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Ore 21.20 – (Il Piccolo) Sul Rocco cala un silenzio spettrale. Anzi probabilmente cala il sipario. Oltre alla cornice che manca da tempo non c’è più neanche un simulacro di squadra. I giocatori che venerdì avevano comunicato urbi et orbi il loro divorzio dalla proprietà ma la loro fedeltà alla maglia (il verde fluo è una triste provocazione e un messaggio sinistro) si sono sciolti nella prima mezz’ora davanti a un Montebelluna bravo e meritevole a dispetto dei sette under. Se non è game over, certamente l’Unione 2012 è in tilt. Il silenzio viene in soccorso di fronte a una prestazione tecnico-tattica tanto desolante da entrare di diritto nella storia breve dell’Unione. Perché la storia dell’Alabarda, quella che si misura in decenni, è un’altra cosa. La squadra ieri ha messo l’ultimo ingrediente a una maionese impazzita. Il silenzio viene spezzato invece a fine partita da un fiume di parole di Pontrelli. In questa vicenda nata poco più di un anno fa ci ha messo del suo, ed è il primo responsabile, ma non è l’unico protagonista in negativo della storia. «Lascio a voi giudicare quello che avete visto in campo. Del resto questa non è la mia squadra». E di chi è? «C’è stato un direttore sportivo (Pinzin ndr) che ha lavorato bene…Non mi sembra che oggi abbiano dimostrato di aver a cuore la maglia nè il loro mestiere» dice il presidente. Le rivendicazioni sono legittime quando non si prendono denari e ci sono i disagi denunciati. Era successo anche all’Unione di Godeas e Rossitto ma in campo non si era visto nulla di quanto visto ieri. «Avevo detto ai giocatori che sto facendo di tutto per vendere e dare loro tranquillità – continua Pontrelli – ma evidentemente non hanno capito. Io non tiro più fuori un euro. Hanno detto che vogliono autogestirsi. Possono farlo…». L’atmosfera è da 8 settembre. «Continuerò a mandare in campo una squadra ma io spero di andarmene al più presto. La città mi ha fatto la guerra e io non posso e non voglio combattere contro tutto e tutti. Ho fatto errori e chiedo scusa. Ma alcune persone con le quali ho condiviso un percorso hanno fatto il doppio e il triplo gioco, le istituzioni non ci hanno agevolato nonostante io e Pangrazio un anno fa avessimo salvato la società dal fallimento. – dice il presidente – Ribadisco che sono pronto a vendere anche adesso ma non ho ricevuto proposte concrete e soprattutto con la solidità necessaria per portare avanti la società senza che io, magari tra sei mesi, mi ritrovi di nuovo degli impicci. D’Ambrosio nel mondo del calcio sanno tutti chi è, Zanmarchi sta con il gruppo sloveno-croato che al momento del dunque non ha depositato un acconto di ventimila euro all’avvocato indicato». A questo punto non ci sono vie d’uscita se non affidarsi al Tribunale. «Primo: invito tutti questi potenziali acquirenti a un incontro pubblico – continua -, se forniscono garanzie firmo subito la cessione. Ormai sono disposto a rinunciare anche alla buonuscita». Questa è una notizia. Pontrelli, a meno di smentite, toglie dal tavolo una partita che pesa almeno per un 35% sull’importo complessivo. Ma c’è dell’altro perché i gruppi interessati (stando ai si dice) all’Unione fioccano. «Qui sopra nella nostra sede ci sono i tecnici di un gruppo solido di Roma. La trattativa è ben avviata ma non ho la certezza che vada in porto. A me interessa il futuro della Triestina. Non posso dire che stia facendo altrettanto la classe politica di