36 punti in 18 partite, una media di 2 messi in cassaforte ogni match disputato. Proiettando questo ruolino di marcia sull’intera stagione, si arriverebbe a 68. Guardate la classifica attuale del girone A e fate un po’ i vostri conti… Ovviamente è un discorso portato all’eccesso, ma che Giuseppe Pillon abbia un marchio da promozione è ormai sotto gli occhi di tutti. In questo senso, lui ha già vinto: praticherà forse un gioco vecchio (ma è un uomo estremamente intelligente perché a differenza di altri suoi colleghi, per esempio Mutti e Colomba, si è circondato di collaboratori giovani e preparati che lo hanno aiutato a rimanere lucido e in sella), magari avrà tolto un po’ di romanticismo a questo campionato visto che ha sostituito un allenatore entrato nei cuori di tutti come Carmine Parlato, ma di sicuro sta facendo più di quanto la società gli avesse chiesto all’inizio del suo mandato. Bonetto e Bergamin gli avevano domandato esclusivamente di traghettare la squadra fuori dalle sabbie mobili e di chiudere senza affanni il primo anno al ritorno fra i professionisti. Pillon ha fatto di più, quando mancano appena tre giornate sta tenendo in vita il sogno playoff fino all’ultimo: un’impresa che resta complicatissima per una serie di ragioni, ma già il fatto che sia ancora possibile dopo tutto quello che è accaduto è degna di essere applaudita.
Le cifre saranno pure aride, ma aiutano molto a capire. C’è chi lo ha sempre guardato con diffidenza, rimproverandogli oltre il lecito (e cioè la critica fine a se stessa, non costruttiva) di non osare, azzardando che non sia l’allenatore giusto per il Padova e mettendo sul piatto qualche punto perso nel corso del cammino. Sarà pur vero che in un paio di casi Pillon abbia commesso errori, come peraltro fatto notare in questa sede, ma le cifre dovrebbero bastare a tacitare chi proprio non riesce a vedere l’evidenza. I punti persi che potrebbero costare i playoff al Padova non sono certo quei pochi lasciati per strada da Pillon, ma quelli della gestione Parlato. Ricordiamo, a scanso di equivoci, che dopo la grande impresa compiuta lo scorso anno di riportare il Padova in Lega Pro (perché di tale si tratta), Parlato ha avuto la chance di compiere il salto di qualità anche personale alla guida della squadra della sua città. Ma che ha ottenuto appena 15 punti in 13 partite, con una media di 1,15 ogni novanta minuti disputati, fallendo la missione. Non esclusivamente per demeriti propri, questo va sottolineato, ma ci sono precise responsabilità in quanto accaduto. E’ vero solo in parte, poi, che Pillon abbia beneficiato di maggiori risorse rispetto a Parlato, perché se andiamo a vedere l’undici tipo schierato con maggiore frequenza dal tecnico trevigiano dei nuovi acquisti di gennaio il solo Sbraga è stato utilizzato come un titolare pressoché inamovibile oltre, infortuni e squalifiche a parte, a De Risio (ma non con la stessa continuità). Per il resto la formazione titolare presenta giocatori già a disposizione di Parlato prima dell’esonero. Tutto questo non certo per negare che i rinforzi di gennaio (arrivati comunque alla fine del mese nella quasi totalità) abbiano avuto il loro peso, ma per evidenziare correttamente i meriti di Pillon.
Detto questo, parliamo di questo spiraglio importante che si è aperto in chiave playoff. I dubbi sono ancora tanti: avrà voglia il SudTirol di giocarsi il match con l’Alessandria con la giusta concentrazione? Riuscirà il Padova a battere la Giana Erminio, espugnando poi Bassano per giocarsi tutto all’ultima di campionato all’Euganeo? La storia di questo campionato dice che, arbitri a parte, ogni volta che c’è stata la possibilità di lanciarsi in orbita, qualcosa si è inceppato. Questo non significa che non si possa cambiare il proprio destino. Ma che la squadra non pare (sinora…) avere nelle corde l’ingresso sulla scena da protagonista in extremis agli spareggi promozione. Occhio, però, che le sorprese sono dietro l’angolo e a questo punto può accadere davvero di tutto. Quello che mi preme sottolineare, però, è che guardando già al futuro, in società si deve tenere la schiena dritta e programmare una strategia comune chiara. De Poli in estate non voleva proseguire con Parlato in panchina, neppure Bergamin era convinto, mentre al contrario Bonetto riteneva che fosse l’uomo giusto per proseguire il progetto triennale impostato. Non c’è alcuna intenzione da parte mia di marcare le differenze fra chi comanda la società, ma insisto su un punto in particolare. Se De Poli verrà confermato, cosa al momento non scontata, gli si deve dare la possibilità di lavorare senza disturbi esterni. Il direttore sportivo deve poter scegliere l’allenatore e costruire con lui la squadra per tentare il salto di categoria. Ho fiducia in questa società e in tutti i suoi componenti: Bergamin ha una funzione presidenziale – calmieratrice che a queste latitudini era una perfetta sconosciuta, abituati come si era alle sciagurate gestioni Cestaro. Bonetto ha capacità manageriali indiscutibili che sono imprescindibili se si vuole costruire una società forte e che guardi lontano. Poliero ha una conoscenza del settore giovanile che può essere determinante per investire il giusto sul domani evitando gli sprechi, mentre i meriti di De Poli superano i demeriti. E Pillon? Non si accontenterà del medio cabotaggio (non lo ha fatto neppure quest’anno…), quando si tratterà di discutere la sua permanenza chiederà che venga costruita sulla carta una squadra da promozione. Perché sa bene che, se non si alza l’asticella, lui stesso quasi certamente verrà stritolato dalle aspettative (legittime) della piazza. Per riassumere. E’ arrivato il momento di fare “all in” al tavolo da gioco e di giocarsi tutte le carte in mano. Vincendo le prossime tre partite, il Padova molto probabilmente arriverebbe ai playoff. Impensabile, fino a qualche settimana fa.