Partiamo da un presupposto: scaricare tutte le colpe dell’attuale situazione del Padova su Carmine Parlato, oltre che ingeneroso, sarebbe fuorviante. La caduta, lenta ma inesorabile, verso i bassifondi della classifica, ha spiegazioni complesse, ma tutto sommato lineari. L’allenatore ci ha messo molto del suo, ma non è l’unico colpevole.
In estate scrivevo: occhio, perché i successi di una squadra dipendono dalla solidità societaria, gli insuccessi pure. E così sta accadendo anche quest’anno. I problemi partono da lontano e cioè dagli equilibri nella stanza dei bottoni. Apriti cielo quando si dubitava che la soluzione trovata alla querelle Bonetto-De Poli sarebbe stata sufficiente a spegnere un incendio che covava sotto le ceneri da mesi. In tutta onestà, nutrire molte perplessità che dopo uno sfogo così plateale (pubblico, cioè avvenuto davanti alla squadra) come quello dell’ad avvenuto a Pavia, tutto potesse essere risolto con un faticoso quanto improbabile compromesso, era il minimo. E lo dimostrano le poche parole di Bonetto di ieri dopo la partita: che fra lui, De Poli e Bergamin tutto sia chiarito è una semplificazione che forse piacerà a qualche tifoso, ma che non rappresenta la verità. Certo, ci sarebbe un collante universale in grado in questo caos di tenere tutto in piedi: i risultati. Ma mi chiedo: ci sono le giuste premesse perché la squadra possa viaggiare a ritmo spedito con navigazione tranquilla al riparo da ogni spiffero? Temo che la risposta sia negativa.
I tifosi hanno sperato che il peggio fosse finalmente alle spalle. Comprensibile, per certi versi, ma al contrario purtroppo i problemi sono molti e sono sempre più visibili. Finché si vince, a mettersi in vetrina sono tutti bravi, mentre il vero valore delle persone si vede quando si perde e adesso serve prendere in mano il timone con decisione. Per non essere distruttivi, ma costruttivi, cerchiamo di indicare qualche possibile via d’uscita. Che non è semplice e che impone probabilmente scelte chiare, in qualche caso drastiche. Quanto emerge in modo sempre più lapalissiano è che alcune scelte estive di De Poli sono state in controtendenza rispetto ai desideri di Parlato, ad esempio su Nichele, Thomassen, Segato e Zubin, in merito alle conferme dei quali De Poli era di idee opposte rispetto all’allenatore e via dicendo. Chi ha ragione? La mia personale idea suggerisce di osservare dove i giocatori citati sono finiti: tutti in serie D, il segnale che al momento il loro valore probabilmente è quello, altrimenti altre squadre di Lega Pro diverse dal Padova se li sarebbero assicurati. Anche su Azzi le idee erano discordanti: è finito in Serie B allo Spezia, dove non viene impiegato, ma un club cadetto ha comunque deciso di compiere un investimento su di lui. Fa pensare. Parlato con le scelte compiute nelle ultime settimane ha, di fatto, sconfessato la campagna acquisti estiva snaturando la squadra: De Poli ha commesso diversi errori in sede di costruzione della rosa (Anastasio, Gorzelewski e Ramadani sono i più eclatanti, ma ce ne sono altri), i rapporti fra i due si sono raffreddati e il caso Amirante (specchio del caos attuale) dimostra come minimo una non trascurabile mancanza di comunicazione fra le parti. Parlato ha imboccato un vicolo cieco e sta facendo poco per evitare che i problemi, anziché risolversi, si acuiscano. Nelle prime quattro partite con il 4-2-3-1 la squadra ha ottenuto otto punti. Poi, sempre con lo stesso modulo, si è perso contro Sudtirol e Cittadella e da quel momento (complice il ko di Neto) ecco il dietrofront con il passaggio più o meno definitivo al 4-3-1-2. Che ha portato risultati modesti: se poi aggiungiamo che a Fabiano viene preferito Niccolini (scelta a parer mio incomprensibile, oltre che per il valore superiore del brasiliano come testimoniato dalla sua carriera, anche per il fatto che lui e Diniz si conoscono e si intendono bene sia fuori che dentro il campo), che Ilari ieri è stato schierato fuori ruolo, che Giandonato non gioca neppure quando manca Corti (qualcuno avrà il coraggio di dire prima o dopo chi ha voluto questa operazione?), che Petrilli deve sempre rincorrere l’allenatore a suon di gol e assist per convincerlo a schierarlo titolare, che ci sono giocatori che praticamente agli occhi dell’allenatore non esistono, ecco spiegati i 6 punti ottenuti nelle ultime 8 partite dal Padova.
Quale può essere la soluzione ? Ma soprattutto la vera domanda è: si parlò a suo tempo di progetto triennale, ma guardando la rosa non vedo nulla di tutto questo, con tanti giocatori over 30 e altri inadeguati alle esigenze di una buona Lega Pro. È questo l’aspetto più preoccupante, anche a voler essere attendisti, dando fiducia a chi ha fatto risorgere un club dalle ceneri della devastazione. Quanto al presente, la squadra è perfettamente a conoscenza delle divergenze interne alla società e, di solito, queste situazioni non preludono a nulla di buono. A mio modo di vedere far finta di nulla e cercare di mettere d’accordo tutti equivale a non volere vedere i problemi e, arrivati a questo punto, non è più possibile. Perché ci sono troppe turbolenze che agitano le acque. Il compromesso a tutti i costi non è sempre la soluzione. Anzi, talvolta peggiora le cose. Servono scelte chiare, altrimenti il futuro che aspetta Padova è tutt’altro che roseo. Chi di dovere ne prenda atto il più rapidamente possibile.