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Ore 22.30 – (Corriere delle Alpi) Antonio Acampora è pronto per la sfida dell’ex. Il match di domani (alle 14.30) è un ritorno al passato per il giocatore del Belluno, che a Monfalcone ha giocato ben nove stagioni in prima squadra, segnando più di cinquanta gol. «Ho trascorso nove anni felici a Monfalcone, che è casa mia – commenta l’attaccante gialloblù Acampora – è stata una cavalcata stupenda iniziata in Promozione fino alla serie D. Domani torno a Monfalcone per la prima volta da avversario, sicuramente sarà una sfida particolare ma stimolante. Se segno? Non esulto, li ho tanti amici e tanti tifosi». Monfalcone in difficoltà. Il prossimo avversario del Belluno è il fanalino di coda, con cinque punti ottenuti con una vittoria e due pareggi. Le sconfitte sono nove. «Non stanno attraversando un bel momento, ma non per questo dovremo sottovalutarli – spiega l’attaccante gialloblù – domenica contro il Levico hanno ottenuto un buon pareggio. Prendiamo come esempio la Sacilese, nonostante i numerosi problemi societari ci hanno dato del filo da torcere. Ho giocato a Monfalcone, è una squadra che non molla mai e che da sempre il massimo. Non sarà una partita facile». Belluno e Acampora in ripresa. La squadra di Roberto Vecchiato sta finalmente attraversando un periodo di buona forma, non solo per i risultati, ma anche per il gioco. «Stiamo bene, in spogliatoio c’è più tranquillità e questo ci aiuta – continua l’ex Monfalcone – dobbiamo cercare di continuare su questa strada, il gruppo ha voglia di risalire la classifica. Il nostro obiettivo? È presto per dirlo, pensiamo a vincere e tornare in alto, dopo faremo i conti. Per quanto riguarda il mio di obiettivo, voglio cercare di fare sempre meglio ma prima di tutto voglio vedere il Belluno in alto». Senza il Cobra. Il Belluno, orfano del capitano e bomber Simone Corbanese, ha infilato tre vittorie grazie ai gol di Antonio Acampora che è andato a segno in tutte e tre i successi. «Nel male ci è andata bene perchè siamo riusciti a vincere – conclude l’attaccante – sono contento di essere riuscito a segnare e portare la squadra alla vittoria ma tutti i ragazzi, io per primo, speriamo che Simone possa tornare presto. È il nostro punto di riferimento. Lo è da anni e lo è anche in questa stagione». La squadra di Piazzale della Resistenza si è allenata ieri pomeriggio e scenderà alla Gol Arena anche oggi. Dopo Monfalcone, domenica arriverà la Virtus Vecomp.
Ore 22.00 – (Gazzetta di Mantova) Il Mantova tornerà ad allenarsi oggi dopo due giorni di riposo. Squadra in campo sul Centrale Te alle 11 agli ordini di mister Ivan Javorcic per preparare la sfida in trasferta a Cittadella. Da monitorare la situazione legata alle condizioni di Caridi. Il capitano oggi avrà gli esiti degli esami dopo il problema muscolare riscontrato a Bassano. Momentè (in foto) e Puccio dovrebbero aver recuperato dai rispettivi infortuni mentre proseguirà il programma di recupero per Anastasi. Ungaro invece dovrebbe tornare a tutti gli effetti con il gruppo. La squadra si allenerà domani (mattino e pomeriggio), poi giovedì e venerdì mattina.
Ore 21.40 – (Gazzetta di Mantova) La Lega Pro è diventata un’autentica giungla. Lo “spezzatino” televisivo, introdotto lo scorso anno in pianta stabile in terza serie dopo l’arrivo della piattaforma web sportube, ha cambiato radicalmente le abitudini degli sportivi, mantovani compresi. I dati in questo senso evidenziano un calo generale delle presenze negli stadi (Mantova fortunatamente è una piacevole eccezione che però conferma la regola). Il tutto a causa di un calendario che ormai è diventato una sorta di gincana tra anticipi, posticipi e orari sballati. Analizzando la stagione del Mantova ci si accorge come l’abituale rito delle gare alle 15 di domenica sia definitivamente finito nell’armadio dei ricordi. Sono ben 6 le notturne (ore 20.30) calendarizzate nelle prime 13 giornate di campionato. Una sorta di record, a cui va aggiunta la sfida giocata alle 18 a Bolzano che se non è da annoverare nel capitolo notturne, poco ci manca. In casa poi ecco il dato più incredibile: una sola gara disputata di domenica, tutte le altre al sabato. Fino a questo momento sono state soltanto due le partite giocate dal Mantova nel canonico orario delle 15 domenicali. La prima a Cremona per il derby finito con un incredibile 3-3, la seconda in casa con il Lumezzane. Il Mantova tornerà a giocare di domenica nel prossimo turno quando andrà a far visita al lanciatissimo Cittadella. Anche qui un orario inconsueto, le 17.30. Poi sarà la volta della FeralpiSalò tra le mura amiche. In questo caso altra notturna prima della gara allo stadio Fortunati di Pavia, calendarizzata proprio ieri dalla Lega Pro per sabato 28 novembre alle ore 15. Facendo un rapido confronto con quanto accaduto un anno fa ci si accorge che il sali e scendi di orari e date è molto più evidente ora. Il Mantova targato Juric infatti fino alla settima giornata giocò sempre a rimbalzo tra sabato e domenica alle 16. Nel mezzo un turno infrasettimanale alle 20.30. Poi cominciò il calvario, con gare alle 12.30, alle 18 e addirittura al venerdì alle 19.30 (in casa della capolista Novara). Nel girone di ritorno poi aumentarono anche le notturne e i posticipi (come quello ad Arezzo lunedì alle 20.45). Insomma, un bel calderone nel quale sono i tifosi i primi a subirne le conseguenze. Un abbonato infatti è costretto ad un atto di fede doppio al momento di sottoscrivere la tessera annuale. Il rischio di dover saltare diverse partite a causa degli orari balordi è grande e alla lunga potrebbe scoraggiare anche i più affezionati.
Ore 21.20 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Si parla spesso del gol dell’ex. Questa volta, invece, del “non gol” dell’ex. È quello di Daniel Niccolini, chiamato all’Euganeo a sostituire lo squalificato Diniz. Occasione magica, proprio contro il Pordenone. Al 17′ Strizzolo si è “mangiato” tre biancoscudati, ha saltato Petkovic e indirizzato la palla verso la porta biancoscudata. Sembrava fatta. Ma con un intervento disperato in scivolata Niccolini ha evitato un gol che poteva essere pesantissimo. Qualcuno dei neroverdi asserisce la sfera aveva già oltrepassato la linea. «Non credo proprio – garantisce ridacchiando Daniel -. Anche se, onestamente, quando mi sono buttato non pensavo di arrivarci. L’arbitro ha detto che non era dentro, come ha detto che non era rigore quello di Pasa su Neto». Lo stopper si è fatto trovare pronto quando Parlato ha avuto bisogno di lui. «Sono contento – sottolinea – per la prova e per aver dato una mano alla mia squadra. Abbiamo giocato bene, ci è mancato solo il gol. La società ci aveva chiesto una prestazione importante e l’abbiamo accontentata. Ora servirà altrettanta determinazione a Cremona».
Ore 21.00 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) A Padova voleva fare bella figura, Mauro Lovisa. Non tanto perché sulla panca dei biancoscudati c’era Carmine Parlato e in campo Niccolini, Dionisi e Bearzotti, tutti ex ramarri, ma perché Padova e l’Euganeo sono palcoscenici di grande prestigio. Da lì il Pordenone si è portato via un punto, ma a re Mauro non è per niente piaciuto come. IMMATURI – Già a fine gara, Lovisa aveva espresso la sua contrarietà. Il giorno dopo la sua analisi è più fredda e per questo più dolorosa per chi la deve subire. «Siamo immaturi – esordisce – e non ancora pronti per fare i protagonisti in LegaPro. Questo – scuote la testa – è quello che ci ha detto la sfida contro i biancoscudati. Avevamo l’occasione di ribaltare la storia, dovevamo essere leoni. Invece nel primo tempo siamo stati inguardabili, timidi e timorosi. Troppi elogi – re Mauro trova le ragioni del mezzo flop – fanno male a chi non sa come utilizzarli -. Altro che playoff: se giochiamo così dobbiamo guardaci alle spalle. La classifica è corta e non vorrei trovarmi a dover ancora soffrire. Un po’ meglio – riprende Lovisa – nella ripresa, quando i “vecchietti” di Parlato hanno cominciato a tirare il fiato. Ma non basta fare il Pordenone per 15′ o 20′. A me – reitera secco – non basta». LA DIFFERENZA – Il presidente passa poi ai singoli, partendo da De Cenco. «Se dopo la tripletta con il Bassano tanti si chiedevano cosa ci facesse Caio in Terza serie – riprende -, a Padova, vedendo vagare un fantasma per l’Euganeo, hanno avuto la risposta. Per diventare giocatori veri ci vuole la continuità». Tocca poi a Pederzoli. «Da Alex – afferma – ci aspettiamo personalità e leadership, soprattutto nei momenti difficili. Non le abbiamo avute. Ha una caviglia in disordine, ma doveva dare comunque di più. Le assenze di Marchi e Mandorlini sono pesanti. A questo gruppo però non mancano le alternative: chi entra deve dimostrare di valere un posto fra i primi 11. Valente e Filippini hanno avuto mezzora per farlo e non l’hanno sfruttata. A Padova – conclude – mi sono piaciuti solo Tomei, determinante sia fra i pali che in uscita, Stefani e Pasa, centrali difensivi. Nelle gare in cui hanno giocato loro due insieme, là dietro abbiamo subito 2 soli gol. Non male Boniotti e De Agostini. Poi basta». Come dire che gli attributi del ramarro stanno sotto l’ombelico. Domenica alle 15 al Bottecchia arriverà l’Alessandria (17 punti, soltanto 2 più dei neroverdi di Bruno Tedino). Una bella occasione per ritrovare il giusto atteggiamento e dimostrare virilità anche dalla cintola in su.
