Giorgio Zamuner nuovo direttore generale. Oscar Brevi nuovo allenatore. Dietro le quinte, almeno così pare, c’è pure una ritrovata unità d’intenti dopo le burrasche degli ultimi mesi. Una cosa, però, è certa: al di là di tutto quello che è accaduto ai vertici del Calcio Padova nell’ultima stagione, non c’è mai stata la reale possibilità che uno dei due soci storici, Giuseppe Bergamin e Roberto Bonetto, uscisse di scena dopo un patto firmato col sangue (passatemi l’esagerazione) di fronte a Palazzo Moroni. Quando ci si impegna di fronte al sindaco di una città che si è speso in prima persona per far rinascere il calcio dalle ceneri nella città del Santo non si può fuggire. Non si può tradire. Non si può sbattere la porta. Ecco, se magari in alcuni momenti la situazione è stata molto tesa fra i due soci storici (nessuno l’ha mai negato, come quando scrissi a suo tempo che la pace fra Bonetto e De Poli era solo una tregua armata e così è stato), quello che insegna il recente passato è che insieme Bergamin e Bonetto possono funzionare. Perché insieme si completano e perché le capacità dell’uno compenetrano quelle dell’altro. La mano sul fuoco non la metto per nessuno, quello che accadrà in futuro non lo so, ma posso dire che per loro parla il curriculum: in due anni hanno raggiunto la promozione in Lega Pro al primo tentativo e, al secondo tentativo senza mai promettere la promozione in B, hanno raggiunto un più che onorevole quinto posto (quando Parlato fu esonerato il Padova era un punto sopra i playout, mai dimenticarlo). Traguardo che, rileggendo le recenti dichiarazioni, si sarebbe tentato di raggiungere al terzo anno. Non meritano un minimo di fiducia?
Ora: è ben vero che le società composte da un solo proprietario e da piccoli soci di contorno funzionano meglio (ma sarà vero? Ci sono anche esempi che vanno in direzione opposta…), eppure questo Padova può funzionare anche se sono cambiati gli equilibri interni. Negli ultimi mesi anche Bergamin aveva sollevato perplessità sull’operato di Fabrizio De Poli, che non è stato certo mandato via per i risultati. Chi o cosa potrebbe contestarne l’operato se si leggono i numeri? Nessuno. Tuttavia ci sono stati tanti episodi, alcuni noti, altri che ho già spiegato e altri ancora che rimarranno chiusi in un cassetto, che hanno via via minato il rapporto di fiducia che ci dev’essere alla base di una convivenza fra dg e soci di una club di calcio.
Dolorosa la rinuncia a Pillon. Quello che posso dire, mi sbilancio senza problemi, è che personalmente l’avrei confermato. Lo stimo, credo che conoscesse l’ambiente e che avesse i mezzi per poter portare in alto il Padova. Siccome, però, conosco anche il mondo del calcio, so che quando arriva un nuovo direttore sportivo solitamente cambia anche l’allenatore. Ridicolo contestare a priori Oscar Brevi, ricordando esclusivamente i due esoneri subiti a Rimini e Ferrara. Se valesse questo principio, allora suggerisco di aprire la scheda tecnica di Pillon e di conteggiare le annate in cui è stato allontanato dalla panchina che occupava. Fra i due esiste un gap generazionale e quindi Pillon ovviamente ha molta più esperienza di Brevi, ma alla voce esoneri anche il baffo di Preganziol ne ha passate tante. E questo, intendiamoci, non intacca minimamente il suo valore, tutti i migliori allenatori hanno subito separazioni brucianti, ma non per questo non hanno avuto una seconda chance. O sono stati bollati come incapaci.
Per concludere, ecco i motivi per cui a mio parere si può essere ottimisti: 1) Zamuner è un ex agente, sa bene che dovrà chiudere definitivamente col suo passato e ha una conoscenza profonda e importante dei calciatori di tutte le categorie; 2) Zamuner può bussare alle porte di tutti i club più importanti (Roma, Juve, Torino, Milan, Inter, Sassuolo, Fiorentina) a differenza di quanto accaduto negli ultimi due anni. Logico che una squadra non possa essere composta soltanto da giovani, ma poter attingere, almeno in parte, dai vivai migliori d’Italia per 4-5 elementi di valore può fare la differenza; 3) Brevi ha lavorato in piazze calde come Cremona e Catanzaro e ha fatto un buon lavoro, non sta scritto da nessuna parte che non possa replicare quanto fatto a Padova; 4) lo staff tecnico nella sua interezza lavora adesso in armonia, cosa che non è accaduta nell’ultimo anno. 5) l’organico ha già 12 giocatori sotto contratto più 3 giovani, direi che la base è molto più solida di quanto si voglia far credere; 6) svecchiare l’organico era una necessità; 7) Zamuner ha fatto un buon lavoro a Pordenone costruendo una squadra in 15 giorni e spendendo molto poco in relazione ai risultati raggiunti; 8) a Padova hanno avuto più successo allenatori con poca esperienza (Sandreani-Stacchini, Sabatini, il primo Dal Canto) o con pochi consensi piuttosto che tecnici con curricula decisamente superiori.
Visto che ci siamo, ecco invece quello che mi lascia perplesso: 1) come detto, Brevi deve affrontare una salita importante, non conosce bene la realtà in cui è stato chiamato e dovrà essere bravissimo a calarsi nel ruolo con rapidità. Pillon, al contrario, aveva un ruolo “pacificatore” nell’ambiente, avrebbe potuto seguire la traccia dello scorso anno ed è abituato alle pressioni della piazza; 2) Fabiano pare in uscita, io lo avrei tenuto, anche perché mai ha fatto polemica quando escluso e non mi pare ci siano tanti difensori più forti e affidabili di lui nella categoria; 3) Diniz, se rimarrà, dovrà farlo con l’atteggiamento giusto, altrimenti non ha senso trattenere un giocatore controvoglia. Il pressing dietro le quinte del Vicenza continua e gli effetti sono imprevedibili; 4) il livello tecnico del girone rispetto allo scorso anno è aumentato, le difficoltà mi paiono maggiori; 5) Ci sono troppe figure sotto contratto, alla lunga questo può appesantire i conti del club. 6) Si è lasciata una strada, se n’è imboccata un’altra, in questo senso la continuità è andata a farsi benedire. 7) una parte (e sottolineo una parte) di tifoseria continua a vivere di ricordi e non riesce a guardare in faccia la realtà, abituata evidentemente a un’epoca in cui si sfogliava l’album della figurine e qualsiasi desiderio poteva essere esaudito (peccato, però, che il finale sia stato il peggiore possibile).
In definiva. In bocca al lupo a Giorgio Zamuner e a Oscar Brevi. Dai loro successi dipendono il presente e il futuro di una società che l’ultimo campionato di Serie A l’ha vissuto oltre 20 anni fa. E scusate se è poco…