnico Brevi sabato non è mancata la prestazione: cosa non ha funzionato allora, e perché nella ripresa la squadra si è abbassata? «Dopo la brutta prova a Fano si voleva vincere in qualunque maniera e la gara si era incanalata al meglio. Poi sono subentrate un po’ di paura e stanchezza, cosa in parte preventivata per le tre partite in otto giorni; ci siamo abbassati e, dato che loro non erano stati troppo pericolosi, si pensava bastasse così ma poi è arrivata la beffa. Il rigore sbagliato – aggiunge – fa parte del gioco, meno l’infortunio all’inizio di De Risio, elemento per noi importante per corsa e dinamismo, fermo restando che non vogliamo attaccarci a scusanti perché altrimenti non si capisce dove si è sbagliato e non si cresce. Si doveva fare di più». Così su Brevi, già nel mirino dei tifosi. «In generale le critiche primarie spesso si convogliano sull’allenatore – afferma Zamuner – ma a lui non credo vadano addossate troppe responsabilità e lo dico perché vedo tutti i giorni come lavora. Sono convinto che troveremo una via d’uscita perché non ci sono crepe o allarmismi. C’è partecipazione e voglia di venirne fuori da parte di tutti e farebbe comodo un briciolo di buona sorte per sgombrare la testa. A Gubbio non bisogna sbagliare nulla e tirare fuori tutta la nostra qualità e personalità».
Ore 10.40 – (Gazzettino) La delusione dei tifosi è evidente. «I fischi allo stadio fanno male, ma voglio sperare che possano innestare un moto di orgoglio e una reazione positiva nella squadra. Abbiamo allestito una formazione attrezzata, con giocatori forti ed esperti e sono sicuro che alla fine verranno fuori i reali valori». Così Bonetto sull’avvio del calendario: «Alla resa dei conti si è dimostrato più difficile del previsto, ma qualcuno dice che all’inizio è meglio misurarsi con le più forti perché devono ancora amalgamarsi e fanno una preparazione più pesante, mentre le altre possono avere la gamba leggera». Poi aggiunge: «Serve un po’ pazienza e l’ambiente può aiutare a trovare sicurezza e compattezza che in questo momento sembrano mancare, oltre a un filotto di risultati per risalire. Quanto a noi, al di là della mia uscita poco felice, siamo vicini alla squadra». Martedì il consiglio di amministrazione approverà il bilancio annuale al 30 giugno 2016. «Poi dopo una settimana e i controlli dei sindaci verrà approvato dall’assemblea con l’insediamento del nuovo cda». E così potranno subentrare i nuovi soci. «In linea di massima saranno due».
Ore 10.30 – (Gazzettino) «Non ho nessuna intenzione di fare un passo indietro. Con Bergamin e gli altri soci stiamo operando per creare una società solida e cercheremo di portare avanti il Padova nel migliore dei modi». Ventiquattro ore dopo le sue dichiarazioni al termine del deludente pareggio con la Maceratese, frutto di un gol dei marchigiani all’ultimissimo assalto, con la paventata possibilità di mettersi da parte, Roberto Bonetto torna sui suoi passi e spiega a freddo il suo pensiero. «Nell’immediatezza della gara – racconta l’amministratore delegato biancoscudato – ha prevalso la mia parte più focosa e irrazionale di tifoso in un momento in cui sarebbe stato meglio stare zitti e ho sbagliato. Dormendoci sopra, torna la ragione per cui, se sabato posso avere destabilizzato, ora voglio tranquillizzare l’ambiente». Quale è la sua analisi a freddo? «Ho pensato a quanto abbiamo fatto e sono convinto che siamo nel giusto; una ricostruzione non si può fare in un mese per cui adesso occorre rimboccarsi le maniche, fare quadrato e riprendersi sabato prossimo i punti persi. In settimana vedremo di fare qualcosa con la squadra, un incontro o una cena insieme, fermo restando che i panni sporchi vanno lavati in casa e dunque giocatori, allenatore e direttore avranno modo di affrontare ogni argomento».