questa città. Il pressing sullo stadio è incomprensibile. L’affitto è pagato fino a dicembre, gli arretrati fino al 30 settembre cadono nel concordato, quelli successivi li paghiamo». Ma se non riuscisse a vendere l’Unione? «Allora dovremmo fare un altro programma ma guardando in faccia la città, i tifosi, le istituzioni. Non ha senso tirare fuori altri soldi e continuare a essere in guerra» chiude Pontrelli. La sensazione è che senza una nuova proprietà (e con il concordato che vada a buon fine) si andrà diritto nel tunnel del fallimento. L’eventuale concessione dell’esercizio provvisorio appare al momento (senza risorse nè patrimonio societario) difficilmente praticabile. Nelle ultime settimane ci sarebbero stati abboccamenti con diversi gruppi: quello patrocinato da Fioretti, i croati (che secondo il presidente hanno contatti con Pinzin e Zanmarchi), D’Ambrosio, un imprenditore veneto e poi ci sarebbe l’interesse di Mauro Milanese (con Genna ed altri). Da oggi Pontrelli avverte che ci sono anche i romani. Ma perché nessuno manifesta pubblicamente questo interesse? Sarebbe un gesto che la città e la tifoseria apprezzerebbero. Un gesto che consentirebbe non solo di capire se Pontrelli bluffa sulla vendita ma soprattutto sarebbe un tentativo per evitare l’onta del terzo fallimento. Perché in gioco c’è l’esistenza del calcio di un certo livello a Trieste. Di fronte a questa prospettiva il 2-4 contro il Montebelluna è una quisquilia.
Ore 21.00 – (Corriere delle Alpi) Se il Belluno abbia finalmente messo alle spalle le difficoltà emerse in avvio di stagione, è presto per dirlo. Certo è che la seconda affermazione di fila, dopo quella in Coppa fa ben sperare: «Dobbiamo ancora vincerne tante di partite per poter dire di essere finalmente tranquilli. Chiaro però che con questo spirito fare i tre punti è molto più facile». Mister Vecchiato prosegue poi nell’analisi della partita appena conclusa: «Eravamo consapevoli del fatto che loro erano una squadra in salute e ci avrebbero concesso poche occasioni. Ma sapevamo anche che, con un po’ di pazienza, nella ripresa avremmo potuto avere più possibilità. Certo, qualche pensiero negativo, dopo essere andati sotto o dopo la traversa ti viene, ma siamo stati davvero bravi a crederci e a giocare da squadra». Era attesa anche alla prova la nuova coppia d’attacco formata da Acampora e Marta, vista l’indisponibilità di Corbanese che potrebbe protrarsi anche nella sfida con la Sacilese: «Nel primo tempo, davanti non abbiamo fatto bene, muovendoci in maniera non corretta. Nella ripresa, invece, abbiamo aggiustato alcune cose, ci siamo presi anche più consapevolezza e, alla fine, siamo stati premiati. Oltre ad Acampora, comunque, Marta ha fatto una bella prova anche se non è una sorpresa visto che lo considero uno dei 98 più forti del girone». C’è soddisfazione, inevitabilmente, anche se moderata: «Quando si vince si sorride, quando non si vince non si è contenti. L’allenatore deve avere equilibrio, non può ascoltare troppo quello che si dice all’esterno. Giustamente nel calcio tutti hanno la loro opinione, ma va dato atto che il mister è quello che più conosce le dinamiche della squadra». Non è neanche ancora il momento di pensare alle due pesanti assenze di Duravia e Bertagno contro la Sacilese: «Adesso ci godiamo la vittoria. In un secondo momento, penserò a come sostituirli al meglio, forte del fatto che ho una rosa di giocatori esperti importante, per cui le alternative non mancano».
