Live 24! Padova-Pordenone, il giorno dopo: bene l’intensità, meno la finalizzazione

Condividi

Clicca qui per aggiornare la diretta

Ore 22.00 – Lega Pro girone A, la classifica aggiornata dopo il posticipo: Cittadella 21, Pavia 20, Reggiana 19, Bassano 18, Alessandria 17, Cremonese 16, FeralpiSalò, Pordenone e SudTirol 15, Cuneo, Giana Erminio, Lumezzane e Padova 13, Mantova 11, Pro Piacenza 10, Renate 8, AlbinoLeffe 7, Pro Patria 0.

Ore 21.55 – Lega Pro girone A, fischio finale: Reggiana-Cuneo 0-1.

Ore 21.10 – (Il Piccolo) Fino a settembre l’Unione non era in vendita, poi il presidente ha dichiarato di voler come buonuscita 200 mila euro (da sommare ai debiti di 300 mila euro), poi la scorsa settimana l’ha tolta. Questa è stata l’escalation di dichiarazioni pubbliche. Chi ha avuto dei contatti per l’acquisto sostiene che al momento del dunque Pontrelli abbia cambiato idea o comunque non sia stato disposto a mettere nero su bianco le sue richieste. Pontrelli, come è ovvio, ha più volte sostenuto il contrario dubitando della serietà dell’interesse e delle offerte. Vero è anche che nessuno dei “promessi sposi” ha voluto esporsi pubblicamente mettendo su un tavolo le sue disponibilità. Non è successo con la cordata Zanmarchi. Il friulano da mesi ha continuato a tener nascosti i suoi interlocutori chiedendo invano a Pontrelli i dati di bilancio e l’ammontare del debito. Alla fine, stando alle ultime dichiarazioni pubblicate da alcuni media, Zanmarchi è stato esplicito: aspettiamo il fallimento così possiamo investire tutte le risorse sul progetto sportivo. Discorso legittimo anche se piuttosto debole sul piano dell’immagine e della prospettiva oltre che poco “simpatico” con i fornitori che hanno crediti nei confronti dell’Unione. I croati, i veneti, i lombardi e quant’altri si sarebbero avvicinati a Pontrelli ma mai si sono pronunciati in pubblico. Anche gli investitori che hanno come ambasciatore il triestino, ex calciatore alabardato e dell’Inter e in carriera diesse Mauro Milanese sono in attesa di sapere le cifre ma adesso sarebbero più propensi ad evitare il fallimento che comporta quasi certamente la perdita del titolo sportivo e un danno pesante all’immagine della città . Milanese, dopo un primo approccio finito male con Pontrelli nel mese di agosto (l’investitore interessato opera in Scozia) e uno qualche settimana fa attraverso un intermediario, non vuole più rapportarsi al presidente dell’Unione ritenendo il suo atteggiamento non affidabile per avviare una trattativa seria. Milanese piuttosto attende un segnale dal Tribunale o meglio una stima certificata del debito. Sempre che chi deve mettere i soldi sia ancora disponibile a farlo. Come dire: visto il suo comportamento equivoco dimostrato in passato non mi fido più ma sono i attesa. Oltre alla variabile del debito c’è anche in gioco il destino dell’iniezione di liquidità di mezzo milione circa di euro erogata da Di Piero, che socio non è, a titolo di prestito (acconto sull’acquisto di quote sociali dovrebbe è la causale dichiarata dallo stesso Pangrazio). E un prestito è un debito da saldare. Sullo sfondo ci sarebbero poi i romani di Pontrelli (quelli evocati nelle ultime settimane) gli unici a rapportarsi al presidente e che quindi al momento sembrano essere in pole position. Ma, visto il tourbillon delle ultime settimane può succedere di tutto. Anche l’irreparabile.

Ore 20.50 – Fine primo tempo: Reggiana-Cuneo 0-1.

Ore 20.40 – Cuneo in vantaggio a sorpresa a Reggio Emilia, rete di Ruggiero. Reggiana-Cuneo 0-1.

Ore 20.30 – (Il Piccolo) Dopo la bonifica (dei giocatori) che ha decimato l’organico ora tocca al bonifico (o all’assegno). Oggi infatti scadono i termini per il pagamento della vertenza di Maurizio Costantini e del suo staff. Il 9 ottobre infatti, dopo un iter che si è protratto per quasi un anno, è stata emessa la delibera del collegio arbitrale che intima all’Unione 2012 il saldo entro 30 giorni di circa 30 mila euro (quindi il 9 novembre). Per la precisione sono 19.962 euro all’ex allenatore, 4.450 euro a Renzo Di Justo (ex preparatore dei portieri) e 4.820 euro a Milos Tul (ex preparatore atletico). È un lascito della gestione Puglia-Cergol che avevano esonerato l’intero staff nell’ottobre del 2013. I debiti, sono ovviamente a carico dell’attuale proprietario, e quelli inoltrati dalla giustizia sportiva non rientrano nel concordato chiesto al Tribunale di Trieste dall’Unione il 30 settembre. Insomma oggi o a brevissimo Pontrelli deve saldare. Se non lo farà entro qualche mese la società subirà uno o più punti di penalizzazione in classifica e in ogni caso se il debito non sarà estinto entro maggio, qualunque sia la proprietà dell’Unione, la squadra non potrà iscriversi al prossimo campionato. Insomma è un’eredità pesante e che non ammette deroghe. Visto il momento delicato e anche caotico che si vive in casa Unione la decisione di Pontrelli rappresenta un fatto (e non chiacchiere) indicativo su quali siano le sue intenzioni sul presente e sul futuro di una società in default ormai da oltre un anno. Finora Pontrelli ha sempre pagato le vertenze aperte dai tesserati. Ma ora ci sono da scucire trentamila euro che, in caso di cessione potrebbero essere recuperati, al contrario invece nell’ipotesi di fallimento sarebbero persi. E allora se Pontrelli paga e non è in preda alla follia sarà evidente che ha intenzione di andare avanti o è vicino alla cessione. Perché nessuno tira fuori trentamila euro per chiudere baracca o lasciarla andare al suo destino. Nè chi è in procinto di vendere vuole consegnare all’acquirente un’altra ipoteca (oltre ai debiti esistenti) sulla classifica di una squadra che in questo momento non ha un rendimento troppo rassicurante per mantenere la categoria. E visto che la serie D è l’unico bene (per così dire) nel portafoglio dell’Unione per quanto possibile va conservato. Per tutti questi motivi le mosse di Pontrelli sulla vertenza-Costantini saranno indicative. Perché al di là delle parole, delle chiacchiere e delle voci sulle varie cordate il pagamento a breve è un fatto. Ormai valgono solo gli atti concreti anche perché il tempo stringe e la situazione complessiva in campo e fuori non lascia più spazio a strategie o tentennamenti.

Ore 20.05 – Lega Pro girone A, inizia il posticipo Reggiana-Cuneo.

Ore 20.00 – (La Provincia Pavese) Ma questa chiamata di Maurizio Sarri è arrivata o no? «E’ arrivata. Anzi ne sono arrivate due, sempre tramite il suo secondo Francesco Calzona. La prima volta il 16 giugno, però il presidente De Laurentiis era già in parola con Alessandro Nista, io avevo già un contratto col Pavia, anche se il direttore Londrosi mi disse che mi avrebbe lasciato andare. La seconda un mese fa, prima di Napoli-Juventus, perché Nista ha avuto un problema e il Napoli ha dovuto prendere un altro preparatore. Ma sarei dovuto andare come collaboratore, perché con un doppio tesseramento sarebbe scattata la squalifica. Certo, è uno di quei treni da prendere al volo, che passano una volta sola. Il coronamento di una carriera ventennale. Ma devo dire che a Pavia mi trovo benissimo e mi piace il progetto della società». Tanto di cappello ad Alfredo Geraci, allenatore dei portieri, che messa da parte la grande chance è tornato a dedicarsi agli altri colori azzurri, quelli del Pavia. Anche Sarri è toscano, nato casualmente a Napoli, dove Geraci ha iniziato la carriera nella Primavera. «Sì, sono stato lì due stagioni. C’erano i vari Caffarelli, Amodio, Celestini, Musella, Iacobelli, Raimondo e Vincenzo Marino, De Vitis, i ragazzi di Mario Corso, quasi tutti arrivati tra i professionisti. Feci anche una panchina in serie A a San Siro col Milan, vincemmo con un gol di Raimondo Marino al 90’, l’allenatore era Luis Vinicio». Come mai la Primavera nel Napoli? «Io ero stato acquistato da un privato, all’epoca non c’erano procuratori. Prima mi portò nelle giovanili della Pistoiese, poi al Napoli. Mi avrebbero dovuto valutare a fine anno, ma Juliano – lo ricordo come se fosse ieri – disse che la società non avrebbe più speso soldi per un calciatore. Io ero super considerato, ma questo privato chiese 8 milioni di lire, una cifra altissima 35 anni fa. Da Napoli andai a Empoli». Poi tutta la carriera da calciatore in Toscana, invece da preparatore dei portieri in giro per l’Italia e anche all’estero. «Sì, prima in Bulgaria, in serie B. Ma da lì sono scappato, le scommesse erano all’ordine del giorno. Poi conobbi un manager che mi portò al Viktoria Zizkov, nella serie B della Repubblica ceca. Erano quinti-sesti e volevano salire in A. Siamo stati i primi allenatori italiani, il tecnico era Giancarlo Favarin, preparatore atletico Enzo Cestaro. Fu un bella esperienza, per un punto non salimmo». Geraci da giocatore veniva definito «istrionico» e «vulcanico». E’ vero che per fare il portiere bisogna essere un po’ matti? «Più che matti un po’ estroversi. Adesso però considero il portiere un ruolo di intelligenza perché deve anche saper giocare con i piedi, leggere la partita, essere bravo nelle uscite. Se hai un portiere bravo la differenza la fai. L’anno scorso Facchin ha salvato almeno sette-otto partite». E’ sempre possibile dire con certezza quando un portiere fa un errore? «Sì, ma non per quello che si dcie “perché non può prendere gol sul primo palo” o “le palle al limite dell’area piccola sono sue”. Sono considerazioni buone 50 anni fa, con un pallone che andava a uno all’ora e senza blocchi in area. Nel calcio moderno sono aumentate le difficoltà per un portiere, perché si vuole privilegiare lo spettacolo. Basti pensare che c’era anche in progetto di allargare le porte. E chi subisce tutto questo è il portiere». Pepe Reina dice che il portiere non deve aspettare il pallone, ma andargli incontro. D’accordo? «Certo. Il portiere deve sempre attaccare la palla, negli allenamenti chiedo questo». Per diventare un grande portiere oltre alla tecnica bisogna allenare la mente? «Sì, il portiere deve avere qualcosa in più degli altri. Ho conosciuto tanti portieri che in allenamento non facevano granché, ma in partita avevano una buona lettura. Prendiamo uno come Neuer, che chiede qualche riposo in più proprio per lavorare sulla testa. E fa delle cose allucinanti: è uno che non toglie mai lo sguardo da quello che accade in campo, cosa che invece i nostri portieri ogni tanto fanno. Questo vuol dire avere attenzione mentale, serve a percepire subito dov’è il pericolo. E fa la differenza». Veniamo ai portieri del Pavia. Facchin prima della cura Geraci aveva problemi a giocare con i piedi e le uscite erano un punto debole. «L’ho detto anche lui: quando sono arrivato Facchin non mi entusiasmava. Grande fisico, però tecnicamente aveva qualche piccolo difetto che si è portato dietro per troppo tempo. Adesso Facchin è un portiere che potrebbe affrontare anche categorie superiori. In me ha trovato il preparatore che gli dice le cose come stanno, lui ha capito da persona intelligente, ha avuto anche una maturazione: ora esce, se c’è da giocare con i piedi lo fa e se lo fa male glielo faccio notare. Facchin mi dice che sta bene ed è tranquillo, nonostante le pressioni che ci sono, quest’anno e l’anno scorso. Ma io sono contento di tutti e quattro i portieri. Anche Fiory è cresciuto tantissimo rispetto a quando è arrivato. Vengo al campo e mi diverto». A parte quelli del Pavia quali portieri hanno dato più soddisfazioni? «Ne ho avuti tanti bravi. Davide Morello, per esempio, l’ho visto in una gara di dilettanti e me lo sono portato dietro per qualche anno. Ha fatto una discreta carriera. E poi Puggioni. E ancora Cecere». In Italia è sempre Buffon il migliore? Chi in prospettiva può diventarlo? «Buffon non lo si può criticare, ormai è un’istituzione. Ma non mi ha mai entusiasmato, soprattutto negli ultimi anni. Perin non mi fa impazzire, però a furia di giocare può diventare il numero uno. Un altro è Donnarumma: ha struttura fisica, personalità, d’altronde a 16 anni gioca nel Milan. All’estero Neuer, nonostante che tecnicamente non sia fortissimo fa cose mostruose». E nel girone A di Lega Pro? «Paleari della Giana e Ravaglia della Cremonese». Dopo il calcio c’è ancora calcio? «Sì, mi piace aggiornarmi sempre, vado a vedere gli allenamenti dei colleghi, anche dei dilettanti. Ti possono dare degli spunti nuovi».

