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Ore 21.30 – (Il Piccolo) Il dopo partita dei giocatori alabardati, tra festeggiamenti sul campo e negli spogliatoi, presenta dei siparietti davvero imperdibili, soprattutto dai tanti giovani arrivati da lontano e catapultati in una realtà incredibile come quella della Triestina di questa stagione. La prima cosa che balza all’occhio è il nuovo look di Nicholas Muzzi: in campo non è stata certo la sua giornata migliore, ma dopo essere uscito dal terreno con una folta capigliatura, sorprende entrando in sala stampa completamente calvo, quasi irriconoscibile. In settimana aveva fatto una scommessa con Cuppone: se arrivava la salvezza si sarebbe rasato i capelli, e la promessa l’ha mantenuta: «Forza Unione! – dice Muzzi – siamo salvi. Io e altri siamo arrivati forse nel momento più facile, non abbiamo vissuto i brutti momenti dei compagni che c’erano da prima, ma comunque è stato un periodo tosto, alla fine però ce l’abbiamo fatta». Accanto a lui c’è Cuppone, entrato proprio al suo posto. Ha portato brillantezza, è stato sciupone ma ha anche procurato il rigore: «Se c’era il penalty? Beh, io mi sono sentito un po’ spingere da dietro, poi sotto quella meravigliosa curva è difficile non fischiarlo. Le mie occasioni fallite davanti al portiere? Meglio non pensarci, l’importante alla fine è avercela fatta. E ora mi aspetta il mare del mio Salento». Altra coppia che si presenta assieme quella composta da Luca Di Dionisio e Giulio Giordani. Di Dionisio, che è stato prezioso quando è entrato per dare fisicità, racconta le difficoltà della stagione: «Solo noi sappiamo cosa abbiamo passato da ottobre fino a adesso, meno male che adesso tutto è stato ripagato. Ci abbiamo messo anima e cuore, non abbiamo mai mollato. È stato un anno pesante, con cinquanta giocatori e tanti mister. Quando a dicembre io e pochi altri abbiamo deciso di andare avanti, ci abbiamo creduto e siamo stati ripagati. Ci sono stati tanti momenti di sconforto, soprattutto quando sei a 800 km da casa e magari vieni cacciato da un alloggio e non sai nemmeno dove andare a dormire. È stata dura, ma ora possiamo festeggiare». «Finalmente è finita – dice da parte sua Giordani – è stata dura come tutta l’annata, ma almeno tutti i sacrifici sono stati ripagati. Vivere una stagione con tanti allenatori è difficile, perché non hai mai una continuità di allenamento, soprattutto perché nei mesi precedenti avevamo visto di tutto, presidenti allenatori e anche allenamenti senza mister. Ci sono stati momenti duri, ma poi tra compagni ci si aiuta. Ce l’abbiamo messa sempre tutta, da veri professionisti, abbiamo dimostrato impegno e attaccamento a questa maglia». Anche Alessio Romeo racconta il finale di stagione: «Io sono arrivato il 21 febbraio, ma so cosa avevano passato prima gli altri ragazzi a livello societario e organizzativo. Chi è subentrato come me si è integrato bene e sono state messe da parte tutte le problematiche. Ringraziamo Milanese, il presidente e il mister, che ci ha fatto andare avanti con una mentalità da professionisti e dal quale abbiamo imparato molto. E grazie anche al preparatore atletico e a quello dei portieri. Ci abbiamo messo lavoro, testa e cuore, e col gruppo ne siamo usciti, anche grazie al pubblico».
Ore 21.20 – (Il Piccolo) «Abbiamo vinto da Triestina, evidentemente dovevamo soffrire fino alla fine». Esordisce così in sala stampa un Mauro Milanese raggiante, contentissimo dopo aver sudato in panchina per due ore in mezza ed essere andato poi a festeggiare la salvezza sotto la Furlan insieme a squadra e staff. Il primo pensiero, non può essere che per il cugino d’Australia Mario Biasin, che ha fatto le ore piccole dall’altra parte del mondo per seguire il play-out: «Mi dispiace che non sia potuto essere qui con noi, ma è come se ci fosse stato. Prima mi aveva detto “me raccomando, tegnì duro, forza muli e forza Unione”. Mi mandava in continuazione messaggi per essere aggiornato, poi è successo tutto nei supplementari. La salvezza è una soddisfazione anche per lui che ha creduto in me dal primo momento. Moralmente mi seccava dargli il dispiacere di non salvare la serie D». Il concetto che poi è più caro a Milanese di questa giornata, è quello di essere riuscito finalmente a dare una gioia ai tifosi triestini allo stadio Rocco, sfatando così quello che sembrava un tabù, quasi una maledizione: «Il pubblico da quando c’è di nuovo il marchio è tornato alla grande. Questa giornata non era solo per salvare la categoria, ma era il primo passo per ridare entusiasmo a una piazza che ha sofferto troppo. La rinascita cominciava da questo finale di campionato a rischio. Ma tutto è bene quel che finisce bene. Dal 1992 da quando fu inaugurato, credo sia la prima volta che il tifoso triestino festeggia qui al Rocco. Sì, c’è stata qualche vittoria parziale e ci hanno gioito gli juventini, ma mai per i tifosi alabardati una vittoria totale. Qui i giovani non avevano mai festeggiato, ora possono farlo per la prima volta e magari in futuro dire “mi ricordo di quella volta che avevamo salvato la D al Rocco”». Per Milanese la salvezza è un traguardo raggiunto che ripaga di tanti sforzi, ma anche ovviamente un punto di partenza: «Quello che conta è aver raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo posti dall’acquisizione in poi, prima con l’assegno che aveva garantito la sopravvivenza e poi con l’asta. C’era il fondato rischio sportivo di salvare la società e non la categoria, questo significava rallentare un cammino che comunque sarebbe andato avanti, ma si buttava via un anno. Ma con l’aiuto di tutti ce l’abbiamo fatta, soffrendo come sempre, ma ce l’abbiamo fatta». L’amministratore unico passa poi a parlare della partita: «Certamente si poteva risolverla prima, facendo gol già ai tempi regolamentari o poi raddoppiando il vantaggio. Abbiamo avuto molte più occasioni noi, in quel momento dovevamo chiuderla, poi è normale subentri la paura. Ma quello che contava non era il gioco, bensì l’atteggiamento, la voglia di farcela e il risultato. E il risultato è stato ottenuto». Milanese, dopo la salvezza, comincia già a guardare avanti: «Fra le soddisfazioni c’è quella di aver rinviato la faccenda dei 3 punti di penalizzazione che avevamo ereditato. Ma siamo riusciti a spostare tutto alla prossima stagione: ora però contiamo anche di patteggiare e riuscire ad avere meno punti possibili. Ma questo è un lavoro burocratico, uno dei tanti che ci attende questa estate. Certo, come dice Biasin bisogna andare avanti pian pianino, ma i passi bisogna farli e ora ne è stato fatto uno importante. Ci sono tante cose da sistemare, nell’organigramma, nelle mansioni e in altre cose perché una società funzioni dentro e fuori dal campo. Ma si comincerà una serie D senza debiti e con la voglia di fare bene».
Ore 21.10 – (Il Piccolo) Dopo cinque minuti di partita si era già tolto la giacca. Ma non era solo per il caldo, era anche la tensione che stava montando inesorabile. Tanto che mister Roberto Bordin è stato poi altri 20 minuti con il fratino verde in mano prima di indossarlo sopra la camicia bianca. E poi urla, arrabbiature, consigli, indicazioni e incitamenti ai giocatori. Alla fine ha vinto anche lui: Bordin è stato infatti l’ultimo di una lunga serie di allenatori sulla panchina della Triestina in questa stagione, ma è quello che alla fine ha ottenuto la salvezza e portato a termine il compito. «Io ci ho creduto sempre – dice il tecnico -. innanzitutto perché credevo nei miei giocatori, e poi credevo nella forza di una società importante che vuole fare le cose per bene, in Milanese, nel presidente che ci ha dato tanto quando è venuto. Ma soprattutto i ragazzi ci hanno creduto anche in tempi più difficili che hanno vissuto, ancora prima che arrivassi io. La fiducia me l’hanno data i giocatori stessi, che non hanno mai mollato». Bordin ci tiene a soffermarsi ancora sui giocatori, dando il giusto tributo a chi ne ha passate davvero tante in questa stagione. «È davvero da premiare il percorso di questi ragazzi, anche per quello che hanno passato in questi mesi: è il giusto premio a loro che ci hanno messo tanto di loro in questa salvezza, e un grande grazie a Biasin che ha salvato tutti». Bordin passa poi ad analizzare la partita e il pareggio con la Liventina. «Abbiamo sofferto solo alla fine. Dopo il rigore loro sbagliato la partita si era messa in una certa maniera favorevole per noi, quel gol finale però ha caricato la Liventina e gli ultimi minuti sono stati lunghissimi. Però i ragazzi non hanno mollato fino alla fine e hanno portato a casa il pareggio salvezza. Per il resto la meritavamo nettamente noi. Avevo detto in settimana che saremmo andati per giocare la partita, infatti non siamo andati per difendere il pareggio e così è stato. Abbiamo cercato di vincere, abbiamo avuto occasioni incredibili tra traverse, salvataggi sulla riga o quelle azioni con Cuppone davanti al portiere, anche per chiuderla sul 2-0». Bordin ammette di essere rimasto sorpreso dal fatto che Marco Vianello sia partito dalla panchina: «Sì, non ce l’aspettavamo, perché è il loro bomber che ha fatto 17 reti, è un giocatore che vede la porta, bravo nei tagli, molto pericoloso. Però Vianello o no, noi abbiamo cercato sempre di fare la nostra partita. E questo era il concetto che avevo chiesto ai ragazzi». Sul suo futuro, invece, il tecnico ancora non si sbilancia: «Il mio futuro? Ancora non lo so, è prematuro parlarne. Fatemi prima riprendere da questi due mesi e mezzo incredibili. Ora pensiamo solo a goderci questa salvezza, importante per la società e i giocatori . Poi ci troveremo assieme alla società con calma per parlare del futuro».
Ore 21.00 – (Il Piccolo) Gli alabardati vanno sotto la Curva che finalmente può esultare. Sono passati oltre 120 minuti dal fischio d’inizio di uno spareggio salvezza brutto ma che consente all’Unione di ripartire dalla D. La Triestina ha solo pareggiato (quel che bastava per salvarsi) ma ha vinto due volte. Perché ha ritrovato il suo pubblico è ha messo un primo mattoncino per il futuro. Ma soprattutto l’Unione è riuscita a far festeggiare il Rocco come mai era successo negli scontri decisivi dal 1992 a oggi. Quello che è successo sul campo nei quasi 130’ di gioco (compreso a spanne il recupero) nessuno lo racconterà ai nipotini. Liventina molto poco propositiva, Unione abbottonata. Era inevitabile per una squadra che negli ultimi due mesi ha vinto solo a Castelfranco Veneto. La squadra di Bordin ha fatto tutto quel poco che è capace di fare e ha meritato la salvezza. Il pubblico del Rocco (almeno cinquemila spettatori) invece ha fatto molto di più incitando senza sosta Piscopo e compagni. Come era successo in occasione di altri spareggi, come succederà sempre a Trieste quando c’è da metterci la faccia e la generosità. Generosità che la Triestina non è riuscita a concretizzare se non per il risultato finale che, grazie alla miglior posizione rispetto alla Liventina nella regular season (bontà della classifica avulsa), le ha dato la salvezza. Tanti calci d’angolo, due traverse nella stessa azione, e tre-quattro occasioni da gol clamorose gettate al vento. Ma il match è stato deciso dai penalty nell’overtime (0-0 i tempi regolamentari). Dalla Riva è stato freddo e l’ha messa dentro, mentre il bomber Vianello sull’altra sponda ha tirato il suo rigore alle stelle. La rete di testa di Gardin ha solo messo un po’ di pepe al finale del secondo supplementare. Il match ricalca lo stesso copione delle ultime sfide viste al Rocco. Bordin opta per un 4-3-3 con il vantaggio di avere a centrocampo Abrefah, sull’esterno sinistro il talentuoso Bradaschia e al centro dell’attacco il risanato (dal punto di vista fisico e non tecnico) Giordani. La partita non decolla ed è l’ex Zottino nelle file venete ha creare la prima apprensione a Vezzani (22’). il centrocampo alabardato fa fatica a costruire e sta troppo lontano dalla prima linea. L’unico brivido a Rossi arriva da un colpo di testa di Piscopo su punizione dalla destra di Bradaschia. Il tempo si chiude con un destro di Zottino che costringe Vezzani agli straordinari. Nella ripresa l’Unione è più pimpante ma Cornacchia sciupa una buona occasione mentre la Liventina finalmente fa entrare lo spauracchio Vianello (17 gol). Entra anche Cuppone per uno spento Muzzi. Al 35’ la Triestina potrebbe chiudere i conti: cross di Bradaschia da sinistra Piscopo di testa colpisce la traversa, sul tap-in interviene Cuppone ma la palla dopo aver colpito il legno viene respinta sulla linea. Overtime inevitabili come già successo un anno fa a Dro. Ma stavolta l’Unione passa subito in vantaggio. Cuppone fugge a Cofini e cade in area: penalty un po’ generoso ma Dalla Riva è preciso (2’). Sembra fatta ma non è così. Entra Andjelkovic per un claudicante Giordani ma al 17’ Vezzani tocca ingenuamente Confini. Il rigore calciato da Vianello finisce in curva. Allora è finita? Macché. Nella seconda frazione prima il tandem Piscopo-Vezzani salva la porta in extremis e poi Cuppone (11’) sciupa il raddoppio in contropiede calciando contro il portiere veneto. E così si arriva la finale thrilling perché al 14’ il capitano Gardin con una capocciata batte Vizzani. Manca un minuto oltre ai tre di recupero decretati dall’arbitro Luciani. Si fa male Boem e la Liventina resta in dieci. L’Unione resiste e a stento resistono le coronarie dei suoi supporter. La stagione più disgraziata finisce con la salvezza. Ora una nuova stagione può cominciare.