Ore 20.40 – (Corriere delle Alpi) Via gli zeri. Il Belluno ne aveva uno parecchio fastidioso, che lo seguiva. Non era ancora arrivata la prima vittoria esterna, in questo complicato avvio di stagione. Ancora fermo anche lo score in campionato di Totò Acampora, che pure si era fatto vivo mercoledì in Coppa. Cancellati tutti e due, in un colpo solo. Perché a Dro la squadra di Vecchiato ha rimontato, portando a casa la vittoria, grazie alla doppietta dell’ex Monfalcone. Che pare essersi sbloccato definitivamente; una notizia che non può che far piacere a tutto l’ambiente gialloblù. Non era semplice perché il Belluno si era trovato sotto alla mezz’ora del primo tempo. Già è fuori il capitano Corbanese, oltre a Pellicanò e Solagna, e in più devi inseguire. Però stavolta niente drammi anticipati. Tempo di riassestare le cose ed ecco il rigore trasformato da Acampora. Che si è ripetuto nella ripresa, andando ad insaccare un cross di D’Incà. Un lungo abbraccio collettivo in panchina, prima della festa e del saluto ai tifosi saliti in Trentino. E di colpo la classifica torna ad essere meno triste, visti i molti pareggi. Nel sempre grazioso impianto di Oltra, è confermato il forfait del capitano. Vecchiato disegna così ai suoi un 4-4-2, nel quale sono Acampora e Marta i terminali offensivi. Certo, i due esterni sono Farinazzo e Duravia, che quindi danno alla squadra una caratura più offensiva. Dall’altra parte, un Dro che sta davvero bene e con il nuovo allenatore ha piazzato tre vittorie negli ultimi quattro incontri. In panchina, tra le altre cose, il centrale di Lamon Tiziano Slongo, mentre ne avrà fino a febbraio per infortunio l’ex Union, Simone Adami. Non è una partita che regali chissà quante emozioni al pubblico. Entrambe le squadre mostrano una discreta capacità di ragionare fino alla trequarti offensiva, ma quasi mai riescono a piazzare guizzi importanti. Un paio di uscite di Brino, qualche pallone messo in corner e così per le prime due situazioni interessanti bisogna attendere una ventina di minuti. Acampora e Marta però spediscono alle stelle da buona posizione. Calcagnotto, una manciata di minuti dopo, rimedia su Proch, servito da un pasticcio di Pescosta, ma in pochi si aspettano il gol. Il minuto è il ventotto: corner di Burato, spizzata in area e tocco sottomisura di Bertoldi. Non si scoraggia il Belluno, che prima costruisce in velocità un’azione che manda Farinazzo al tiro, poi si conquista il rigore. Imbeccata di Duravia per Mosca steso appena dentro all’area. Penalty evidente e precisa la trasformazione di Acampora. Non succede poi più nulla per il primo tempo. Si riparte in discreto anticipo sulle altre partite e si vede un Belluno più pimpante, mentre il Dro cala in maniera vistosa il ritmo delle giocate. La pressione del Belluno però poche volte produce pericoli effettivi per la porta di Chimini. Serve qualcosa per provare a cambiare l’inerzia di un pari che sembra scritto. Nel frattempo sono entrati D’Incà per Sommacal e Franchetto per Farinazzo. Ma è il momento buono e i gialloblù riescono a colpire. Al 76’ è precisa la punizione di Duravia che va sulla traversa e un minuto dopo D’Incà mette in mezzo un pallone che, attraversata l’area, trova la testa di Acampora e si infila. Due a uno ed è davvero significativo la corsa fino alla panchina per festeggiare con tutta la squadra. Resta da stringere i denti, ma manca poco che Marta non triplichi, costringendo alla gran parata Chimini. Il Dro avrà solo un’occasione per rimettere in parità, però l’ottimo centrale Kostadinovic, ex Lega Pro, spara alto. E così il Belluno può finalmente festeggiare anche lontano dal Polisportivo.