Ore 19.40 – (La Provincia Pavese) Diciamo la verità. In nessuna delle gare esterne giocate finora il Pavia ha convinto, anche quando è uscito con un successo. A Cremona, debutto in campionato, in una gara obiettivamente da 0-0 gli azzurri hanno lasciato agli avversari tre punti. Contro il Cuneo, che era a zero punti, solo la reazione nella ripresa e soprattutto le prodezze dei fuoriclasse hanno permesso prima di agguantare il pareggio e poi addirittura di vincere all’ultimo respiro. Vittoria anche Bergamo con l’Albinoleffe, ma anche qui all’ultimo assalto dopo il vantaggio, alcune ripartenze troppo disinvolte che avrebbero potuto chiudere il match e un pareggio subito nell’unico tiro concesso agli avversari. E poi c’è stata la gara contro la Giana Erminio, in cui al contrario il Pavia è stato raggiunto al 90’ ma dopo aver subito la maggiore verve degli avversari per quasi tutta la gara. E infine la moscia prestazione di sabato con il Renate, chiusa con uno 0-0 che parla da sé. Alla fine sono arrivati in tutto 8 punti in 5 gare, tutt’altro che pochi. E però c’è una bella differenza con le prestazioni al Fortunati degli azzurri. Unica eccezione la sconfitta con il Cittadella, maturata però con una strana autorete a gara quasi finita e per la quale c’è da considerare il grave handicap di aver l’attacco ridotto ai minimi termini (il solo Cesarini) e senza una prima punta (out Marchi, Del Sante e Ferretti, entrato solo nella ripresa). Per il resto, vittorie convincenti con Sudtirol, Pro Patria, Pro Piacenza e Padova, per un totale di 11 reti fatte e una sola subita (su rigore molto discutibile). In trasferta il Pavia ha incontrato tutte squadre di bassa classifica (eccetto la Giana, a metà graduatoria) e paradossalmente con queste ha incontrato più problemi. La formazione di Marcolini sembra soffrire in maniera particolare le formazioni che fanno non della costruzione del gioco ma della corsa e dell’agonismo le loro armi migliori. Lo ha ammesso lo stesso tecnico. E Alessandro Marchi ha sottolienato la difficoltà di gare come quella contro il Renate, che sono agevoli solo sulla carta. «Volevamo vincere, certo, ma in Lega Pro le partite sono dure su qualsiasi campo – ha spiegato il centrocampista nel dopo gara – il Renate nel primo tempo ha giocato a ritmi alti e il campo non era dei migliori. Li avevamo sempre addosso, hanno fatto buon pressing, qualche fallo, alla fine il pareggio è giusto. Non era facile giocare, il Renate gioca sulle ripartenze e davanti ha giocatori rapidi. Nel secoindo tempo però avevamo l’atteggiamento giusto». In fondo, aggiunge Marchi, «abbiamo mosso la classifica e ci presentiamo alla gara con il Bassano sempre in alta classifica». E stavolta si gioca in casa.

Ore 19.10 – (Gazzetta di Mantova) I biancorossi riprenderanno domani mattina le sedute di lavoro in vista della trasferta di domenica prossima sul campo del Cittadella. I padovani, al comando della classifica del girone A di Lega Pro, nell’ultimo turno hanno impattato a Lumezzane. Per la squadra di mister Venturato sarà una settimana densa di impegni perché oltre alla gara con il Mantova di domenica c’è l’aperitivo di mercoledì (ore 15) in casa con il Sudtirol (Coppa Italia). Per quanto riguarda la formazione di Ivan Javorcic diversi punti di domanda. Il primo riguarda capitan Gaetano Caridi, uscito in avvio di match a Bassano per un problema muscolare alla coscia sinistra. Oggi verrà sottoposto agli esami del caso, ma la sua presenza al Tombolato appare complicata. Da valutare i problemi al ginocchio riscontrati da Puccio e Anastasi. Il primo non dovrebbe preoccupare più di tanto, mentre il secondo è da gestire per non rischiare un riacutizzarsi del problema. A Bassano assenti anche Momentè e Ungaro, forfait che hanno portato alla convocazione di Del Bar. Le condizioni fisiche di entrambi verranno valutate in avvio di settimana dallo staff medico.

Ore 18.50 – (Gazzetta di Mantova) Il Mantova è definitivamente rinato dalle sue ceneri? La domanda è sulla bocca di tutti dopo la bella vittoria ottenuta sabato sera a Bassano. Un successo meritato, costruito grazie ad una prova collettiva di sacrificio e attenzione ai particolari. Non era facile: al Mercante il Mantova aveva sempre perso da quando è ritornato tra i professionisti. In un ambiente ostile, con tanti giocatori in difficoltà (le assenze di Momentè e Puccio, l’infortunio dopo pochi minuti di Caridi) poteva palesarsi l’ennesimo passo falso. Invece stavolta è uscita la compattezza del gruppo, la carica agonistica e anche un’idea (ancora embrionale) di gioco. Parlare di svolta è però affrettato e rischia di diventare un boomerang soprattutto perché di fronte ai biancorossi c’è una nuova trasferta in Veneto, stavolta in casa della capolista Cittadella. Il Mantova ha però una nuova identità e, dati alla mano, è fortemente legata ai reduci della scorsa stagione. Sarà un caso, ma dall’arrivo in panchina di Ivan Javorcic le prestazioni più convincenti in campo sono arrivate proprio dai giocatori presenti in rosa già nella scorsa stagione. Trainotti, Scalise e Scrosta rigenerati in difesa, Raggio Garibaldi a centrocampo con Di Santantonio, Caridi in attacco. Con la Spal in Coppa Italia in rete Gonzi, con la Giana Erminio gol della bandiera di Di Santantonio, a Bassano assist di Zammarini per il sigillo decisivo di Gonzi. Proprio questi ultimi due giocatori (definiti «tanta roba» da Javorcic nel post partita) si stanno rivelando armi imprescindibili. Zammarini è cresciuto esponenzialmente e sta confermando le ottime impressioni destate nella scorso campionato. Poco utilizzato nella prima fase della nuova stagione, il baby cresciuto nel vivaio ha saputo attendere con pazienza il suo momento e si è ritagliato uno spazio interessante a cavallo tra centrocampo e fase offensiva. Una sorta di jolly utile per nel 4-3-2-1 disegnato da Javorcic contro il Bassano. Modulo che ha funzionato soprattutto in fase di non possesso palla, con la difesa che ha trovato più equilibrio. E poi c’è Gonzi. Anche lui una sorta di oggetto misterioso nelle battute iniziali del torneo. Il senese ha sempre dimostrato di avere gamba e carattere e nelle ultime giornate ha fatto la differenza. Al di là delle reti Gonzi è salito di tono: con il Bassano il 70% delle occasioni pericolose create dai biancorossi lo ha visto protagonista. Un segnale importante, una risorsa in più in questo momento che continua a rimanere delicato sia per la situazione di classifica, sia per i problemi legati all’infermeria. Domenica prossima un nuovo esame lontano da casa contro un’autentica corazzata costruita per ritornare in serie B. Il Cittadella è un osso duro, ma il Mantova spigliato e volenteroso visto a Bassano può e deve giocarsela. Da squadra, proprio come si è visto nel successo d’oro dello stadio Mercante.

Ore 18.20 – (Gazzetta di Reggio) Nessuna pretattica e nessun stravolgimento tattico. La Reggiana che questa sera affronterà il Cuneo adotterà ancora il modulo 3-5-1-1. Frascatore prenderà il posto di Sabotic e tramonta quindi l’ipotesi di vedere in campo De Biasi. Una scelta che il tecnico granata Alberto Colombo spiega in questo modo. «Fino ad ora Frascatore ha dimostrato di avere discrete abilità nella fase difensiva. In più ha un buon mancino, quindi l’idea è quella di avere un giocatore in grado anche di fare gioco». Una scelta non priva di rischi? «Lo dirà il campo. All’allenatore toccano le scelte, poi è il rettangolo di gioco a dire se quelle scelte sono state giuste». Come l’ha presa De Biasi? «Non so se l’ha presa bene. Sicuramente avrà una possibilità in Coppa Italia. E se qualcuno ha qualcosa da dire, c’è solo un modo per farlo: il campo da gioco. Ma da punto di vista fisico De Biasi sarebbe pronto? «E’ un giocatore che conosco bene. L’anno scorso ha subito un grave infortunio ad inizio stagione e in questo momento non lo vedo ancora pronto per scendere in campo dal primo minuto». Giannone ha i novanta minuti nelle gambe? «Vediamo. Dipenderà molto dal tipo di partita. Se si troverà a dover fare molti rientri è probabile che sprechi molte più energie. Se invece l’inerzia della partita sarà a nostro favore ne consumerà decisamente meno». E i minuti di Pesenti quanti sono? «Non moltissimi. Migliora di settimana in settimana ma serve pazienza. Speriamo che non ci sia bisogno del suo ingresso in campo. Lo testeremo nel match di coppa Italia». Con una vittoria la Reggiana si troverebbe in vetta alla classifica. Ci sarà la paura di volare o sarà uno stimolo in più? «Deve essere uno stimolo in più. Deve servire a trovare le motivazione anche se, a dire il vero, ci dovrebbero sempre essere a prescindere. Detto questo, i risultati dimostrano che si può vincere e perdere con chiunque e proprio per questo motivo anche i pareggi non vanno denigrati. A chi vede già sei punti nelle prossime due partite dico che non è vero». Cosa teme di più di questa partita contro il Cuneo? «Temo una cosa: che ci si ricordi dell’avversario solo al momento della prima difficoltà. Invece dobbiamo essere sul pezzo fin dal primo minuto». I temi societari che hanno tenuto banco in settimana hanno disturbato il lavoro? «No. Non sono cose che ci devono influenzare e che vanno lasciate fuori dalla nostra testa». Spendiamo una parola sui tifosi… »Tutte le volte sono unici. Anche a Bolzano sembrava di giocare in casa».

Ore 18.00 – (Gazzetta di Reggio) Dopo il ko del Bassano e i pareggi di Cittadella e Pavia, la Reggiana tenta l’assalto alla vetta. Questa sera alle 20 al Città del Tricolore arriva il Cuneo dell’ex Chinellato. Sono solo quattro i precedenti tra le due squadre, tutti nella stagione 2012/13 dove i granata hanno collezionato due vittorie e due pari, e proprio la sfida esterna nei play-out permise all’allora truppa di Zauli di mantenere la Prima Divisione. Di quel gruppo che affondò i piemontesi, con un rigore di Beppe Alessi a fine primo tempo, è rimasto solo Parola dato che Zanetti e lo stesso Alessi ora allenano mentre Panizzi non è nella lista dei 24. Perilli e compagni si presentano alla decima giornata ancora una volta da squadra imbattuta, con la miglior difesa e con la capacità di tenere sempre lontano i pericoli dall’area di rigore ma il reparto arretrato in settimana è stato sconvolto prima dall’operazione al menisco di Sabotic, poi da qualche acciacco di troppo accusato dall’altro centrale Spanò: insomma sarà una Reggiana rimaneggiata e non al 100%. Il Cuneo, dal canto suo, arriva a Reggio con una formazione poco blasonata e senza grandi velleità di classifica ma non va dimenticato che, dopo aver perso le prime cinque gare contro alcune delle favorite, ha collezionato dieci punti nelle ultime quattro partite, con un pareggio ( 2-2 ) molto contestato domenica scorsa con l’Albinoleffe, avendo giocato in dieci praticamente per tutto l’incontro. Dopo aver raccolto punti pesanti nel trittico ostico con Feralpisalò, Cremonese e Sudtirol è normale aspettarsi dagli uomini di Colombo continuità nei risultati nel ciclo più morbido che si apre stasera. Il tecnico granata in questi giorni ha testato i suoi sia sul vecchio 4-3-3 che sul 3-5-1-1 e pare proprio confermato quest’ultimo con Frascatore ad inventarsi centrale sinistro, insieme a Parola e Spanò nel reparto arretrato; il centrocampo con Bruccini, Maltese ed Angiulli non si tocca mentre i due esterni saranno Mogos e Siega; davanti tornerà dal primo minuto Giannone alle spalle di Arma. La duttilità di questo undici permetterà, in base all’andamento della gara, di spostare Frascatore e Mogos come terzini con Siega e Giannone larghi sulle ali oppure da rifinitori dietro al centravanti marocchino. Insomma, nella difficoltà di una rosa non ancora al completo, le alternative ai granata non mancano, piuttosto bisognerà vedere con che mentalità verrà affrontata questa gara ricca di insidie e con l’imperativo di vincere per spiccare il volo.

