Mio figlio nascerà tra qualche settimana. Un giorno mi chiederà: «Papà, ma chi era Piermario Morosini?». A questo servono i “memorial” e le targhe commemorative affisse su vie, piazze ed edifici: a tramandare il ricordo di una persona, mantenerne una traccia che il tempo non possa cancellare, pungolando la curiosità di chi leggerà o sentirà quel nome per la prima volta. È stato così per Romeo Menti, che ogni tifoso biancorosso fin da bambino ha imparato a conoscere, pur essendo nato molti anni dopo il tragico schianto di Superga: «Papà, ma perché il nostro stadio si chiama così? Chi era questo Romeo?». È così, da oltre vent’anni, per Alfonso Santagiuliana, che rivive nell’estate biancorossa: «Papà, ma perché a questo giocatore dedicano una partita ogni anno, durante le vacanze?». E allora voglio sperare che, oltre al centro tecnico di Isola (il cui futuro al momento è incerto), all’associazione onlus impegnata a diffondere nel suo nome l’utilizzo dei defibrillatori, e al torneo giovanile di primavera, il Trofeo Piermario Morosini che debutterà stasera al Menti possa diventare una nuova tradizione destinata a consolidarsi nel nome del “Moro”, aiutando i tifosi biancorossi di domani a conoscerlo e ricordarlo.UNA GIOVANE PROMESSA. Quando arrivò per la prima volta a Vicenza, nel luglio 2007, Morosini aveva appena compiuto 21 anni. Cresciuto nel vivaio dell’Atalanta, dopo gli esordi in serie A nel 2005 con l’Udinese aveva cominciato a farsi le ossa nel campionato di serie B 2006/07, giocando in prestito al Bologna. Se ne diceva un gran bene, tanto è vero che era già stato convocato nell’Under 21, ma non aveva ancora mai disputato una stagione intera da titolare. Fu Angelo Gregucci a dargli fiducia: Mario la ripagò diventando un perno fondamentale del centrocampo per due stagioni consecutive (66 presenze e 1 gol), meritandosi un posto fisso anche nel gruppo dell’Under 21 che con il ct Pierluigi Casiraghi conquistò il terzo posto agli Europei di Svezia nel 2009.Rientrato all’Udinese, non trovò spazio e venne girato nuovamente in prestito prima alla Reggina, poi al Padova, dove però non mise radici. Era a Vicenza che Mario voleva tornare, e ci riuscì nel gennaio 2011, vivendo altri sei mesi da protagonista. Dopo il nuovo ritorno alla “casa madre” friulana, il prestito successivo portò Morosini a Livorno per il campionato 2011/12: non giocò molto in quella stagione, ma era in campo il 14 aprile 2012 a Pescara, quando dopo mezz’ora un’aritmia cardiaca pose fine alla sua giovanissima vita; il processo per stabilire eventuali responsabilità penali nella carenza dei soccorsi prestati dai medici, in particolare per il mancato utilizzo dei defibrillatori pur presenti, è tutt’ora in corso.UN RAGAZZO D’ORO. Questo è stato il “Moro” giocatore. Ma forse ancor più importante è ricordare Mario come persona. Un ragazzo corretto, mite ed educato, che salutava sempre tutti con un sorriso gentile, nonostante la vita gli avesse fatto affrontare prove tremende fin dall’adolescenza: rimasto orfano di entrambi i genitori a soli 17 anni, Morosini si ritrovò ad essere il riferimento per i due fratelli, Francesco e Maria Carla, entrambi disabili; purtroppo Francesco si suicidò nel 2004. Una serie di tragedie che avrebbero annientato chiunque, ma non lui: sostenuto dall’amore degli zii, Mario è rimasto un ragazzo equilibrato e disponibile, aperto alla vita, trovando nel calcio il modo migliore per esprimersi e realizzarsi. «Lassù c’è qualcuno che mi ama», diceva spesso. Quaggiù, stasera alle 20.30, nella sua Vicenza, ci saranno tanti tifosi che applaudiranno e gli dedicheranno un pensiero pieno d’affetto e di malinconia. Un tributo sincero che si ripeterà in tutte le edizioni future di questo “memorial”, dedicato ad un calciatore che è nel cuore di tutti noi. «Papà, ma chi era Piermario Morosini?», mi chiederà mio figlio tra qualche anno, quando percorreremo mano nella mano via Giulio Savoini per avvicinarci al Romeo Menti e guardare insieme questa partita. Gli risponderò: «Un bravo calciatore e un bravissimo ragazzo, che ci ha insegnato a non abbatterci di fronte alle difficoltà, anche alle più grandi. Ho avuto il privilegio di conoscerlo, e gli sarò sempre affezionato».
(Fonte: Giornale di Vicenza)