Ore 20.30 – (Gazzettino) Gratificante notizia per l’Abano che nella classifica di Coppa Disciplina risulta essere al primo posto del suo girone C e addirittura terzo a livello nazionale, alle spalle di Caronnese e Sestri Levante. La speciale graduatoria, che tiene conto della somma delle sanzioni a giocatori, staff tecnico e società, è sicuramente motivo d’orgoglio per la società aponense, che stacca di parecchio le rivali padovane: Campodarsego al 47. posto, Luparense all’89. ed Este al 106. «Sono orgoglioso di questo risultato – commenta il patron Gildo Rizzato – Da sempre come società teniamo a questa classifica e tale piazzamento aumenta il prestigio di tutto l’Abano, che fa dell’educazione sportiva uno dei suoi valori più alti. Tra l’altro mi piace ricordare che siamo attualmente terzi nella speciale graduatoria dei giovani (iniziativa che premia i club più propensi a schierare calciatori juniores oltre quelli già previsti dal regolamento, ndr) con possibilità di diventare anche secondi». Il presidente aponense non si sbilancia invece sulla questione mercato: «Il primo mattone l’abbiamo messo ingaggiando come tecnico Tiozzo. Per il resto è ancora troppo presto, con calma faremo le nostre considerazioni».
Ore 20.10 – (Mattino di Padova) Abano ed Este sono già in “modalità mercato”. O meglio, i nuovi tecnici delle due padovane di Serie D, Luca Tiozzo e Michele Florindo, ufficializzati mercoledì scorso, hanno iniziato a riempire d’inchiostro le rispettive agende. Il primo step, per entrambe le società si intende, sarà riconfermare lo zoccolo duro delle rose che hanno ben figurato (l’Abano soprattutto nel girone di ritorno) nell’ultimo campionato. Abano. In questo senso, il direttore tecnico dei neroverdi Andrea Maniero può sfregarsi le mani, avendo già in casa ragazzini che hanno fatto – e alla grande – i titolari prima con Max De Mozzi, poi con Karel Zeman. Faranno parte del “nuovo” Abano, infatti, il portiere Alex Ruzzarin (fermo da mesi per un infortunio), gli esterni Alessandro Tescaro e Filippo Zattarin e i due stopper Federico Cuccato e Mattia Ceccarello. Altro talento valorizzato dall’Abano è quello di Angelo Rubiano Villanil, ma la sua permanenza è legata all’esito del provino che il centrocampista sta svolgendo in questi giorni col Napoli. Hanno dato l’addio, invece, il portiere Enrico Rossi Chauvenet, Nicola Maniero e Manuel Caridi, rientrato alla Virtus Vecomp, proprietaria del cartellino. Bisognerà aspettare i primi di giugno per i primi colpi in entrata. Molto dipenderà dalla situazione in casa Luparense: i gioielli rossoblù fanno gola a molti, e l’Abano potrebbe accaparrarsi qualche svincolato di lusso come i padovani Marco Beccaro e Dario Sottovia. Este. Stanno facendo la conta pure il vice presidente dell’Este Stefano Marchetti e il mister Michele Florindo. L’entourage giallorosso vorrebbe riconfermare il centrale di difesa Andrea Guagnetti, il mediano Carlo Caporali e il bomber Ferdinando Mastroianni (quest’ultimo cercato da mezza Italia), per costruirci attorno una rosa in grado di restare al vertice della categoria. Inoltre, l’ex allenatore della Piovese, nel caso in cui il portiere (e capitano) Alessandro Lorello seguisse Andrea Pagan nella sua nuova avventura all’Altovicentino (c’è l’accordo con il patron Rino Dalle Rive) potrebbe portare Luca Boscolo, oltre al trequartista Filippo Talato, già nel mirino dell’Este nell’ultima sessione estiva di mercato. Si vocifera un interessamento nei confronti di Pier Zanandrea, difensore 20enne della Marosticense. Hanno già salutato il Nuovo Stadio, invece, i fantasisti Davide Marcandella e Luiz Maldonado, richiamati rispettivamente da Padova e Chievo Verona. In uscita ci sono pure Jean Marc Favre, Alessandro Boaretto e Mattia Colombara. Ieri per l’Este siparietto di tutto riguardo durante la Festa dei Bisi di Baone. La società è stata premiata da Gianni Rivera e Bruno Pizzul per la brillante stagione. Con il presidente Renzo Lucchiari e il vice Stefano Marchetti c’erano pure i giocatori Mastroianni e Lorello.
Ore 19.40 – (Giornale di Vicenza) C’è biancorosso nella vita di Nicola Pozzi. Anzi, c’è già stato: nella forma e nelle persone di Beppe Iachini e Gigi Cagni. Due allenatori che, nella carriera dell’attaccante numero 9, risultano in testa alla classifica per un primato ciascuno: Iachini è il tecnico dell’esordio tra i professionisti oltre che il fortunato fruitore del maggior numero di gol segnati (14) da Pozzi; Cagni è invece il tecnico che ha schierato più volte in campo Nicola, 57 presenze tutte nell’Empoli. LUI CHI E’? Nicola Pozzi, 30 anni spaccati il 30 giugno (guarda caso il giorno della scadenza del primo dei due anni di contratto, sempre che non si decida diversamente), chiude la sua prima stagione a Vicenza con 49 minuti giocati, frutto di quattro partenze dalla panchina contro Bari, Crotone, Entella e Latina. Questo è quanto. Ma oltre alla sfortuna c’è di più. C’è un ragazzo che arriva in città quando ormai tutti erano rientrati dalle vacanze (di mercato) estive, mentre Cocco era in viaggio sulla A14 direzione Pescara. Il concetto è: il nostro nuovo bomber devi essere tu. Nicola arriva da un’estate di preparazione a Viareggio con il professor Gemignani per presentarsi al meglio dopo gli infortuni al legamento crociato. «Adesso ho bisogno di lavorare in gruppo, ho grande entusiasmo e questo mi aiuterà ad arrivare al top della forma velocemente», dirà il giorno della presentazione. Purtroppo per tutti, Pozzi lavorerà in gruppo un numero di volte che fatica a toccare la prima decina. Indossa la numero 9 biancorossa il 12 settembre in casa contro il Bari: in quell’occasione avverte un fastidio al tendine rotuleo del ginocchio sinistro, fastidio che sarà il filo conduttore di tutta la sua stagione. Perché la necessità di sfiammarlo condiziona la gestione atletica causa delle due lesioni muscolari procurate prima all’adduttore e poi al flessore. Nicola torna finalmente contro il Crotone, siamo a fine febbraio: stavolta la sfortuna gli regala un trauma distorsivo sempre al ginocchio sinistro che obbliga a un intervento in artroscopia effettuato dal dottor Mazzola, medico della Sampdoria che ben conosce la clinica di Pozzi. L’attaccante si rivede un minuto contro l’Entella, quando splende il sole di maggio. Giusto il tempo di riproporsi a Latina dove rimedia invece un trauma contusivo sempre al solito ginocchio. QUEL GIOVEDÌ Nicola Pozzi è sbarcato a Vicenza di lunedì. Ma è il giovedì – di parecchi anni prima – il suo giorno fortunato. «Era di giovedì che usavo mettere di fronte alla prima squadra i ragazzi del nostro settore giovanile – racconta Beppe Iachini, fresco nuovo allenatore dell’Udinese -. Quel giorno la prima squadra del Cesena l’ho fatta allenare con gli Allievi: Nicola aveva 16 anni e dopo appena dieci minuti avevo intravisto le sue qualità e abilità. Si muoveva in profondità, attaccava gli spazi, era astuto, furbo e bravo anche nella difesa della palla. Dopo l’allenamento ho detto: da domani fatelo venire con la prima squadra. La domenica ha esordito in C1, e per me ancora adesso è uno degli esordienti che più mi ha colpito». Era la stagione 2002-2003. Iachini lo ritrova poi dieci anni dopo alla Samp: «Lì mi aspettavo atteggiamenti da leader e da trascinatore». E infatti, oltre ai 10 gol segnati dal novembre 2011, con altre 4 reti (tutte decisive) distribuite nelle semifinali e nelle finali playoff Nicola riporta la Samp in serie A. Anche se… «Una volta non vidi Nicola al campo d’allenamento e chiesi spiegazioni al dottore – racconta Iachini -. Mi ha detto che aveva un “problemino” ed era sul lettino per le terapie. Gli ho fatto infilare le scarpe, fare tutta la salita di Bogliasco per arrivare all’ultimo campo di allenamento e assistere all’esercitazione tattica. Se domenica voleva giocare, doveva essere presente. Poi ha capito che l’ho fatto per dare un segnale alla squadra…»LA TESTATA Nel mezzo c’è la gestione Gigi Cagni. Dal 2005 al 2008 l’ex tecnico biancorosso vede Pozzi all’opera con la maglia dell’Empoli. «Aveva qualità tecniche e fisiche, corsa, scatto, acrobazia. Un goleador con grande personalità, un trascinatore. Insomma, se sta bene non puoi lasciarlo in panchina. Anche se talvolta aveva una cattiveria agonistica esagerata che gli ha fatto prendere più cartellini gialli di tutti i suoi colleghi di reparto…». In tre stagioni Cagni impara a conoscere a memoria Nicola: «Mi basta guardarlo 30 secondi in campo per capire se sta bene o no. Deve sentirsi un giocatore importante per la squadra, perché questa cosa lo esalta». E, infatti… «Durante l’intervallo di una partita contro il Torino – ricorda Cagni – gli dissi che l’avrei sostituito. Lui era così arrabbiato che diede una testata al tavolino dello spogliatoio. Ma era incazzato con se stesso, non con me». E su una cosa, soprattutto, Iachini e Cagni sono d’accordo: «E’ stato un ragazzo sfortunato sotto l’aspetto fisico». Chissà che storia si sarebbe potuta scrivere quest’anno, con protagonista Nicola Pozzi e non il suo ginocchio sinistro.
Ore 19.20 – (Giornale di Vicenza) American dream. Il sogno americano fa breccia nel cuore dei giocatori biancorossi. Dopo la salvezza acquisita sul campo, si salvi… chi può: cominciano le vacanze. È tempo di divertirsi e rilassarsi. Dove? Al mare, principalmente. E all’estero. Negli Stati Uniti. È il caso di Stefano Giacomelli, Alessio Vita, Marco Pinato, che hanno scelto Miami, terra di spiagge, cocktail e party all’ultimo grido. «Sarà la mia prima volta negli Stati Uniti – racconta un estasiato Alessio Vita, che non vede l’ora di partire (il 6 giugno) – I tre biancorossi non trascorreranno l’intera vacanza a Miami. È previsto infatti uno spostamento ad hoc, come spiega Giacomelli, il 10 del Vicenza che ora vuole una vacanza da 10 e lode. «Un paio di giorni – dice – li passeremo ad Orlando». È il cuore delle attrazioni. Dal Walt Disney World Resort, al SeaWorld Orlando, transitando per l’Universal Orlando Resort. Là non ci si annoia proprio tra parchi divertimento e giostre acquatiche. «Io volevo andare a Las Vegas – fa sapere Giacomelli – ma ci volevano altre cinque ore di volo e così abbiamo optato per un’altra meta». Siamo in clima di vacanza, le verità escono con maggiore facilità. E Giacomelli, uno che comunque emerge sempre per umiltà e spontaneità, ammette di avere un limite… «Soffro un pochino le altezze – racconta – ho problemi con le vertigini. Se andremo in qualche parco acquatico nessuna difficoltà, ma sulle montagne russe lascerò salire i miei compagni. Io me ne starò giù, magari scatterò le foto». American dream, si diceva. Ebbene, un altro biancorosso “vede” la bandiera a stelle e strisce. Si tratta di Federico Moretti, che nell’ordine si fermerà a New York e Boston prima di prendere la via dei Caraibi. Con la sua novella sposa, naturalmente, Giulia. «Ci sposeremo il 24 giugno – spiega il centrocampista – in Liguria. Faremo una grande festa». Con tanti biancorossi presenti? «Ognuno ha i suoi impegni, trascorre le vacanze con le proprie famiglie, non tutti potranno esserci. Ma sicuramente troveremo un’altra occasione per festeggiare». C’è chi è già al mare, come Salvatore D’Elia. Il terzino napoletano ha atteso giusto giusto l’ultima partita, con il Perugia, e quindi la fine della stagione, per sintonizzarsi sulle… onde del mare di Toscana. «Da un paio di giorni mi trovo qui con la mia fidanzata – dice – e poi raggiungeremo i miei genitori a Napoli. Voglio vedere solo il mare quest’estate: ecco perchè le mete saranno Formentera e alcune isole di casa mia come Capri, Ischia, Procida». Niente male… C’è poi chi festeggia vacanze e laurea insieme. Ed è Mario Sampirisi, il Duracell del Vicenza che a metà giugno sarà in Spagna per applaudire la fidanzata “dottoressa”. «Dopo la Spagna, sarà la volta della Sardegna – ci dice Mario – Ci vado con Vigorito. E Laverone andrà nello stesso posto, a San Teodoro, una settimana prima di noi».Dulcis in fundo, il capitano. Per lui sarà un’estate molto speciale. Filippo, infatti, verrà alla luce tra la fine di luglio e l’inizio di agosto. Brighenti diventerà papà e Silvia, sua moglie, mamma. «Non faremo grandi cose – spiega Brighenti, per il quale su Facebook esiste pure una pagina denominata Totalmente dipendenti da Brighenti – proprio perchè nascderà nostro figlio tra un paio di mesi. Ecco perchè staremo vicini a casa, a Bardolino, un posto molto bello. E poi se riusciremo andremo qualche giorno al mare».Dopo i bagni si tornerà a sudare. Il Vicenza (probabilmente con Franco Lerda ancora allenatore?) dovrebbe tornare dalle parti di S. Vito di Cadore, nel Bellunese, per il ritiro estivo. Quindi inizierà un altro campionato. Ma intanto… l’abbronzatura chiama. Buone vacanze.
Ore 18.50 – (Gazzetta di Reggio) I conti della Reggiana sono stati passati al setaccio da uno studio di commercialisti con sede a Parma e Milano. Quando i consulenti indicati da Mike Piazza e dai suoi collaboratori italiani avranno concluso questo lavoro certosino di verifica, arriverà la risposta. Lo abbiamo ripetuto in queste settimane: fino a quando non ci sarà la firma non si può dare per scontato nulla. Ma è inutile nascondere che su sponda granata c’è molto ottimita sulla conclusione della trattativa. E anche Maurizio Franzone, uno dei più stretti collaboratori dell’ex stella del baseball, nelle sue apparizioni a Reggio non ha nascosto il suo ottimismo. I tifosi e tutto l’ambiente granata, dopo un periodo di scetticismo che ha coinvolto addetti ai lavori e appassionati di Reggiana, sembrano aver deciso che è arrivato il momento di sognare. Si dice che questa settimana dovrebbe essere quella decisiva. Di certo non si può andare troppo per le lunghe per la prossima stagione è alle porte.