Ore 17.30 – (Gazzettino, edizione di Venezia) «Non si tratta di un silenzio stampa ma di una scelta per tutelare i ragazzi». Così il diesse Giorgio Perinetti spiega la mancata presenza dei giocatori del Venezia in sala stampa alla fine del match pareggiato 2-2 con il Tamai. Comportamento inusuale per il team lagunare cha ha sempre garantito l’analisi del match da parte dei protagonisti: si è trattato di un caso eccezionale. «Ho visto che i ragazzi erano troppo nervosi per un incontro che aveva riservato molte emozioni e qualche azione discutibile a causa di sviste arbitrali che sembrano accompagnare il nostro recente cammino» dice ancora il dirigente lagunare. «A due giorni dal derby ho preferito lasciare al solo tecnico Favaretto il compito di analizzare con equilibrio questo match. Da domani mattina (oggi per chi legge, ndr) i giocatori saranno nuovamente a disposizione della stampa».

Ore 17.20 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Com’è pazza Venezia, per tutto quel che potrebbe fare e non fa. Arriva a Tamai e si fa soggiogare da un terreno di gioco non di categoria, certo, comunque valevole per tutte e due le squadre. Rinuncia così a condurre una manovra con palla bassa, scegliendo di rifornire le punte con lanci lunghi dalle retrovie, agevolando i difensori di casa. Il Tamai, invece, non solo perché conosce le problematiche del proprio terreno, ma soprattutto per indole, conduce il gioco senza rinunziare al fraseggio e restringendo le differenze potenziali degli organici. Ne esce un pareggio dopo altalena di situazioni, decisioni arbitrali discutibili (tutto sommato il peggiore), terminando dieci contro dieci e anche lì ci sarebbe da discutere. L’inizio è speculare, prefigurando i 4-3-3. Favaretto in realtà chiama Fabiano alle spalle di Serafini e Carbonaro, facendo salire anche di più Gualdi a sinistra. Primo spunto passato il quarto d’ora, con uno scambio Gualdi-Carbonaro. La conclusione ravvicinata dal vertice area piccola trova Peresson disteso a chiudere lo specchio. Il Tamai replica con una triangolazione, finalizzata con una palla a Sellan che cade in area spintonato da Cernuto. Per l’arbitro è fallo dell’attaccante. Cominciano le perplessità. I tifosi veneziani esultano e protestano al 28′, quando Bignucolo salva sulla linea, scaraventando lontano la palla che aveva già superato Peresson, dopo il tiro da vicino di Carbonaro. Il primo assistente Santarpia è appostato sul fondo e lascia proseguire. Nell’ultimo quarto d’ora della prima frazione, Paladin, chiuso fra Vicario e Beccaro, non riesce a sfruttare l’imbucata di Sellan. Lo stesso centravanti, arretrato, è protagonista di una carambola che manda la sfera sul palo alla sinistra di un sorpreso Peresson dopo tentativo di Beccaro. Il tiro-gol è invece quello di Paladin, che prova il diagonale basso da sinistra, da oltre una trentina di metri. La potenza sul fondo gibboso inganna Vicario, il quale non si tuffa in tempo per chiudere l’angolino basso alla sua destra. Poco dopo Gualdi calcia alta la reazione. Dopo l’intervallo, con la necessità di recuperare, riprende in mano la situazione il Venezia, evidente squadra esperta, comunque sempre privilegiando palle lunghe dalle retrovie. De Poli cercando l’assist sfiora la base del palo più lontano dalla destra. Dopo un colpo in testa a Concas nasce un parapiglia e l’arbitro ci mette troppi minuti per gestire la situazione e, soprattutto, permettere i soccorsi dalla panchina. Ne scaturiscono le ammonizioni dei due numeri otto, Petris e Gualdi e soprattutto la dimostrazione dell’incapacità arbitrale di raccapezzarsi e tornare in grado di gestire le situazioni di gioco. Così a metà frazione viene espulso Giacomini per un contrasto su Gualdi in un’area affollata, con il numero otto ospite capace di «svenire» prima dell’intervento sul pallone di Peresson. Come estensione dei provvedimenti disciplinari, si aggiunge l’allontanamento di mister De Agostini su segnalazione del primo assistente. Nell’uscire attraversando il campo, De Agostini si attarda e dialoga con Calzi, a cui l’arbitro poi corre a sventolare il cartellino rosso. Rimesso ordine per così dire, sul dischetto ci va Serafini che spiazza Peresson. 1-1 in 10 contro 10, mica è finita. Manca poco allo scadere quando, da una punizione angolata negli ultimi quindici metri di Galli, con difesa schierata, Serafini ruba il tempo e di testa prende il movimento utile a far inserire a tabellino bis personale e vantaggio del Venezia. Arriva pure la doppietta personale di Paladin, con un contro balzo della sfera che viene deviata a scavalcare definitivamente Vicario.

Ore 17.00 – (La Nuova Venezia) Dopo il nervosismo visto in campo, bocche cucite a fine partita da parte dei giocatori del Venezia. Una scelta del direttore sportivo Perinetti, che ordina il silenzio ai calciatori anche per evitare ulteriori problemi in vista dei prossimi impegni, dopo 95’ ricchi di episodi ritenuti discutibili e penalizzanti per la sua squadra. A parlare quindi solo Paolo Favaretto. «È un momento così, complicato, nel quale gli avversari fanno due tiri in porta e altrettanti gol» attacca l’allenatore arancioneroverde, «poi perdi giocatori che non dovresti o ci si mette la sfortuna come sul palo di Beccaro, l’autogol che lo ha visto protagonista e poi il gol non visto a Carbonaro. Spero sinceramente che la palla non sia entrata, altrimenti sarebbe ancora più difficile da digerire. Non me la prendo con l’arbitro, sia chiaro, non mi piace farlo e non è il caso. Invece guardo a due episodi che non dovevamo vedere: Calzi non doveva parlare con nessuno prima dell’espulsione e così non sarebbe successo nulla, e nel recupero non dovevamo concedere l’uno contro uno al Tamai. Senza il rosso a Calzi avremmo potuto sfruttare meglio la situazione di vantaggio che si era creata, e invece quella condizione favorevole è sfumata subito». Favaretto ne ha anche per il campo. «Difficile giocarci, troppo gibboso e passarsi palla era una impresa, ma questo era un problema per entrambe le squadre. Di sicuro in queste condizioni non siamo riusciti a esprimere il nostro gioco come volevamo e potevamo. Ad ogni modo muoviamo ancora la classifica, rimaniamo in testa, e ci teniamo stretto questo punto. Siamo in un momento in cui si deve mettere più fieno possibile in cascina, si dice così in genere, perché il campionato si inizierà a decidere verso febbraio, e non mi preoccupa la situazione attuale. Vero, siamo al terzo pareggio consecutivo, ma la squadra ha saputo reagire, recuperare e ribaltare lo svantaggio iniziale». E dopo otto turni il Venezia è tornato ad avere un rigore a favore. «Vero anche questo, era ora. Per certi versi la partita con il Tamai ha delle analogie con quella di Abano, non solo nel risultato, anche se stavolta il campo era ben peggiore. Forse la squadra in questa fase è un po’ stanca, giocando quasi sempre due volte la settimana, e arrivando di rincorsa per il ritardo iniziale che si era accumulato in estate. Però non ci perdiamo d’animo. Come ho detto molte volte nelle scorse settimane, il campionato di serie D non è facile come qualcuno pensava. Ci sono altre squadre che stanno infilando serie positive importanti» conclude Favaretto, «noi dobbiamo farlo di nuovo, e il non perdere in certe situazioni è un segnale importante». E adesso avanti con il derby. «La sfida con il Mestre? Per ora non ci penso, lo farò da domani (oggi, ndr). Adesso dobbiamo ripartire con serenità e continuare a dimostrare il valore di questo Venezia».

Ore 16.50 – (La Nuova Venezia) Tre punti su nove disponibili nelle ultime tre partite di campionato. Crisi no, parola grossa, ma flessione sì. Nei risultati, anche nel gioco, sicuramente nella lucidità con la quale vengono affrontate determinate situazioni di gioco. Questa premessa è doverosa. Il resto si può mettere nel frullatore di una partita per certi versi assurda, sbagliata dal Venezia, sbagliata dal Tamai e sbagliata da un arbitro che è stato tra i primi a non capirci più niente. Quattro gol, espulsioni, rigori, autorete nei minuti di recupero, gol fantasma, insomma chi non c’era penserà di aver perso chissà che spettacolo, ma la verità che su un campaccio buono per il motocross si è vista una partita nervosa, dentro e poi fuori, nel tunnel degli spogliatoi, di quelle che a nessuno dispiacerà dimenticare alla svelta. E a proposito di moto, va aggiunto che buona parte della tribuna – non la curva sud veneziana che ha sempre incitato – nella prima parte del pomeriggio è più presa dalla sfida Lorenzo-Valentino che dalla partita, ma anche questo fa parte della strana cornice della domenica, mentre il sottofondo audio da parte friulana è lasciato ad un incredibile uomo-sirena (simpatico o fastidioso?, boh), un tizio che non ha le gambe a coda di pesce ma una forza vocale che ripete in continuazione il suono dell’ambulanza in arrivo. Altra questione: gol no-gol. Non per le scommesse, per carità, ma perchè nella disastrata pagella dell’arbitro c’è anche un pallone di Carbonaro tirato fuori dalla porta dopo aver passato la linea. Almeno così garantisce chi ha rivisto le immagini. Non l’arbitro, nè il guardalinee, e vabbè. Diciamo che a Tamai prima di mettere i sensori sui pali hanno quantomeno da rizollare il terreno, e avanti ancora. Questo succede al 28’ ed è uno dei pochi brividi del primo tempo. Al 39’ siamo alla doccia fredda: destro di Paladin da fuori, angolato, okay, ma Vicario si butta tardi tardi e becca il gol. Fuochi d’artificio, pericolosi, nella ripresa. Anche se al 2’ Peressoni portiere gigante si becca il giallo per una rimessa stile bradipo. E siamo al 24’: Mischia in area del Tamai, Carbonaro va giù e l’arbitro dà il rigore. Pubblico indiavolato, peraltro già acceso da un episodio di un mancato soccorso a Concas, colpito a centrocampo. Gioco fermo oltre 4’, espulso Giacomini autore del fallo e poi l’allenatore De Agostini che protesta. Deve attraversare il campo, il tecnico, per uscire e Calzi lo invita a far presto. «Mi ha parlato in tono educato, la sua espulsione è ingiusta» dirà sportivamente De Agostini, ma l’arbitro è già sul pallone, rosso anche a Calzi. Espulsione ingiusta? Okay, ma magari la prossima volta Calzi o chi altri penseranno a giocare parlando meno. Serafini spiazza il portiere ed è l’1-1, partita raddrizzata. Il Venezia capisce di poterla vincere per due motivi: a) ha un maggiore tasso tecnico e quindi maggior predisposizione a castigare l’errore altrui; b)il Tamai è nervosissimo ed ha una crescente paura, spezza il gioco, non ha più il tecnico in panchina e tira parecchie pallonate sui campi circostanti. Alta tensione, listone di ammoniti, il Venezia è spinto dai suoi tifosi sul lato destro della tribuna ed ecco il jolly: minuto 44, Malagò – entrato al posto di un Fabiano in tono minore – pennella una punizione da sinistra, quel volpone di Serafini si smarca nel modo giusto e vola a colpire di testa. 2-1 e partita in tasca. Sì, perchè il Venezia che vince il campionato non deve farsi fregare dopo una partita del genere. Va detto a onore del Tamai che la squadra friulana non si dà per vinta neanche dopo il gol, che altrove avrebbe avuto l’effetto di un Tir passato sopra. Si capisce perchè li chiamano “furie rosse”, anche se di spagnolo non hanno niente. Sicchè al 49’ Paladin va via in contropiede, mezzo campo, il tiro incoccia sul corpo di Beccaro e vien fuori una parabola che burla Vicario. Sfiga? Forse. Ma perchè Paladin fa mezzo campo da solo al 94’?