Ore 20.20 – (Gazzetta di Reggio) E’ soddisfatto perché «nonostante la Reggiana non abbia giocato molto bene non è uscita sconfitta dal Druso di Bolzano», ma non può gioire per il secondo tempo «dove mi aspettavo molto di più, soprattutto alla luce di quanto fatto nel primo». Raffaele Ferrara analizza così il match contro il Sudtirol. Il direttore generale non vuol sentir parlare di bicchiere mezzo pieno. «Non dobbiamo accontentarci. E se è vero che l’anno scorso una partita del genere avremmo potuto perderla, è anche vero che magari avremmo potuto vincerla». Direttore, un buon pareggio a Bolzano? «Sicuramente non abbiamo giocato su un campo semplice e prima di andarci avremmo anche firmato per il pari. Però dopo il primo tempo la sensazione era che potessimo fare di più. Diciamo che uno poteva anche farci la bocca a una possibile vittoria e poteva sperare in un aumento di ritmo nella seconda frazione». E invece è accaduto il contrario… «Sì, ci siamo accontentati sportivamente del punto e visto come era andato nei primi 45 minuti era lecito sperare in qualcosa di più. Invece abbiamo fatto maluccio e non abbiamo mai tirato in porta». C’è stato un calo fisico evidente… «Bisogna vedere se fisico o mentale. Io credo tutti e due. Abbiamo perso le idee e la lucidità per tentare di vincere la partita». L’attacco ieri è apparso spuntato. «In avanti hanno risentito del calo del centrocampo, che non riusciva più a prendere le seconde palle, né a impostare il gioco. Siega ed Arma sono calati, ma non sono stati messi nelle condizioni di avere palloni giocabili. Si sono dati da fare, hanno corso tanto, ma si è concluso poco». Maltese con la Cremonese è stato il migliore. Ieri nel primo tempo ha confermato un buono stato di forma. «Nel primo tempo hanno fatto bene anche Angiulli e Bruccini, poi nella ripresa sono apparsi tutti e tre appannati». Parola anche ieri è stato una sicurezza. «Credo che tutti e tre i difensori abbiamo fatto molto bene, anche Sabotic e Spanò. Meno bene invece gli esterni Frascatore e Mogos, che si sono persi nella seconda frazione di gioco. Perilli è stato bravo, anche se alla fine il Sudtirol non ha creato vere occasioni di gol e lo si è visto solo nell’ultima azione in mischia». La Reggiana ha una panchina troppo corta? Forse ieri serviva qualche alternativa… «In panchina c’erano Giannone, Bartolomei e Pesenti, che penso se la giocherebbero in qualsiasi organico di Lega Pro. Da adesso in poi se tutti staranno bene la Reggiana non avrà problemi con i cambi». Dopo un trittico molto impegnativo, con Salò, Cremonese e Sudtirol, teme cali di tensione contro le piccole? «Questo dipende da noi, come società, dirigenza, staff. Toccherà a noi tenere tutti sulla corda. Inoltre non è il caso di parlare di piccole, perché sarebbe sbagliato. Guardiamo a cosa ha fatto il Renate, che ha vinto 4-2 sul campo del Salò, mentre con noi poteva sembrare una squadra non pericolosa». Cosa l’è piaciuto di più e cosa di meno della Reggiana di Bolzano? «Mi è piaciuto il fatto che non abbiamo rischiato nulla, pur avendo di fronte bravi attaccanti. Mi è piaciuto meno il secondo tempo, dove mi aspettavo di più». Il presidente Compagni ha detto che per ora non ci sono novità sull’ingresso di Vavassori in società, che invece era stato pronosticato come imminente . Il presidente è sembrato abbia lanciato un appello, dicendo che non può essere lasciato solo in questa avventura… «Guardi, non ho novità nemmeno io. Questa domanda mi viene fatta spesso, perché sono legato a Vavassori e dunque la capisco. Ma non ho novità in proposito».
Ore 20.00 – (Gazzetta di Mantova) Oggi pomeriggio il Mantova riprenderà gli allenamenti al Te, sul prato del “Dante Micheli”, in vista della gara in programma sabato (ore 20.30) a Bassano. Lo staff medico e mister Ivan Javorcic dovranno valutare le condizioni dei giocatori che hanno saltato l’ultima gara a causa di infortuni. Pienamente recuperato è il difensore Carini, che già sabato è andato in panchina. E oggi dovrebbe tornare in gruppo anche il capitano Gaetano Caridi. La speranza è di recuperare anche il terzino Samuele Sereni, reduce da un problema muscolare e il fantasista Ungaro, che ha saltato gli ultimi impegni a causa di una forte contusione. Più difficile appare il recupero dell’attaccante Anastasi, che si sta sottoponendo alle terapie del caso per l’infiammazione al ginocchio che lo tormenta da tempo.
