Dopo la trasferta vietata ai tifosi a San Martino di Lupari, domenica il Venezia dovrà giocare a porte chiuse contro il Montebelluna e pagare una ammenda di 3000 euro. Ovviamente il Venezia presenterà il ricorso, che qualora venga accolto, bloccherà la sanzione. Tutto questo in seguito al referto arbitrale stilato dopo l’incontro sul campo della Luparense. Tutto deriva dalla segnalazione che un guardalinee ha fatto all’arbitro, affermando di essere stato “spinto con vigore” da una persona non identificata e non iscritta nella distinta di gara, che sarebbe entrata sul campo per impossessarsi indebitamente del tabellone luminoso per le sostituzioni, e poi avrebbe spintonato l’assistente con un braccio sul petto, fino a farlo indietreggiare di un metro e mezzo. Non solo. Si legge nel comunicato del giudice sportivo che quella stessa persona si sarebbe poi nascosta nello spogliatoio del Venezia per sfuggire all’identificazione. A questo provvedimento si aggiunge la squalifica di due turni per il tecnico Giancarlo Favarin, allontanato dal campo a partita in corso, e l’inibizione a qualsiasi attività fino al 17 febbraio per il team manager Alessandro Servi, allontanato per comportamento non regolamentare consistito in una lite verbale con un tesserato della Luparense in campo e nei pressi dello spogliatoio a fine gara. Il Venezia presenterà ricorso d’urgenza contro la decisione di giocare a porte chiuse domenica al Penzo, ma si dovrà attendere domani per capire le decisioni che ne deriveranno. Per quanto riguarda l’allenatore, Favarin aveva già spiegato a fine partita l’episodio, dovuto al fatto che negli ultimi minuti non c’erano più a bordocampo i palloni di riserva e ad ogni rimessa laterale venivano persi preziosi secondi. »Gli ho detto che senza palloni non si può giocare a calcio» ha spiegato Giancarlo Favarin, ma evidentemente l’arbitro in questa frase ha inteso un tono offensivo. «Siamo di fronte a follia pura e purtroppo reiterata verso il Venezia» accusa il direttore sportivo Giorgio Perinetti, «io mi sono preso un mese di inibizione dopo la partita di Tamai per un referto in cui l’arbitro ha palesemente detto il falso. Abbiamo subìto ogni genere di penalizzazione sul campo tra espulsioni, rigori non dati e gol non visti, ma questo nel calcio può anche accadere. Poi a Verona la Virtus non ha fatto nulla per garantire la sicurezza nel suo stadio, e per giunta ha venduto birra e vino all’interno dello stesso. Ne sono nati tafferugli e hanno costretto noi a giocare a San Martino di Lupari senza tifosi al seguito. Adesso questa ulteriore follia. Basta, è ora di smetterla, nessuno chiede trattamenti di favore, ma solo il giusto rispetto». Perinetti entra nello specifico sui fatti di domenica scorsa a San Martino di Lupari. «Nessuno ha spinto il guardalinee, è una falsità. Il nostro magazziniere era andato a prendere il tabellone luminoso, visto che ce ne hanno già rubato uno, e stava rientrando. Ha per sbaglio ha urtato il guardalinee, e non si è nascosto in spogliatoio, stava solo svolgendo il suo lavoro dove deve stare. Se davvero avesse aggredito il guardalinee lo avremmo licenziato. La partita a porte chiuse è una sanzione che viene comminata per gravi problemi di ordine pubblico, non per una cosa del genere, oltretutto generata da un referto arbitrale che dice il falso. L’arbitro Severino era prevenuto verso di noi, e questo lo dimostra. Che ci dicano se il problema sono io, se è Tacopina oppure se è la presenza del Venezia in Serie D. Per fortuna il presidente era allo stadio, altrimenti potrebbe pensare che siamo tutti matti».
(Fonte: La Nuova Venezia)
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Rabbia e incredulità vanno di pari passo in casa arancioneroverde dopo la mannaia della giustizia sportiva. Il ricorso contro l’imposizione al Venezia di affrontare il Montebelluna a porte chiuse è stato subito predisposto (domani dovrebbe uscire l’esito) «più per reagire a una grande ingiustizia, non di certo perché fiduciosi circa un eventuale accoglimento, non essendo ammesse prove testimoniali per smentire quanto scritto da arbitro e guardalinee» lo sconforto del dg Dante Scibilia. Un’amarezza tuttavia che lo sfogo del ds Giorgio Perinetti fa passare in secondo piano. «Follia pura, non so cosa ci sia in atto ma siamo alla persecuzione ormai – le dure parole del dirigente lagunare – da parte di ufficiali di gara che, per la seconda volta, hanno refertato il falso. Tacopina? È a bocca aperta, si chiede cosa stia succedendo: per fortuna era a San Martino di Lupari e ha visto tutto, altrimenti potrebbe anche pensare di aver preso una società di pazzi». Il resoconto del Giudice Sportivo riporta dettagli che Perinetti contesta aspramente. «Se Fiorotto (il magazziniere, ndr) avesse spinto via il guardalinee dovremmo cacciarlo via e lui dovrebbe intentare una causa contro chi gli ha fatto perdere il posto di lavoro scrivendo il falso. A fine gara ha recuperato legittimamente la nostra tabella luminosa, visto che costa mille euro e una ci era già stata sottratta. Poi ha solo cercato di calmare una discussione un po’ accesa, anche avesse urtato il guardalinee c’è una bella differenza rispetto a uno spintone di un metro e mezzo come ha scritto Manara di Mantova». Il metro arbitrale verso il Venezia è da tempo contestato da Perinetti. «Siamo una società seria come poche, eppure veniamo trattati come dei delinquenti abituali e il «porte chiuse» lo conferma. Io stesso l’ho provato sulla mia pelle con la squalifica di un mese dopo Tamai per non aver fatto nulla contro il signor arbitro Pedretti di Lovere». Da parte sua il dg Scibilia si dice «allibito per provvedimenti su basi infondate. La chiusura dello stadio è a dir poco abnorme, cosa mai c’entra il pubblico? Assurdo, come le due giornate a Favarin. Siamo dispiaciuti e impotenti innanzi a continui errori e decisioni che portano a pensare male».
(Fonte: Gazzettino, edizione di Venezia)