Ore 16.20 – (Gazzettino) «Dispiace per la sconfitta perchè abbiamo creato molto e potevamo andare anche sul 2-0. Il primo tempo è stato uno dei migliori della mia gestione». Il tecnico Enrico Cunico fotografa così la battuta d’arresto per 2-1 della Luparense San Paolo nell’anticipo giocato in trasferta con il Calvi Noale, tanto più che i rossoblù si erano portati subito in vantaggio con Giglio. «Purtroppo abbiamo preso invece il solito gol su un nostro errore identico a quello commesso nella partita precedente, e nella ripresa non siamo riusciti a tenere lo stesso ritmo della prima frazione. Il secondo gol è arrivato poi su una palla inattiva e da quel momento siamo un po’ calati: eravamo lunghi per andare a recuperare palla e non eravamo più brillanti. Non abbiamo avuto la reazione che c’è stata nelle ultime due partite, ma va anche detto che non è sempre facile mentalmente avere la lucidità per andare a riprendere il risultato». Da quando è approdato sulla panchina dei Lupi la squadra ha ottenuto tre vittorie, altrettante sconfitte e due pareggi. Si aspettava qualcosa di più? «Stiamo crescendo e l’abbiamo fatto molto sul piano del gioco, dell’intensità e dell’aggressività. Ma pecchiamo in certi errori che non riusciamo a limare e se non lo facciamo in fretta ci troveremo sempre a dover rincorrere. Comunque, a parte la partita con il Venezia, nelle altre gare non ho visto le avversarie metterci sotto, ma siamo stati condannati dagli episodi. Ripeto, commettiamo delle ingenuità che dobbiamo assolutamente limare per non prendere gol».

Ore 16.00 – (Gazzettino) Tre sberle al Giorgione nell’anticipo di campionato, nessun gol subìto e finalmente il treno delle prime nel mirino. Ma l’Este ha qualche “mea culpa” da recitare. E il primo a dirlo è l’allenatore giallorosso, Andrea Pagan: «A conti fatti – ammette questi – credo di poter dire tranquillamente che abbiamo buttato via troppi punti per strada. Mi riferisco ad almeno un paio di pareggi che non ci stavano proprio e all’unica sconfitta che abbiamo subito in campionato». La sconfitta di cui parla il tecnico è quella di Belluno: l’Este aveva iniziato bene la giornata, portandosi in avanti nella tana dell’undici bellunese, ma i padroni di casa avevano ribaltato il risultato nel corso di un secondo tempo rocambolesco. «No sto qui a fare i conti esatti – spiega Pagan – però a questo punto avremmo davvero dei punti in più, se solo fossimo stati più attenti e avessimo fatto le cose per bene. La partita con il Giorgione ha comunque rappresentato una prova di maturità per la squadra, oltre che una prova di forza». Il vero esame di maturità è però quello che la formazione atestina affronterà mercoledì in casa della Virtus Vecomp. I veronesi, da sempre acerrimi rivali dei giallorossi, sono terzi i e non lasceranno certo con facilità la posta ai padovani. «Ora, anche se dobbiamo essere contenti di questo risultato, non possiamo più permetterci di pensare al Giorgione – avverte Pagan – e quindi sotto con la Virtus».

Ore 15.40 – (Gazzettino) Campodarsego in estasi, Abano in crisi. Il derby ha certificato il momento diametralmente opposto delle due formazioni padovane, con i biancorossi grande rivelazione del campionato tanto da avere raggiunto per uno storico primato in classifica grazie al 2-2 del Venezia in casa del Tamai, e con i neroverdi invischiati sempre più nella zona rossa della graduatoria con tre punti raccolti nelle ultime nove gare. Si gode il momento il Campodarsego che ha centrato l’ottavo successo, il secondo al Gabbiano. «È una vittoria importante perché ci dà sicurezza per come è stata costruita – sottolinea il tecnico Antonio Andreucci – Siamo partiti forte non sfruttando alcune situazioni, poi nella parte finale del primo tempo è uscito l’Abano. Nella ripresa siamo entrati con maggiore determinazione sapendo di poter vincere». Tre punti che hanno proiettato per la squadra in vetta. «Un’altra bella soddisfazione per i ragazzi che stanno giocando per loro e per la maglia. Il merito è loro». Tra i protagonisti Igor Radrezza, autore del sigillo che è valso la vittoria (1-0). «Un gol importantissimo. Volevamo vincere a tutti i costi, anche perché in casa avevamo raccolto solo una vittoria e quattro pareggi. Il nostro campo ci penalizza per come giochiamo, ma non è un alibi: dobbiamo vincere per forza se vogliamo restare lì davanti. Eravamo consapevoli che continuando a giocare come nel primo tempo, nella ripresa potevamo portarla a casa. Ci siamo riusciti addirittura con un mio gol e quindi sono doppiamente felice». Toccare la vetta in classifica è un risultato straordinario. «Nessuno di noi se lo sarebbe aspettato a inizio stagione, siamo davvero contentissimi. Continuare a stupire? Perché no, arrivati a questo punto vogliamo fare un campionato di vertice. Ma intanto raggiungiamo il primo obiettivo, ossia la salvezza». È sceso quest’anno per la prima volta in serie D dopo aver giocato sempre nei professionisti. «Sono venuto con umiltà per dare una mano. Un po’ di esperienza ce l’ho avendo giocato nei professionisti, sono contento di poter dare qualche consiglio anche ai più giovani. Per il resto siamo una bella squadra, quindi avanti così». Non riesce invece a tirarsi fuori dal tunnel della crisi l’Abano, tanto più che a fine gara sono saltati i nervi all’allenatore Massimiliano De Mozzi che se l’è presa con il direttore generale biancorosso Attilio Gementi in un fuori programma ad alta tensione prima in campo e poi negli spogliatoi (oggi è attesa la decisione del giudice sportivo dato che l’arbitro ha messo a referto l’espulsione a entrambi per reciproche scorrettezze). Scena alla quale ha assistito anche il presidente Gildo Rizzato che, affiancato dal direttore sportivo Andrea Maniero, si è intrattenuto per alcuni minuti in una stanza vicino agli spogliatoi con De Mozzi. «Dopo una partita così sentita il sangue può andare alla testa, ho solo cercato di tranquillizzarlo. È stato un episodio nato e morto lì». Nel summit si è parlato anche della squadra. «Abbiamo analizzato la situazione, vediamo che ci sono alcune difficoltà, ma nel calcio ci sono anche momenti negativi. Dobbiamo stare tranquilli e fare il meglio possibile dato che la squadra c’è». Ecco Nicola Segato: «Cosa non funziona? La prestazione è venuta fuori anche con il Campodarsego, di sicuro è un periodo nel quale ci gira tutto storto. Dobbiamo ripartire dagli ultimi venti minuti della ripresa, abbiamo dimostrato di esserci». Vedere l’Abano terz’ultimo in classifica fa un certo effetto «Dobbiamo tirarci fuori assolutamente da questa situazione. Il campionato è ancora lungo, però dobbiamo fare più punti possibile in questo mese». C’è preoccupazione? «Non ancora, le prestazioni ci sono in ogni partita. Non siamo una squadra morta, cerchiamo sempre di proporre il nostro gioco – conclude l’ex centrocampista biancoscudato – ma dobbiamo diventare più cattivi sotto porta».

Ore 15.20 – (Mattino di Padova) Una domenica di relax per le quattro squadre padovane di Serie D che, già oggi, torneranno in campo per preparare il turno infrasettimanale. Mercoledì, infatti, Campodarsego, Este, Abano e Luparense se la vedranno rispettivamente con Calvi Noale, Virtus Vecomp, Levico e Fontanafredda. CAMPODARSEGO, RUOLINO DI MARCIA SORPRENDENTE. Il pareggio a sorpresa del Venezia a Tamai ha regalato il primato (seppure a pari merito) ai biancorossi di mister Antonio Andreucci. La vittoria nel derby di sabato con l’Abano, invece, ha impreziosito ancora di più un ruolino di marcia da record per una matricola della categoria. Il match del “Gabbiano” è stato deciso dalla rete di Igor Radrezza, fantasista che, proprio alla corte di Daniele Pagin, ha trovato il riscatto dopo due stagioni sfortunate: «La retrocessione e il fallimento del Padova mi hanno segnato profondamente», ammette Radrezza (4 presenze in Serie B con i biancoscudati), «Monza e Renate hanno fatto il resto, tanto è vero che volevo andare a giocare all’estero. Alla fine ho scelto Campodarsego, dove ho trovato la mia isola felice». I 28 punti racimolati dal «Campo», però, non devono illudere troppo l’ambiente: «Sarebbe bellissimo continuare il testa a testa fino alla fine. In questo momento il Venezia è superiore e penso che alla lunga avrà la meglio sulle altre. Noi faremo di tutto per continuare questo campionato da sogno». ESTE, CLIMA DI SERENITÀ E OTTIMISMO. È stata un giornata di relax pure per i giallorossi di Andrea Pagan. E di gioia, visto che l’allenatore, oltre alla vittoria netta con il Giorgione nell’anticipo di sabato, ha festeggiato la nascita dei piccoli Giacomo e Nicolò. Due, come i gol segnati da Ferdinando Mastroianni alla formazione trevigiana: l’attaccante casertano è salito a quota 6 in classifica marcatori, scacciando via così le critiche delle scorse settimane. «I numeri dicevano che eravamo il peggior attacco del girone, è vero, ma non c’erano motivazioni o responsabilità particolari» spiega. «Noi attaccanti abbiamo commesso degli errori ma si trattava solo di aggiustare qualche movimento». Mastroianni ha già eguagliato il bottino di gol della scorsa stagione, giocata con la maglia della Clodiense: «Sono contento, ma io punto a fare il bene della squadra. D’altra parte, se faccio il mio dovere e la squadra ottiene risultati le soddisfazioni personali arrivano di conseguenza. Sono venuto a Este per giocare un campionato di alto profilo e penso che le potenzialità non manchino». ABANO, UN TREND NEGATIVO INSPIEGABILE. Tutt’altra situazione sta vivendo l’Abano che, a detta del direttore sportivo Andrea Maniero, deve «ritrovare l’amor proprio, a partire dai giocatori più rappresentativi». Nove partite senza vittorie, terzultimo posto solitario e morale sotto i tacchi. Un trend negativo al quale neanche il fantasista Enrico Bortolotto riesce a dare una spiegazione: «Faccio fatica a trovare le parole perché la situazione è assurda» ammette l’attaccante. «Ogni domenica perfino il presidente viene a consolarci negli spogliatoi eppure non c’è ancora stata un’inversione di tendenza». «Dobbiamo dare di più, io per primo» aggiunge Bortolot «d’ora in poi non dovremo più giocare per un campionato di vertice ma puntare prima di tutto a evitare il tracollo. Con grande umiltà e voglia di risalire». LUPARENSE, QUELLE “PAUSE MENTALI”… Qualche punticino di troppo per strada l’ha perso pure la Luparense. «Mancano cinque o sei punti all’appello» afferma l’allenatore dei rossoblù Enrico Cunico. «Ma non dobbiamo perdere troppo tempo a guardare il passato». I Lupi, dopo i pareggi con Liventina e Tamai e le sconfitte con Campodarsego e Noale hanno rallentato la rincorsa alla zona playoff: «Facciamo ancora degli errori in fase difensiva: leggerezze e “pause mentali” che una squadra come la nostra non dovrebbe permettersi. Dal punto di vista del gioco siamo sulla strada buona anche se dovremmo essere più cattivi».