Ore 20.40 – (Messaggero Veneto) Oggi il Pordenone riprende ad allenarsi in vista della gara con l’Alessandria, in programma domenica al Bottecchia (alle 15). Tedino ritrova il gruppo e, la prima cosa in agenda, è la valutazione dei due infortunati, Marchi e Mandorlini. Se il primo la scorsa settimana non ha mai lavorato con la squadra, il centrocampista da venerdì è rientrato nel gruppo: il tecnico comincia il lavoro con la speranza di avere almeno la mezzala per il match con i grigi. Per Marchi il recupero è fattibile, anche se più difficile. Il difensore arriva da un fastidioso problema alla caviglia e, dopo averlo recuperato a fatica per i match con l’Alto Adige e col Lumezzane, si è scelto di farlo guarire del tutto. Con la coppia in campo dal 1’ la qualità si alzerebbe e permetterebbe a Pasa di giocare in mezzo al campo, cioè nel suo ruolo d’origine. Dopo il match interno con l’Alessandria, il Pordenone giocherà domenica 22 al Mapei stadium alle 15 contro la Reggiana e quindi sul campo della FeralpiSalò domenica 29 novembre alle 17.30.
Ore 20.20 – (Messaggero Veneto) «Il Pordenone è una squadra molto organizzata: anche grazie a questa dote è riuscita a fronteggiare le difficoltà e pareggiare a Padova». E’ l’opinione di Diego Zanin, ex trainer del Venezia e, in provincia, della Sanvitese, uno dei tanti tecnici presenti in tribuna all’Euganeo (c’era pure l’ex Bassano Ezio Glerean). Il professionista veneto, fresco di abilitazione del master “pro”, patentino che permette di allenare in serie A, dà un giudizio molto positivo ai neroverdi. «Ho visto una squadra che ha cercato di proteggere il risultato, ma senza rinunciare a proporre qualcosa – afferma –. Ha sofferto qualche verticalizzazione del Padova, ma ha fatto molta densità difensiva ed è riuscita a ripartire spesso, creando qualche grattacapo. Non ha subìto soltanto l’azione, anzi. Nella ripresa ha anche alzato il baricentro». Per Zanin quello con i biancoscudati è un punto guadagnato, figlio di una maturità acquisita. «Assolutamente sì – risponde il tecnico –: lo ritengo un pareggio di personalità. La squadra è sempre rimasta tranquilla e determinata nel prendere il risultato. In generale i neroverdi mi piacciono per il tipo di calcio che propongono, hanno qualità e sanno giocare sia sul “corto”, sia sul “lungo”. Dove può arrivare se arrivano rinforzi? Non so, dipende dagli obiettivi della società – chiude Zanin –. Per ora sta già facendo un ottimo campionato e può continuare così».
Ore 20.00 – (Messaggero Veneto) Ci sono partite che dicono molto: il match di Padova del Pordenone può essere etichettato come quello della maturità. Sì, perché in condizioni di difficoltà, con un organico ridotto a causa di infortuni, i “ramarri” hanno tenuto il campo, chiudendo la gara con la porta inviolata e pigliando un punto in casa di un team costruito per tempo – non a fine luglio in fretta e furia come i neroverdi – e con ben maggiori disponibilità economiche. Si è visto un Pordenone operaio, che bada al sodo: è la prima volta che accade in stagione. La crescita e il consolidamento in categoria passa anche per partite del genere. Solidità. A fine primo tempo qualcuno ha storto il naso, vista la prestazione guardinga della squadra, a volte in balia dell’avversario. Ma Tedino aveva avvertito tutti, alla vigilia: «Sarà difficilissimo ripetere la prestazione fatta col Bassano». Soprattutto se, a scendere in campo, sono i soliti. Cattaneo, titolare dalla prima giornata, ha incontrato il primo turno negativo; De Cenco e Finocchio, anche loro impiegati costantemente, hanno disputato stavolta una ai liti della sufficienza. Flessioni del genere sono naturali: non è un caso se, stavolta, Tedino ha anticipato i cambi rispetto al solito. Nonostante la giornata negativa a livello di ritmo e degli uomini d’attacco – due punti di forza del team – il Pordenone è comunque riuscito a ottenere un pareggio e, in particolare, a non subire gol per la seconda volta consecutiva. Dati confortanti, figli di una buona solidità. E di una maturità acquisita: se non si riesce a essere brillanti, meglio giocare una gara di contenimento. Al massimo. Per ottenere grandi risultati questo Pordenone deve sempre andare al massimo. Le migliori partite le ha disputate tenendo un ritmo forsennato, Alto Adige su tutte. Non si riesce a correre come degli sprinter ogni domenica così, appena l’intensità cala, la squadra diventa prevedibile. A quel punto si è scelto di non rischiare e accontentarsi di un pari. Per ora la squadra sta facendo un campionato di spessore, il settimo posto in compagnia di FeralpiSalò e Alto Adige era difficilmente pronosticabile: per salvarsi, andando avanti di questo passo, non ci saranno problemi. Bisogna capire cosa intende fare la proprietà, se investire a gennaio per fare un passo in avanti oppure rimanere così. Intanto meglio godersi questa maturità acquisita e il punto ottenuto a Padova. Quattro “gettoni” tra Bassano e l’Euganeo, costituiscono un’ottima partenza in questo novembre terribile: alle porte ci sono i match con Alessandria, Reggiana e FeralpiSalò.
Ore 19.30 – (Gazzetta di Reggio) Questa volta Pietro Vavassori c’era. Elegante, sorridente, scherzoso prima della gara. Un po’ infastidito, quasi scocciato per lo spettacolo cui ha assistito, alla fine. Ma pienamente disponibile a dialogare e a spiegare le ragioni della sua prolungata assenza. Non s’è ancora udito il fischio d’inizio e lui gioca fingendo di nascondendosi dietro il risvolto della giacca. Poi si fa più serio e commenta: «Cosa andate scrivendo? Non ci sono assolutamente problemi, discussioni e incomprensioni con Compagni e Medici. Mancavo da un po’ di tempo solo per motivi di lavoro, impegni di viaggio, un trasloco e altre ragioni. Per favore non immaginate l’impossibile. Non mi vedevate? Ecco spiegato tutto. Volete una conferma, venite a Busto sabato prossimo e mi vedrete». Poi va nel proprio palco e si rivede dopo i 94 minuti di gioco (4 di recupero) abbastanza accigliato. Si vede che non si è divertito ma trova subito la forza di metterla in ridere: «Che sia io che porto sfortuna? Se è così non mi faccio più vedere». Ma poi si mette in sintonia con le emozioni dell’incontro. «La Reggiana non ha giocato bene. Cuneo ci ha creduto di più. Pensavamo venissero qua a difendersi e invece hanno dimostrato di aver voglia di vincere. Noi? Troppo leziosi, troppi passaggi laterali. Giocava meglio lo scorso anno; ricordo un gioco più verticale e veloce. Eppure l’organico c’è e i punti raccolti nelle gare precedenti – quando non c’ero – sono la dimostrazione che la squadra ha i numeri per imporsi. Questa volta però… sono loro che l’hanno buttata dentro». A proposito di Busto, il prossimo impegno, ad un’ora migliore… «Sì, così forse i nostri la vedono e la mettono dentro».
Ore 19.10 – (Gazzetta di Reggio) Al termine della prima sconfitta stagionale il mediano granata Federico Angiulli vuole vedere positivo soprattutto in virtù delle tante occasioni create dai granata e non sfruttate a dovere. Come si spiega allora questa sconfitta? «Sul gol siamo stati sfortunati nel rimpallo io e Frascatore e se proprio doveva andare male è andata male! Stavolta solo il risultato è stato un flop perché in campo ci siamo stati. Forse qualcosa non ha funzionato nei primi minuti e c’è rammarico perché nella seconda parte di gara abbiamo sempre avuto noi il pallino in mano ma siamo arrivati tardi sulle fasce a mettere cross pericolosi». Che ci sia stata sottovalutazione del Cuneo… «Non credo perché dopo tante sconfitte iniziali nelle ultime gare avevano fatto i nostri stessi punti infatti si è rivelata una squadra abbastanza fastidiosa. Appena hanno trovato il gol hanno giocato sparando via le palle nella nostra metà campo … insomma a loro è andato tutto bene».