Ore 18.30 – (Gazzetta di Reggio) La Reggiana non ha ancora scelto il successore di mister Alberto Colombo. Da tempo la società granata e il ds Andrea Grammatica, che enterà in carica il primo luglio, lavorano a una rosa di candidati alla successione. Da tempo vanno avanti sondaggi e incontri informali. Un nome negli ultimi giorni sembra prendere quota ed è quello di mister Vincenzo Vivarini, che però piace anche a società di serie B. In tre anni al Teramo Vivarini ha centrato due promozioni e nell’ultima stagione un ottavo posto (girone B della Lega Pro). Sembra invece perdere consistenza la pista di Antonino Asta, che pure ha incontrato emissari granata. Altri nomi che sono stati fatti sono quelli dell’ex granata Leonardo Colucci, Stefano Vecchi (Primavera Inter) e Moreno Longo (Primavera Torino). Il nome del nuovo allenatore non dovrebbe tardare ad essere uficcializzato.
Ore 18.10 – (Gazzetta di Reggio) La notizia non è arrivata inattesa. Mister Alberto Colombo e la Reggiana si salutano dopo due stagioni tra loro molto diverse, la prima sorprendente e del tutto inattesa e la seconda deludente e caratterizzata da dissidi con alcuni giocatori e l’ex dg Raffaele Ferrara. Ieri la notizia della separazione consensuale è stata ufficializzata con una nota apparsa sul sito internet della società granata. L’allenatore aveva un altro anno di contratto ma l’esito deludente di questo campionato, i problemi di spogliatoio e soprattutto la nuova era del ds Andrea Grammatica che è alle porte, hanno reso auspicabile un cambiamento. Sarebbe ingiusto attribuire al mister la responsabilità di tutto quello che andato storto e inoltre quello di Colombo non è l’unico cambiamento in atto alla Reggiana. Non a caso anche il mister della Berretti Francesco Salmi ha lasciato. I prossimi allenatori granata, della prima squadra e di quella giovanile, saranno espressione del nuovo corso Grammatica e lavoreranno tra loro a stretto contatto. Nei prossimi giorni la società annuncerà il sostituto di Colombo: per ora sono stati fatti alcuni sondaggi ma la decisione non è stata presa . La fine del rapporto con Colombo è costata molto al presidente granata, che in questi mesi lo ha sempre difeso. «Prima che l’allenatore ho apprezzato l’uomo – sottolinea il massimo dirigente della Reggiana in una nota -. La decisione di arrivare alla separazione scaturisce da una valutazione che abbiamo fatto assieme ad Alberto. Una riflessione che non pone minimamente in discussione le qualità professionali e morali di Alberto Colombo con cui ho sempre avuto una perfetta unità d’intenti e di vedute. Si è chiuso un ciclo che ci ha dato grandi soddisfazioni e anche qualche rimpianto ma Alberto Colombo rimarrà sempre un amico, un tifoso granata e un allenatore stimato dalla società e dai tifosi. E’ stata una scelta dolorosa ma ponderata per il bene della Reggiana. Voltiamo pagina e guardiamo al futuro che mi auguro regalerà delle soddisfazioni ai nostri meravigliosi tifosi». L’allenatore lascia con il suo consueto stile misurato. Quello che aveva da dire lo ha detto chiaramente a suo tempo, ad esempio quando ha fatto notare di essere rimasto talvolta solo a gestire i problemi di spogliatoio dopo le dimissioni di Ferrara. Ma questa è ormai acqua passata e di certo sarà difficile ascoltare in futuro dichiarazioni livorose da parte del tecnico. «Si chiude un ciclo durato due anni – rimarca Colombo – e porterò sempre con me il ricordo della semifinale play off contro il Bassano ma soprattutto il grande affetto dei tifosi. Le nostre strade si dividono ma sono diventato tifoso della Reggiana e continuerò a seguire i risultati ed a tifare per i granata. A prescindere dai rimpianti, che pure ci sono, so di avere dato tutto, come sono cosciente di avere ricevuto tanto dalla società, dai giocatori, dal mio staff ma soprattutto dalla gente di Reggio. Sono arrivato a Reggio con scetticismo, lascio con il cuore carico d’orgoglio e di gratitudine per ciò che assieme abbiamo fatto. Reggio e la Reggiana meritano in fretta di salire di categoria».
Ore 17.40 – (Gazzetta di Mantova) Mentre i biancorossi di mister Luca Prina si apprestano a giocare gli ultimi novanta minuti della stagione, che devono evitare al Mantova la prima retrocessione sul campo in serie D dei suoi 105 anni di storia, una partita altrettanto importante si continua a giocare fuori dal rettangolo verde. Ed è ovviammente quella per assicurare un futuro al club di Viale Te, dopo che la Sdl ha chiarito più volte di non essere in grado di farlo da sola. Le famose «chiavi del Mantova», che patron Di Loreto ha “minacciato” di consegnare a fine giugno al sindaco Palazzi (dopo aver però pagato tutte le spettanze e iscritto la squadra al campionato), sono per ora nelle mani del presidente Musso. Che ha detto a chiare lettere di non volerle lasciare nelle mani della cordata rappresentata dall’imprenditore Claudio Dondi, che a suo avviso «non dà le necessarie garanzie sul futuro del Mantova». Il numero uno di Viale Te non sembra per ora avere altre alternative credibili per le mani e – dopo la gara dei playout a Cuneo – ha detto che «per ora bisogna concentrarsi sulla salvezza perché non ci sono novità all’orizzonte nell’immediato». La permanenza del Mantova in Lega Pro, del resto, è una precondizione per poter attirare eventuali compratori. Anche se una retrocessione in D, con eventuale ripescaggio, sarebbe invece l’unica via per liberarsi dei contratti (per circa 2,1 milioni di euro) già depositati in Lega per la prossima stagione. Mentre Musso attende sviluppi, patron Serafino Di Loreto continua a tessere contatti con potenziali nuovi soci. «Nei prossimi giorni – conferma – dovrei avere delle risposte da Giovanni Meazza, con il quale stiamo predisponendo il progetto da sottoporre a investitori di sua conoscenza e anche dall’intermediario romano che potrebbe portare a Mantova imprenditori asiatici». L’impressione è che si andrà per le lunghe. Di certo un primo test sulle reali intenzioni della dirigenza ci sarà a metà giugno, quando dovranno essere pagati stipendi e contributi dei tesserati di marzo e aprile: cifra chiesta nelle ultime settimane a tutti i potenziali acquirenti. Si tratterà di un passaggio chiave per poter poi iscrivere la squadra il 30 giugno in Lega Pro, salvezza sul campo permettendo.
Ore 17.20 – (Gazzetta di Mantova) Lo 0-0 del “Fratelli Paschiero”, nella gara di andata dei playout, è stato vissuto dal Mantova come una mezza vittoria e dal Cuneo – il cui presidente Rosso ha vivacemente contestato l’arbitraggio – come una mezza sconfitta. Il pari infatti avvicina i biancorossi alla salvezza, per centrare la quale “basterà” non perdere sabato al Martelli la gara di ritorno contro i piemontesi. Piemontesi che dovranno giocarsi a loro volta il tutto per tutto, avendo un solo risultato a disposizione per evitare la serie D. Insomma, l’Acm adesso è davvero a un passo dalla permanenza in Lega Pro, ma è chiamata a non fallire gli ultimi, decisivi novanta minuti dela sua tribolatissima stagione. I biancorossi possono farcela e i sei risultati utili consecutivi ottenuti fra finale campionato e andata dei playout stanno lì a testimoniarlo. La squadra adesso ha un’identità precisa, è solida e difende bene, come ha ribadito a Cuneo rischiando pochissimo nonostante la scelta di lasciare per quasi tutto l’incontro il pallino del gioco in mano agli avversari. Sabato al Martelli, però, l’auspicio è di non assistere ad altri novanta minuti di difesa (quasi) a oltranza. Non perché si aspiri a vedere il bel gioco mancato per tutto l’anno, bensì perché trascinare lo spareggio sullo 0-0 fino alla fine potrebbe diventare molto pericoloso. Il clan biancorosso del resto ne è consapevole e il bomber Mattia Marchi l’ha detto a chiare lettere subito dopo il match di Cuneo: «Sabato al Martelli dovremo giocare per vincere». Il che non significa ovviamente andare allo sbaraglio o snaturare l’assetto della squadra, che fra l’altro potrebbe sfruttare la necessità degli avversari di scoprirsi per cercare la vittoria a tutti i costi. Significa però metterci un po’ di coraggio in più, aggredire più “alti” gli avversari e proporsi con convinzione in avanti, sfruttando tutte le armi a disposizione. Fra queste vale la pena di citare Gaetano Caridi, che a Cuneo in un solo quarto d’ora è riuscito a fornire con giocate d’alta scuola due palle gol proprio a Marchi. Ecco, un Don Tano in questo stato di forma andrà sfruttato appieno, magari rompendo gli indugi e impiegandolo dal primo minuto. Negli spareggi, del resto, l’aspetto mentale è importantissimo e avere il capitano in campo dà sicuramente più coraggio all’intera squadra. Quel coraggio che dovrebbe portare a segnare un gol che taglierebbe le gambe al Cuneo. Cinque anni fa, nella finale playout contro la Vibonese – che in Calabria aveva fatto vedere i sorci verdi a Spinale e compagni pur non andando oltre lo 0-0 -andò proprio così. Gli avversari partirono forte, ma subìto il primo gol si sciolsero e i biancorossi (spinti da un pubblico fantastico) dilagarono fino al 4-0. Non ambiamo a tanto, ma l’idea di arrivare sullo 0-0 al 90’, con tutto il Cuneo riversato nell’area dell’Acm, è una prospettiva a nostro avviso da evitare.
Ore 16.50 – (Giornale di Vicenza) Guido Davì nelle prossime ore, firmerà con l’ambiziosissimo Venezia di Joe Tacopina, l’avvocato d’affari americano che dopo aver rilanciato la Roma con la proprietà statunitense, fatto rinascere il Bologna tramite il canadese Joey Saputo, ora si appresta a fare altrettanto coi lagunari intanto riportati al primo tentativo tra i professionisti.Davì era in scadenza, il Benevento, matricola della B, più del Padova, sono andati in pressing sul ragazzo, ma le argomentazioni più convincenti ce l’ha avute a quanto pare il diesse veneziano Giorgio Perinetti che tra oggi e domani si aspetta la firma.Una destinazione diversa adesso stupirebbe. La partenza del mediano palermitano spiacerebbe, è naturale, ma questo club ha dimostrato nel tempo di sopravvivere e anzi consolidarsi nonostante forfait apparentemente dolorosi. Sin dall’estate di due anni fa quando dopo la promozione boom di Petrone dalla C2 alla Lega Pro unica, salutarono il capitano Berrettoni e lo stopper Pelagatti, entrambi ad Ascoli e qui arrivarono Priola e Cattaneo. O quando un anno fa si congedarono Furlan, Nolè, Priola, lo stesso Cattaneo, rilevati da Falzerano, Candido e Barison. Stesso discorso per i tecnici: Asta a sostituire Petrone e Sottili a ereditare la panchina di Asta. Come dire insomma che qua il ricambio riesce senza traumi.E anche il caso di Iocolano, ceduto a fine gennaio con la squadra quinta in classifica e fuori dai playoff, è lì a dimostrare che all’infuori delle casse in bolletta (e fortunatamente non è questo il caso), nulla è irrimediabile in un sodalizio di calcio. Infatti poi Bassano, pure orfano del suo leader, è risalito al terzo posto approdando agli spareggi promozione.SETTIMANA CLOU. Col rientro di Renzo e Stefano Rosso dagli Usa, Sottili si incontrerà con la proprietà dopo un primo faccia a faccia avuto col digì Seeber e lì si valuterà se ci saranno le condizioni e la volontà reciproca per un rinnovo, per ora francamente molto lontano. Nonostante i risultati lusinghieri non tutti i capi sono propensi a prolungare l’intesa e lo stesso trainer chiede garanzie precise di rafforzamento di primo piano o, in subordine una formazione più fresca e sbarazzina, ma la tutela di un accordo biennale. E nel frattempo l’Arezzo e soprattutto il Padova gli stanno alle costole. I biancoscudati monitorano pure Petrone che però attende una chiamata dalla B. E sulla squadra, la rinegoziazione annuale di Pietribiasi, Semezato e dello stesso Toninelli è ipotesi tutt’altro che peregrina.
Ore 16.20 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Troppo Pisa, bisogna ammetterlo. Non solo sul campo, che non è quello dei miracoli, bensì quello di un inferno a tinte nerazzurre. Anche sulle tribune dell’Arena Garibaldi non c’è partita. Alla vigilia si aveva paura della marea: è arrivato uno tsunami. Nessun superstite. Qualche avvisaglia già nell’immediato prepartita. Come nelle giornate che fanno la storia (in qualsiasi categoria), pochi minuti prima del fischio d’inizio scatta la coreografia della Curva Nord. Lo stadio vibra e il settore dei tifosi più caldi si colora di nero e azzurro. Scenografia classica, che però cambia dopo pochi istanti. Tutta la curva diventa verde, compare un giocatore del Pisa che calcia, poi un pallone e una rete. Effetto onestamente bellissimo, da far invidia alle coreografie che si possono ammirare sui campi di serie A. All’Arena Garibaldi sono più di diecimila, è una bolgia a cui tanti giocatori del Pordenone dovrebbero essere abituati. Non da quest’anno, quando al massimo si è giocato a Padova di fronte alla tribuna Fattori o in campi pur storici come Cremona e Alessandria, ma raffreddati da anni di Terza serie. Piuttosto da stagioni passate, vissute magari nel girone meridionale di LegaPro, o in alcuni casi in B. Invece anche la spinta dello stadio si rivelerà impressionante e fondamentale. Tutto ha contribuito a demolire il Pordenone e le sue certezze ormai semestrali. Dall’altra parte, in Curva Sud, ci sono 200 cuori. Impossibile definirli in altro modo. Si sono alzati prestissimo, in una domenica che sembrava fatta apposta per andare al mare. Sono entrati in pullman e dopo più di 5 ore sono arrivati – non da turisti – nella città della torre più famosa del mondo. Come pellegrini verso un santuario, hanno viaggiato insieme, nella speranza di bagnarsi con l’acqua benedetta della speranza. Della serie B, tornando al profano. Fra loro c’è pure Gianni Careri, bolognese, per due stagioni portiere neroverde. Una volta allo stadio, si sono fatti sentire. I classici cori a supporto di città e maglia, che per un attimo hanno occupato lo spazio lasciato vuoto dalla Nord, che stava solo riposando la voce. Duecento cuori, si diceva, con bandiere e sciarpe, anche sotto un sole infernale. Non c’erano Sergio Bolzonello e Mauro Lovisa, rimasti a soffrire a Pordenone. Gli altri hanno sognato per una decina di minuti e si è sentito anche il classico «uuh» per la girata fallita da Berrettoni. Poi è venuto giù tutto. Il primo gol di Varela non ha spento le voci neroverdi, mentre dall’altra parte la curva tremava come in un 5 Richter. I supporter hanno continuato a cantare, ma 3’ dopo lo stesso Varela ha raddoppiato, facendo esplodere ancora una volta l’Arena. Fine del sogno, a meno di clamorosi miracoli. Le bandiere hanno continuato a sventolare, le sciarpe a essere mostrate al pubblico toscano. Ma la voce a tratti è sparita. Figurarsi poi dopo il terzo gol del devastante Varela. Tifosi neroverdi che si sono fatti risentire verso la fine del match, quando ormai tutto era ampiamente deciso. È il moto d’orgoglio, ma non c’è altro. Il campo è stato più importante dei 200 cuori. E come al casinò, il banco vince sempre.