Ore 14.50 – (Gazzettino) Due trasferte, un solo punto. Conquistato, tra l’altro, contro avversari non certo destinati all’alta classifica. Un bottino magro per il Cittadella, costruito per cercare di vincere il campionato e tornare subito in serie B. Se oltre ai numeri si analizzano le partite con Albinoleffe e Lumezzane, ci si accorge oltretutto che il risultato del campo rispecchia fedelmente quando successo nel novanta minuti: a Bergamo il Cittadella ha compromesso tutto nel primo tempo, sabato invece non è riuscito a conservare l’1-0 maturato su rigore da Iori. Quando ti vedi sfuggire la vittoria di mano a dieci minuti dalla fine si può parlare di due punti lasciati per strada? «Se penso che eravamo noi in vantaggio, direi di sì», ammette Claudio Coralli, precisando poi: «Il pareggio se lo sono meritato tutto, perché noi nella ripresa abbiamo subito troppo». Ecco il problema della squadra di Venturato: fatica a chiudere gli incontri e finisce poi per soffrire il ritorno degli avversari. «Ci siamo abbassati molto nel secondo tempo. Il Lumezzane ci ha aggredito a testa bassa e noi non siamo riusciti a mantenere il possesso del pallone. Si può e si deve migliorare in questo senso». Eppure il Cittadella dovrebbe essere agevolato nel compito: una volta sbloccato il risultato può contare su palleggiatori con i piedi fini in mezzo al campo. Far girare la palla non dovrebbe essere così difficile. «È vero, infatti non mi so spiegare questi cali – ammette Coralli – Forse si tratta di una questione di testa, il nostro allenatore saprà trovare il giusto rimedio». Allenatore che si è lamentato in proposito, dicendo che il Cittadella dev’essere più propositivo in attacco. Nel secondo tempo di Lumezzane, infatti, di palloni realmente giocabili lei ne ha visti davvero pochi. «Una volta incassato l’1-1 siamo riusciti a costruire qualcosa di buono, forse era troppo tardi però per sperare di vincere. Non sempre ti riesce di fare gol al novantesimo, come successo con l’Alessandria». Vincendo a Lumezzane avreste impresso il marchio granata sul campionato. «Non siamo ancora la squadra che può ammazzare il torneo, in questo senso c’è ancora da lavorare. Restiamo comunque in vetta al girone (in attesa del posticipo Reggiana-Cuneo di stasera, ndr) e stare in alto ti permette di lavorare serenamente». Nemmeno le altre squadre indicate dai pronostici per la vittoria finale hanno finora impressionato: in campionato non c’è ancora un vero padrone. Quando saranno delineati i valori delle avversarie del Cittadella? «Penso a febbraio. È in quel periodo che si decideranno le sorti del girone. E noi vogliamo essere nel gruppo delle prime». Il punto portato a casa da Lumezzane intanto ha mosso la classifica. «Ed è la cosa più importante se vuoi disputare una grande stagione. L’anno scorso probabilmente avremmo perso una gara come quella di sabato, nonostante tutte le difficoltà riscontrate nel secondo tempo siamo riusciti a pareggiare: un buon segno». Mercoledì c’è la Coppa: un piacevole diversivo al campionato? «Un’occasione importante per tutti coloro che non giocano con continuità, me compreso, per mettere minuti nelle gambe. E se giochi bene potrai anche mettere l’allenatore in difficoltà nelle scelte della squadra del week end».

Ore 14.30 – (Mattino di Padova) Mal che vada chiuderà comunque il turno in zona playoff. La mini-crisi del Bassano, che sabato, a sorpresa, ha incassato la seconda sconfitta consecutiva, cedendo al Mantova tra le mura amiche, e l’altrettanto inatteso pareggio a reti bianche del Pavia a Renate, hanno lasciato il Cittadella in testa per tutta la domenica, in attesa di sapere se nel posticipo di stasera la Reggiana, ora attardata di due lunghezze, si porterà in vetta superando il Cuneo. Risultati che consentono di guardare con occhio diverso all’1-1 dei granata in casa del Lumezzane che, per come è maturato, non ha certo riempito di gioia i tifosi. Peraltro, va detto che lo Stadio Saleri per gli uomini di D’Astoli è una sorta di fortino: in casa hanno raccolto 10 dei 13 punti accumulati sin qui, con un rendimento interno da zone alte della classifica. «MA NON DOBBIAMO SPRECARE QUESTE OCCASIONI». La sensazione, però, resta quella dell’occasione sprecata. Non tanto per essersi fatti riagguantare ingenuamente a dieci minuti dal novantesimo, ma per quel secondo tempo in cui la capolista ha abdicato al suo ruolo, rintanandosi nella sua metà campo. «Una squadra come la nostra deve avere la forza di mettere in pratica la partita che vuole, gestendola a proprio vantaggio. Se vogliamo davvero tornare in serie B non possiamo perdere punti a questo modo. A Lumezzane ne abbiamo buttati via due e lo sappiamo»: il commento del difensore Daniel Cappelletti, a sorpresa titolare contro i bresciani, inquadra bene la situazione. «A un certo punto abbiamo smesso di giocare», l’ammissione del granata «credo che a livello più o meno inconscio, nella ripresa, sia subentrata un po’ di paura, perché, vedendo che ogni volta in cui provavamo a spingere correvamo rischi sulle loro ripartenze, ci siamo bloccati, abbassandoci troppo. Dobbiamo mettere in campo più personalità». L’INFERMERIA RESTA AFFOLLATA. «Soltanto alla ripresa degli allenamenti, sarà possibile valutare la condizione degli infortunati», spiega il dottor Ilario Candido, medico sociale granata. Occorrerà attendere ancora qualche ora per valutare quindi le condizioni di Litteri, Pascali e Paolucci. Quest’ultimo per Lumezzane non è nemmeno partito, in modo da non sovraccaricare il ginocchio che già in passato gli ha creato problemi. Di certo la sua esperienza in mezzo al campo, quando la partita è salita di tono, si sarebbe rivelata utile. Litteri si è invece arreso alla mezz’ora per un’infiammazione all’anca «che», sono parole di Venturato, «non sembra grave», ma che, è altrettanto evidente, va monitorata con attenzione. Pascali, dal canto suo, si è chiamato fuori nella fase di riscaldamento del match. «Ha avvertito un indurimento muscolare poco prima dell’inizio. Io ho avuto soltanto cinque minuti per prepararmi»,rivela Cappelletti, che ha giocato in un’insolita posizione di centrale sinistro; «In genere sto a destra, ma Scaglia preferisce quella posizione e per me non è stato un problema spostarmi sull’altro lato del caampo». IL GIALLO DEL RIGORE. Daniel sarà con ogni probabilità in campo pure mercoledì, alle 15, per la gara secca di Coppa Lega ro con il Sudtirol, al Tombolato. In una prova nel complesso sicura come quella da lui offerta a Lumezzane, resta la “macchia” del rigore – per la verità apparso abbastanza discutibile e comunque spedito poi sulla traversa da Barbuti – causato intervenendo in scivolata su Baldassin. Così il difensore racconta la sua versione dei fatti: «Avevo il sole negli occhi a ostacolarmi. Pensavo di poter intervenire subito sul pallone ma non ci sono riuscito, così ho allungato la gamba in un secondo momento, mandandolo in corner, e, mentre ero già a terra, Baldassin mi è venuto addosso. Il fallo da rigore non c’era».

Ore 14.00 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Mauro Lovisa salta, si alza, si risiede, si muove più dell’intera Tribuna Fattori, lo spicchio di “Euganeo” che ospita il cuore caldo del tifo padovano. Non è più abituato, forse, a soffrire (a fiammate, va detto, e non in maniera continuata) il gioco avversario. E Bruno Tedino, che in linea d’aria dista dal suo presidente qualche decina di metri, lo imita. Sono braccia larghe, calci all’aria, quasi spasmi quando il Padova stringe il Pordenone. Dall’altra parte va in scena il ballo della scaramanzia di Carmine Parlato, e a Pordenone sanno di cosa stiamo parlando. La classica sciarpa legata al polso per tutto il primo tempo, le occasioni sprecate, l’intervallo e la sciarpa che nella ripresa se ne va. Senza cambiare la sostanza. Abita anche lì, lo show di Padova-Pordenone. Forse sopratutto lì. A metà secondo tempo il tecnico napoletano prende malissimo un disimpegno sbagliato, si gira verso la tribuna centrale e calcia una punizione alla Roberto Carlos con una borraccia. È una partita nervosa ed è la partita degli ex, con Dionisi, Niccolini e Bearzotti in campo contro il cuore, il passato, i ricordi dello scudetto e della festa infinita di quei giorni. Gioca una buona gara il primo, salva un gol sulla linea il secondo, fatica a diventare decisivo il giovane talento passato dalle giovanili dell’Hellas. Finisce 0-0 in campo (e al Pordenone va bene così), termina con un mezzo abbraccio la partita dei ricordi di Carmine Parlato. L’ex tecnico dei ramarri stringe la mano a Tedino (a inizio gara i due si erano diretti verso le panchine ognuno per conto suo) e poi l’attuale condottiero neroverde se ne va pensieroso verso il tunnel dell’Euganeo. Sugli spalti vince il Padova, ma a casa sua in questo senso non teme rivali. Tribuna Fattori super dall’1′ al 90′, tifo neroverde (una settantina, bandiere in mano) presente e attivo. È andata bene così. A Parlato forse un po’ meno.

Ore 13.50 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) In sala stampa si presenta Matteo Tomei, MVP del match all’Euganeo, determinante con le sue parate. «Sì – annuisce – abbiamo sofferto, ma nessuno viene a Padova, in uno stadio storico e con un pubblico simile a farla da padrone. Il primo tempo – ammette il portiere – è stato duro. Poi, dopo i “cosiigli” del mister nell’intervallo, siamo entrati con altro spirito. Confesso – sorride Matteo – che a un certo punto ho sperato anche nella zampata di qualcuno là davanti. Perchè gare di questo tipo si risolvono con epidodi fortunati». Di positivo c’è proprio la prestazione di Tomei e del reparto arretrato. «Già, due partite senza subire gol – sottolinea Matteo – sono un buon segno. Il presunto rigore su Neto? Daniele (Pasa, ndr) è entrato in scivolata e ha preso sia la palla che il piede. A volte li danno, altre no. Questa volta – sorride amcora Tomei – no». Arriva anche Bruno Tedino e non cerca scuse. «Il Padova ha fatto un ottimo primo tempo, noi – ammette con onestà – una partita passiva e remissiva. Non siamo mai riusciti a verticalizzare o ad attaccare la profondità. Non è il calcio che piace a me. Il primo tempo – continua la confessione di Bruno – è stato più negativo. nella ripresa, dopo qualche correttivo tattico, è andata un po’ meglio, ma non sussistono dubbi sul fatto che il Padova ha giocato meglio di noi e avrebbe meritato di vincere». Poi Tedino spiega anche i motivi della prestazione sotto tono dei suoi. «Abbiamo fuori giocatori importanti (Marchi e Mandorlini su tutti, ndr) e abbiamo avuto problemi in settimana che ci hanno costretto ad allenarci a intermittenza. Questo però non giustifica il fatto che sono venuti a mancare proprio quei giocatori che ultimamente ci avevano permesso di fare ottime cose (De Cenco, Pederzoli, ndr). Siamo rimasti ugualmente in piedi dopo aver preso tanti cazzotti dimostrando buone doti da incassatori. Ma – ripete – non è il calcio che piace a me. Poi alla fine avremmo anche potuto passare con Finocchio. Sarebbe stata – conclude – una fortuna sfacciata».