Ore 18.50 – (Gazzetta di Reggio) E arrivò la prima sconfitta. Ma nonostante questo il tecnico granata Alberto Colombo prova a vedere il bicchiere mezzo pieno. «E’ stata una partita a senso unico – spiega l’allenatore – abbiamo concesso una sola ripartenza e l’abbiamo pagata cara. Detto questo, il Cuneo non ha rubato niente: ha messo in campo tanto ardore, tanta corsa e ha pressato dall’inizio alla fine. Esattamente quello che ci aspettavamo». Critiche ai suoi ragazzi? «Siamo stati imprecisi nelle conclusioni, ricordo giusto una parata del loro portiere nel primo tempo. Dopo non siamo più riusciti a centrare lo specchio della porta». Nel secondo tempo si poteva tentare qualcosa di più? «E’ stato un secondo tempo più frutto di generosità che di logica. Abbiamo messo in campo tutto quello che avevamo come potenziale offensivo, rischiando e concedendo anche qualche ripartenza. Ma non posso imputare nulla ai miei ragazzi perché nel secondo tempo hanno dato tutto». Una partita che temeva? «Si può vincere o perdere con tutti. In alcune occasioni è capitato ad altri e questa volta è capitato a noi, forse nella giornata in cui meritavamo meno di perdere». Come spiega il gol preso? «Abbiamo commesso diversi errori. E’ stata l’unica occasione e l’abbiamo pagata». Nel primo tempo avete cercato spesso Giannone e ignorato Siega. «E’ così. Abbiamo insistito troppo. In alcuni casi sarebbe stato meglio allargare il gioco». Pesenti per Mogos: perché questa scelta? «Mi sembrava logico dare più peso in avanti. L’idea era quella di avere due giocatori in grado di occupare bene l’area di rigore». Si dice che dalle sconfitte si impara qualcosa: lei cosa ha imparato? «C’è rammarico, perché la partita è andata in un certo senso. Ma di queste partite se ne vedono parecchie con una squadra che si chiude e ti punisce alla prima occasione». Lei cosa aveva detto alla squadra alla vigilia? «Quando tutto l’ambiente dà per scontato che devono arrivare i tre punti, tu scendi in campo convinto di avere a disposizione un solo risultato e non metti mai in preventivo di poter andare in difficoltà». Nulla da dire sull’arbitro? «Se rincorri l’arbitro sono energie spese inutilmente». Numeri alla mano si sono registrate 13 azioni della Reggiana e una del Cuneo: però? «Però hanno vinto loro: è il calcio». Adesso si va a Busto: dieci partite zero punti. «Se non fosse arrivata questa sconfitta si sarebbero incontrate una squadra mai sconfitta e una che non ne ha vinta una, e per la legge dei grandi numeri chissà cosa poteva succedere».
Ore 18.30 – (Gazzetta di Reggio) La Reggiana manca il sorpasso in testa alla classifica e perde la sua imbattibilità contro il non irresistibile Cuneo, proprio sotto gli occhi di Pietro Vavassori, tornato al Città del Tricolore dopo un’assenza che durava dal 28 settembre, in occasione del pareggio 0-0 con il Giana Erminio. Mister Colombo aveva esortato già da Bolzano i suoi a non prendere alla leggera la sfida casalinga con i piemontesi, ma la consapevolezza del rischio non ha impedito che fosse evitato. Nel primo tempo la Reggiana ha avuto più volte la palla buona per andare in vantaggio, con Giannone, Arma e Angiulli, che per poco non hanno messo il match in discesa. E’ mancato quel pizzico di convinzione e di fortuna per superare l’estremo difensore avversario, che si è prodotto in buoni interventi. La difesa ospite per due volte ha commesso degli svarioni, prima mettendo Giannone a tu per tu con Tunno e poi con un liscio che ha liberato Arma: ma l’attacco granata non ne ha approfittato. Quando ormai sembrava che il vantaggio fosse solo questione di minuti, i granata sono stati puniti. Al 34’ Spanò ha superato la linea di centrocampo e ha perso malamente la palla, permettendo al Cuneo di innescare un micidiale contropiede. Corradi se ne è andato sulla sinistra e ha servito in mezzo Ruggiero che ha controllato e spedito il pallone alle spalle dell’incolpevole Perilli, che si è dovuto arrendere dopo 650’ di imbattibilità. Dopo la rete gli uomini di Colombo si sono subito scossi e hanno provato a raddrizzare la gara. Al 39’ Arma da due passi ha sparato a lato, al volo, sugli sviluppi di un angolo calciato da Bruccini: l’immagine di una serata dove il marocchino non è stato letale, anche se si è mosso molto e si è procurato più di un’occasione. Nella ripresa la Reggiana è uscita dagli spogliatoi con maggiore convinzione. Si è visto tanto ardore, che nel primo tempo era mancato, ma poche idee. Sono saltati gli schemi e i granata hanno tentato di gettare il cuore oltre l’ostacolo, con tiri da fuori e qualche azione individuale. Ma il Cuneo ha resistito e ha anche provato a pungere in contropiede. La partita è diventata nervosa e il pubblico, già infastidito nel primo tempo da alcune decisioni della terna arbitrale, si è scaldato e ha contestato ogni scelta del direttore di gara. I tifosi hanno continuato ad incitare la squadra sperando in un ribaltone che però non è arrivato. La palla gol più nitida della seconda frazione c’è stata al 70’ con Arma che ha staccato solo in area e da ottima posizione ha mandato fuori di testa. L’assedio è proseguito, ma il risultato non è cambiato. Sabato a Busto Arsizio i granata hanno la possibilità di riprendere la loro marcia: ma guai a sottovalutare il fanalino di coda Pro Patria. Cuneo insegna.
Ore 18.00 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Tifo e aspetti professionali si mescolano tra le varie curiosità della sfida fuori dal campo tra Venezia e Mestre. Emozioni particolari quelle che attendono Giorgio Betrò, attuale club manager arancionero, visti i suoi trascorsi lunghi più di un decennio in qualità di direttore marketing del sodalizio arancioneroverde. Altrettanto dicasi per Gianmaria Daminato, avvocato a «360 gradi» occupandosi sia di diritto penale che di diritto civile, che dopo il master in diritto sportivo e giustizia sportiva conseguito presso l’università degli studi di Milano ha affrontato la complessa e materia del diritto sportivo. «Sicuramente sarà un a strana sensazione entrare da avversario per la prima volta al Penzo – fa sapere Betrò – ho moltissimi amici tra i tifosi del Venezia sia in curva sud che nei vari club e mantengo ottimi rapporti ancora adesso con alcuni della dirigenza veneziana, d’altra parte ho fraterni amici nella curva mestrina. Al Mestre ho trovato una situazione e un’organizzazione ottima: le prospettive di crescita e la «visione» progettuale del presidente Serena molto seria ed ambiziosa, sta investendo molto non solo a livello sportivo ma infrastrutturale e organizzativo. Come società ci siamo preparati molto bene per questo appuntamento non lasciando nulla al caso anche cooperando con i nostri tifosi ed organizzando la trasferta per la squadra nei minimi particolari: la vedo come una grande festa che coinvolge tutta la tifoseria e la città». Coinvolto professionalmente su entrambe le «sponde» anche l’avvocato Daminato. «Il primo atto formale per la nascita del Venezia è stato ad opera mia – ricorda il legale – la domanda di affiliazione prodromica alla ammissione alla serie D l’ho materialmente depositata presso gli uffici della Fggc Lnd lo scorso luglio. Tutta l’attività relativa alla ammissione alla serie D è stata svolta unitamente allo studio legale Tonucci di cui è socio l’avvocato Alessandro Vasta, membro del cda del Venezia. Successivamente ho supportato il ds Giorgio Perinetti nella conclusione degli accordi contrattuali con i giocatori, in particolare Serafini, Calzi e Barretto: per quest’ultimo assieme al Perinetti abbiamo concluso l’accordo ad Udine dopo una lunga e articolata trattativa». E sul fronte Mestre? «Fin da maggio ho seguito Ignazio Guerra e Stefano Serena nell’operazione che ha permesso la costituzione della nuova realtà che partecipa al campionato di serie D – fa sapere Daminato – ho assistito la società nell’arbitrato promosso da Est Capital che si è concluso con un accordo che prevede che Est Capital conceda al Comune il Baracca (nella foto) per due stagioni e il Comune a sua volta lo conceda al Mestre. Quanto ai giocatori, ho avuto un ruolo determinante per l’arrivo del capitano Migliorini».
Ore 17.40 – (Gazzettino, edizione di Venezia) C’è anche Giampaolo Calzi tra i «cattivi» del post-Tamai. Il centrocampista lagunare salterà per squalifica il derby col Mestre (in tribuna ci sarà il presidente Joe Tacopina, in arrivo domani in mattinata) e la trasferta di domenica a Fontanafredda «per avere rivolto all’allenatore della squadra avversaria, allontanato dall’arbitro, espressione ingiuriosa accompagnata da gesto triviale». Anche nel caso di Calzi il Venezia non ci sta e, come per i dirigenti, presenterà già questa mattina un reclamo d’urgenza. Intanto al Taliercio la squadra ha effettuato una seduta defaticante con lavoro più intenso per le riserve di Tamai, compreso Soligo che tornerà titolare in regia: in gruppo a pieni giri anche il brasiliano Barreto, risparmiato nelle ultime due gare.
