Chiamarlo “flop” sarebbe ingeneroso, e valutarlo solamente in relazione ai dati della passata stagione non sarebbe corretto. Di certo c’è, però, che il numero di tessere staccate ieri sera, alla chiusura della campagna abbonamenti, non può lasciare indifferenti. Il Padova, nel prossimo campionato di Lega Pro, conterà su 2.890 abbonati: 521 in meno rispetto all’ultima stagione, quando invece le tessere staccate erano state 3.411. Un calo inaspettatamente marcato, ma che non fa che confermare una netta tendenza: per il quinto anno consecutivo i biancoscudati perdono tifosi affezionati. E gli abbonati di oggi, numeri alla mano, sono tornati quasi sui livelli di dieci anni fa. In crescita. Dieci anni fa gli abbonati furono 2.411: in cinque stagioni, passando per una promozione in Serie B, una salvezza conquistata a Trieste nella prima stagione tra i cadetti undici anni dopo l’ultima volta, e una finale playoff per la massima serie, il Padova era riuscito quasi a raddoppiare il suo pubblico abbonato, arrivando ai 4.607 aficionados della stagione 2011/12, ovvero quella successiva al raggiungimento della finale per la Serie A.
Con un unico balzo all’indietro proprio nella stagione iniziata da Calori e conclusa da Dal Canto con la finale di Novara, che però va necessariamente circostanziata: a quei soli 2.917 abbonati del 2010/11 va aggiunta la quasi totalità degli ultras della Tribuna Fattori, che decise di non abbonarsi in segno di protesta contro l’introduzione della Tessera del Tifoso. E infatti il numero – basso – degli abbonamenti può ingannare: quell’anno, complice anche la risalita della squadra da febbraio in poi, il Padova chiuse la stagione con una media di spettatori a partita superiore alle seimila unità. In picchiata. Da allora, però, è cominciata l’inesorabile discesa. Lieve, almeno all’inizio, quindi più marcata con l’addio di Cestaro e l’avvento di Diego Penocchio: per la prima volta dal ritorno in Serie B la società di viale Rocco registrò meno di quattromila abbonati (3.888) nell’estate del 2013, calati ulteriormente nell’anno successivo, quando, dopo il fallimento, il nuovo sodalizio di Bonetto e Bergamin si ritrovò costretto a ripartire dalla Serie D, e fisiologicamente anche l’interesse della piazza – almeno all’inizio, prima che iniziasse a delinearsi la trionfale cavalcata – diminuì. È da questo punto, però, che i dati cominciano a farsi preoccupanti: nonostante una promozione immediata, e un primo campionato di Lega Pro condotto, seppure con qualche patema iniziale, ad un passo dai playoff, il tasso di abbonamenti ha continuato a scendere. In maniera lieve l’anno scorso (solo 100 in meno rispetto all’anno dell’Interregionale), ma molto più marcato quest’anno.
Le reazioni. «Il calo degli abbonati? Ce lo aspettavamo». Questa l’ammissione dell’amministratore delegato del Biancoscudo, Roberto Bonetto. «La ragione è da ricercare in un insieme di fattori. Credo che, avendo cambiato molto rispetto alla passata stagione, i tifosi prima vogliano vedere come andrà la nuova squadra, per poi eventualmente decidere se venire allo stadio. È una scelta che ci può stare: io ringrazio chi si è abbonato, e spero che il tempo premi i nostri sforzi con tanta gente, che verrà comunque allo stadio pagando il biglietto. Ma sono anche convinto che il Padova, così come gli altri club, sia stato penalizzato dal fatto di dover giocare fino a dicembre sempre di sabato: sapendolo già adesso, credo che molti tifosi aspetteranno un’eventuale riapertura della campagna sotto Natale per abbonarsi, invece di fare una tessera adesso, che fino ad allora sarà inutilizzabile per vari impegni. I campionati spezzettati hanno ragione di esistere in A e in B, non di certo in Lega Pro, dove gli introiti da diritti televisivi per i club sono pari a zero».
(Fonte: Mattino di Padova, Francesco Cocchiglia)