Ore 13.40 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Tanta attesa produce solo uno 0-0. In verità non si tratta di un risultato in bianco noioso, perchè qualche buona occasione è stata creata. Imprecisioni, difese attente, un paio di ottimi interventi di Matteo Tomei e un salvataggio sulla linea di Favaro non hanno permesso però ai reparti avanzati di lasciare il segno. Meglio quello dei padroni di casa con Neto Pereira e Cunico capaci di duettare con eleganza. Decisamente peggio quello del Pordenone (praticamente inesistente il temuto De Cenco), tanto che nella ripresa Tedino ha sostituito tutto il suo tridente.
L’atmosfera all’Euganeo non è ideale per i padroni di casa, reduci dalla sconfitta di Pavia con la magra della sostituzione-non sostituzione di Amirante (ieri assente per infortunio). Decisamente migliore l’approccio alla gara dei ramarri saliti agli onori delle cronache per il recente 3-0 inflitto al Bassano con tripletta di De Cenco che, avranno pensato i 4200 presenti, sarà stato un sosia omonimo del nove ciondolante nel frangente in campo. Tedino neroverde conferma l’undici che ha rullato il Bassano con Pasa in difesa a fianco di Stefani e con Cattaneo che sfarfalla alle spalle di Finocchio e De Cenco. È 4-3-3 anche per Parlato con Bucolo a far gioco. C’è Niccolini a sostituire lo squalificato Diniz centrale in difesa. L’inizio è tutto del Padova. Neto Pereira e Cunico duettano a meraviglia. Al 5′ Tomei deve uscire con decisione sui piedi del brasiliano. Fanno possesso i padroni di casa, ma i ramarri in contropiede sono pericolosi. Al 13′ su un tiro-cross di De Cenco irrompe Bearardi che in spaccata mette di poco sul fondo. Dalla parte opposta (16′) Bucolo serve Neto che in area si scontra con Pasa e cade. L’arbitro fa cenno di proseguire fra le proteste dei biancoscudati. Vola dalla parte opposta Finocchio (c’è anche lui!) e salta tutti come birilli, compreso Petkovic. Sulla linea salva in scivolone Favalli. Padova martellante con tre conclusioni (Corti, Bucolo, Bearzotti nello spazio fra il 36’e il 38′), ma il Pordenone non cade. Cala nella ripresa la pressione degli ultratrentenni d’attacco di Parlato e il Pordenone respira. Cominciano anche i cambi ed entrano Filippini e Valente per i neroverdi, Mazzocco per i padroni di casa. Bisogna attendere il 57′ per rivedere Neto che, sugli sviluppi di un angolo, spara un siluro verso la rete ospite. Tomei respinge. Al 63′ esce dall’hangar dove aveva sonnoscchiato sino ad allora DC9, con un potente diagonale ribattuto da Petkovic. Poi rientra e non lo si nota più sino alla sotituzione con Strizzolo. Gli ultimi cambi (Altinier per Bearzotti, Aperi per Cunico e appunto Strizzolo per De Cenco) non restituiscono velocità ed emozioni al match. Solo all’84’ con un piazzato Bucolo prova a cambiare la storia della sfida. Tomei è attento e ancora una volta si oppone con prontezza ed efficacia.

Ore 13.20 – (Messaggero Veneto) Bruno Tedino entra nella sala stampa dell’Euganeo e, come al solito, analizza con onestà la gara, senza nascondersi: il punto ottenuto col Padova è da definirsi guadagnato. Sia per come si era incanalata la partita, sia per la settimana che la sua squadra ha vissuto. «Gli avversari meritavano di più – ammette il tecnico del Pordenone nel post-partita –. Noi abbiamo disputato un brutto primo tempo. Abbiamo giocato in maniera remissiva, con un atteggiamento scadente, subendo i biancoscudati. Nella ripresa siamo migliorati e siamo riusciti a portare a casa un punto che vale tanto». Tedino non risparmia le critiche ai suoi: «Si può sbagliare – riconosce – ma non sono per nulla contento dell’atteggiamento che abbiamo avuto nei primi 45’. Di positivo c’è che la squadra è rimasta in piedi nonostante i molti pugni che ha subìto, ottenendo un buon punto. Fortunati? Se lo fossimo stati il cross di Finocchio sarebbe entrato in rete nel primo tempo. Ma ora – chiude Tedino – pensiamo al prossimo match». La squadra ha comunque ottenuto 4 punti tra Bassano e Padova: un bottino positivo. E’ soddisfatto del pari conseguito, viste le difficoltà, uno dei migliori in campo dei neroverdi, Matteo Tomei. «I veneti ci hanno messo in difficoltà – attacca il portiere –, in particolare nel corso della prima frazione. Ciononostante ci siamo compattati e siamo riusciti a pareggiare la gara». Determinanti le sue parate su Neto e Corti, oltre ad alcune sue uscite a limitare la profondità dell’avversario. «Ho fatto ciò che mi ha chiesto l’allenatore – risponde Tomei – cioè giocare “alto”. Più difficile l’intervento su Corti, perché la palla mi è rimbalzata davanti. E’ la mia seconda partita di fila positiva? Sono contento. I momenti di difficoltà, e gli errori, capitano a ogni portiere». Chiusura con l’ex Parlato. «Non siamo stati cinici – afferma il tecnico del Padova – e abbiamo pagato questa mancanza. Il Pordenone? Sempre un’emozione incontrarlo. Oggi (ieri, ndr) ci ha dato del filo da torcere».

Ore 13.10 – (Messaggero Veneto) Uno 0-0 non equivale sempre a un “brodino”. Anzi. Quello colto ieri dal Pordenone a Padova è senza dubbio un ottimo punto guadagnato. I “ramarri”, a casa dell’ex Parlato, soffrono, producono meno del solito, rischiano di subire più volte, ma tengono il “ring” dell’Euganeo e portano a casa un pari che – alla fine dei conti – permette di stare al settimo posto e di allungare la striscia di risultati utili. Meglio non fare gli schizzinosi, nonostante la vittoria di nove giorni fa col Bassano: si è chiusa bene la decima giornata di Lega Pro. Perché il Padova, tra le altre cose, recrimina per un rigore non concesso a Neto Pereira al quarto d’ora (ma le immagini danno ragione all’arbitro). E che avrebbe dato un altro senso alla partita: a Lumezzane due settimane fa un penalty sullo 0-0 aprì ai bresciani la strada del successo (2-0 il finale), primo e sinora unico ko per i neroverdi. Si brinda al punto, anche perché ottenuto alla fine di una settimana complicata. A fatica. Il Pordenone, infatti, arriva col fiatone al match dell’Euganeo. Per la seconda partita di fila non ha né Marchi né Mandorlini (due titolari); De Cenco non è al top. Strizzolo, in panchina, è a mezzo servizio e Gulin è recuperato all’ultimo. Dall’altra parte il Padova ha motivazioni da vendere, tra il ko subìto a Pavia e il “caso” della sostituzione sbagliata. Non è un caso se l’avvio è tutto dei biancoscoduati. Parlato opta per il 4-3-1-2 con l’ex Bearzotti trequartista che manda fuori giri il Pordenone di Tedino, presentatosi col medesimo 4-3-3 visto col Bassano. I veneti dominano, i ramarri ci capiscono poco, anche se al 13’ hanno l’occasione migliore: De Cenco, al 13’, mette al centro un pallone sul quale Berardi, in spaccata, manda di poco alto. Al 16’ uno degli episodi chiave: Neto s’invola e Pasa sembra atterrarlo: l’arbitro sorvola, il Pordenone ringrazia. Rispondono i neroverdi: numero di Finocchio, che entra in area e spedisce al centro per De Cenco. Niccolini, altro ex di turno, riesce a salvare sulla linea. Gol sfiorato due volte, da parte degli uomini di Tedino, nelle uniche occasioni in cui tentano la sortita offensiva. Il resto è partita da trincea: il Padova ha fame e gambe, mette all’angolo i neroverdi – che si rifugiano in un 4-1-4-1 – e sferra pugni a destra e a manca, ma la mira di Corti (35’, tiro alto) e Tomei non gli permette di andare a segno. Barricata. Tedino sistema Cattaneo dietro De Cenco e Finocchio, passa così al 4-3-1-2 e le cose migliorano. Capisce però che i tre avanti non sono quelli di una settimana fa e continua a fare una partita accorta, con la speranza di portare a casa un punticino. Ancora Tomei salva la porta: il pordenonese dice “no” a una gran botta di Neto in piena area. Il Padova ci crede e vuole qualcosa in più: Parlato inserisce Altinier, Tedino risponde togliendo Cattaneo e Finocchio – senza la solita brillantezza – e inserisce Filippini e Valente. Il Pordenone si fa vedere con De Cenco, al 19’ – sinistro sporcato da Petkovic – poi subisce l’iniziativa dei locali per quasi tutto il resto del tempo. Così Tomei, al 39’, nega ancora il gol ai veneti, respingendo una punizione di Bucolo. Finisce 0-0: un pareggio sofferto, senza spettacolo, sofferto, che in parte ha anche deluso la cinquantina di cuori neroverdi, arrivati entusiasti all’Euganeo. Ma la stagione è lunga: giornate così, senza grande energia, ci possono stare. E quando capitano è positivo riuscire a portare a casa almeno un punto, peraltro da un campo insidioso, com’capitato ieri. Il Pordenone non prende l’ascensore per la zona play-off (appuntamento rimandato?), ma rimane nella parte alta della graduatoria, in settima posizione con squadre come FeralpiSalò e Alto Adige, partite non certo per salvarsi. Soprattutto è una delle poche ad aver perso solo un match: dimostrazione di solidità, che serviva dopo la scorsa annata piena di difficoltà.

Ore 12.50 – Le pagelle del Padova (Gazzettino, Andrea Miola): Petkovic 6; Dionisi 6, Fabiano 6, Niccolini 6.5, Favalli 6; Ramadani 6 (Mazzocco 6), Bucolo 6.5, Corti 6.5; Cunico 6.5 (Aperi sv), Bearzotti 6 (Altinier 5); Neto Pereira 6.5.

Ore 12.40 – (Gazzettino) Di tutt’altro tenore il secondo tempo. La stanchezza ha cominciato ad annebbiare le idee dei biancoscudati e i rifornimenti per Neto Pereira sono arrivati con il contagocce. Il brasiliano è riuscito a rendersi minaccioso al 12’, gli ospiti hanno replicato con De Cenco (18’): decisivi in entrambe le circostanze i due portieri. L’esordiente Ramadani è stato il primo ad essere sostituito, poi Parlato ha richiamato in panchina Bearzotti e Cunico. L’inserimento di forze fresche e il passaggio alle due punte (Altinier al fianco di Neto Pereira) non hanno però modificato di una virgola l’andamento della gara, con il Padova incapace di ritrovare il filo del gioco e il Pordenone diligente nel controllare la gara. L’ultimo ad arrendersi è stato Bucolo, pericoloso al 40’ con una velenosa punizione disinnescata con bravura dal portiere ospite. E l’Euganeo ha accolto lo 0-0 finale con più di qualche mugugno.

Ore 12.30 – (Gazzettino) Subito in palla capitan Cunico, pronto sempre a cercare la giocata in verticale per Neto Pereira. Dispendioso ma molto utile il contributo di Bearzotti, capace di muoversi su tutto il fronte offensivo ma allo stesso tempo molto attento nell’andare a chiudere le linee di passaggio per Pederzoli quando era il Pordenone a far ripartire l’azione. La compattezza tra i reparti ha fatto il resto, favorendo così il predominio territoriale del Padova. Il limite dei biancoscudati è stato però quello di non inquadrare la porta al momento delle conclusioni. È capitato a Bearzotti, a Neto Pereira e soprattutto a Corti (36’) che da posizione favorevolissima ha alzato colpevolmente la mira. I due episodi già raccontati del rigore non fischiato a Neto Pereira e del quasi gol del Pordenone hanno poi contribuito ad accendere ancora di più la prima frazione. A rompere l’equilibrio ci ha quindi provato Bucolo con un fendente da una trentina di metri sul quale Tomei è stato attento a non farsi sorprendere. Il Pordenone ha invece sprecato una buona ripartenza in superiorità numerica per una giocata imprecisa di De Cenco.

Ore 12.20 – (Gazzettino) Non è bastato un buon primo tempo al Padova per ritrovare il sorriso e mettersi alle spalle una settimana vissuta nel segno della tensione. Merito di un Pordenone solido e ben organizzato, che ha saputo stringere i denti quando c’era da soffrire ma che non ha mai rinunciato a proporsi in avanti. Sull’esito della gara pesa però un rigore non fischiato ai biancoscudati dopo un quarto d’ora: il fallo di Pasa su Neto Pereira appena dentro l’area è infatti sembrato assai netto. Non è stato però dello stesso avviso l’arbitro, che ha lasciato proseguire il gioco. Ma due minuti dopo sono stati gli ospiti a protestare vivacemente per un pallone respinto da Niccolini forse aldilà della linea di porta. Anche in questo caso il direttore di gara (dopo un cenno d’intesa con l’assistente sotto la tribuna che era meglio piazzato di lui) non se l’è sentita di intervenire. Nell’approccio alla gara la truppa di Parlato non ha risentito delle scorie dovute alla figuraccia di Pavia.