Ore 17.20 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Il primato non più solitario, un nervosismo palpabile e una raffica di squalifiche, su tutte quella fino al 2 dicembre del ds Perinetti che promette battaglia. Questa la pesante eredità del 2-2 di Tamai per un Venezia che non si accosta con grande serenità alla delicata stracittadina di domani sera col Mestre (ore 20.30 al Penzo e almeno 2.000 spettatori già annunciati dalla società). Il 4. pareggio nelle ultime 5 uscite, incassato al 5′ di recupero dopo aver trovato il 2-1 al 90′, è stato infatti aggravato dal Giudice Sportivo che ha inibito Giorgio Perinetti con una ricostruzione che il ds rigetta in toto. «Invitato dall’arbitro, prima della gara ad uscire dagli spogliatoi non essendo riportato in distinta – sostiene il referto del signor Pedretti di Lovere – nell’intervallo ritornava nei pressi degli spogliatoi e, urlando, si rivolgeva alla terna con commenti estremamente volgari ed ingiuriosi. A fine gara rientrava nei locali degli spogliatoi e profferiva verso l’arbitro espressioni gravemente offensive, sventolando il tesserino federale e tentando, due volte, di entrare nello spogliatoio arbitrale cui, a suo dire, aveva tutto il diritto di accedere. Desisteva solo grazie all’intervento delle Forze dell’Ordine». La replica di Perinetti è altrettanto dura. «Avessi perso la testa sarei il primo ad ammetterlo, ma la mia squalifica è basata sul falso e non l’accetto perché lede la mia professionalità e dignità – la rabbia dell’ex dirigente di Juventus e Napoli -. Sono inviperito per questo sopruso, mi difenderò in ognii sede e chiederò alla Figc il permesso per querelare chi mi infanga. L’arbitro si è voluto vendicare, a fine gara l’avevo cercato per scusarmi e gli ho dato la mano. Ci è stato negato un gol evidente, non ho ingiuriato, mi sono qualificato come tesserato Figc perché ho diritto di entrare nello spogliatoio della mia squadra, succede così ovunque. Le forze dell’ordine? Altra falsità, solo in tribuna siamo stati «assistiti» perché tutta Tamai ci stava insultando».
Inoltre il Venezia è stato multato per 800 euro (anche per «insulti dei tifosi a un guardalinee») e il team manager Alessandro Servi inibito fino al 18 novembre «per avere, a fine gara, colpito alla testa con una cartella portadocumenti un calciatore avversario».
Ore 17.00 – (Corriere del Veneto, edizione di Venezia) Il nonno portava allo stadio lo zio, lo zio lui, e la tradizione arancionera si è tramandata. «Pronto con la sciarpa? Ce l’ho sempre al collo…», dice Raffaele Speranzon, ex assessore (Fratelli d’Italia-An) della Provincia di Venezia. «Ci mettevamo tutti fuori dai cancelli del Baracca, gli stessi di oggi, aspettando che qualcuno ci portasse dentro: una volta i ragazzi non pagavano e si entrava allo stadio accompagnati dal papà o dal nonno “temporaneo”», ricorda l’ex vicesindaco pd Michele Mognato. Non c’è colore politico, perché la passione è trasversale, unisce destra e sinistra, va oltre gli steccati del consiglio comunale di Ca’ Farsetti. Amarcord, ricordi di un passato lontano che sembrava non tornare più con Venezia post fusione lanciato verso altri lidi (e serie) e il Mestre rinato dalla ceneri nel 1994 a disputare il campionato di Eccellenza. «Bruttissimo segno, orrido», spegne qualsiasi emozione Massimo Cacciari. «Abbiamo lavorato vent’anni anni per fare una sola grande squadra che potesse primeggiare. Spero che i veneziani abbiamo un briciolo di cervello, di cui fortemente dubito, per capire quanto è triste un derby simile». Era il 1987 quando le due società divennero una sola. La maglia era bianco o gialla, i colori di riferimento arancio, nero o verde. Nessuno allora aveva fatto i conti con la lentezza della burocrazia che ha fatto scappare Maurizio Zamparini, imprenditori con pochi soldi o che volevano solo sfruttare il nome di Venezia. Inevitabile così che i due fallimenti abbiamo portato indietro la lancetta di 28 anni anche se i colori non sono più quelli di una volta. Da una parte è rimasto l’arancionero, dall’altra l’arancio si è inserito tra il nero e il verde, ma la sostanza non cambia. Una si chiama sempre Mestre, l’altra sempre Venezia nonostante una prima parentesi VeneziaMestre e una breve Unione Venezia. «Una porta i colori, il simbolo e il nome della mia città, l’altra i colori, il simbolo e il nome del mio comune», sintetizza Speranzon. In mezzo ci sono stati anche tre referendum (il primo si è svolto nel 1979) di separazione delle due città andati a vuoto. «Una volta il campanilismo era più forte in campo, come sugli spalti, caricato dallo spirito di separazione e di identità che rivendicavano i mestrini. Ho sempre trovato la cosa ridicola, adesso mi pare sia ridimensionata», dice il sindaco della fusione Nereo Laroni. In realtà c’è anche chi resta a guardare, come qualche veneziano doc che «l’ibrida creatura» di Zamparini non l’ha mai digerita. Sono gli stessi che chiedono che la coppa Italia vinta dal Venezia di Loik sia data al Venezia neroverde, identità calcistiche da rispettare tra colori, storia e tradizione. «Sarebbe bello esserci, ma manca qualcosa, manca il Venezia, che nulla ha a che vedere con gli arancioneroverdi», dice il consigliere di Municipalità di Venezia (Fratelli d’Italia) Pietro Bortoluzzi. Nostalgia dopo quasi trent’anni passati nell’oblio e dei rituali di una volta. Le tappe di avvicinamento a Sant’Elena scandite da rigorose puntate in osterie per ombre e cicheti che portavano allo stadio i tifosi più allegri che concentrati sulla partita. O il corteo dalla stazione di Mestre allo stadio Baracca. «L’emozione era soprattutto il viaggio da via Piave a viale Garibaldi: arrivavamo in treno con qualche bandiera neroverde che diventavano sempre di più man mano che camminavamo grazie ai veneziani trasferiti in terraferma che si aggiungevano», riprende. Storie di derby, di politica, di passione che si spezza non in due (le squadre che si affronteranno domani) ma in tre per rancori mai sopiti. «Eppure io in un certo punto della mia vita ho sposato la causa arancioneroverde, lasciando quella arancionera — spiega l’onorevole Mognato — Le domeniche al Baracca di quando avevo 15 anni me le ricordo ancora, ma il progetto di Zamparini era ambizioso, poteva regalare una grande squadra alla città. Poi le cose sono andate in altro modo… Per chi tifo? Più che sugli spalti mi piacerebbe essere in campo». Pronostici? «Vinciamo noi, se i derby li vincono i più deboli il Venezia non avrà scampo», sorride Speranzon.
Ore 16.40 – (Corriere del Veneto, edizione di Venezia) Un’antica rivalità che si riaccende. Con tutti i distinguo del caso, ma la sfida Venezia-Mestre che si giocherà domani sera al Penzo (ore 20,30) riporta indietro la memoria a trent’anni fa. A prima della fusione arancioneroverde. E oggi che nel frattempo è risorto il Mestre arancionero, quell’atmosfera goliardica, tra cori e sfottò, si ripropone. «Lo vedo in questi giorni passeggiando in piazza Ferretto. Non si parla d’altro», conferma Michele Serena, mestrino con un passato nelle giovanili del Mestre e una carriera professionistica iniziata nel Venezia post fusione. Il suo derby si gioca anche in casa: «Mio figlio Riccardo è nella prima squadra del Mestre mentre il più piccolo, Filippo, è nelle giovanili del Venezia. L’entusiasmo che si è riacceso dopo 28 anni lo sto vivendo anche in famiglia. Spero che la partita rispecchi una sana rivalità, all’insegna della correttezza». C’era pathos negli anni ‘70 e 80’, quando il Venezia neroverde scese di categoria, incrociando i propri destini con quelli del Mestre (o Mestrina). «Era un clima accesissimo. Ci fu qualche scherzo anche pesante — ricorda Gianfranco Trevisanello, capitano prima della Mestrina e poi del Venezia — era qualcosa di epico. Soprattutto quando si giocava al Baracca dove spero che si giocherà il derby di ritorno», auspica il «doppio» ex pensando all’attuale indisponibilità dell’impianto mestrino. Se ne riparlerà al ritorno. Intanto l’appuntamento è con il fascino retrò del Penzo. «Ma in questa partita – aggiunge – c’è tanto arancio e poco verde: non c’è più la divisione tra le due città». Il Venezia Fc rappresenta l’unione delle due realtà calcistiche, così come immaginata nel 1987 da Maurizio Zamparini. «Oggi il Venezia rappresenta l’intera città», ribadisce il mister arancioneroverde Paolo Favaretto, che può vantare la presenza nell’ultima stagione del Mestre (1986-87): «Arrivammo terzi, puntavamo a vincere il campionato. Il derby non lo giocai perché ero infortunato. Ma ricordo bene quel clima di rivalità», dice pensando all’ultima sfida tra le due squadre cittadine. Era il 22 maggio del 1987 e finì salomonicamente con un 2-2. Poi arrivò la fusione, che non tutti accettarono. «Io sono rimasto legato ai colori neroverdi», sottolinea Giovanni Bubacco bandiera del Venezia anni ‘60. «Per me – aggiunge – cento anni di storia non si cancellano». Allora non c’era rivalità con il Mestre, troppo il divario tra le categorie: «Anzi, ogni anno prima del campionato giocavamo un’amichevole. E il clima era cordiale. La rivalità – ricorda – si è fatta sentire a partire dagli anni ‘70, quando le due squadre si sono ritrovate nella stessa categoria». E in quegli anni il radicamento con il territorio era accentuato dalla presenza di tanti giocatori del posto. «Erano la maggior parte – ricorda ancora Trevisanello – mestrini e veneziani. E il derby si sentiva anche dentro le squadre». Poi però capitava di cambiare casacca, come accadde allo stesso Trevisanello: «Alla fine i tifosi accettarono il mio passaggio da Mestre a Venezia, a loro bastava che giocassi bene». La sfida di domani metterà di fronte la capolista (appaiata al Capodarsego) a un Mestre in crescita. Ma il 2-2 di Tamai, terzo pari consecutivo del Venezia, ha lasciato più di qualche strascico. Le vivaci proteste del ds Giorgio Perinetti sono state punite con l’inibizione fino al 2 dicembre, mentre Calzi ha preso due giornate di squalifica. La società presenterà ricorso.