Ore 10.20 – (Gazzettino) Squadra in campo oggi pomeriggio per la ripresa della preparazione, con gli occhi puntati sulla trasferta di sabato a Gubbio (ore 14.30) sul campo di una delle rivelazioni di questo avvio di campionato. Mancherà ancora lo squalificato Alfageme, ma la situazione di maggiore emergenza potrebbe registrarsi a centrocampo, con il regista Filipe alle prese con la tallonite e con De Risio uscito anzitempo per il riacutizzarsi del problema alla caviglia. Da verificare inoltre le condizioni di Favalli, assente nelle ultime due gare per un fastidio muscolare. Domani intanto è in programma un importante appuntamento societario, con il consiglio di amministrazione che approverà il bilancio al 30 giugno 2016. POSTICIPO. Il derby emiliano sorride alla Reggiana che espugna lo stadio Braglia grazie all’uno-due a inizio ripresa firmato da Giron e Guidone dopo il vantaggio del Modena alla mezz’ora del primo tempo a opera di Ravasi. La Reggiana, che deve ancora disputare una partita, si porta dunque a quota 7.
Ore 10.00 – (Mattino di Padova, editoriale di Stefano Edel dal titolo “Stati d’animo opposti, ma i granata sono da record”) Il calcio professionistico di casa nostra sta vivendo stati d’animo opposti: entusiasmo e ammirazione per il Cittadella, un sentimento misto di delusione e nervosismo per il Padova. I risultati, e le relative classifiche, del resto non si prestano ad equivoci o interpretazioni di sorta: i granata di Venturato sono in questo momento una delle espressioni compiute più esaltanti del football italiano e strappano consensi ed applausi a scena aperta a tutti, non solo ai propri tifosi, che non credono ai loro occhi. Il gioco esibito dalla squadra cattura, conquista, spinge inevitabilmente anche lo spettatore più neutrale a simpatizzare per Iori e compagni, capaci di annientare alla distanza ogni avversario che si pari davanti a loro: con la velocità e la concretezza sotto porta il divario, nel punteggio e poi nell’espressione corale della manovra, matura in fretta perché per ora non c’è un antidoto contro la capolista. Non era mai accaduto in SerieB – ci ricordano gli esperti di statistica – che da quando sono stati introdotti i 3 punti a vittoria una squadra avesse 5 lunghezze di margine sul gruppetto delle seconde dopo 4 giornate: un record che diventa una gemma da conservare, e preservare, nella bacheca della società della famiglia Gabrielli, esempio felice di saggia imprenditoria applicata allo sport più popolare. Certo, i piedi a terra bisogna continuare a tenerli ben saldi, eppure ciò che piace e genera una simpatia naturale verso i Venturato boys è il modo con cui si sono calati nella parte dei primi della classe: nessuna sbruffoneria, senso della misura, commenti e dichiarazioni sempre a tono, ovvia soddisfazione, mantenuta però nei perimetri del buonsenso. Si apre una settimana di importantissima doppia verifica per i granata, attesi domani ad Avellino da un impegno scorbutico (gli irpini sono ultimi e tira aria di contestazione, i tifosi saranno arrabbiatissimi) e poi sabato dal confronto con il Brescia dell’Airone Caracciolo, un’altra delle “big” del torneo cadetto, partita con il freno a mano tirato e caduta inaspettatamente contro il Pisa. Ora che tutti sanno chi è il Cittadella, che lo studiano come esempio tangibile di un calcio frizzante e terribilmente incisivo, è facile attendersi contromisure in grado di creare qualche problema ai granata. Ma se si vuole essere grandi, il dazio da pagare alla voglia matta di restare a lungo sul gradino più alto del podio è questo: per cui siamo curiosi di scoprire che cosa Venturato s’inventerà, a sua volta, per sfuggire alle tagliole predisposte dall’avversario di turno. E i due test previsti in cinque giorni, sotto tale aspetto, si annunciano probanti. La provincia gonfia il petto, la città invece mastica amaro. Disinnescata la “bomba” di una possibile crisi societaria (non è il momento, caro Bonetto, di abbandonare la nave), il Padova si appresta ad un’obbligata autoanalisi collettiva per capire che cosa non va. Ha subìto 4 gol nelle ultime due partite, dove ha raccolto la miseria di un pareggio (regalato alla Maceratese), e ha palesato alcune lacune, di personalità e tattiche, che nessuno si sarebbe aspettato. Le “rivoluzioni” possono produrre risultati in fretta, ma anche rivelarsi complicate da… digerire: i biancoscudati ne sono l’esempio più calzante, il modulo e le idee di gioco di Oscar Brevi vengono applicati in campo a strappi. Il chiaroscuro la fa da padrone: ma perché? Perché manca un regista vero (Filipe ko per una tallonite che lo ha tenuto fuori per tre giornate), perché gli esterni spingono sulle fasce a corrente alternata (e Madonna viene troppo sacrificato, se non ignorato) e perché davanti non si è più lucidi come l’anno scorso. L’allenatore non rischia l’esonero, assurdo chiederne la testa adesso, ma le correzioni si impongono. E qualcuno della rosa deve darsi una mossa, altrimenti è giusto toglierlo dal mazzo dei titolari.