Ore 12.10 – (Gazzettino) A questo punto l’attenzione viene spostata su alcuni singoli. Perché non ha inserito Petrilli? «Ho scelto Altinier e Aperi per come si era messa la partita, cambiando giocatori che avevano lo stesso ruolo. Tutta la squadra ha fatto il proprio dovere fino in fondo con una partita di sacrificio, anche se c’è rammarico per non aver finalizzato al meglio le occasioni nel primo tempo». Bearzotti trequartista? «Doveva tamponare costantemente Pederzoli, e buttarsi negli spazi quando il Pordenone li concedeva. Ha fatto molto bene, poi l’ho sostituito dato che era stanco». Per Ramadani è stato il debutto dal primo minuto. «Si è mosso molto bene, ma l’ho dovuto cambiare per un problema fisico». Prima del congedo l’allenatore rivolge un pensiero al tifoso scomparso: «Dedico questo punto a Simone, anche se avrei preferito che fosse stata una vittoria. Faremo di tutto per regalargliela la prossima volta».

Ore 12.00 – (Gazzettino) Sempre nella prima frazione c’è stato anche l’episodio del contatto in area ai danni di Neto Pereira, con tanto di proteste per la mancata concessione del penalty. La sua impressione? «Preferisco non entrare nel merito, e non giudicare l’operato dell’arbitro. Potremo stare qui anche per un giorno a dire se era rigore o meno, ma non servirebbe a niente dato che la partita è finita. Forse non la condividiamo come decisione, ma la rispettiamo». Tra partite in casa e quelle in trasferta si vede una squadra diversa: quale è il vero Padova? «Durante la settimana i ragazzi ci mettono sempre massimo impegno, è un discorso di consapevolezza della categoria che richiede impegno e attenzione al 110 per cento, e non bisogna lasciare nulla al caso. Oggi (ieri, ndr) il Pordenone lavorava con tutti gli uomini dietro alla linea della palla, non avevi spazi. Ma fino a quando non hanno cambiato modulo mettendosi a specchio con il nostro, potevamo finalizzare di più. Quando si sono messi invece come noi le due squadre si sono spente, ma abbiamo tenuto bene il campo. Ripeto, mi tengo ben stretto questo punto, anche se la nostra fase realizzativa può lasciare un po’ l’amaro in bocca. Ma dobbiamo partire da questo atteggiamento e fare qualcosa di più davanti per portare a casa i tre punti».

Ore 11.50 – (Gazzettino) «Prendiamo questo punto e teniamocelo ben stretto». Va bene anche così per Carmine Parlato che non disprezza il pareggio con il Pordenone, sua ex squadra con la quale ha vinto campionato e scudetto in serie D. E quando al tecnico viene chiesto cosa è mancato ai biancoscudati per riuscire a fare propria l’intera posta, ecco la sua replica: «Forse volevamo un po’ tutto, una squadra libera nella testa che facesse gioco e che finalizzasse, ma ci è mancata quest’ultima, la voglia di buttare giù la porta. È comunque un punto che ci prendiamo, anche perché davanti avevamo un’ottima squadra che finora ha perso una sola partita. Nel complesso abbiamo disputato una gara di grande abnegazione, umiltà e spirito di sacrificio. Nel primo tempo abbiamo creato i presupposti per andare al tiro, ma non abbiamo trovato il gol un po’ per nostra imprecisione e un po’ per la bravura di Tomei che ha fatto il resto».

Ore 11.40 – (Gazzettino) Ecco il centrocampista Daniele Corti: «Abbiamo disputato una buona prestazione e meritavamo di vincere. Nel primo tempo abbiamo avuto alcune occasioni, nella ripresa potevamo strappare i tre punti nel finale, ma ci teniamo stretto questo punto. Quando giochiamo davanti ai nostri tifosi riusciamo a dare qualcosa di più proprio per merito loro». Quindi aggiunge: «Venivamo da una brutta sconfitta a Pavia, siamo stati bravi a ricompattarci dopo quello che è successo. Ci sono stati molti passi in avanti, soprattutto nel primo tempo abbiamo giocato molto bene. Il Pordenone è un’ottima squadra, non era facile venire fuori da questa situazione, ma ci siamo riusciti bene». Sugli episodi della gara conclude: «Del calcio di rigore non parlo, anche se dal campo il fallo su Neto Pereira sembrava netto, ma sbagliano gli arbitri e sbagliamo anche noi. Il gol-non gol non saprei, dalla mia posizione era difficile capire».

Ore 11.30 – (Gazzettino) Proprio tra i protagonisti sul campo è stato Daniel Niccolini che ha fatto coppia al centro della difesa con Fabiano dato che ha rimpiazzato Diniz, ai box per squalifica. «Sono contento a livello personale visto che ho dimostrato di poterci stare anch’io alla grande, avevo fatto un paio di partite sottotono, in questa occasione ho dato il mio contributo. Peccato non avere vinto, ma ci rifaremo. È stata una buona prestazione a livello di squadra, ci mancano un paio di rigori, quello su Neto Pereira ci stava. Però, ribadisco, è stata una partita positiva da parte di tutti». Il difensore si è messo anche in evidenza per un salvataggio sulla linea di porta. «Pensavo di non arrivarci, invece alla fine sono riuscito a salvarla. Dentro o fuori? Per me non era entrata del tutto, va bene così». E aggiunge: «Rispetto alla trasferta con il Pavia abbiamo fatto un passo avanti, guardiamo con fiducia al futuro».

Ore 11.20 – (Gazzettino) «Se rimaniamo uniti come oggi, avremo delle soddisfazioni». Il presidente Giuseppe Bergamin promuove il Padova e guarda al prosieguo del campionato con ottimismo, anche se con i friulani non sono arrivati i tre punti sperati. «Sono contento di quello che ho visto, abbiamo dato dimostrazione di essere squadra. Davanti avevamo una buona compagine che era reduce da una vittoria importante. In partite come queste gli episodi ti possono favorire o anche penalizzare, nel senso che in certe situazioni può magari arrivare anche la beffa. Dobbiamo essere contenti di avere dimostrato coesione e di avere ritrovato una condizione mentale che ci permetterà di lavorare al meglio in settimana per prepararci alla trasferta con la Cremonese».
Il patron biancoscudato si sofferma sugli episodi della gara. «Il rigore su Neto Pereira? Non l’ho visto. Il salvataggio sulla linea di Niccolini? Ero in linea, difficile da giudicare in una frazione di secondo. Non meritavamo di prendere gol, ed è giusto che non sia stato dato». Del polverone scaturito sul “caso Amirante” una settimana fa con tanto di dimissioni rassegnate da Fabrizio De Poli e non accettate dall’assemblea dei soci, la squadra non sembra averne risentito alla luce della risposta sul campo. «Sono tutti bravi ragazzi e se hanno sentito qualcosa di destabilizzante, si sono messi nelle condizioni migliori per rendere al meglio».

Ore 11.00 – (Mattino di Padova, editoriale di Stefano Edel dal titolo “Una doppia occasione fallita”) In una stagione che dev’essere, per forza di cose, di assestamento in una categoria dura e complicata – due scalini sopra la Serie D, considerato che è stata eliminata la Seconda Divisione, ex Serie C/2 – i saliscendi sono da mettere in preventivo per un gruppo che è stato, sì, rinnovato profondamente, ma che ha ancora necessità di un po’ di tempo per trovare l’amalgama ideale fra vecchi e nuovi. Le qualità, a nostro avviso, ci sono per far bene, il che non significa pensare adesso ai playoff o alle posizioni di rincalzo, sebbene la quarta piazza occupata dal Bassano disti appena cinque lunghezze. Ma è di settimana in settimana che va alzato il livello di rendimento, curando sino al dettaglio più esaperato i minimi particolari. Contro i friulani è mancato il gol: in effetti, appena 9 centri in 10 partite non depongono a favore di una squadra che di occasioni per segnare ne crea parecchie, ma le fallisce talvolta in modo banale o per eccessiva precipitazione. La maturazione passa anche attraverso una migliore, e ripetuta, ricerca della via della rete, e alcune azioni di ieri sono sembrate indicative in tal senso di una strada nuova che si vuole percorrere, con gli inserimenti dei centrocampisti più a ridosso dell’area o dentro la stessa. Continuità e convinzione: due concetti cari a Parlato, che i giocatori devono fare propri come un “credo”. Se così sarà, siamo convinti anche noi, come il presidente Bergamin, che la classifica del Padova diventerà migliore di quella che è adesso.

Ore 10.50 – (Mattino di Padova, editoriale di Stefano Edel dal titolo “Una doppia occasione fallita”) In attesa dell’esito di Reggiana-Cuneo, che, in caso di vittoria dei granata emiliani potrebbe portare ad un nuovo avvicendamento in cima alla classifica del girone A, la decima giornata di Lega Pro può passare agli archivi come il weekend delle occasioni mancate. Sia per il Cittadella, capolista attuale (almeno fino a stasera), che per il Padova. Due pareggi, quelli ottenuti da granata e biancoscudati, che sanno entrambi di incompiuta, perché sia sul campo del Lumezzane che contro il Pordenone tanto la squadra di Venturato che gli uomini di Parlato hanno avuto a portata di mano leopportunità per fare bottino pieno ma le hanno sprecate. […] Ed eccoci al Padova. Che vive una strana metamorfosi, dopo il positivo avvio (8 punti nelle prime 4 gare): gioca bene all’Euganeo – giornata storta con il Sudtirol a parte – mentre si smarrisce fuori casa. Ieri ne abbiamo avuto probante conferma: un positivo primo tempo contro un Pordenone che viene considerato la “mina vagante” del campionato e che, invece, è stato costretto spesso a battere in ritirata, una ripresa condotta a ritmi inferiori (ma ci sta), eppure sempre con la presenza e la forza di volontà richieste dal copione. Chi sostiene che non ci sia gioco, o che si sia troppo prevedibili, farà bene a rivedersi il filmato dei 45’ iniziali: davvero ben altra squadra rispetto a quella sciatta, sotto ritmo e timorosa esibitasi nell’umida serata di Pavia.

Ore 10.40 – Le pagelle del Padova (Mattino di Padova. Francesco Cocchiglia): Petkovic 6; Dionisi 6, Fabiano 6, Niccolini 6.5, Favalli 6; Ramadani 5.5 (Mazzocco 6), Bucolo 6.5, Corti 7; Bearzotti 6 (Altinier 5.5), Cunico 6 (Aperi sv); Neto Pereira 6.5.

Ore 10.30 – (Mattino di Padova) C’è stato un altro episodio “sospetto” davanti a Furlan, al 33’, quando Bearzotti ha reclamato il penalty per un intervento di mano di un difensore, e sul prosieguo Neto ha rubato palla a Pederzoli e calciato di punta a fil di palo. È stato in questa fase che il Padova avrebbe potuto e dovuto finalizzare al meglio le palle-gol costruite, infilandosi con molta intelligenza fra le linee di un Pordenone lento e distratto. Corti si è divorato l’1-0 con un destro a giro alto da ottima posizione (36’), Bucolo ha impegnato da lontano Tomei che ha respinto corto (37’) e pochi secondi dopo Bearzotti ha alzato troppo su “velo” intelligente di Corti ((38’). Cambio di modulo. Cunico & C. hanno sempre avuto in mano il pallino del gioco anche dopo l’intervallo, ma Tedino, nel frattempo, aveva ridisegnato la sua squadra, passando dal 4-3-3 (che in realtà era un 4-5-1) al 4-3-1-2, con Cattaneo prima (e Filippini poi) dietro De Cenco affiancato da Finocchio (e successivamente Valente). Un solo brivido per Petkovic, su un diagonale del centravanti neroverde, deviato in tuffo (19’), ma per il resto le occasioni sono state tutte di marca padovana: con Neto (12’), Corti di testa (28’), Mazzocco (31’) e Bucolo (40’), e Tomei in due circostanze se l’è cavata bene . In conclusione, altra musica rispetto al desolante spartito interpretato nella serata di Halloween. A quota 13 il Padova è a metà classifica, ma meriterebbe qualcosina in più. E ora si va a Cremona, in casa di un altro grande “ex”: Fulvio Pea. La speranza è di rivedere i biancoscudati giocare come sanno fare davanti ai loro tifosi, non come a Meda e Pavia.