Ore 16.10 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) «Non ci arrendiamo, non voglio rimpianti: chi non ci crede stia pure a casa». A fine partita Bruno Tedino ha detto queste parole alla squadra. Le ha ripetute in zona mista: «È quasi impossibile – ammette il tecnico neroverde – ma dobbiamo provarci. Voglio una settimana importante, perché il Pordenone non è nato per arrendersi. Siamo caduti in piedi». Poi al mister spetta il compito ingrato di analizzare la partita. Mai così difficile. «Eppure non abbiamo iniziato male – riflette Tedino -, anzi direi che i primi 10’ sono stati buoni. Poi è arrivato il gol dell’1-0 e lì non abbiamo reagito. A quel punto il Pisa ha tirato fuori una gara eccezionale: i nerazzurri sono riusciti a macinare il calcio che conoscono bene, ripartendo a gran velocità. Varela? Di solito non parlo dei singoli, ma le sue prodezze hanno deciso la partita. Le assenze? Stavolta non ci penso. Il tifo del Pisa invece è stato da podio italiano, di qualsiasi categoria». Duro il commento di Matteo Mandorlini, ex di giornata. «Prevale la rabbia – dice il 10 del Pordenone – perché non siamo riusciti a esprimere le nostre potenzialità. Abbiamo sbagliato la partita: dovevamo gestire più il possesso. Ora ripartiamo da noi stessi, più cattivi di quanto siamo stati a Pisa». Matteo Tomei non demorde: «Abbiamo già fatto due imprese, arrivando secondi e in semifinale. Ora proviamo la terza. Non è finita. Complimenti al Pisa, anche se non abbiamo demeritato così tanto». Parla anche Berrettoni: «Dopo il secondo gol è venuta fuori l’inesperienza». Infine Gattuso, che tiene alta la tensione: «Mi aspettavo una prestazione così, complimenti ai ragazzi. Sono comunque preoccupato per il ritorno, anche perché ricordo Milan-Liverpool. La vittoria ci deve caricare ancora di più, perché le insidie saranno dietro l’angolo. Varela? non c’entra niente con la LegaPro».
Ore 16.00 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Chiariamo subito: il Pordenone sino alla quarta domenica di maggio ha fatto molto più di quanto chiunque si fosse aspettato. All’Arena però, per ambiente, tifo locale e valore oggettivo degli avversari si è sciolto, affondato da tre siluri dell’ex palermitano Ignacio Lores Varela. Vedremo fra 6 giorni in un Bottecchia già tutto esaurito e in gran parte colorato di neroverde se la pesante sconfitta di Pisa sia stata parzialmente frutto dell’emozione o se invece l’undici di Gattuso sia oggettivamente superiore alla sorpresa del girone A. Tedino deve rinunciare a Cattaneo, Filippini, Martignago e Ingegneri. Così affianca Marchi a Stefani dietro e piazza Berrettoni a supporto di Strizzolo e Beltrame davanti. Il Pisa, schierato con il 4-3-3, è al completo. È di personalità l’inizio dei ramarri. Al 3′ Beltrame serve Berrettoni che libera il destro dal limite. La palla sibila poco distante dal legno a sinistra di Bindi. Sale però il Pisa e conquista un paio d’angoli. Si distendono bene i nerazzurri al 12′ quando Varela invita alla corsa Mannini sull’out destro da dove spedisce al centro ancora per l’uruguagio con passaporto spagnolo che di sinistro, in controbalzo, scarica l’1-0 a mezza altezza a fil di palo. Non passano 2′ e i nerazzurri raddoppiano con lo scatenato Varela, che ancora di sinistro in diagonale batte Tomei. L’uno-due micidiale lascia groggy i ramarri. L’Arena è una bolgia. Tedino invita i suoi a ragionare. Il centrocampo neroverde è in forte difficoltà contro 11 “Ringhio” vestiti di nerazzurro. Pederzoli è irriconoscibile e spreca due piazzati. Al 26′ in contropiede Varela potrebbe chiudere definitivamente la sfida. Tomei, prontissimo, devia in tuffo. Si fa momentaneamente vivo il Pordenone con due tentativi senza fortuna di Mandorlini (27′) e Beltrame (33′). Riprende subito il Pisa con un piazzato da 30 metri di Tabanelli (37′). Tomei ancora vola a deviare in angolo. I ramarri rischiano il ko in avvio di ripresa. I toscani non danno respiro. Tabanelli (47′) centra la traversa e subito dopo (49′) Tomei respinge su Cani. Tedino richiama Marchi, arretra Pasa e inserisce Buratto in mediana. Non cambia la musica. Micidiale ripartenza nerazzurra al 56′ con Mannini, che serve Varela per il comodo 3-0. Gattuso pensa che possa bastare e richiama Cani e l’applauditissimo Varela. Entrano Eusebi e Peralta. Intanto Tomei (63′) si oppone a Mannini e poi a Peralta (72′). “Ringhio” è forse un po’ presuntuoso quando richiama (76′) pure Mannini. I nerazzurri danno per scontato il risultato. Sale allora con orgoglio il Pordenone, animato dall’ingresso di Valente. I ramarri provano a rendere più incerta gara 2 con Berrettoni (85′) e Buratto (87′), le cui conclusioni però volano altre sulla traversa. I cori dell’Arena in festa accompagnano gli ultimi minuti. Un boato saluta il triplice fischio di Guccini. Cantano i pisani, convinti che il ritorno sia ora una pura formalità. A Pederzoli e compagni il compito di provare a deluderli.
Ore 15.40 – (Messaggero Veneto) L’alba è arrivata da poco al Bottecchia. Tante facce assonnate davanti ai tre bus in partenza, ma c’è chi a dormire proprio non ci è andato. Pochi minuti dopo le 7 la trasferta comincia. L’evento è storico, l’energia tanta. Il viaggio parte in sordina nella corriera degli ultras, ma alle 8.30 partono i primi cori per i neroverdi. Nelle pause in autostrada i supporter dei ramarri non passano inosservati e le comitive di turisti stranieri filmano e fotografano la pacifica invasione. L’arrivo a Pisa è qualcosa di unico: i bus, scortati dalle forze dell’ordine, entrano nei vicoli della città, per arrivare a pochi metri dalla Torre. La tifoseria pordenonese si fa sentire da subito, attirando l’attenzione dei turisti e dei pisani, che non perdono l’occasione per fare una foto assieme agli avversari. L’Arena Garibaldi si trova a pochi metri dalla Torre pendente e il corteo dei tifosi parte verso lo stadio, che si trova in mezzo alle case (tutte barricate per l’occasione) in uno scenario surreale. Dopo i controlli – fiscali – tutta la tifoseria si sistema nella curva degli ospiti. Già mezz’ora prima del fischio d’inizio partono i cori neroverdi. I fischi che arrivano da tutto lo stadio fanno capire che i supporter dei ramarri ci sono. Con il fischio d’inizio si accende la bolgia dello stadio toscano, 10 mila contro 200. La curva del Pordenone canta per 90 minuti, senza perdere coraggio dopo le due “sberle” prese nel primo quarto d’ora. Il terzo gol dei nerazzurri spegne la partita, ma non una curva che, nonostante tutto, sa di essere nella storia del Pordenone calcio. Al triplice fischio dell’arbitro l’amarezza è tanta, ma anche il supporto agli 11 ramarri che sono scesi in campo. Tutti consapevoli di essere comunque presenti nel momento più importante di una storia iniziatasi nel 1920. Il simbolo di quest’anno è la corsa di mister Bruno Tedino sotto la curva. Ovazione per lui, nonostante la sconfitta. È l’ultimo urlo degli ultras, prima di un meritato riposo in corriera. Il viaggio è lungo e la nuova settimana alle porte. E anche una partita in cui bisognerà dare tutto per fare la storia.
Ore 15.30 – (Messaggero Veneto) E’ abbattuto, arrabbiato e difficile da consolare l’ex di turno, Matteo Mandorlini, che non voleva proprio tornare in questo modo all’Arena Garibaldi, stadio in cui ha giocato la scorsa stagione. «Non abbiamo fatto la partita che dovevamo fare – attacca subito in zona mista il mediano –: non siamo andati ad attaccarli alti come sappiamo, non ci è riuscito ciò che solitamente facciamo. Abbiamo subìto due gol nel giro di altrettanti minuti e in quel momento ci siamo praticamente fermati. Mi dà fastidio aver perso così – continua Mandorlini – perché l’abbiamo fatto senza esprimere il nostro potenziale». E adesso? «Dobbiamo preparare al massimo il ritorno – spiega il centrocampista – e tornare a fare ciò che sappiamo fare». Matteo Tomei, portiere che ha limitato il passivo, pensa invece che il Pordenone abbia perso a causa «della maggiore forza dell’avversario. La qualità dei suoi attaccanti ha fatto la differenza. A ogni modo – continua Tomei – non ci sono molte spiegazioni da dare quando si perde col risultato di 3-0». Per il ritorno anche l’estremo difensore ci crede. «Nella nostra annata abbiamo centrato due imprese: arrivare secondi e battere la Casertana. Adesso proviamo a fare la terza – la sua opinione –. Ci dobbiamo credere: noi non molliamo perché non è finita». Chiusura con Berrettoni. «Dopo i due gol subiti – afferma l’attaccante – è uscita tutta la nostra inesperienza». Siparietto finale: la corriera del Pordenone riparte, ma si dimentica a terra Pederzoli. Il regista insegue il pullman, che si ferma e lo carica. Pericolo scampato.
Ore 15.20 – (Messaggero Veneto) Alla fine del match Bruno Tedino va sotto la curva dei suoi tifosi e dice: «Io ci credo, anche voi dovete farlo». Insomma, il tecnico del Pordenone crede che questo 3-0, subìto all’Arena Garibaldi dal Pisa, si possa rimediare nella gara di ritorno, in programma al Bottecchia domenica prossima. «L’ho detto anche in spogliatoio – attacca in zona mista l’allenatore del Pordenone –: chi non pensa che l’impresa possibile può stare tranquillamente a casa. Il discorso qualificazione non è chiuso, anzi. Nel calcio ho visto di tutto, quindi noi non dobbiamo sentirci battuti. Da martedì (domani, ndr) voglio vedere una squadra nuovamente cattiva e che abbia l’intenzione di fare una settimana importante». Sul match di ieri sembrerebbe che ci sia poco da dire: Pordenone subito sotto di due gol e con una situazione di gara totalmente a favore del Pisa. «Sì – annuisce Tedino –, abbiamo incassato l’uno-due e l’avversario è andato a nozze per come gioca. E’ uscita tutta la sua forza fisica, ideale per ripartire. Abbiamo preso una rete, la prima, bruttissima. Si è provato a reagire, ma il 2-0 ci ha tagliato le gambe. Non è stato un match perso dal punto di vista tattico – continua il tecnico del Pordenone –. Io credo che il Pisa abbia avuto più cattiveria in alcuni momenti del match». I neroverdi all’Arena sono scesi senza 4 giocatori importanti. «Non voglio pensare a chi non c’era – afferma Tedino –: onore al Pisa e pensiamo al ritorno. Io voglio provarci e non ho intenzione di avere rimpianti: lavorerò duro per far sì che si possa ribaltare il match». L’ultima parola su Varela, autore di tre gol. «Ha avuto un impatto devastante sulla gara – chiude il tecnico –. Ma è stato tutto il Pisa a meritare il successo, non soltanto un giocatore». Sul fronte nerazzurro, una novità: una delegazione parte già oggi per preparare il ritiro, che dovrebbe essere a San Vito. La società toscana, nonostante il 3-0, partirà comunque due giorni prima per preparare il match del Bottecchia. «Perché nel calcio – interviene in sala stampa il trainer, Gennaro Gattuso – io ho visto la Madonna da vicino. A Istanbul, col Milan, sembrava che avessimo la Champions League in tasca dopo il 3-0 col Liverpool nel primo tempo. Poi l’abbiamo persa in 45’. Non è per nulla finita questa semifinale». Da martedì “Ringhio” vuole vedere un Pisa di nuovo rabbioso. «E che non lascia nulla al caso – continua l’allenatore nerazzurro –: da martedì penso solamente a caricare i miei ragazzi e far loro capire che manca ancora qualcosa per conquistare la finale. Anche perché – chiude sempre l’ex giocatore del Milan – il Pisa ha sofferto in molte gare in trasferta nel girone di ritorno. Quindi, attenzione alta e lavorare sodo perché può succedere qualsiasi cosa».
