Padova, Campanholi: “Il fallimento societario? Gran dispiacere, ma quello che ha fatto Cestaro…”

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A guardare quel ragazzino che sette anni fa aveva lasciato Padova quasi in lacrime, fa un certo effetto. Adesso è seduto in piazza Duomo, a un caffè come se nulla fosse successo. La gente intorno a lui nemmeno immagina la straordinaria storia. Il sorriso, col tempo, gli è tornato. Felipe Campanholi oggi è calciatore, ma un uomo vero. Era il gennaio del 2009 quando, dopo essere esploso nella giovanile biancoscudata e aver assaggiato la Lega Pro grazie a Carlo Sabatini, per colpa di una “miocardiopatia ipertrofica asimmetrica” aveva dovuto dire addio al calcio italiano. Un problema congenito al suo cuore brasiliano sembrava spezzare il suo sogno, e invece non ha fatto altro che spalancargli un portone ancora più incredibile. Ha giocato in Svizzera, in Canada, e oggi si toglie le sue soddisfazioni a New York. Ma a Padova torna sempre, anche perché, sette anni dopo, la fidanzatina padovana di allora presto diventerà sua moglie. «Il mio percorso, grazie a Dio, mi sta dando grandi soddisfazioni». Felipe torna per la prima volta a parlare del suo passato, e lo fa con il sorriso di chi dalla vita ha avuto quasi tutto. «A marzo io e Nicole ci sposeremo a New York, e Noah, nostro figlio, è la nostra gioia più grande. Ma tutti gli anni torno a Padova, a casa dei miei suoceri, perché questa città rimane parte della mia vita e avrà sempre un posto speciale nel mio cuore».

Lunedì Felipe dovrà ripartire per New York per riprendere la preparazione con la sua squadra in vista della nuova stagione che comincerà a marzo. La conclusione – fino ad ora – di una storia che ha dell’incredibile. «Ricordo bene quel giorno. Sabatini e il diesse Meluso, insieme a Ivone De Franceschi, vennero a darmi la brutta notizia: fu una giornata molto triste, ma che contribuì a farmi crescere. Quella botta mi rese più forte, più maturo, ed è grazie a quel problema se oggi sono quello che sono: mi ha fatto capire che ogni tanto certe cose devono accadere, ma che Dio ha sempre qualcosa di ancora più bello in serbo». Senza quel problema cardiaco, sarebbe rimasto in Italia, probabilmente diventando uno dei perni del Padova. E, forse, non avrebbe fatto la stessa carriera. «Solo l’Italia non mi permetteva di giocare, in altri Paesi potevo farlo. Sono stato in Svizzera, e poi è arrivata la chiamata dall’America: mi ha preso il Montreal Impact, e lì ho avuto la fortuna di poter giocare in Mls, un campionato che sta crescendo tantissimo, condividendo lo spogliatoio con Nesta, Di Vaio e Corradi».

«Nell’ultimo anno mi sono trasferito ai New York Red Bulls, e abbiamo vinto la regular season. Momenti felici? Il gol nel derby contro il New York City è uno di quegli attimi che raggiungi dopo una vita di sacrifici. Riuscire a giocare il derby e segnare di fronte a Pirlo, Lampard e David Villa, è stato fantastico». Ma anche se è diventato qualcuno, non ha dimenticato Padova. «La città che mi ha permesso di conoscere il mondo: ogni volta che ci torno mi sento a casa. E che mi ha fatto trovare l’amore: quando ci siamo conosciuti, Nicole ed io eravamo ancora giovani. All’inizio la nostra è stata una storia da ragazzini, invece col tempo è diventata una bella favola. Mi ha seguito in Canada, e adesso anche a New York. Il fallimento societario? Mi ha fatto un gran dispiacere, ma quello che ha fatto Marcello Cestaro per il Padova nessuno potrà mai ripeterlo. Sono sicuro che lui lo ami ancora e lo amerà sempre: non so dove possa avere sbagliato, ma sono sicuro che ha messo tutto se stesso in questa società». L’unico sogno che ancora manca, è un ritorno all’Euganeo: «Sarei venuto domenica scorsa, ma il Padova era impegnato in trasferta. Chissà se qualcuno mi riconoscerebbe».

(Fonte: Mattino di Padova, Francesco Cocchiglia)




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