Ore 10.20 – (Mattino di Padova) I complimenti dell’avversario, però, non cambiano la sostanza di una domenica che, a dispetto del sole battente e della temperatura quasi primaverile, ha regalato un sorriso amaro agli oltre 4.000 tifosi accorsi allo stadio. Fallo netto di Pasa su Neto. Dunque il primo, incontrovertibile, dato di fatto è che l’undici di Parlato, con le novità Ramadani a centrocampo e Bearzotti di nuovo titolare, ha sbattuto contro un direttore di gara afflitto da preoccupante… cecità, se è vero che il signor D’Apice non ha ravvisato gli estremi per concedere la massima punizione quando al 16’, su lancio perfetto di Bucolo per Neto Pereira, il centravanti brasiliano è stato sgambettato all’interno dell’area da Pasa (uno dei tre “ex” di sponda friulana, insieme a Pederzoli e Filippini) mentre stava per calciare a rete. L’intervento è stato netto, ma il fischietto aretino, non molto distante dal punto di contatto fra i due, ha fatto cenno di proseguire, prendendo un abbaglio clamoroso. Più gol che non. Neppure un minuto dopo il direttore di gara ha chiuso gli occhi, con la complicità dell’assistente Rugini di Siena (quello sotto la tribuna Ovest), per non assegnare un gol-fantasma ai friulani (palla che aveva superato, forse non del tutto, la linea di porta prima che Niccolini, in scivolata, la spazzasse via), su diagonale di Finocchio dalla sinistra, dopo una pregevole iniziativa di Cattaneo.

Ore 10.10 – (Mattino di Padova) Un arbitro incapace – forse il peggiore incontrato sin qui – e un avversario, il Pordenone, che ha piazzato per un’ora abbondante nove uomini (più il portiere, ovviamente) dietro la linea del pallone, lasciando il solo De Cenco a cercare inutilmente gloria davanti. Ma anche la propria stolidità in chiave offensiva, perché sarebbe bastato puntare meglio il mirino per far saltare il lucchetto alla porta del bravo Tomei e mettersi così in tasca una vittoria che avrebbe avuto effetti tonificanti. Per l’ambiente, per la società, uscita da una settimana complicata e con le insidie di una potenziale crisi dalle conseguenze imprevedibili, e soprattutto per squadra e staff tecnico, che bene o male hanno dovuto convivere con gli echi, volutamente attutiti dalle parti della Guizza, del “caso Amirante” scoppiato a Pavia. Tutti questi fattori messi insieme hanno imposto il quarto pareggio stagionale al Padova, il primo all’Euganeo e il secondo sinora a reti inviolate (dopo quello di Meda con il Renate). Delusione solo sul piano del risultato, va chiarito, non a livello di prestazione nè di gioco, perché, come ha riconosciuto con molta onestà l’allenatore dei neroverdi Bruno Tedino a fine gara, chi avrebbe meritato di vincere sarebbe stata proprio la “matricola” veneta.

Ore 10.00 – (Mattino di Padova) Come si spiega un Padova così diverso all’Euganeo rispetto a quello che si vede in trasferta? «È un discorso di continuità e di consapevolezza. La categoria richiede impegno massimale, attenzione al 100%, impone che non sia lasciato nulla al caso. Quanto siamo riusciti a fare in questa circostanza dev’essere un punto di partenza: l’atteggiamento che abbiamo tenuto in campo è stato buono, ma serve di più, visto che comunque non è bastato per portare a casa la vittoria». Tatticamente c’è stato un grande studio della gara anche da parte sua, però… «Sapevo che il Pordenone non ci avrebbe lasciato spazi, che avremmo potuto solo andare in profondità facendo uscire i terzini, e, finchè non hanno cambiato modulo, effettivamente abbiamo creato ottime occasioni. Mi tengo stretto il pari, ripeto, anche se gli errori in fase realizzativa lasciano un po’ di amaro in bocca». Qui Tedino. Non le ha mandate a dire ai suoi, invece, il tecnico del Pordenone: «Il nostro primo tempo è stato molto negativo», l’accusa di Bruno Tedino. «È un punto guadagnato, perché ai punti il Padova ha fatto meglio di noi e avrebbe meritato di vincere. L’atteggiamento è stato scadente, la partita passiva e remissiva».

Ore 09.50 – (Mattino di Padova) Cosa vi è mancato, allora, per vincere? «La fase realizzativa, è evidente. Forse per scarsa determinazione, forse perché ci è venuta meno la voglia di spaccare la porta, fatto sta che abbiamo giocato contro un ottimo avversario, che in questa stagione ha perso pochissimo. Ed è per questo che, comunque sia andata, ci teniamo stretto il punto: abbiamo disputato una partita di grande abnegazione e sacrificio, ma per un po’ di imprecisione e un po’ per la bravura di Tomei, un signor portiere checchè pensi qualcuno, non siamo riusciti a farla nostra». Se fosse stato fischiato quel rigore in avvio su Neto Pereira, la gara sarebbe cambiata? «Preferisco non entrare nel merito di quell’episodio, altrimenti potremmo stare qui sino a domani sera (stasera, ndr) a disquisire sul fatto che fosse rigore o meno. Diciamo che non condivido la decisione dell’arbitro, ma ormai non conta niente, la gara è finita e non possiamo tornare indietro».

Ore 09.40 – (Mattino di Padova) Se sia stato il ritiro pre-partita a dare al Padova la giusta concentrazione, non lo sapremo mai. Di certo c’è che contro il Pordenone la squadra biancoscudata è riuscita ad entrare in campo e a gettare il cuore oltre l’ostacolo, ripartendo dopo la sconfitta e le polemiche di Pavia con una prestazione di carattere che, solo per questione di dettagli, non ha portato i tre punti. A ben guardare il trend all’Euganeo finora ha visto il Padova sbagliare solo una volta, contro il Sudtirol, in toto la partita: è in trasferta, essenzialmente, che nascono i veri problemi. Di fronte alla squadra più in forma del momento, però, i segnali di reazione sono stati certamente incoraggianti. «Non posso pensare di prendermi i tre punti se non li ho», esordisce Carmine Parlato nel dopo-gara. «È uscito un pareggio, e ci teniamo ben stretto questo risultato, anche se avremmo preferito ovviamente la vittoria. Oggi (ieri, ndr) volevo vedere una squadra più pulita e libera con la testa, che facesse gioco e andasse a finalizzarlo. E in linea di massima l’ho vista, e non posso che essere contento della prestazione dei ragazzi».

Ore 09.30 – (Mattino di Padova) L’analisi di Niccolini rende merito al Padova: «Ci sono mancati solo i 3 punti, perché abbiamo creato tanto e concesso quasi nulla. L’unico rammarico è non averla buttata dentro, ma rispetto a Pavia è un passo avanti». E tra chi poteva buttarla dentro c’è anche Daniele Corti, autore di una prestazione di sostanza e qualità: «Se avessi segnato addirittura io, non sarebbe venuto già lo stadio, sarebbero venuti giù direttamente i Colli Euganei», scherza il mediano lombardo. «Peccato, perché meritavamo di più e abbiamo attaccato sino alla fine. Non dimentichiamoci che abbiamo giocato contro la squadra più in forma del momento. Certo, mi sembra si faccia un po’ di fatica a concederci i rigori, anche se non voglio giudicare l’arbitro. Come sbagliamo noi, sbaglia anche lui». Di positivo c’è anche la compattezza ritrovata della squadra: «Le vicende societarie della scorsa settimana non hanno influito sulla nostra preparazione, che è stata ottima. Complimenti alla società, che è riuscita ad isolarci e a farci pensare soltanto al campo».

Ore 09.20 – (Mattino di Padova) In una partita in cui gli episodi da moviola hanno superato di gran lunga i gol, il Padova trova un protagonista inatteso. Daniel Niccolini, tra i migliori, ha salvato il risultato al 17’ del primo tempo con una scivolata sulla linea a spazzare una palla diretta in rete. Ma la sfera era già entrata o meno? Nemmeno le immagini chiariscono quello che è un gol-fantasma: «Secondo me non era entrata del tutto», chiarisce lo stesso difensore biancoscudato. «Devo dire la verità, mi sono lanciato alla disperata, credevo di non arrivarci e invece ce l’ho fatta. Sono davvero contento della mia prestazione personale». Lo dice con grande orgoglio e dalle sue parole non è difficile intuire un po’ di delusione per le critiche che lo hanno investito nelle precedenti partite. «So anch’io di aver disputato un paio di match sotto tono, ma in questa occasione ho dimostrato di poterci stare alla grande in questa squadra. Sono veramente felice di aver dato una mano al Padova e mi conforta anche la prestazione messa in campo. Positiva a livello generale, meritavamo di vincere e ci mancano anche due rigori».

Ore 09.10 – (Mattino di Padova) I giocatori, tra l’altro, hanno anche reso merito alla società per non aver fatto sentire loro il peso di quanto successo dopo Pavia. «Sta tutto nell’intelligenza delle persone e nella capacità di tenere da parte ciò che non ha nulla a che vedere con i valori del campo. I giocatori sono tutti bravi ragazzi e credo che si siano fatti anche loro un esame di coscienza, mettendosi nelle condizioni per far meglio, come si è visto in quest’occasione. Se restiamo uniti come oggi (ieri, ndr), credo che ci potremo togliere delle belle soddisfazioni». Bergamin ha parole dolci per tutti, tifosi compresi: «Come sempre, tutto il pubblico, in particolare la “Fattori” che ha vissuto una settimana difficile, si è dimostrato attento e sensibile al momento della squadra, reagendo in modo fantastico. Questo tifo è la nostra arma in più».

Ore 09.00 – (Mattino di Padova) Uno dei protagonisti della settimana più turbolenta del nuovo ciclo biancoscudato è stato sicuramente il presidente Giuseppe Bergamin. Investito dal “caso Amirante” e dalle dimissioni del direttore sportivo De Poli, il numero uno biancoscudato è riuscito a ricucire lo “strappo”, riportando, almeno finora, un po’ di serenità. Certo, fosse arrivata anche la vittoria… «Io però sono contento di quello che ho visto con il Pordenone», commenta il patron. «Abbiamo dato dimostrazione di essere una squadra vera. Affrontavamo un avversario che veniva da ottimi risultati, la partita rischiava anche di essere insidiosa e in questi casi un episodio ti può condannare. Abbiamo fatto bene, giocando con intensità e qualità, raccogliendo un buon punto».

Ore 08.30 – Lega Pro girone A, la classifica aggiornata: Cittadella 21, Pavia 20, Reggiana 19, Bassano 18, Alessandria 17, Cremonese 16, FeralpiSalò, Pordenone e SudTirol 15, Giana Erminio, Lumezzane e Padova 13, Mantova 11, Cuneo e Pro Piacenza 10, Renate 8, AlbinoLeffe 7, Pro Patria 0.

Ore 08.20 – Lega Pro girone A, la decima giornata (7/8/9 novembre): Padova-Pordenone 0-0, Pro Piacenza-Cremonese 0-1 (Maiorino (Cr) al 24′ st), AlbinoLeffe-FeralpiSalò 1-5 (Marrachi (Fs) al 30′ pt e al 32′ pt, Bracaletti (Fs) al 43′ pt, Checcucci (Al) al 14′ st, Romero (Fs) al 46′ st, Greco (Fs) al 49′ st). Giocate sabato: Giana Erminio-SudTirol 1-2 (Bertoni (St) al 7′ pt, Tait (St) al 2′ st, Augello (Gi) al 5′ st), Lumezzane-Cittadella 1-1 (Iori (Ci) su rigore al 42′ pt, Sarao (Lu) al 35′ st), Alessandria-Pro Patria 1-0 (Bocalon (Al) al 41′ pt), Renate-Pavia 0-0, Bassano-Mantova 0-1 (Gonzi (Mn) al 25′ st). Questa sera, ore 20.00: Reggiana-Cuneo.

Ore 08.10 – Se non lo hai ancora fatto, regalaci un “mi piace” e diventa fan della pagina facebook di Padovagoal a questo link. Per te tante foto esclusive e tanti contenuti imperdibili dall’universo Padova e dal mondo Cittadella lungo tutto il corso della giornata.

Ore 08.00 – Ringraziamo anche oggi i nostri sponsor Maglietteveloci.it, Macron Store, Studio Pignatelli Netstore, Birra Antoniana, Agenzia fotografica Zangirolami, Piccolo Teatro Padova, Padovanuoto e Columbus Thermal Pool perché rendono possibile questa diretta.

E’ successo, 8 novembre: pareggio a reti bianche per il Padova col Pordenone, con rigore negato ai Biancoscudati e gol fantasma dei neroverdi




Commenti

commenti

About Gabriele Fusar Poli


WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com