Ore 09.50 – (Mattino di Padova) Sia sincero: con il senno di poi rifarebbe tutto ciò che è stato fatto a luglio ed agosto? «Sì, per la maggior parte ripeterei tutto o quasi. Se vuoi allestire una rosa competitiva, come hanno messo insieme anche le altre grandi del girone, devi seguire una precisa logica. Ora, con tutto il rispetto per chi abbiamo avuto in Serie D e l’anno scorso, non c’è nessuno che stia giocando in B o in altre formazioni di punta. La nostra campagna acquisti è stata importante: adesso ci servono tempo e fiducia, per recuperare». Se ne deduce che a Gubbio sabato 24 vedremo ben altro Padova, allora? «Spero di sì. Da lì deve iniziaree il nostro campionato, un campionato in cui non mi sembra di individuare una squadra superiore alle altre, in grado di “ammazzare” il torneo. Dobbiamo svegliarci, e i giocatori, se sentono messo in discussione l’a.d., devono capire che non possono più concedere occasioni da gol agli avversari, com’è accaduto nelle ultime due gare. Sabato voglio vedere un Padova con gli occhi della tigre. Non aggiungo altro…».
Ore 09.40 – (Mattino di Padova) Dunque, una tempesta esauritasi in un bicchier d’acqua. Qualcosa comunque va fatto perché i biancoscudati inizino a rendere come la loro qualità impone… «A Fano abbiamo sbagliato partita, l’altroieri è successo quel che avete visto tutti, il pareggio subìto agli sgoccioli dei 4’ di recupero della ripresa. Sul piano fisico ci sono degli aspetti da approfondire, ad esempio caliamo nei secondi tempi. Ci troveremo nelle prossime ore con Zamuner e Brevi e faremo le nostre valutazioni. Convengo con Bepi (Bergamin, ndr) che non si possa nè si debba gettare alle ortiche una programmazione precisa dopo 4 giornate. Tuttavia, un bel faccia a faccia fra di noi è necessario». Che idea si è fatto, personalmente, di ciò che non va? «Sino a Fano ho visto buone prestazioni da parte del Padova. Il 3-5-2 è stato espresso bene per 40’, poi, e non ne capisco il motivo, si passa ad un 5-3-2. Tentardini e Madonna, ad esempio, dovrebbero essere più alti, e concordo sul fatto che il secondo sia cercato poco dai compagni a destra. Con la Maceratese, in tutta sincerità, i primi 45’ non mi sono dispiaciuti, anche se vedere De Risio fuori per infortunio dopo poco più di un quarto d’ora non è normale. Si parla di guaio muscolare, e ciò richiama inevitabilmente alla preparazione fatta. Comunque, sentiremo che ci dicono i tecnici».
Ore 09.30 – (Mattino di Padova) Roberto Bonetto, la notte le ha portato consiglio? «Sì, è stata utile. Sabato, dopo quel pareggio beffardo contro la Maceratese, è venuta fuori la parte vulcanica del mio carattere, e l’esternazione conseguente è stata inevitabile. Ribadisco: che io mi metta in discussione ci sta, che mi faccia da parte no. Il programma prefissato va avanti, come stabilito». Sfogo comprensibile, il suo, anche se da parte dell’a.d. ci si attenderebbe alle volte più prudenza in pubblico. Ma un inizio così balbettante da parte del Padova non se lo aspettava proprio, giusto? «Per niente. Cinque punti dopo quattro partite non me li sarei proprio immaginati. Però, qualche episodio ci è girato contro: il colpo di testa di Fantacci nel finale della gara con l’Albinoleffe e il rigore sbagliato da Altinier contro i marchigiani. Nel primo caso, se va dentro, vinciamo 2-1; nel secondo, se il centravanti fa centro dal dischetto, andiamo sul 2 a 0 e la partita si chiude. Con quattro punti in più saremmo a quota 9, e con un incontro ancora da recuperare. Potenzialmente, dunque, sarebbe stato un Padova da alta classifica. Ecco, la rabbia per le opportunità mancate mi ha spinto a quest’uscita. Ma voglio tranquillizzare tutti, anche i molti amici e tifosi che mi hanno scritto e messaggiato: con Bergamin c’è sintonia, non è in discussione l’impegno da parte mia e della famiglia. Posso sembrare arrogante, maleducato, scontroso, ma non volto le spalle a nessuno. Men che meno adesso».