Ore 16.20 – Qui Guizza: termina l’allenamento.
Ore 16.00 – Qui Guizza: lavoro atletico.
Ore 15.40 – Qui Guizza: provate soluzioni offensive.
Ore 15.20 – Qui Guizza: lavoro col pallone, si allena a parte Niccolini.
Ore 15.00 – Qui Guizza: Biancoscudati in campo per il primo allenamento settimanale, la nebbia circonda il centro sportivo “Geremia”.
Ore 14.40 – (La Nuova Venezia) Vivere il derby dopo essere nati e cresciuti nello stesso comune crea emozioni e aspettative particolari. Ne sanno qualcosa Andrea Migliorini ed Emanuele Busetto, del Mestre. Il primo (mestrino doc) è anche capitano degli arancioneri, il secondo (veneziano del centro storico) è un punto fermo dell’undici di Tiozzo. «Come giocatore vivo il derby con entusiasmo ma anche con un pizzico di tensione» esordisce Migliorini, «perché è una partita diversa. Certamente a farsi sentire di più è l’attesa perché una volta scesi in campo in palio ci sono sempre tre punti». Poi un commento sul Venezia. «Mestre e Venezia sono società molto diverse. Loro sono uno squadrone costruito per arrivare primo, noi stiamo venendo fuori come società nuova e ambiziosa. È la partita più attesa dell’anno ma non fondamentale per la stagione anche se sarà splendido giocarla». Un accenno alla sua nascita calcistica. «Sono mestrino ma ho fatto tutte le giovanili e l’esordio in prima squadra proprio con il Venezia» racconta Migliorini, «quindi provo sentimenti conflittuali, ma tifo Mestre, ne sono un giocatore e oltretutto capitano e di questo vado molto orgoglioso. Scenderemo in campo carichi e tranquilli per fare la nostra gara. Dentro di me c’è sempre rispetto per i colori del Venezia ma in campo darò tutto batterli. Spero solo sia una festa perché dopo quasi 30 anni senza derby si deve assistere a uno spettacolo anche delle tifoserie. Giocare sabato o domenica avrebbe portato più gente ma sono convinto che il Penzo sarà una bella bolgia». Sulla stessa linea Emanuele Busetto. «Io sono di Venezia e per me è un derby molto sentito» è il suo primo commento, «il Mestre ha tanta voglia di venire fuori e regalare ai tifosi una gioia che meritano visto che viviamo un buon momento e vogliamo dimostrare di che pasta siamo fatti anche contro la prima in classifica». Il ricordo della laguna nel cuore di Busetto è presente. «Andavo al Penzo quando ero piccolo e tifavo Venezia pur non avendo mai giocato nelle loro fila. Ho rispetto per loro ma noi arancioneri non andiamo a Venezia per perdere perché abbiamo anche noi grandi giocatori e le forze per essere competitivi e imporre il nostro gioco». Della serie rispetto sì, paura no. «Non è detto che i favoriti riescano sempre a vincere» conclude Busetto «e noi faremo la nostra partita senza dimenticare che vogliamo tornare presto al Baracca. Per adesso siamo noi ad andare da loro, ma al ritorno dovranno fare i conti con un Baracca arancionero. Pensare che quando ero a Sacile, nell’unico match disputato contro di loro ero in panchina ma infortunato. È la prima volta che li incontro da avversario…».
Ore 14.30 – (La Nuova Venezia) Uno è di Marghera, anche se adesso si è trasferito a Mira con la famiglia, l’altro è di Favaro, entrambi cresciuti con i colori arancioneroverdi addosso, ritornati in estate al Taliercio per dare una mano alla nuova squadra che stava allestendo Giorgio Perinetti. Anche per Evans Soligo e Matteo Malagò il derby di domani sera rappresenterà una novità, da inserire nei ricordi della propria carriera. Soligo aveva otto anni quando si giocò l’ultimo derby del Penzo tra Venezia e Mestre nella primavera di 28 anni fa, Malagò doveva ancora nascere. «Mi fa un bel effetto» confessa Evans Soligo, «avverto anche una sensazione strana. Ho tante persone che verranno a vederlo. Nemmeno nelle giovanili mi è capitato. Resta comunque una partita con tre punti in palio. Capisco, però, l’attesa dei nostri tifosi e faremo tutto il possibile per regalar loro una grande gioia al fischio finale». «Sarà una bella emozione» aggiunge Matteo Malagò, «impensabile qualche mese fa che potesse verificarsi questa circostanza, ed è logico che questa partita abbia un valore aggiunto, anche se alla fine i punti in palio sono sempre gli stessi. Ci sarà anche l’ebbrezza della partita in notturna, spero solo che non ci sia la nebbia perché penalizzerebbe soprattutto i tifosi delle due squadre». Sarà, però, un derby inedito. «Senza alcun dubbio, questo sì» riprende Soligo, «il Venezia FC rappresenta la continuità con la società nata dalla fusione e con l’Unione, rappresenta entrambe le città, basta vedere i nostri colori». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Matteo Malagò. «È una stracittadina, è vero, però è un inedito. Noi rappresentiamo i tifosi di Venezia e di Mestre, è un derby completamente diverso da quelli giocati prima della fusione, e non solo perché gli ultimi vennero disputati tra i professionisti». Se il Venezia ha rallentato la marcia nelle ultime tre partite, il Mestre sembra aver trovato la quadratura del cerchio con l’arrivo di Tiozzo in panchina. «Lo conosco dai tempi del Porto Tolle» continua Evans Soligo, candidato a sostituire lo squalificato Calzi a centrocampo, «il Mestre è un’ottima squadra, è in serie positiva e verrà al Penzo caricata. Noi vogliamo però interrompere la serie di pareggi». Ci sarà anche il presidente Joe Tacopina in tribuna, uno stimolo in più. «Non dobbiamo lasciarci condizionare dai pareggi», aggiunge e conclude Matteo Malagò, «questi sono anche il frutto di episodi a noi non favorevoli. Avremmo cercato la vittoria contro qualsiasi avversario, ci tocca il Mestre e vogliamo batterlo, derby o non derby.. Ex compagni? Rivedo Niero, mio compagno alla Clodiense, mentre con Andrea Nobile ho giocato nella Rappresentativa».