Ore 15.10 – (Messaggero Veneto) È stato bello sognare, ma non c’è più niente da fare, o quasi. Tedino dice di crederci, che lui non molla di un centimetro. E Gennaro Gattuso vieta ai suoi di sentirsi già qualificati, ricordando l’incredibile sconfitta in finale di Champions League del suo Milan con il Liverpool. Il calcio è bello perché a volte regala risultati impensabili, ma stavolta è difficile poter pensare che il Pordenone abbia chance di raggiungere la finale playoff di Lega Pro e continuare a sognare la serie B. Finisce male, malissimo, a Pisa. Uno 0-3 che lascia interdetta la squadra neroverde, schiacciata nel primo tempo da una squadra feroce, rapida, letale e da un pubblico, un ambiente pazzesco. Diecimila persone che non smettono un solo istante di incitare i propri beniamini, di cantare e fare festa sugli spalti, dopo avere esibito una coreografia mozzafiato. Il primo gol lo segnano proprio i tifosi, trasformando la curva in un prato verde con un pallone che pian piano entra in rete ed esplodendo come se i nerazzurri segnassero davvero. Il resto lo fa la formazione di Gattuso, brava a stroncare sul nascere ogni velleità dei ramarri con ripartenze al fulmicotone. Il primo tiro in porta, a dire il vero, è di Berrettoni, che al 2’ conclude fuori di un metro. Ma il Pisa prende subito le misure al 4-3-1-2 di Tedino e al 12’ passa: un taglio in verticale coglie Varela pronto in mezzo al campo ad anticipare Marchi per smarcare sulla corsa Mannini con un tocco di prima. Fuga sulla fascia destra e preciso assist rasoterra al centro per l’inserimento dello stesso Varela, che deve soltanto spingerla dentro. Il Pordenone non fa neppure in tempo a riorganizzarsi: un minuto e mezzo dopo l’incontenibile uruguaiano Varela riceve palla tra le linee, immancabile con la sua rapiditá, si incunea tra le maglie della lenta difesa ospite e trafigge nuovamente il povero Tomei. Ramarri letteralmente frastornati. L’1-2 dei toscani taglia le gambe ai neroverdi, che faticano a mettere in piedi una reazione e al 25’ ancora Varela fugge sulla sinistra, semina Boniotti e crossa, interviene stavolta Tomei a sventare la minaccia. Al 33’ Beltrame al limite si destreggia, salta un avversario e calcia di sinistro, palla alta. Niente da fare e prima dell’intervallo, al 37’, gran punizione dai 25 metri di Tabanelli, Tomei in tuffo si salva in corner. Intensità, forza fisica, atletismo: queste le caratteristiche della compagine di “Ringhio” Gattuso, che in campo mette la stessa cattiveria agonistica del proprio tecnico. Il Pordendone, con diverse assenze e una difesa incompleta proprio nel ruolo in cui sarebbe servito il massimo dell’efficacia (Marchi non giocava una gara “vera” dallo scorso ottobre), non si ritrova, poco abituato tra l’altro a dover rimontare uno svantaggio pesante come un macigno. Ma più che sul piano tattico è su quello del continuo movimento che il Pisa dà scacco matto ai ramarri, che in realtà provano a giocare, ma non trovano gli spazi per dare inizio alla propria azione offensiva. Così al 2’ Cani ruba palla a Marchi e Martin che non si intendono, allontana Stefani, ma sulla respinta arriva a colpo sicuro Tabanelli, che colpisce la parte alta della traversa. Al 6’ si rivede il Pordenone in attacco con una bella combinazione tra Strizzolo e Berrettoni, rasoterra di quest’ultimo troppo debole. Fuori Marchi, Pasa si sposta in difesa e viene subito ammonito, Buratto va a fare la mezzala, ma cambia poco. All’11’ ancora Varela arrotonda il bottino per il Pisa, realizzando a porta vuota su assist dell’immarcabile Mannini, che fugge sulla fascia sinistra senza che Stefani riesca a intercettarlo. Al 18’ ci vuole un miracolo di Tomei per deviare in corner un tiro di Mannini. Al 27’ Peralta si fa tutto il campo a destra, si beve Pasa e dal limite calcia costringendo Tomei a una difficile parata in angolo. Prima della fine ci provano Mandorlini e Berrettoni, ma anche loro devono arrendersi. Ora ci vorrà più di un miracolo al Bottecchia. Ma il popolo neroverde ci sarà, in massa, e proverà a crederci ancora.
Ore 14.40 – (La Nuova Venezia) La notizia della batosta rimediata a Piacenza fa presto ad attraversare l’oceano e arrivare al presidente Tacopina. Il quale non la prende benissimo, anche se sceglie la strada della serenità. E la risposta, il messaggio che rimbalza in sede, è fatto di parole chiare e senza equivoci. «Quest’anno abbiamo centrato il nostro obiettivo» risponde a stretto giro di minuti il presidente «e avremo lo stesso obiettivo anche l’anno prossimo in Lega Pro, vale a dire la promozione. Vogliamo andare in Serie B, questo è ciò su cui ci siamo sempre concentrati, non tanto sulla fase di fine stagione che in fin dei conti non ha molta importanza. La mia attenzione ora è sulla squadra del prossimo anno, assieme a Giorgio Perinetti lavoreremo per mettere insieme la miglior rosa possibile per la Lega Pro. Detto questo» riprende Tacopina «sono sorpreso di come la squadra abbia giocato queste ultime due partite. Certamente non ha rappresentato al meglio il Venezia FC. Questo non è il nuovo Venezia. Terrò conto delle indicazioni ricevute dal campo su alcuni giocatori nelle decisioni relative alle conferme per la prossima stagione». Le altre partite. Nel girone 2 fuori anche il Parma, fermato sul 2-2 in casa dalla Sambenedettese. In classifica Gubbio 3, Sambenedettese e Parma 1. Nel girone 3 invece vittoria del Siracusa a Francavilla per 3-2. In classifica Viterbese e Siracusa 3, Francavilla 0. A questo punto Bellinzago e Piacenza, pareggiando tra loro domenica, potrebbero entrambe andare alla final four.
Ore 14.30 – (La Nuova Venezia) Chi guarda il risultato e si attiene solo a quello, potrebbe anche sorridere. Ma il Venezia, nonostante i cinque gol subiti a Piacenza, ha dato veramente tutto e nonostante avesse soltanto la vittoria come risultato possibile, ha giocato la gara a viso aperto, contro un avversario che è stato messo in difficoltà, ma ha poi saputo mantenere una grande condizione fisica uscendo dal campo in trionfo. Il pareggio di Serafini, le tante occasioni prodotte, il salvataggio sulla linea di Contini sul tiro di Serafini, tutto passa in secondo piano. Ed il tecnico Favarin non riesce a trovare la parole nel dopo partita per giustificare un passivo così pesante: «I ragazzi hanno dato tutto, anche se forse è stato sbagliato l’approccio come nella gara precedente, ma di fronte avevamo un signor avversario che ha vinto con merito». Finisce qui il sogno della poule scudetto, nel modo più amaro e forse umiliante, con il tecnico pisano che prova a salvare qualcosa di una gara per certi versi sfortunata. «Avevamo delle assenze, ma forse finchè siamo stati in partita avremmo meritato di più, il colpo del 3-1 è stato letale, poi la squadra ha cercato di ritrovare gli equilibri giusti ma non era facile. Peccato chiudere la stagione così con questa pesante sconfitta che ci dovrà servire di lezione per il futuro, il Piacenza ha dimostrato ancora una volta come si devono affrontare certe gare a fine stagione, con la massima concentrazione e determinazione, qualità che abbiamo mostrato in parte sia in questa gara che in quella precedente«. Chissà le occasioni avute da Serafini ed anche un pizzico di fortuna in più se avessero cambiate le cose, ma il tecnico Favarin conclude sconsolato: «Ripeto, il risultato è davvero troppo pesante per quello che in parte ha fatto vedere la squadra, poi quando si prendono cinque gol c’è poco da dire. Sono deluso ed amareggiato per i nostri tifosi e per come si è conclusa questa stagione. Andiamo avanti cercando di migliorare e rileggendo bene la partita provare a cambiare dove e perché abbiamo commesso tutti questi errori».
Ore 14.20 – (La Nuova Venezia) Il risveglio per il Venezia è davvero brutto: la squadra lagunare si arena anche contro il Piacenza rimediando alla fine una umiliante sconfitta per 5-1 che la estromette da ogni discorso scudetto. La squadra di Favarin doveva impiegare tutte le sue forze per centrare l’impresa e muovere la classifica dopo il ko della scorsa settimana contro il Bellinzago, ma ha trovato sulla sua strada un avversario tonico e soprattutto motivato, che ha voluto regalare spettacolo. La giornata calda lascia presagire ad una gara equilibrata e combattuta, invece al primo tentativo la squadra di casa sblocca i risultato con Marseglia, che beffa la difesa su un lancio dalle retrovie e dopo essersi presentato davanti al portiere lo supera. Rabbiosa la reazione dei lagunari che trovano subito 1-1 con Serafini, pronto a festeggiare la rete dell’ex approfittando di un assist di testa di Lattanzio. Il pareggio sembra mettere le ali al Venezia, ma il bomber si divora il sorpasso dopo aver messo a sedere anche il portiere, Contini è lì appostato sulla linea e salva tutto. Così la squadra arancioneroverde perde la bussola commettendo dei grossi errori in fase difensiva, e si sbilancia subendo la rete del sorpasso, che sarà poi letale dal punto di vista psicologico. Taugordeau trova il varco giusto al 33’ per fornire l’assist buono per Franchi, che con un intervento sottomisura, ed in scivolata, insacca il 2-1. Il Piacenza prende coraggio e il bel Venezia ammirato finora sparisce di scena. Infatti, il palo salva Vicario sul tiro di Taugordeau, ma sul prosieguo dell’azione, lo stesso realizza il 3-1 che spezza le speranze della compagine veneta. Nella ripresa infatti, in campo c’è soltanto il Piacenza che diverte e si diverte creando altre occasioni da rete, anche se il solito Serafini prosegue la sfida con Boccanera mancando per un soffio la rete della speranza. Nel finale però gli emiliani chiudono i conti fino a trovare il 4-1 con una conclusione di Porcino, e successivamente il pokerissimo è di Minincleri, che dopo diversi tentativi riesce a trovare anche la via della rete con una bella azione personale. Un risultato troppo pesante il 5-1 che recita il tabellino, il Venezia ha fatto la sua parte, ha rischiato anche di poterla riaprire, soprattutto con Serafini, ma quando le forze sono venute a mancare ha letteralmente tirato i remi in barca. Complimenti comunque al Piacenza che se l’è giocata alla grande, ha trovato subito il vantaggio, ha subito il pari, ma poi ha sempre ribattuto ad ogni azione, ed è stato anche in parte fortunato perché la squadra veneta avrebbe potuto anche segnare quel gol che forse avrebbe riaperto il discorso. Poi il 4-1 è stato il colpo di grazia definitivo. Il Piacenza ha giocato con grande impeto e coraggio senza commettere gravi errori, alla fine il risultato è sicuramente troppo largo, ma il Venezia ha venduta cara la pelle, e soltanto quando la convinzione e i giri del motori si erano esauriti, forse troppo presto, ha ammainato bandiera bianca. Peccato però concludere con un passivo così umiliante una stagione comunque positiva. Adesso in laguna si possono programmare le ferie, mentre al Piacenza basta un pari domenica a Bellinzago per accedere alla final four.
Ore 13.50 – (Corriere delle Alpi) Non sorride mister Vecchiato negli spogliatoi del centro sportivo Gabbiano, mentre da fuori arrivano i cori di una tifoseria in festa, che sogna il doppio salto dall’Eccellenza alla Lega Pro. Poco importa se in palio non c’era niente di troppo concreto. Perdere non piace a nessuno: «In generale non meritavamo di uscire sconfitti. Ci sono state buone occasioni per noi, qualcuna interessante per loro e quindi sostanzialmente una situazione di equilibrio. Solo che con il Campodarsego c’è il giocatore individualmente più forte del campionato, ossia Kabine, e si può tranquillamente dire che l’ha decisa lui». L’analisi del mister gialloblù prosegue: «La stagione non neghiamo che sia stata ottima, ma noi ci tenevamo a vincere. Non è lo stesso riuscire a vincere o perdere e questo ci dispiace molto, anche perché la partita l’avevamo fatta molto bene. Adesso possiamo pensare a riposarci un po’». E così, avendo già Vecchiato da qualche mese la riconferma in tasca, si può dare un’occhiata alla stagione che si sta avvicinando: «Non possiamo sapere quello che succederà, magari saremo costretti a giocare per la salvezza. Ogni anno ricomincia tutto daccapo, con l’incognita sempre di quello che potrà essere o diventare il nostro obiettivo. Ci sono cambiamenti e tante situazione ma più in generale dico che, nella nostra posizione, è più difficile fare meglio che non fare peggio. Questo va tenuto sempre ben presente». Nessuno sbilanciamento per le possibili novità oppure uscite: «Adesso ci penseremo. Chiaro che gran parte del gruppo resterà, ma qualche modifica ci sarà. Però ripeto: non si può avere un quadro definito della situazione. Invece, quello che non può mancare è il lavorare e pianificare ogni passaggio».
Ore 13.40 – (Corriere delle Alpi) Salta il Campodaresego al ritmo di «E l’anno prossimo gioco in Lega Pro». Va invece con l’animo triste il Belluno a salutare i quasi 150 tifosi scesi fino in terra padovana. Eppure la finale playoff cambiava poco o nulla alla stagione dei gialloblù. Non c’erano possibilità per il ripescaggio, anche se in palio veniva messa la soddisfazione di un traguardo che avrebbe coronato il terzo bel campionato di fila. Volevano vincere Corbanese e compagni, che però devono arrendersi a un super Kabine. La doppietta dell’ex, di cui uno però favorito da una rivedibile situazione difensiva, vale la vittoria per i biancorossi che adesso sono messi proprio bene in graduatoria ripescaggi e il prossimo anno potrebbero trovarsi nella vecchia C. Il Belluno però non sta a guardare e anzi gioca forse in maniera più grintosa rispetto alla formazione di Andreucci. Nella ripresa fallisce per un nulla il pareggio con Acampora, prende una traversa con Masoch e nel finale va all’assalto dopo il fortunoso centro di Mosca. Non basta comunque a cambiare il copione del match e così manca l’ultimo tassello, anche se non era fondamentale. Temperatura estiva che cucina gli oltre mille spettatori sulle tribune scoperte dell’impianto padovano. Fumogeni e colori biancorossi, ma si fanno sentire pure i tifosi del Belluno. Vecchiato recupera Acampora, ma conferma gli undici di Este. Così Pescosta è spostato sull’esterno destro quasi a ridosso di Corbanese, con Mosca dall’altra parte, mentre dietro è Sommacal ad occupare il ruolo di terzino. Ha un’abbondanza incredibile davanti l’ex Andreucci che si può permettere in panchina Cacurio e l’ex Varese, Zecchin. C’è il cugino d’arte Radrezza nel tridente con Aliù e Kabine, mentre al centro della difesa spicca l’ex gialloblù Poletti. Il Campodarsego attua un pressing molto alto che qualche volta fa impostare in maniera errata l’azione ai gialloblù. Intanto, Miniati riesce comunque a servire Pellicanò, che viene chiuso al momento di calciare. Ci prova anche Bertagno da fuori, mandando alto, ma all’11’ il primo affondo premia i padroni di casa. Radrezza riesce a toccare un pallone alto per Kabine e Calcagnotto, in anticipo, tenta di appoggiarla di testa a Solagna, nel frattempo uscito in maniera discutibile. Così lo stesso attaccante marocchino riesce ad intercettare di punta il pallone e mandarlo in fondo al sacco. Corbanese prima da solo con una girata, poi con un tocco vanificato da Miniati, tenta di dare la scossa ma quando ripartono i padroni di casa fanno sempre male e ci manca poco che il diagonale di Pellizer non valga il raddoppio. Ultima chance del primo tempo una conclusione di Corbanese che per poco non trova il tap-in di Masoch. In avvio di ripresa Sommacal, ammonito, lascia il posto ad Acampora con Pescosta che scala nel suo ruolo naturale. Il gran caldo abbassa i ritmi di gioco, eppure quando ha l’occasione lo stesso ex Monfalcone è bravo a suggerire per la sovrapposizione di Pescosta che entra in area ma non riesce a concludere in porta. Entra anche Salvadego per Pescosta ma le mani nei capelli i tifosi gialloblù se le mettono al 25′: dai 30 metri bombarda Masoch, traversa e Acampora prova un assurdo tap-in di testa che Merlano non fa altro che bloccare incredulo. Kabine prima fallisce un rigore in movimento, poi ubriaca la retroguardia ospite e autografa il raddoppio. Pare finita, ma Mosca recapita in rete un cross sbagliato. Tenta gli ultimi assalti la squadra gialloblù, ma per la conquista dei playoff non basta.
