Essere “figli di…”, nel mondo del calcio, spesso ha comportato più oneri che onori. Tanti paragoni, molte aspettative e la presenza di una figura ingombrante con la quale dover convivere. Nel caso dell’ultimo acquisto del Cittadella, tuttavia, la realtà sembra essere ben diversa. Simone Pasa, 22 anni, jolly di centrocampo con un futuro probabilmente da difensore, è figlio di Daniele, centrocampista dai piedi buoni con una lunga militanza in Serie B (e qualche capatina in A) negli anni ’80. A Padova lo si ricorda all’epoca ruggente dell’Appiani, quando arrivò dall’Udinese in cui ebbe la fortuna di crescere all’ombra di un certo Zico. Ma, nonostante una buona carriera, forse è arrivato il momento in cui l’allievo, ovvero il figlio, ha superato il maestro, vale a dire il papà. «Mi auguro proprio di sì», sorride Daniele Pasa. «Finora il suo percorso è stato molto più prestigioso del mio, se non altro perché ha fatto tutta la trafila delle Nazionali minori, anche da capitano, arrivando sino all’Under 19. Io, invece, la maglia azzurra non sono mai riuscito ad indossarla». Felice dell’approdo di Simone a Cittadella? «Sono contento, è una realtà che conosco bene, così come conosco da anni Stefano Marchetti. È una società che lavora alla grande e spero che possa rappresentare un nuovo trampolino di lancio per mio figlio. Il livello, rispetto allo scorso anno, salirà molto e dovrà affrontare avversari forti. Ma credo che l’anno a Pordenone l’abbia fatto maturare». Marchetti lo apprezza per la sua duttilità, lei lo vede più difensore o centrocampista? «Per fare il difensore gli manca ancora quella sana dose di cattiveria sportiva. Però credo che il Cittadella l’abbia preso principalmente per quel ruolo, in cui è molto bravo a gestire le situazioni, sapendo giocare lungo o corto, accelerando o rallentando la manovra a seconda del momento. Con Marchetti mi sono già confrontato e abbiamo la stessa idea, spetterà a Venturato, mio vecchio compagno a Montebelluna, trovargli la posizione adatta». Lei di solito che consigli dà a Simone? «Ci confrontiamo su tutto, ma come padre ho sempre voluto lasciare libertà di scelta ai figli. Lui è già molto maturo, considerando che ha lasciato casa a 15 anni per giocare nell’Inter. Purtroppo ha pagato molto l’anno balordo in cui ha giocato poco tra Varese e Padova. In biancoscudato si era trovato anche bene, ma era un’annata storta, la squadra cercava di salvarsi a tutti i costi e in campo andavano i più esperti». Anche lei da vice-allenatore nel 2012 ha lasciato più di un rimpianto a Padova. «Sì, perché la squadra era forte e Dal Canto è un ottimo tecnico. Ma nella seconda parte di stagione abbiamo perso qualche partita, rivelatasi fatale». Come vede il futuro prossimo di Padova e Cittadella? «I granata hanno tutto per potersi salvare tranquillamente. Anche l’anno della retrocessione hanno pagato qualche gara sfortunata, ma per la filosofia adottata li considero il Chievo della B. E non è affatto scontato per una realtà così piccola restare tanto tempo a certi livelli. A Padova è tutto diverso e in Lega Pro ha quasi l’obbligo di lottare per l’alta classifica. Con Zamuner hanno fatto un’ottima scelta: ha le idee chiare. Ma il prossimo campionato sarà veramente duro. Venezia e Cremonese faranno un gran mercato, il Parma chissà in che girone finirà e alla fine dei conti ci saranno almeno 4 o 5 squadre che avranno l’obiettivo di vincere il campionato. Peccato ne passi solo una». Dopo l’esperienza alla Luparense, dove la rivedremo? «Ho avuto qualche contatto, niente di concreto. Sto cercando una realtà solida, che mi permetta di lavorare con i giovani».
(Fonte: Mattino di Padova)