Ore 14.00 – (Corriere del Veneto, edizione di Vicenza) E adesso pure Stefano Sottili punta il dito contro il suo Bassano. Il tecnico è rimasto spiazzato dalla prestazione della squadra contro il Mantova. Si aspettava una reazione vigorosa dopo lo 0-3 di Pordenone e la faticosissima vittoria contro la Pro Patria, arrivata soltanto a pochi minuti dalla fine. Segnali che potevano far pensare a una mini-crisi in arrivo e che sono stati purtroppo confermati dallo 0-1 casalingo di sabato sera. Un ko che ha lasciato il segno, soprattutto perché il Bassano, al di là dei limiti oggettivi di un Mantova che non è ancora riuscito a dimostrare i buoni valori che sulla carta paiono esserci. Ma che sul campo, sinora, si sono visti col contagocce. «Mi aspettavo una risposta diversa da parte della squadra — ammette Sottili — dal punto di vista dell’impegno ho visto corsa e lotta, ma da un punto di vista qualitativo non tutti hanno espresso le proprie potenzialità al massimo. Il Mantova è stato molto attento alla fase difensiva, limitando le nostre qualità, c’erano pochi corridoi centrali». Questo tanto per cominciare. Un attimo dopo, giusto perché il concetto arrivi con maggiore forza, ecco il nuovo affondo: «Dopo la rete subita mi aspettavo una reazione — tuona Sottili — il mettere in campo voglia, determinazione, cattiveria agonistica: il tutto in binomio con il gioco. Se mettiamo in campo solo una delle due variabili questa squadra fa fatica ad esprimersi al meglio. Questo è un campionato di qualità elevata, occorre quindi affrontare ogni partita con la consapevolezza che se non si dà il massimo si fa fatica ad ottenere punti». Sabato alle 15 si va a Pavia, per un big-match che forse arriva al momento giusto. L’occasione per il riscatto è servita. «Il Pavia è una squadra fortissima — sottolinea Sottili — che punta alla serie B diretta. Noi dobbiamo guardare di partita in partita con obiettivi immediati: se pensiamo ad obiettivi a lunga gittata sbagliamo. Non voglio giustificazioni, né alibi: testa bassa e lavorare, piangersi addosso non porta a nulla. Dispiace che nelle ultime due gare i risultati non siano arrivati perchè questo è un gruppo di grandi professionisti». Più chiaro di così…
Ore 13.30 – (Corriere del Veneto, edizione di Vicenza) Il Vicenza al sesto tentativo rompe l’incantesimo del Menti. Il netto successo contro l’Ascoli, battuto con il risultato di 3-0, regala infatti ai biancorossi la prima gioia stagionale tra le mura amiche, dove in sei gare il Vicenza ha totalizzato solo sette punti contro i dieci, an altrettanti match, ottenuti fuori casa. Migliorare il cammino interno sarà fondamentale per restare nelle zone alte della classifica per una squadra che, sotto la sapiente guida di Pasquale Marino, sta dimostrando anche in questa stagione di saper giocare un calcio propositivo e divertente. Una squadra che sta mettendo in mostra alcuni giovani interessanti, come Urso e Vita a centrocampo ma soprattutto Raicevic in attacco che in dieci partite ha segnato cinque gol. L’ex centravanti della Lucchese sta sorprendendo un po’ tutti, compreso se stesso. «Sto vivendo un sogno — ammette Rajcevic — continuo a stupirmi e sono felicissimo di come stanno andando le cose. Contro l’Ascoli fare gol è stato molto bello, ma la gioia più grande è stato festeggiare la vittoria davanti ai nostri tifosi ai quali siamo finalmente riusciti a regalare una bella soddisfazione». Raicevic però guarda già avanti e si prepara per la difficile trasferta di sabato a Livorno. «Dopo la vittoria contro l’Ascoli dobbiamo andare a Livorno ad ottenere un altro risultato positivo, per questo la nostra concentrazione è già rivolta alla gara in Toscana. Il Livorno è una squadra costruita per raggiungere almeno i playoff, ma noi andremo per fare una grande prestazione». Quello che riparte dopo la vittoria interna contro l’Ascoli è un Vicenza rinfrancato, che ha riagganciato l’ottavo posto in classifica in un campionato che, Cagliari a parte, non sembrano esserci squadre che possano prendere il volo verso la A. Dal campo arrivano notizie senza dubbio confortanti, mentre dal punto di vista societario tutto procede nel massimo riserbo. Le notizie che davano per certo il passaggio della maggioranza delle quote societarie da Finalfa Srl a Vi.Fin entro la fine di ottobre non hanno avuto seguito concreto. Vi. Fin. attende con ottimismo l’accettazione della richiesta di allungamento ad almeno quindici anni del pagamento del debito Iva e continua a trattare sulle questioni legate al centro tecnico di Isola Vicentina, che nel 2007 è stato ceduto dall’attuale proprietà alla River Srl. Il centro è legato al Vicenza calcio da un contratto d’affitto (oltre trentamila euro al mese) e gli immobili sono tutt’ora di proprietà della Sporting Srl dell’ex presidente del Vicenza, Aronne Miola, che a sua volta ha stabilito un costo d’affitto mensile di circa dodicimila euro, che però non viene corrisposto da tempo. Una situazione che i vertici di Vi.Fin. stanno cercando di risolvere, anche se nei progetti della società ci sarebbe la realizzazione di un centro tecnico più vicino alla città e con costi minori. Il quadro attuale lascia pensare che i tempi per il passaggio della maggioranza delle quote non siano così imminenti, anche se l’operazione è ben indirizzata e dovrebbe concludersi positivamente.
Ore 13.00 – (Gazzettino) Una giornata di squalifica a Massimiliano De Mozzi e ad Attilio Gementi per il fuori programma al termine del derby vinto 1-0 dal Campodarsego con l’Abano. È questo il verdetto del giudice sportivo che ha sanzionato l’allenatore neroverde e il direttore generale biancorosso per insulti reciproci al termine della gara. Il tutto è scaturito al triplice fischio con De Mozzi che ha lasciato la sua panchina per dirigersi verso quella del Campodarsego puntando dritto Gementi. Dopo qualche minuto la situazione sembrava essere tornata alla normalità. Negli spogliatoi invece è andato in scena il secondo atto con il tecnico aponense che ha invitato il direttore generale a uscire per un chiarimento a quattro occhi, che però non è arrivato. Il giudice ha squalificato anche due giocatori della Luparense San Paolo. Due giornate a Davide Perosin «per avere, in reazione a un fallo subito, colpito la gamba di un calciatore avversario con un pestone», e una giornata ad Alberto De March che è stato ammonito con il Calvi Noale ed era in diffida. Entrambi non saranno a disposizione per la sfida casalinga domani con il Fontanafredda, valida per il turno infrasettimanale di campionato.
Ore 12.40 – (Corriere del Veneto) Magari non riuscirà a centrare la promozione in Lega Pro ma di sicuro il Campodarsego sta facendo qualcosa di impensabile a inizio stagione. Primo in classifica a braccetto col Venezia, ha completato l’aggancio nel weekend dopo l’ennesima occasione mancata dai lagunari di Paolo Favaretto, raggiunti al 94’ a Tamai. Il Campodarsego vola e, battuto l’Abano, può sognare: «Stiamo andando fortissimo – ammette l’allenatore Antonio Andreucci – la classifica è bella, ma non la vogliamo guardare. Andiamo avanti così, aver battuto l’Abano ci ha consentito di acquisire ulteriore consapevolezza nei nostri mezzi». Il match winner è Igor Radrezza, che sta facendo la differenza. Durante l’estate era stato inutilmente offerto dal suo agente al Venezia, che alla fine scelse di seguire altre piste. È presto per dire se ci sia stato un errore di valutazione, ma di sicuro Radrezza non ha intenzione di fermarsi.
Ore 12.10 – (Gazzettino) Gianluca Litteri e Manuel Pascali sono ancora fermi ai box, e oggi l’esame strumentale farà luce sulle reali condizioni dei due giocatori. L’attaccante è uscito dopo mezz’ora della partita di sabato, Pascali invece si è bloccato durante il riscaldamento pregara. Il dottor Ilario Candido spiega la natura degli infortuni: «Litteri ha un fastidio al bacino, la risonanza magnetica dirà con esattezza di cosa si tratta. Pascali è alle prese con un affaticamento all’adduttore, per lui abbiamo deciso l’ecografia. In entrambi i casi, comunque, si dovrebbe trattare di cose da poco conto». Gianluca Litteri, come dicevamo, ha resistito mezzo tempo a Lumezzane: «Già durante la settimana ho saltato due allenamenti per questo, durante la partita ho nuovamente avvertito una fitta e ho preferito fermarmi». L’attaccante, comunque, sta già meglio: «Sto abbastanza bene rispetto a sabato. L’unico fastidio che provo è quando calcio il pallone di piatto, mentre in tutte le altre circostanze non avverto alcun dolore». L’attaccante si dichiara quindi fiducioso: «Da quello che sento penso di non aver niente di rilevante, secondo me con un paio di giorni di riposo tutto dovrebbe risolversi per il meglio. Aspettiamo comunque l’esito della risonanza prima di dire qualcosa di preciso». Litteri non dovrebbe dunque essere in dubbio per la partita di campionato di domenica prossima. Alla ripresa degli allenamenti Andrea Paolucci è invece tornato regolarmente in gruppo: il centrocampista granata aveva saltato la trasferta di Lumezzane per un fastidio al ginocchio, ieri invece si è allenato con il resto della squadra. BIGLIETTI PROSSIME GARE – Sono in vendita on-line e nelle rivendite Ticketone i biglietti per le gare Cittadella-Sudtirol di Coppa Italia di domani pomeriggio e Cittadella-Mantova di domenica 15, ore 17.30. I tagliandi sono disponibili anche alla sede del Cittadella dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30. La partita di Coppa Italia Cittadella-Sudtirol sarà arbitrata da Capone di Palermo. È previsto l’ingresso unico in Tribuna coperta ovest, questi i prezzi: biglietto intero 10 euro, under 14 a 1 euro. Domani la sede sarà aperta solo al mattino, poi i biglietti si potranno acquistare dalle 13.30 direttamente allo stadio, mentre sabato 14 la sede osserverà l’orario 9-12, i botteghini del Tombolato apriranno poi alle 16. CITTADELLA-REGGIANA – Il big match della 13ma giornata di campionato si giocherà sabato 28 novembre alle 20.30 al Tombolato, ieri è arrivata la comunicazione dal parte della Lega.