Ore 13.20 – (Gazzettino) «Ho cominciato nove anni fa in Prima categoria, adesso siamo nei professionisti. Non so davvero cosa dire». È emozionato più che mai il presidente Daniele Pagin. Mentre parla, alle sue spalle è un susseguirsi di giocatori che invocano a squarciagola al patron di dare un premio economico. «Siamo terzi nella graduatoria dei ripescaggi – dice – e ci sono sei posti. Dobbiamo fare delle valutazioni in settimana, tanto che non mi sono preso appuntamenti di lavoro. La volontà è fare la Lega Pro, e le proverò tutte per farla. Mi sono già mosso cominciando a tessere la tela, e ho già degli sponsor importanti. Il Campodarsego può fare la Lega Pro, ma non chiedetemi adesso dove. Da domani (oggi, ndr) mi organizzerò e cercherò di vedere cosa posso fare». Andreucci rimane? «Ne parleremo. Una ventina di giorni ci siamo visti con lui, e c’era anche Gementi, ed eravamo rimasti che ci ritenevamo tutti liberi a prescindere dai risultati. Ma Andreucci ha vinto due campionati in altrettanti anni, cosa gli si può dire… Ci dobbiamo chiarire le idee. Fermo restando che un conto è fare la D, e un altro è fare la Lega Pro che è un mondo che non conosciamo». Ecco Antonio Andreucci, che ha il merito di avere portato in alto il Campodarsego come mai prima nella sua storia. «È stata un’avventura fantastica iniziata l’anno scorso. In due stagioni abbiamo vinto un campionato di Eccellenza e una Coppa Veneto, e quest’anno un play off di serie D. Credo che il merito vada veramente a tutti: a partire dal presidente e dal direttore, dallo staff e dai giocatori che sono stati i veri protagonisti, è stato un ambiente davvero fantastico. La possibilità di lavorare bene che ti danno qui, credo che sia difficile ritrovarla in altre situazioni». Quanto le piacerebbe allenare il Campodarsego in Lega Pro? «Sarebbe un’avventura strepitosa. Ora vediamo perché la vittoria di questi play off può spalancare altre porte. Volevamo arrivare a questo risultato e ora parleremo». Eroe di giornata Kabine, autore di una doppietta magica che spalanca le porte al sogno Lega Pro: «È un piacere, dovevamo vincere. Abbiamo dato la possibilità alla società di fare il professionismo. Abbiamo dato il massimo, adesso ci godiamo questo momento». Aggiunge: «Speravo vincere direttamente il campionato, ma bisogna avere la lucidità per ammettere che il Venezia aveva qualcosa in più di noi. Per Campodarsego resta comunque un traguardo storico, e io e i miei compagni siamo fieri di avere fatto felice questa dirigenza e questo paese. Il mio futuro? Se il presidente vuole, resto».
Ore 13.10 – (Gazzettino) Un giorno che rimarrà nella storia del Campodarsego. Vince i play off e adesso può vedersi materializzare il ripescaggio nei professionisti alla luce del terzo posto in graduatoria. Tanto che al triplice fischio il coro di Bedin e compagni è uno solo: «Tanto già lo so che l’anno prossimo giochiamo in Lega Pro». Una festa grande nel segno di Kabine, ancora lui: già protagonista con un gol nel pareggio (2-2) con la Virtus Vecomp che è valso il passaggio del primo turno, con il Belluno fa ancora meglio sfoderando una doppietta che manda in visibilio tutto l’ambiente biancorosso. E il Gabbiano diventa una piccola “bombonera” stracolma di entusiasmo. Rispetto alla sfida con la Vecomp, l’unica novità è rappresentata da Bortot terzino destro (fuori Arthur). Buono l’impatto dei padovani che cercano subito il recupero alto della palla e mettono alle corde i gialloblù. Anche se a dire il vero sono proprio gli ospiti a rendersi per primi insidiosi, provvidenziale la chiusura in angolo di Gal su Pellicanò pronto alla battuta a rete con il mancino. Meglio il Campodarsego dicevamo, e il vantaggio non tarda. Punizione di Bedin, Aliù prolunga di testa con la sfera che arriva al limite dell’area e Kabine, d’astuzia, approfitta del pasticcio tra Solagna e Calcagnotto per mettere con la punta del piede nel sacco. A questo punto i padovani arretrano di qualche metro e fino all’intervallo è il Belluno a tenere l’iniziativa. Anche se Merlano è chiamato a sbrogliare solo qualche cross, mentre quando si oppone con la mano a Mosca, l’arbitro ferma il gioco per fuorigioco. In questa fase se si può fare un appunto al Campodarsego, è che non riesce a gestire palla finendo spesso per buttarla lunga senza costrutto. Ciò non toglie però di creare l’occasione del raddoppio con una ripartenza bruciante di Radrezza (messo in moto da Bedin), scarico per Pelizzer che manda con il diagonale a lato di un soffio. Nella ripresa è monologo del Belluno sul piano del possesso, ma i padovani sono registrati a meraviglia tra i reparti e non concedono quasi niente. Anzi davanti ci prova Aliù all’improvviso (poco alto). Solo a metà frazione gli ospiti fanno correre un brivido gigantesco: Masoch dalla distanza coglie la traversa, palla viva per Acampara che di testa colpisce male e Merlano può bloccare. Il pericolo corso scuote la squadra, e Kabine potrebbe fare scorrere in anticipo i titoli di coda, ma sull’invito di Aliù alza incredibilmente la mira da posizione invidiabile. Il raddoppio è comunque solo rimandato, perché l’attaccante si fa perdonare insaccando il 2-0 con la complicità di Solagna. La sfida sembra chiusa qui, invece Mosca la riapre con un tiro cross che sorprende Merlano. Ma il Camppodarsego non concede più niente, e al triplice fischio si può scatenare in una festa coinvolgente da fare venire i brividi.
Ore 12.50 – (Mattino di Padova) Alla fine della partita il patron del Campodarsego, Daniele Pagin, è in giro con tifosi e amici a festeggiare: scherza, ride con tutti ed è un vulcano di euforia. «A inizio stagione ci eravamo prefissati di piazzarci tra le prime otto in classifica» grida raggiante «Siamo andati ben oltre le aspettative, grazie ad alcuni acquisti indovinati e al lavoro svolto nel corso degli ultimi mesi. E così in nove anni da presidente, dalla prima categoria siamo arrivati fin qui: cosa si può volere di più?». Sul futuro di mister Antonio Andreucci, che ha allenato e traghettato questa squadra in questi ultimi due anni di successi, il presidente ancora non si sbilancia. «Ne parleremo nei prossimi giorni, sarà opportuno sederci attorno a un tavolo e discuterne serenamente» chiude lapidario, mentre sente già in tasca l’approdo in Lega Pro. Intanto Andreucci festeggia con i giocatori il traguardo raggiunto: «Come dico sempre, è un lavoro corale che parte dai dirigenti, passa per l’allenatore e i preparatori e arriva infine ai calciatori» spiega «Abbiamo sempre giocato al meglio delle nostre possibilità, anche oggi siamo stati concreti davanti e ben piazzati nelle retrovie. Soprattutto nel secondo tempo abbiamo dimostrato di esserci guadagnati il risultato». Neppure lui lascia trasparire dettagli sulla firma o meno di un nuovo contratto con la società biancorossa. Prima di esprimersi il collega del Belluno Roberto Vecchiato, suo ex giocatore ai tempi della Real Vicenza, mostra di incassare con la massima sportività la sconfitta e ribadisce l’affetto e la stima verso l’ex maestro, peraltro incontrato in campionato soltanto tre settimane prima. «Quando entriamo in campo cerchiamo sempre di giocarcela al massimo. Anche stavolta abbiamo creato le nostre occasioni, forse per quanto fatto vedere non meritavamo di perdere. Ma il Campodarsego è una signora squadra, che davanti ha chi fa la differenza e dietro può fare barriera grazie alla fisicità». Tra i due, immancabili abbracci e pacche sulle spalle. Fuori dagli spogliatoi si aggirano i giocatori del Campo, molti dei quali rimandano le docce per esultare e brindare. Tra di loro non manca il mattatore Kabine Mehdi, acquistato a dicembre e forte di esperienze in serie superiori; in passato fu uno degli artefici della risalita del Carpi. Bellissima stagione, sono contento per tutti perché il nostro punto di forza è stato prima di tutto il gruppo. Aver fatto due gol qui nei playoff mi rende felice anche per i miei compagni, posso dire che abbiamo combattuto fino alla fine. Certo, la capolista Venezia alla quale abbiamo conteso il primato per qualche tempo aveva qualcosa in più delle altre, ma abbiamo fatto vedere in ogni caso il nostro valore».
Ore 12.40 – (Mattino di Padova) Il Campodarsego si congeda dai propri tifosi nel migliore dei modi, con la vittoria nell’ultima fase dei playoff ai danni del Belluno. Per i padroni di casa ora ci sono concrete speranze per un ripescaggio e quindi di promozione in Lega Pro. Ospiti subito in avanti, con il tentativo di Franchetto su azione dalla bandierina. Rispondono i biancorossi con una punizione di Kabine. Proprio quest’ultimo porta in vantaggio i suoi all’11’, sfruttando un assist di Aliù e scavalcando Solagna con un pallonetto ben calibrato. Il Belluno non si arrende e alza il proprio baricentro, senza però risultare particolarmente incisivo; nei minuti successivi l’unico tiro in porta è quello telefonato di Miniati. Dall’altra parte Radrezza gira il pallone a Pelizzer, conclude di poco a lato. Il Belluno ci riprova con Corbanese, che riesce a coordinarsi con una semirovesciata ma non inquadra la porta. Di nuovo Miniati, stavolta su punizione, bella palla girare, ma sopra la traversa. Poi Piaggio s’infila in area e crossa basso per Aliù, un difensore allontana appena prima che possa concludere. Al rientro dagli spogliatoi c’è un avvio blando, con qualche spunto da una parte e dall’altra, ma poche azioni vere. La prima vera occasione è per Pescosta con un rasoterra che termina a lato. Risponde Aliù, che da posizione laterale si aggiusta bene la palla e tira di poco a lato. Su calcio piazzato c’è pure la conclusione di Radrezza, blocca il portiere senza problemi. Sussulto verso la mezzora con la gran botta dalla distanza di Masoch, la quale si stampa sulla traversa a portiere battuto; sull’incornata successiva di Acampora si fa trovare pronto Merlano. La squadra di casa si affida ai dribbling di Aliù, trasformati in due cross dei quali uno s’infrange tra le gambe dei difensori e l’altro arriva a Kabine, che però tira alto. Poco male per l’attaccante del Campo, perché a 10’ dalla fine del tempo regolamentare vola di prepotenza in area e supera Solagna con un potente destro ravvicinato. Il boato di gioia dei tifosi di casa, accorsi in massa per l’ultimo appuntamento ufficiale della stagione, fa presagire un finale tranquillo. Ma non è così, perché al 42′ accorcia le distanze Mosca con tiro cross dalla distanza che scavalca Merlano. I bellunesi si lanciano in avanti nella speranza di agguantare il pari in extremis e di riprovarci nei supplementari. Alla fine, tuttavia, l’intero bottino resta nelle mani dei Gabbiani, che possono esultare per una stagione da incorniciare in ogni caso: vetta della classifica solitaria per qualche giornata, quindi un secondo posto difeso con i denti, infine la vittoria negli spareggi che fa ben sperare. Anzi, sognare in grande.