Ore 09.20 – (Mattino di Padova) Dopo il vantaggio di Dettori, però, è sembrato che il Padova arretrasse invece di insistere. È d’accordo? «Non è facile tenere sempre gli stessi ritmi, in alcuni momenti bisogna anche saper soffrire. Non è stata di certo la nostra miglior gara, ma non credo che nel primo tempo ci sia stato qualcosa da correggere». E nella ripresa? «Non siamo riusciti a tenere alti i ritmi. Era prevedibile, visto che si trattava della terza partita in sette giorni: non eravamo messi benissimo quanto a brillantezza, non riuscivamo a dare velocità all’azione come in precedenza. Questa non dev’essere una scusante, potevamo comunque fare qualcosa in più». E adesso sono 5 punti raccolti in 4 partite: ben al di sotto delle aspettative. «Ci auguravamo di arrivare a questo punto della stagione con qualche punto in più, ma la classifica è questa e possiamo solo accettarla e rimboccarci le maniche. Proveremo a capire nel corso della settimana cosa non stia girando per il verso giusto, c’è da lavorare e da migliorare, e ne siamo consapevoli. Ma non c’è tempo per piangerci addosso: pensiamo subito al Gubbio». Si aspettava i fischi dell’Euganeo? «I tifosi pagano il biglietto, e hanno tutto il diritto di contestare se le cose non vanno come si aspettano. Ma ho sentito anche tanta gente che dopo la gara ci ha applaudito: evidentemente hanno capito che l’impegno da parte di tutti non è comunque mai mancato».
Ore 09.10 – (Mattino di Padova) «Ci servirà di lezione». Era stato con queste precise parole che Oscar Brevi aveva fotografato la sconfitta di Fano. Un 3-1 netto e inappellabile, con il il Padova che aveva “toppato” clamorosamente per carattere e personalità. Una lezione che, evidentemente, non è stata recepita sino in fondo: sabato, contro la Maceratese, la squadra ha commesso la fatale leggerezza di accontentarsi del vantaggio di Dettori, fallendo l’occasione dal dischetto con Altinier, per poi subìre il clamoroso pareggio al 94’. E se le parole di capitan Neto Pereira – «Un pari che ci servirà da lezione» – sono le medesime utilizzate dal tecnico sei giorni fa, si ha l’impressione che più di qualcosa, nella testa di una squadra senza certezze, ora vada sistemato. «L’ultimo episodio ci è costato il risultato», l’analisi del capitano, «e una squadra che vuole puntare in alto deve far tesoro di gare come queste: serve massima concentrazione sino alla fine, perché la Lega Pro è un campionato sempre difficile, nel quale nessuna squadra ti regala nulla. Nemmeno all’ultimo minuto». La lezione di Fano non è stata recepita del tutto? «Siamo qui a commentare un 1-1 che brucia, ma se valutiamo l’intera partita dobbiamo ammettere che, se avessimo chiuso sul 2-0, non ci sarebbe stato nulla da ridire. Nel primo tempo non abbiamo rischiato nulla, siamo andati in vantaggio e abbiamo avuto le occasioni per raddoppiare, come poi è stato anche nella ripresa, in occasione del rigore. Purtroppo, l’ultimo pallone ci è costato due punti. Senza quello, probabilmente adesso parleremmo di tutt’altra gara».
Ore 09.00 – (Mattino di Padova) È fissata per questo pomeriggio, alle 15, la ripresa degli allenamenti alla Guizza per i biancoscudati. E c’è da immaginare che, prima della seduta che aprirà la settimana che porta alla gara di Gubbio (sabato 24, ore 14.30), nello spogliatoio del Padova andrà in scena il faccia a faccia tra squadra e allenatore: dopo la vittoria confortante con il Forlì, in 5 giorni tutto l’ambiente è sprofondato nella delusione tra la sconfitta di Fano e l’amaro 1-1 casalingo con la Maceratese. Oscar Brevi dovrà necessariamente risollevare l’animo dello spogliatoio, ma anche verificare la condizione dei diversi acciaccati: Favalli, ormai out da quasi una decina di giorni, De Risio, uscito sabato dal campo dopo solo 15′ per un problema muscolare, e Filipe, portato contro la Maceratese in panchina nonostante fosse fuori dalla lista dei convocati.