Ore 11.50 – (Mattino di Padova) “Nessuna nuova, buona nuova”, recita il proverbio. Ma in realtà, in casa Cittadella non è proprio così. Il giorno della ripresa degli allenamenti, dopo il pareggio di sabato a Lumezzane, doveva essere quello del responso sugli infortuni di Litteri, Pascali e Paolucci. Solo per quest’ultimo, però, l’allarme è rientrato: il centrocampista era stato escluso dalla trasferta bresciana a scopo precauzionale e, non avvertendo più dolore al ginocchio, ieri ha lavorato normalmente in gruppo, anche se la sua situazione continuerà ad essere monitorata dallo staff medico granata. Per quanto riguarda le altre illustri “vittime” del week end in Val Trompia non ci sono novità. Dopo aver visitato i due giocatori, il dottor Ilario Candido, medico sociale del club, ha deciso di farli sottoporre ad ulteriori accertamenti, che saranno effettuati oggi. Litteri, esclusa l’ernia. Soltanto l’ecografia potrà chiarire se quella che ha bloccato Pascali nel corso del riscaldamento, poco prima del match, è una semplice contrattura all’adduttore o se invece si tratta di una più seria lesione muscolare. «L’impressione è che non sia un problema grave e che il difensore si sia fermato per tempo prima di aggravare l’infortunio, ma è meglio andare cauti», spiega il dottor Candido. «Litteri, invece, si sottoporrà ad una risonanza magnetica per approfondire la natura dell’infiammazione all’anca. Possiamo escludere già da ora, però, che la causa del dolore sia un’ernia, e anche problemi di natura sciatica, perché non è coinvolta la schiena. Già oggi (ieri, ndr) l’attaccante non avvertiva particolare dolore, ma non ne avvertiva nemmeno prima della partita di Lumezzane. Aspettiamo i nuovi controlli per valutare la situazione e decidere come comportarci». Entrambi i giocatori ieri pomeriggio hanno svolto lavoro differenziato. Tra campionato e Coppa. Settimana atipica, questa, per Iori & C.. Prima della gara di campionato di domenica con il Mantova ci sarà l’impegno del secondo turno di Coppa Italia Lega Pro con il Sudtirol di domani, alle 15, al Tombolato. Gara secca, per cui in caso di parità ai tempi regolamentari si procederà con i supplementari ed, eventualmente, con i rigori. Sarà l’occasione per vedere all’opera chi ha avuto meno spazio sin qui. A partire, in difesa, da De Leidi e Benedetti, passando a centrocampo per Lora e arrivando in attacco a Sgrigna, che deve mettere minuti nelle gambe dopo i tre mesi di stop per infortunio, e Bizzotto, scomparso dai radar nelle ultime partite e più che mai desideroso di risalire nelle gerarchie del tecnico Roberto Venturato. Dal canto suo, la formazione altoatesina allenata da Giovanni Stroppa è tornata alla vittoria proprio in quest’ultimo turno di campionato, imponendosi 2-1 in casa della Giana Erminio e interrompendo un digiuno che si prolungava da un mese. I biglietti. Sono da ieri in vendita on line e nelle rivendite Ticketone sia i biglietti per la gara di Coppa che per Cittadella-Mantova, in cartellone domenica alle ore 17.30. Per quanto riguarda la sfida con il Sudtirol è previsto l’ingresso unico in Tribuna coperta Ovest, con intero a 10 euro e riduzione ad un solo euro per gli under 14. I botteghini apriranno alle 13.30, ma i tagliandi potranno essere acquistati anche rivolgendosi alla sede granata. A dirigere il match è stato designato Andrea Capone della sezione di Palermo, che sarà coadiuvato da Lipizer di Udine e Semperboni di Bergamo.
Ore 11.20 – (Gazzettino) Sull’attacco spuntato ecco Fabrizio De Poli. «Dobbiamo migliorare. I gol non si fanno per caso, ci si deve arrivare in maniera più veloce e produttiva di ciò che abbiamo fatto finora. Ci vuole che tutta la squadra aiuti gli attaccanti. I numeri sono lo specchio della realtà, bisogna crescere nella finalizzazione del gioco. Guardiamo avanti con fiducia». Anche perché le potenzialità del reparto offensivo ci sono tutte. «Sì, abbiamo un mix di attaccanti che possono fare bene. Ma dico la verità: facciamo pochi gol e in molte partite abbiamo creato poche occasioni. Dobbiamo migliorare la fase offensiva, e dipende anche dal dover trovare una quadratura ideale come squadra». Su Altinier. «Troppe volte non è stato messo nelle condizioni di sfruttare le sue caratteristiche che sono quelle di un’attaccante da area di rigore. È uno dei pochi giocatori che non è stato supportato a dovere. Se non sta segnando, è perché non è stato messo nelle condizioni di farlo».
Ore 11.10 – (Gazzettino) «Non sono soddisfatto, però se vado a vedere le occasioni che ho avuto non ho grandi rammarichi, escludendo i rigori che sono situazioni extra. Devo cercare anch’io di riuscire a crearmi più palle gol, come tutta la squadra. Non ho giocato neanche tantissimo: oltre ai due gol in campionato ne ho fatto uno in Coppa Italia, probabilmente mi manca un gol all’appello (rigore fallito con il Renate, ndr) per essere a regime con le presenze fatte». Ma la questione coinvolge naturalmente tutti i biancoscudati. «Dobbiamo essere più cattivi sotto porta per cercare di creare qualche palla gol in più ed essere maggiormente ficcanti. Anche con il Pordenone siamo stati molto bravi ad arrivare fino alla trequarti e poi abbiamo faticato a trovare lo spunto per andare a concludere. A volte bastano due-tre occasioni per segnare, in un periodo come questo bisogna creare di più per farne uno. Dobbiamo lavorare per migliorare, siamo fiduciosi». Senza dimenticare che se con Reggiana e Mantova non ha giocato, quattro volte è entrato nella ripresa. «Non è sempre facile entrare e cambiare volto alla partita». In estate è stato l’investimento principale del club con un contratto triennale. Sente questo peso? «No, di sicuro voglio diventare un giocatore importante per questa società».
Ore 11.00 – (Gazzettino) In gergo si chiama sterilità offensiva, e il Padova ne sembra afflitto. Tanto che il ritornello più gettonato nell’immediato dopo gara con il Pordenone è stato rivolto alla «mancata finalizzazione». I numeri dopo dieci giornate sono eloquenti: l’attacco è il quart’ultimo del campionato con nove sigilli, gli stessi segnati dall’Albinoleffe. Peggio hanno fatto solo Pro Piacenza e Renate con sei, e la Pro Patria con quattro. Nelle ultime due partite (Pavia e Pordenone) è rimasto all’asciutto, cosa che era già capitata con il Renate, e solo una volta ha realizzato più di un gol (successo 2-0 con la Pro Piacenza). C’è di più, considerato che gli attuali nove gol sono distribuiti solo tra quattro giocatori con Petrilli a quota tre, tra l’altro rimasto in panchina con il Pordenone, seguito da Fabiano, Neto Pereira e Altinier a due. Proprio Altinier è il caso più emblematico, dato che nella passata stagione è stato il bomber dell’Ascoli con diciassette centri, mentre quest’anno sta faticando a trovare spazio e quando gioca non riesce a incidere come potrebbe.
Ore 10.50 – (Gazzettino) Dopo aver goduto di un giorno di riposo, oggi alle 15 alla Guizza i biancoscudati riprenderanno la preparazione in vista della trasferta in programma domenica con la Cremonese allenata dall’ex biancoscudato Fulvio Pea. Nell’occasione Parlato potrà contare anche su Diniz, che torna a disposizione dopo aver scontato la giornata di squalifica con il Pordenone. Da valutare le condizioni di Ramadani, uscito nella ripresa per un acciacco. Intanto il Padova giocherà in trasferta con la Pro Patria sabato 28 novembre alle 17.30.
Ore 10.30 – (Mattino di Padova) E c’è sicuramente anche la sua assenza, l’impossibilità di godere di una valida alternativa ad Altinier, tra le cause dell’asfissia di reti che la squadra sta attraversando. C’è ben poco da disquisire, i numeri parlano chiaro: se la squadra dopo dieci giornate si ritrova nel gruppone di centroclassifica, è perché segna poco. Nove gol in dieci giornate sono una media da playout, solo Pro Piacenza, Renate e Pro Patria hanno fatto peggio, e non a caso si ritrovano nelle ultime posizioni. Meno male che l’altra faccia della medaglia è una difesa che tiene, eccome: con 9 reti subìte i biancoscudati si uniformano ai dati delle prime della classe, esclusa la Reggiana, che vince per distacco la speciale classifica delle retroguardie meno battute. C’è un altro dato, tuttavia, che costringe a lasciare aperta ogni statistica: Cristian Altinier, il bomber principe – sulla carta – del Padova, pure l’anno scorso ad Ascoli era partito parecchio in sordina. Una sola rete nelle prime dieci giornate, esattamente com’è avvenuto quest’anno: alla fine della stagione i suoi gol sono stati ben 17. La speranza, quindi, è che la zona-Altinier sia pronta ad esplodere già domenica sul campo della Cremonese.
Ore 10.20 – (Mattino di Padova) A conti fatti, è lui il primo a rendersi conto che questo mese potrebbe essere davvero la sua ultima possibilità: o le cose si sistemano, oppure è probabile che la società cominci a guardarsi intorno. Non si tratta di ingratitudine o di cinismo, ma di oggettiva visione della realtà: Parlato non potrà attenderne in eterno il rientro. E per il bene del Padova, come ha già fatto l’estate scorsa, Amirante potrebbe essere costretto a salutare la piazza che lo rifatto sentire importante: «Era ovvio che mi riducessi l’ingaggio, non me la sentivo di prendere tutto lo stipendio: in primis perché non è giusto, e poi perché, viste le mie condizioni, avrebbero anche potuto mandarmi via già quattro mesi fa. Posso solo essere riconoscente a questa società, se in futuro decideranno diversamente non potrò fare altro che ringraziare il Padova e questa piazza. Per tutto».
Ore 10.10 – (Mattino di Padova) La settimana scorsa, dopo i tre secondi di campo assaggiati a Pavia prima che la sostituzione venisse abortita in nome dei regolamenti, Amirante ha deciso di sua iniziativa di farsi visitare da un luminare dell’ortopedia del ginocchio. Il quale, come lui stesso in cuor suo sapeva, ha certificato che l’articolazione non è ancora pronta per il campo. «Avevo una voglia matta di giocare, non potevo rifiutare la convocazione per Pavia», spiega. «Ma il ginocchio non lo sentivo stabile, quindi ho deciso di rivolgermi a questo specialista. E la sua opinione è stata che tornerò a giocare, e che i miei fastidi sono dovuti al muscolo che sorregge il ginocchio: mi ha dato un programma per riportarlo in condizione, secondo lui dovrei metterci tre o quattro settimane. Una situazione che faccio fatica persino io a comprendere, che non auguro a nessuno».