Ore 12.10 – (Gazzettino) La Spal vince anche a Cittadella e conquista la Supercoppa di Lega Pro, i granata dovevano vincere invece incappano in una serata storta, dove tutto gira per il verso sbagliato, a cominciare dall’assenza dell’ultima ora di Litteri per “motivi personali”. Cittadella e Spal arrivano all’ultima gara della manifestazione a pari punti, con un successo a testa, ma i ferraresi in virtù della migliore differenza reti possono contare su due risultati utili, i granata invece devono vincere per conquistare il trofeo, tra l’altro con la trasferta di Benevento e i tre giorni in meno di riposo da mettere nel computo. Nel Cittadella oltre a citato Litteri (al suo posto Coralli), sono indisponibili anche Scaglia, Cappelletti, Bobb e Bizzotto. Passano 35 secondi e un’indecisione della retroguardia della Spal favorisce Jallow, il sinistro però è sbilenco. I biancazzurri passano al primo affondo: De Leidi interviene goffamente nella propria area, ne esce un assist per Finotto che mette il pallone al centro per il liberissimo Zigoni, colpo di testa facile facile per l’1-0. La Spal quando riparte è sempre pericolosa, Spighi non inquadra la porta, Schiavon sì ma il pallone è centrale. Sussulto del Cittadella al 18′ con Zaccagni che impegna Branduani direttamente da calcio d’angolo: il portiere respinge la sfera sulla linea, almeno questo sostengono arbitro e assistente, tra le proteste del Cittadella. Tre minuti dopo punizione di Paolucci e sponda di testa di Pascali sul secondo palo, Coralli arriva con un attimo di ritardo. Lo stesso centravanti è affondato dal destro al volo di Iori al 29′, che pareva bene indirizzato verso la porta di Branduani. È un buon momento per il Cittadella, alla mezz’ora un errato disimpegno della retroguardia ospite innesca Coralli, il diagonale termina sul fondo. Pericolosa la Spal al 37′ con Zigoni che calcia quasi in scivolata, si salva di piede Alfonso, che non può fare niente sul sinistro di Lazzari al 38′ deviato da Pascali che lo mette fuori causa. Passano tre minuti e la Spal va nuovamente a segno: sponda di Giani e rovesciata di Finotto nell’angolino. Il Cittadella rientra negli spogliatoi con un pesante passivo, praticamente impossibile rimontare tre gol (e farne un quarto per vincere la coppa) nei secondi 45 minuti. La squadra di Venturato nella ripresa ci mette anima e cuore, ma manca la lucidità. Al 24′ Finotto supera Alfonso in uscita, spazza Pascali, quindi è Sgrigna e vivacizzare l’ultimo quarto d’ora: al 29′ ci prova di sinistro, vola il portiere a deviare in angolo, che sia una serata storta lo conferma il colpo di testa di Pascali al 31′, fuori di un niente. Il Cittadella colleziona calci d’angolo – alla fine saranno 14 – e proprio in uno di questi al novantesimo Pascali gira di testa il pallone di Minesso, rendendo meno amara la sconfitta.
Ore 12.00 – (Gazzettino) A fine gara, in tribuna stampa, il mister Roberto Venturato prova ad analizzare l’incontro con obiettività e senza fare drammi, anche se l’amarezza per la sconfitta c’è tutta: «Il primo tempo non è stato sicuramente adeguato rispetto alle nostre prestazioni consuete, e la Spal ha saputo approfittare dei nostri errori – spiega il tecnico granata – Dobbiamo ringraziare comunque questo gruppo, che ha fatto una stagione straordinaria. Dispiace non essere riusciti a portare a casa per un soffio sia la Coppa Italia che la Supercoppa, sarebbero state due ciliegine sulla torta dopo la vittoria del campionato. Ma in ogni caso dobbiamo essere contenti di quanto è stato fatto, e guardare avanti». Sul futuro, comunque, l’allenatore preferisce non sbilanciarsi prima di comunicazioni ufficiali da parte della società: «Ci saranno tempi e modi per parlare anche di questo» spiega Venturato. Quanto ha pesato, sulla prestazione dei giocatori, l’impegno infrasettimanale disputato con il Benevento? «Certamente il poco recupero dopo la trasferta in Campania può avere influito – continua il tecnico – È indubbio che la Spal ha usufruito di più giorni per recuperare e si è dimostrata in condizione fisica migliore, anche se ritengo che i nostri errori siano dipesi più dalla foga di voler fare risultato che dalla stanchezza». Può avere influito anche un calo di tensione, dopo una stagione così lunga e caratterizzata da molte partite e altrettante soddisfazioni? «Non credo ci siano stati cali di tensione, la voglia di fare risultato c’era anche stasera come c’è stata sempre. Ripeto, abbiamo commesso degli errori ingenui e concesso troppo nelle ripartenze, e una squadra di qualità come la Spal ne ha saputo approfittare. È una lezione da cui potremo imparare molto, il prossimo anno in serie B incontreremo tante squadre con questo tipo di qualità. Mi dispiace per il pubblico e anche per i ragazzi, ci tenevamo a chiudere con un risultato importante, ma gli errori nel primo tempo sono stati troppi, e poi sul 3-0 era onestamente difficile pensare di riaprire l’incontro». Sull’assenza dell’ultimo minuto di Gianluca Litteri, infine, spiega Venturato: «Il giocatore ha avuto un problema personale e non ha potuto essere a disposizione, non dico di più perché credo sia giusto rispettare la sua privacy».
Ore 11.50 – (Gazzettino) Quasi meglio in proiezione offensiva che non a salvaguardia della propria difesa, Manuel Pascali in sala stampa racconta: «Abbiamo costruito molto ma diverse cose ci sono girate male e soprattutto abbiamo concesso gol evitabilissimi. Sono andato vicino pure io al gol in diverse circostanze prima di realizzarne uno alla scadere quand’era troppo tardi. Di solito in questa stagione gol ne abbiamo sempre fatti tanti, peccato non esserci riusciti anche questa volta». La Spal soprattutto nella prima parte è apparsa più lucida rispetto i granata. Pascali riprende: «Abbiamo trovato delle difficoltà, pagando le due gare ravvicinate e la trasferta di Benevento. Probabilmente la nostra stanchezza era più a livello mentale che fisico». Alzando lo sguardo sulla stagione, continua: «È un peccato avere chiuso con questa sconfitta davanti ai nostri tifosi, perdere non fa piacere ma teniamoci stretto quello che di buono abbiamo fatto in questa fantastica stagione, con tanti record». L’obiettivo principale era ritornare subito in serie B, centrato con tre giornate di anticipo. Continua Pascali: «Non bisogna mai accontentarsi, questo gruppo avrebbe anche potuto fare di più, sfiorando la Coppa Italia e la Supercoppa di Lega Pro». Il difensore guarda avanti: «Adesso godiamoci queste meritate vacanze, è giusto staccare la spina dopo una stagione davvero tirata».
Ore 11.30 – (Mattino di Padova) Tanto forte e imbattibile in campionato, quanto fragile, prevedibile e disattento quando c’è un trofeo in palio, che sia la Coppa Italia o la SuperCoppa di Lega Pro fa poca differenza. Il Cittadella crolla inaspettatamente davanti alla Spal, nella sfida decisiva per l’assegnazione della SuperCoppa appunto, e lo “scudettino” della terza serie – ché tale dev’essere considerata la posta in palio del mini-torneo post stagione regolare – prende la via di Ferrara. Verdetto ineccepibile nella misura in cui l’ultimo atto di un’annata comunque da incorniciare sancisce la netta superiorità della squadra di Semplici su quella di Venturato. Apparsa tutt’altra cosa rispetto alla compagine garibaldina e sfrontata che mercoledì scorso aveva espugnato (4-2) lo stadio Vigorito di Benevento, rinviando dunque l’assegnazione del titolo alla sfida con Giani & C. E così la Spal succede, nell’albo d’oro, al Novara. Il “giallo” Litteri. Un’ora prima dell’inizio della gara arriva la sorpresa che non t’aspetti: Gianluca Litteri non è inserito nè nell’undici titolare nè fra le riserve. L’assenza è liquidata con “problemi personali” non meglio precisati. Fatto sta che l’attaccante non è neppure presente al Tombolato quando i 22 scendono in campo. Lo sostituisce “Ciccio” Coralli. Il solito Zigoni. Non è serata da grande pubblico, sugli spalti ci sono meno di 1.800 spettatori, di cui 400 arrivati dall’Emilia, i quali si fanno sentire in modo pesante: cori contro il Padova e sfottò all’indirizzo degli avversari («Giochiamo in casa» e «Salutate la capolista»). Il Cittadella non parte male, anzi dopo neppure 30 secondi Jallow ha la palla buona per colpire, ma non inquadra la porta e spreca. Solo che, con il passare dei minuti, ci si rende conto che il modulo dei biancoazzurri è più efficace di quello granata perché a centrocampo gli uomini di Semplici, in superiorità numerica, sfruttano al meglio le ripartenze, presentandosi in 3-4 pericolosamente ai limiti dell’area padovana e creando sempre pericoli per la porta di Alfonso. Il quale capitola al 10’: De Leidi, all’altezza dell’area piccola, intercetta male di coscia un pallone abbastanza innocuo, Finotto si avventa sulla sfera e dal fondo crossa alla perfezione per l’incornata facile facile del figlio d’arte Gianmarco Zigoni, con Pascali sorpreso. Il Citta reagisce, per diversi minuti costringe la Spal a rintanarsi nella propria metà campo, ma oltre un tiro a rientrare dalla bandierina del corner di Zaccagni, che non si sa se superi o meno la linea bianca quando Branduani respinge (18’), un colpo di testa di Pascali che si perde di poco sul fondo (21’), e un diagonale di Coralli che esce di un niente (34’) non produce. In 3’ partita chiusa. Sornioni, attenti nel non concedere spazi ai bomber di casa, gli ospiti chiudono i conti fra il 38’ e il 41’: dopo che Alfonso aveva evitato, respingendo di piede, il 2 a 0 su conclusione di Zigoni (37’), è Lazzari ad inventarsi il raddoppio, con una serpentina a destra, superando Benedetti, accentrandosi e calciando di sinistro sul palo più lontano. La fortuna gli dà una mano perché sulla traiettoria si frappone la coscia sinistra di Pascali, che fa sponda e imprime la correzione decisiva. Il tris arriva con Finotto, che in rovesciata, solo soletto, all’altezza dell’area piccola capitalizza a dovere una sponda aerea di Giani, senza che nessuno si preoccupi di contrastarlo. E la SuperCoppa non c’è. Nella ripresa si gioca per l’onore. La Spal sfiora due volte il poker, con Alfonso bravo a deviare in angolo un tiro a colpo sicuro di Spighi (9’) e con De Leidi che nega la soddisfazione della doppietta a Finotto, il quale aveva evitato il portiere in uscita (23’). Il Citta, piuttosto stanco, si vede neutralizzare in angolo, con un gran balzo di Branduani, il punto della bandiera, firmato Sgrigna (29’), e poi Pascali di testa, in tuffo, manca di un soffio la porta (31’). Ma il difensore riesce almeno a salvare l’onore dei suoi, facendo centro, con una deviazione di nuca, su angolo di Minesso (45’). Alla fine, dovrebbe esserci la consegna del trofeo ai vincitori, ma non va in scena alcuna cerimonia. La Coppa è rimasta negli uffici della Lega Pro e verrà consegnata alla prima occasione utile. Valli a capire, quelli di Firenze e i loro strani regolamenti…
Ore 11.20 – (Mattino di Padova) Niente ciliegina sulla torta. Anzi, per usare le parole dello stesso Roberto Venturato nella sala-stampa del Tombolato, «niente doppia ciliegia, visto che dopo la Coppa Italia non è arrivata la SuperCoppa». Ma c’erano avvisaglie di un calo di tensione, di ritorno dalla vittoriosa trasferta di Benevento? «Io non parlerei di niente del genere», puntualizza il tecnico del Cittadella. «Semplicemente abbiamo commesso degli errori che una squadra forte come la Spal ha saputo punire. In un certo senso abbiamo pagato la voglia di strafare, di portare a casa a tutti i costi questo trofeo». Prima di analizzare la partita ci sveli il “giallo” dell’assenza di Litteri. «Non c’è alcun “giallo”. Gianluca ha avuto un problema personale dopo che erano state diramate le convocazioni, rispettiamo la sua privacy. Ci ha avvisato in mattinata». Torniamo al match, cosa non le è piaciuto in particolare? «Abbiamo tenuto spazi troppo ampi fra i due interni di centrocampo e gli uomini di Semplici ne hanno approfittato. In generale, l’intero primo tempo non è stato adeguato a quello che siamo noi. Una squadra forte come quella ferrarese ha saputo giovarsi di una serata in cui non abbiamo tenuto il campo come abbiamo saputo fare nel corso del resto della stagione. Quando si sbagliano i tempi di gioco, a questi livelli, poi si viene puniti. Dopodiché è vero che saremmo potuti andare in vantaggio subito con Jallow, su cui forse c’era anche un rigore, e che, sotto 0-3, poi è diventato impossibile riaprire il match. Ma non ci sono scuse, la Spal è stata più brava di noi e ha meritato questo successo». Cosa le spiace di più? «Succede di sbagliare, ma mi spiace per il pubblico che ci ha seguiti anche stavolta sperando di festeggiare e, sinceramente, mi spiace anche per noi che tenevamo a chiudere bene una stagione comunque fantastica». Quanto può aver influito il poco tempo a diposizione per recuperare dalla gara di mercoledì sera? «Sicuramente non aver recuperato dalla gara di Benevento ha influito, i biancoazzurri hanno avuto più tempo a disposizione di noi. Ho provato a far giocare chi non era sceso in campo mercoledì, ma a livello generale la condizione fisica loro era sicuramente migliore della nostra, ha avuto il suo peso anche questo». E adesso? «Da questa partita dobbiamo trarre una lezione per la prossima stagione. Detto questo, dobbiamo ringraziare tutto il gruppo: i ragazzi che hanno disputato un campionato straordinario, al di là del risultato di quest’ultima partita». Parla della prossima stagione, quindi diamo per assodato che la firma sul suo contratto arriverà a breve. Sotto questo aspetto, d’altra parte, non ci sono molti dubbi. «Del futuro mio e dei giocatori avremo tempo e modo di parlare. In ogni caso, chiunque ci sia l’anno prossimo, il Cittadella disputerà il campionato di Serie B e dovrà evitare che si ripetano partite come questa. Adesso, però, è giusto staccare la spina, è stata una stagione intensa per tutti».
Ore 11.10 – (Mattino di Padova) Non si può dire che Manuel Pascali non ci abbia provato. Non è un caso che la rete della bandiera granata sia arrivata dal gladiatore venuto dalla Scozia, fra i pochi a salvarsi ieri sera, nonostante qualche distrazione di troppo. «Abbiamo commesso errori evitabili, sia nel primo che nel secondo tempo. Dietro ci saremmo potuti comportare meglio, e credo si sia visto che eravamo stanchi sia fisicamente che mentalmente. Io, in particolare, mi sono visto arrivare addosso solo all’ultimo momento il pallone del 2-0 colpito da Lazzari, ma sarei potuto essere più reattivo nell’occasione». Il difensore non nasconde il suo rammarico. «Mio e anche dei miei compagni. Per come li conosco, sono convinto che molti di loro faticheranno a mandar via il magone, perché avremmo potuto vincere sia la Coppa Italia che la SuperCoppa. Il k.o. in questa partita, tuttavia, non cancella una stagione straordinaria. Sicuramente, l’anno prossimo dovremmo limitare gli errori commessi dal reparto arretrato: una squadra come la nostra doveva subire meno gol». Il suo timbro, “Paska” l’ha comunque messo. «E avrei potuto segnare almeno un altro paio di gol. Magari finirò la carriera tornando a giocare a centrocampo, così farò qualche gol in più…».