Ore 10.00 – (Mattino di Padova) «Io sono uno che le cose le capisce, so che a dicembre qualcosa potrebbe succedere…». A Pavia, se non fosse stato per l’intervento (provvidenziale) del segretario Pagliani, sarebbe entrato in campo e avrebbe giocato i primi 20 minuti del suo campionato. Con il Pordenone, invece, Salvatore Amirante è tornato in tribuna: dal mancato esordio ad un’ulteriore proroga il passo è stato fin troppo breve. “Savio” vive in un limbo che, personalmente e professionalmente, lo sta logorando. Ogni volta che si sveglia, al mattino, spera che il ginocchio operato sia nella sua “giornata buona”: a volte accade, altre no. E mentre la società lo aspetta, lui sa che le favole, nel calcio, sono cosa rara. Guarda alla realtà con oggettività: «Non me ne andrei mai da qui, ma il timore che tra poco la società possa fare altre valutazioni sul mio conto c’è. Ed è giusto che sia così: se a dicembre o gennaio avranno bisogno di un altro attaccante, è giusto che lo prendano. Fino ad allora, io ci provo».
Ore 09.50 – (Mattino di Padova) Tuttavia non si può negare l’evidenza: e cioè che il signor D’Apice ha toppato in pieno la gara con i friulani. E come lui non ha soddisfatto la maggioranza dei fischietti spediti dal designatore Danilo Giannoccaro a gestire le partite del Padova. Unica eccezione: Silvia Tea Spinelli, di Terni, che ha diretto la gara di Meda con il Renate. Ha 44 anni, e certamente non farà ulteriore carriera per l’età avanzata, ma la sua qualifica di arbitro Uefa (e Fifa a livello femminile) nonché la carica di vicepresidente della sezione Aia della città umbra in cui è nata e risiede le calzano a pennello. La migliore vista sin qui, di gran lunga superiore ai colleghi maschi. Tornando a D’Apice, a seguirlo in tribuna c’era anche uno dei vice-presidenti della commissione Can per la Lega Pro, il padovano Roberto Bettin, al fianco dell’osservatore Gerardo D’Amore di Salerno. Il giudizio non lo conosciamo, ma non devono averne ricavato entrambi una positiva impressione se è vero che – riferiscono le “voci” – sul penalty non avrebbero avuto dubbi, per cui sarebbe dovuta arrivare anche l’ammonizione a Pasa. Ultima annotazione, i rigori: il Padova sin qui ne ha avuto 2 a favore (uno a Cittadella, realizzato, l’altro a Meda, sbagliato), e 2 sono quelli che gli sono stati fischiati contro, in casa con il Sudtirol (trasformato da Maritato) e a Pavia (capitalizzato da Bellazzini). Perfetto equilibrio, almeno su questo non è il caso di lamentarsi.
Ore 09.40 – (Mattino di Padova) Giosué Mauro D’Apice, di Arezzo, domenica era alla sua prima direzione nel girone A, dopo aver arbitrato in questa stagione Pisa-Prato (2-1) nel raggruppamento di Centro, Messina-Cosenza (2-0) e Lecce-Ischia (1-0) in quellodel Sud. È uscito bocciato, per parere concorde, dall’Euganeo, con voti variabili fra il 4.5 del nostro giornale, il 5 del “Gazzettino” e il 5.5 della “Gazzetta dello Sport” e di “Tuttosport”, mentre il “Corriere dello Sport-Stadio” non ha espresso giudizi. Evidenti gli errori imputabili al fischietto toscano, un rigore netto non concesso al Padova per il fallo di Pasa su Neto Pereira, e subito dopo il gol non assegnato al Pordenone quando, sul diagonale di Finocchio, Niccolini in scivolata ha respinto il pallone forse oltre la linea bianca. Al di là della nuova, insufficiente direzione di gara che ha penalizzato la squadra di Parlato, la domanda sorge spontanea dopo 10 giornate di campionato: c’è un’idiosincrasia arbitrale, da sottolineare con la matita rossa, nei confronti dei biancoscudati? A negarlo è Pierino D’Ambrosio, dall’anno scorso dirigente accompagnatore ufficiale del Padova, che risponde così: «No, non c’è un problema con gli arbitri. Anzi, esiste massima collaborazione da parte nostra nei loro confronti».
Ore 09.30 – (Mattino di Padova) È fissata per le 15 di oggi la ripresa degli allenamenti: dopo il giorno di riposo concesso dallo staff tecnico, la squadra si ritroverà alla Guizza in preparazione alla sfida di domenica sul campo della Cremonese, stadio che evoca i dolcissimi ricordi della promozione in Serie A del 1994. Carmine Parlato contro l’undici dell’ex Fulvio Pea ritroverà Diniz al centro della difesa dopo il turno di squalifica. Nessun problema invece per Bucolo e Mazzocco: per entrambi quella di domenica contro il Pordenone è stata la prima ammonizione stagionale, rimane in diffida (e quindi a rischio squalifica) il solo Daniele Corti.
Ore 08.50 – (Corriere del Veneto) Pea si oppose al tentativo di combine ma poi non denunciò le pressioni ricevute. Domenica allo Zini affronterà per la prima volta la sua ex squadra, scivolata lentamente nella parte medio-bassa della classifica dopo gli ultimi risultati. Se è vero che Parlato rimane al suo posto, non si può non notare la differenza di vedute con il ds Fabrizio De Poli, che ha impostato la campagna acquisti puntando su giocatori adatti al 4-2-3-1 e che nelle ultime settimane spesso e volentieri ha visto mettere in campo la squadra con il 4-3-1-2. La qualità del gioco contro il Pordenone è stata buona, senza che però nessuno tra i giocatori scesi sul terreno di gioco riuscisse a buttarla dentro. Cristian Altinier sinora ha segnato due gol ma sta giocando pochissimo e, quando scende in campo, non lascia il segno. Salvatore Amirante continua a tribolare per il ginocchio operato più volte e anche ieri ha lavorato in piscina. La società potrebbe tornare sul mercato a gennaio se il centravanti ligure non dovesse dare garanzie. E, come se non bastasse, domenica non è stato concesso a Neto Pereira un rigore apparso invece solare ai più.
Ore 08.40 – (Corriere del Veneto) Un punto è sempre meglio che niente. Eppure, nonostante la prestazione tutt’altro che negativa offerta con il Pordenone, il Padova non riesce a cambiare marcia. Dando un’occhiata al ruolino di marcia nelle ultime settimane, sono appena cinque i punti ottenuti nelle ultime sei partite. Una media da playout, anche se il valore complessivo della rosa a disposizione di Carmine Parlato non può certo far pensare a una caduta in zona retrocessione. Per ora la fiducia nei confronti dell’allenatore è salda, tanto più che il presidente Giuseppe Bergamin preferisce guardare il bicchiere mezzo pieno: «Dobbiamo ripartire da questa prestazione e da questo risultato per dare continuità — sottolinea il numero uno biancoscudato — penso che ai punti avremmo meritato noi la vittoria, eppure credo che sia stato dato un segnale di grande maturità dopo una settimana difficile». Domenica si va a Cremona contro l’ex Fulvio Pea, appena deferito per omessa denuncia nell’inchiesta sul calcioscommesse portata avanti dalla Procura di Catanzaro, per una vicenda risalente ai tempi di Bassano-Monza della scorsa stagione.
Ore 08.30 – Lega Pro girone A, la classifica aggiornata dopo il posticipo: Cittadella 21, Pavia 20, Reggiana 19, Bassano 18, Alessandria 17, Cremonese 16, FeralpiSalò, Pordenone e SudTirol 15, Cuneo, Giana Erminio, Lumezzane e Padova 13, Mantova 11, Pro Piacenza 10, Renate 8, AlbinoLeffe 7, Pro Patria 0.
Ore 08.20 – Lega Pro girone A, i risultati della decima giornata: Giana Erminio-SudTirol 1-2 (Bertoni (St) al 7′ pt, Tait (St) al 2′ st, Augello (Gi) al 5′ st), Lumezzane-Cittadella 1-1 (Iori (Ci) su rigore al 42′ pt, Sarao (Lu) al 35′ st), Alessandria-Pro Patria 1-0 (Bocalon (Al) al 41′ pt), Renate-Pavia 0-0, Bassano-Mantova 0-1 (Gonzi (Mn) al 25′ st), Padova-Pordenone 0-0, Pro Piacenza-Cremonese 0-1 (Maiorino (Cr) al 24′ st), AlbinoLeffe-FeralpiSalò 1-5 (Marrachi (Fs) al 30′ pt e al 32′ pt, Bracaletti (Fs) al 43′ pt, Checcucci (Al) al 14′ st, Romero (Fs) al 46′ st, Greco (Fs) al 49′ st), Reggiana-Cuneo 0-1 (Ruggiero (Cn) al 35′ pt).
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E’ successo, 9 novembre: giorno di riposo per i Biancoscudati dopo il pareggio interno a reti bianche col Pordenone.