Ore 10.40 – (Gazzettino, editoriale di Claudio Malagoli dal titolo “Bene le prime mosse, ora la scelta più delicata”) Bene sta facendo la collaudata coppia Bergamin & Bonetto a rispondere con i fatti alle sterili e a volte anche pretestuose critiche seguite al divorzio con De Poli: biennale a De Risio, rinnovo in vista per Neto, disponibilità a prolungare il contratto a Diniz, trattativa con Fabiano per un nuovo ingaggio. Il tutto sotto l’ombrello di Zamuner, le cui prime mosse hanno restituito ai due soci di maggioranza quell’identità di vedute che si era un po’ smarrita sotto la gestione di De Poli. Ora però c’è da prendere la decisione più delicata, ovvero la scelta dell’allenatore. Pillon ha il vantaggio di conoscere già la squadra e l’ambiente. Ciò non toglie però che Zamuner, d’intesa con Bergamin e Bonetto, abbia il diritto di fare tutte le valutazioni del caso e di puntare sul tecnico che riterrà più idoneo a sposare il progetto della società.
Ore 10.30 – (Gazzettino) E sembrano vicini alla permanenza anche i connazionali Neto Pereira e Fabiano, anche nel prossimo torneo il terzetto carioca potrà regalare al Padova una marcia in più. «Sarebbe bello – replica Diniz – ma non siamo solo noi brasiliani la base da cui ripartire. Penso a De Risio, Altinier, Dionisi, Petrilli e tutti gli altri sotto contratto. Con questi giocatori si potrebbe ambire a traguardi importanti e se la società ha già rinnovato con De Risio e potrebbe farlo con altri significa che sta pensando in grande. Con qualche altro ritocco si può spiccare il salto di qualità». E non manca un pensiero per Pillon: «Spero resti anche lui e possa completare il lavoro svolto. Lo meriterebbe, mi farebbe piacere e tutti ne saremmo avvantaggiati». Nel campionato appena concluso è proprio Diniz il giocatore con il minutaggio più alto: «Una bella soddisfazione. Questo è l’anno in cui ho giocato di più in dieci di carriera; a parte qualche problema al ginocchio nel finale, tutto è filato liscio». Meglio giocare al centro o a destra? «Il mio vero ruolo è quello di centrale e lì vorrei giocare, per cui spero la società si muova per coprire eventuali vuoti a destra. Se poi per emergenza mi si chiede di spostarmi lo faccio volentieri».
Ore 10.20 – (Gazzettino) «Il Padova ha la precedenza, e giocare in questa piazza in Lega Pro vale la serie B». Marcus Diniz strizza l’occhio al biancoscudo nonostante su di lui, grazie a un’ottima stagione, abbiano messo gli occhi squadre di categoria superiore. Il brasiliano in questi a giorni a Bucarest, città d’origine della moglie Loredana, è sotto contratto per un altro anno e già si è aperta una trattativa per prolungare il suo vincolo e rintuzzare gli attacchi di Vicenza e Ternana. «È vero che ci sono proposte dalla B e dall’estero – conferma l’interessato – ma a me farebbe piacere restare. Il mio procuratore sta parlando con il Padova e spero si trovi un accordo. Sono ottimista, qui mi trovo bene». Il pressing maggiore arriva da Vicenza dove opera Antonio Tesoro, con cui Diniz ha condiviso quattro stagioni a Lecce e Como quando la famiglia del diesse biancorosso era al vertice delle relative società. «Fa piacere l’interesse, ma il Padova resta la prima squadra con cui parlo. La stagione non è ancora finita e penso che il discorso potrà essere affrontato anche più avanti visto che il mio contratto scade nel 2017». In realtà non è da escludere una definizione in tempi più brevi.
Ore 10.10 – (Gazzettino) Non mancano comunque soluzioni alternative, con in lizza, tra gli altri, Petrone, Asta, D’Aversa e Brevi. Sul fronte giocatori, invece, a breve è previsto il nero su bianco per un altro anno a Padova di Neto Pereira il cui contratto scade a giugno. Stessa situazione e analoghe prospettive per Fabiano che domani rientrerà in città dal Brasile, mentre la scorsa settimana ha prolungato il suo vincolo fino al 2018 il centrocampista De Risio, e potrebbe ripetersi la cosa, come riferiamo a parte, con Diniz che è assistito da Jerry Palomba, stesso agente del centrocampista e di Fabiano. A breve, infine, verrà comunicata la località del Trentino in cui verrà svolto il ritiro estivo. Con il primo impegno ufficiale in Coppa Italia previsto per il 31 luglio, rispetto agli anni passati si anticiperanno i tempi: partenza per la montagna l’11 o 12 luglio e ritrovo a Padova per i test e le visite mediche due o tre giorni prima.
Ore 10.00 – (Gazzettino) Oggi è il giorno di Beppe Pillon, quello in cui, in un senso o nell’altro, verrà messa una parola definitiva su un suo futuro ancora legato alla panchina del Padova. Dopo i primi contatti tra le parti dei giorni scorsi, in mattinata il tecnico di Mogliano s’incontrerà con il futuro responsabile area tecnica Giorgio Zamuner per una panoramica a 360 gradi che affronterà non solo le tematiche più strettamente tecniche, ma anche gli aspetti economici e le ambizioni della società. Un decisivo faccia a faccia al termine del quale si potranno avere le idee più chiare sulla conduzione tecnica del Padova per la prossima stagione. Nonostante l’ottimo lavoro svolto, salvo sorprese, la compagine biancoscudata sembrerebbe orientata per un cambio di direzione, con la lista delle preferenze che vede sempre in testa Bruno Tedino, legato però al Pordenone fino al 2018. La sconfitta per 3-0 dei friulani a Pisa rende ormai difficile l’accesso alla finale promozione e dunque la prossima settimana, oltre all’ufficializzazione dell’arrivo di Zamuner, potrebbe registrare sviluppi più chiari relativamente all’attuale allenatore dei neroverdi che il presidente dei “ramarri” Mauro Lovisa non sarebbe però intenzionato a liberare.
Ore 09.40 – (Mattino di Padova) L’agente di San Donà, dopo aver visto Pillon, riferirà nel tardo pomeriggio alla proprietà i risultati del colloquio e con lo stato maggiore del club farà la sua scelta tecnica. Decisione non facile. Via De Poli e via anche Pillon, il Padova non può permettersi di sbagliare nulla in funzione dell’obiettivo (dichiarato) che s’intende raggiungere nella stagione 2016/17, la Serie B o comunque i playoff. Zamuner vuole Bruno Tedino, ma l’allenatore del Pordenone è bloccato da patron Lovisa, che gli ha appena allungato il contratto sino al giugno 2018. C’è Stefano Sottili che può fare al caso (ma il futuro d.g. non avrebbe mostrato grande entusiasmo sul suo nome), anche se non è ancora detto che “rompa” con il Bassano, e c’è Oscar Brevi, esonerato dal Rimini di recente. Al tifoso, che attende notizie certe, rinnoviamo l’unico invito che la situazione ci suggerisce: bisogna aspettare, sono troppe le caselle che devono essere riempite prima di arrivare alla “fumata bianca”.
Ore 09.30 – (Mattino di Padova) L’impressione – lo abbiamo già scritto – è che, per com’è fatto l’uomo e per la coerenza che porta avanti nel suo modo di operare, l’allenatore trevigiano non proseguirà il suo rapporto con il Padova. E questo potrebbe “liberare” i soci di maggioranza, Bepi Bergamin e Roberto Bonetto, da una scomoda posizione, quella di essere additati alla piazza come i principali responsabili di un altro esonero (chè tale dev’essere definito), visto e considerato che molta importanza avrà il comunicato con cui ufficialmente si annuncerà la mancata conferma del mister attuale. Zamuner più… svincolato. La sconfitta (pesante) di Pisa, un 3-0 che compromette sensibilmente le chance dei “ramarri” di approdare alla finale playoff per la promozione in Serie B, può a questo punto fare il gioco del Padova, perché oggi Zamuner, che ieri era all’Arena Garibaldi con la squadra friulana, dedicherà l’intera giornata al suo futuro professionale, che lo porterà presto ad insediarsi nella stanza dei bottoni di viale Rocco
Ore 09.20 – (Mattino di Padova) E venne il giorno dell’incontro, tanto atteso, fra Giorgio Zamuner e Bepi Pillon. Andrà in scena stamattina, non si sa se nella sede del Padova, allo stadio Euganeo, o in altra località, ma quel che è certo è che il faccia a faccia tra il futuro direttore generale (con delega per la gestione sportiva) biancoscudato e l’allenatore di Preganziol servirà a fare chiarezza sull’area tecnica per la stagione 2016/17, dove si è già registrata l’uscita di scena dell’ormai ex direttore sportivo Fabrizio De Poli, esautorato nonostante una promozione dalla Serie D e un quinto posto in Lega Pro. Area tecnica che dovrebbe – l’ipotesi è molto più concreta di quanto s’immagini – essere azzerata del tutto, con l’addio anche di Pillon. Il quale, dopo aver già avuto uno scambio di idee con l’attuale consulente di mercato del Pordenone, nel corso di una chiacchierata telefonica avvenuta venerdì, metterà sul piatto non solo le proprie richieste (tecniche innanzitutto e poi economiche), ma anche una sacrosanta esigenza: quella di avere una società alle spalle che sia unita nella “filosofia” di gestione, e non che, se le cose dovessero mettersi male per i risultati negativi di un paio di partite, si faccia prendere da nervosisimi fuori luogo, puntando il dito, come in passato, su chi è alla guida della prima squadra.
Ore 09.10 – (Mattino di Padova) Marcus Diniz, invece, prima di raggiungere il Sudamerica è volato in Romania, dove sta trascorrendo la prima parte delle sue settimane di libertà con la famiglia della moglie. Percorso simile anche per Neto Pereira, anche se per raggiungere la famiglia della compagna Elena ha dovuto fare decisamente meno strada: l’attaccante carioca da qualche giorno è a Varese, e nelle prossime settimane volerà in Brasile pure lui. Tutti al mare. Per tutti gli altri sono le località di mare le più gettonate. Nelle varie isole spagnole, nei prossimi giorni, sbarcheranno Favalli (a Fuerteventura con la sua ragazza e un paio di amici veronesi), Niccolini, che in questi giorni sta ancora lavorando a Padova per recuperare dall’infortunio e a giugno volerà a Tenerife, e Dionisi, che dopo qualche giorno nel Lazio sbarcherà a Formentera con la fidanzata e la famiglia del fratello Federico, calciatore del Frosinone. Marco Ilari presto volerà in Inghilterra, a trovare la sorella che lavora in una trattoria italiana, Cristian Altinier si godrà le prime vacanze con la piccola Melita in Sardegna, mentre Petkovic tornerà dalla famiglia in Serbia. Infine, Petrilli: per lui vacanze in Grecia, a Mykonos, insieme all’ex biancoscudato Degrassi, che quest’anno ha conquistato un’altra promozione in Lega Pro con il Gubbio, e altri due giocatori umbri.
Ore 09.00 – (Mattino di Padova) Dal Brasile alle Canarie, passando per la Sardegna e… Reggio Emilia. Per i giocatori biancoscudati le vacanze stanno cominciando ad entrare nel vivo. Alcuni sono già partiti per i luoghi di villeggiatura, altri stanno trascorrendo alcuni giorni in famiglia e solo a giugno raggiungeranno le rispettive destinazioni. Vacanze sui libri. Ma le ferie più anomale sono di certo quelle di Francesco Finocchio. L’esterno italo-brasiliano, dopo aver salutato i compagni ormai dieci giorni fa con il “rompete le righe” alla Guizza, da diversi giorni si è recato a Reggio Emilia, e sta sfruttando questi primi giorni di vacanza per proseguire il suo percorso di studi accademici. Proprio in queste settimane, infatti, sosterrà gli esami universitari di diritto commerciale e di economia industriale: prima il dovere e poi il piacere, insomma, visto che, non appena avrà concluso questa sessione di esami, si concederà il meritato riposo e andrà con la fidanzata a trascorrere qualche giorno sull’isola greca di Santorini. Oltreoceano. I giocatori che in questi giorni percorreranno le distanze più lunghe per andare in vacanza sono, per forza di cose, gli altri tre brasiliani. Fabiano è atterrato nel suo Paese ormai da una decina di giorni (e infatti era l’unico assente all’ultimo allenamento alla Guizza) e sta trascorrendo le ferie in famiglia.
Ore 08.30 – Lega Pro girone A, la classifica finale: Cittadella 76, Pordenone 65, Bassano 62, Alessandria 57, Padova 54, Cremonese 53, Reggiana 52, FeralpiSalò 50, Pavia 49, SudTirol 44, Renate 43, Giana Erminio e Lumezzane 42, Pro Piacenza 39, Cuneo e Mantova 34, AlbinoLeffe 20, Pro Patria 7 (-3 punti di penalizzazione).
Ore 08.20 – Lega Pro girone A, la trentaquattresima giornata: Cremonese-Cuneo 2-1 (Sansovini (Cr) al 15′ st, Brighenti (Cr) al 22′ st, Cavalli (Cn) al 38′ st), FeralpiSalò-Pavia 1-3 (Manconi (Pv) al 9′ st, Ferretti (Pv) al 13′ st, Romero (Fs) al 35′ st, Ferretti (Pv) al 44′ st), Lumezzane-Pro Piacenza 0-0, Mantova-AlbinoLeffe 1-1 (Gonzi (Mn) al 25′ pt, Magli (Al) al 33′ pt), Padova-Alessandria 4-0 (Fabiano (Pd) al 4′ pt, Petrilli (Pd) al 23′ pt, Altinier (Pd) al 25′ pt e al 1′ st), Pordenone-Giana Erminio 3-1 (Bruno (Ge) al 12′ pt, Beltrame (Pn) al 16′ pt e al 2′ st, Valente (Pn) al 36′ st), Reggiana-Bassano 2-2 (Mignanelli (Re) al 47′ pt, Momenté (Ba) al 27′ st, Alessi (Re) su rigore al 37′ st, Cenetti (Ba) al 46′ st), Renate-Pro Patria 3-1 (Napoli (Re) al 3′ pt, Teso (Re) al 10′ pt, Santana (Pp) al 35′ pt, Ekuban (Re) al 20′ st), SudTirol-Cittadella 2-3 (Fink (St) al 5′ pt, Tait (St) al 11′ pt, Litteri (Ci) al 12′ pt, Paolucci (Ci) al 43′ pt, Coralli (Ci) al 25′ st).
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