Ore 19.40 – (Gazzetta di Mantova) L’annuncio di un silenzio stampa il giorno dopo la dichiarazione-sfogo del presidente Sandro Musso («se serve, me ne vado domani mattina») aveva creato un certo allarme nell’ambiente biancorosso. A chiarire però che «la Sdl è più determinata che mai a portare avanti il progetto Mantova e abbiamo le idee chiare su come farlo» è il patron biancorosso Serafino Di Loreto. Non ci sono dunque dimissioni del presidente, nè passi indietro dell’azienda bresciana che in estate ha rilevato l’Acm salvandola da un possibile fallimento. «E non c’è neppure la volontà di punire qualcuno con il silenzio stampa – dice Di Loreto -. Riteniamo le critiche uno spunto costruttivo e, anche se magari c’è stato qualche eccesso, rientra nelle logiche del calcio. Ciò che ci preme in questo momento è invece quello di concentrarci tutti (società, staff tecnico e giocatori) sull’unico obiettivo che conta: tornare a fare risultati. Evitando qualsiasi ragionamento o commento che, in una fase di tensione, può magari far degenerare le cose o incrinare il rapporto con la collettività, che per noi è importantissimo». Da qui in avanti, insomma, almeno per un po’, il Mantova «dovrà parlare con i fatti – sottolinea Di Loreto -, che poi è la cosa che sappiamo fare meglio. Non lasceremo nulla di intentato per risollevare la squadra da questa situazione e dobiamo dare almeno 2-3 settimane di tempo al nuovo mister Javorcic per lavorare con i giocatori. Sappiamo allo stesso tempo che ci aspettano partite molto difficili, contro le prime della classe e proprio per questo crediamo che la cosa migliore sia quella di cercare di fare quadrato al nostro interno, mettendo al riparo il gruppo da qualsiasi distrazione». «Siamo i primi a soffrire per i risultati che non arrivano – aggiunge il patron del Mantova -, anche perché in estate abbiamo stanziato risorse finanziarie adeguate a costruire una squadra per ben altri obiettivi che la lotta salvezza. Il calcio però ha mille componenti che devono incastrarsi a dovere per far andare bene le cose e in questo caso evidentemente non siamo ancora riusciti a trovare la formula giusta». Per concludere, Di Loreto assicura infine ai tifosi che «la nostra determinazione resta massima. Non abbiamo promesso la luna, personalmente in estate ho soltanto fatto un ragionamento spiegando che fare restare per tre anni di Lega Pro significa spendere tante risorse senza costruire nulla e che invece una società per avere un futuro deve puntare a salire di categoria. Ma non si può fare tutto e subito, c’è bisogno di tempo».
Ore 19.20 – (Gazzetta di Mantova) Domenica difficile in casa biancorossa dopo la sconfitta interna contro la Giana Erminio, che ha complicato ulteriormente la situazione della squadra e creato qualche frizione con i tifosi. Visto che i guai non arrivano mai da soli, i posticipi della nona giornata del campionato hanno fatto scivolare il Mantova al quartultimo posto in classifica, scavalcato dalla Pro Piacenza che ha espugnato Busto Arsizio. La società nel pomeriggio ha diffuso un comunicato nel quale ha annunciato il silenzio stampa. Eccone il testo: «Il Mantova FC comunica, al fine di garantire la massima concentrazione e compattezza all’intera struttura societaria, in previsione dei prossimi importanti impegni di calendario, il silenzio stampa per tutti i propri tesserati. L’allenatore Ivan Jarvocic sarà a disposizione per le abituali interviste post-match». Il patron biancorosso Serafino Di Loreto (vedi altro articolo in pagina) ha poi precisato che non si tratta di una misura presa contro qualcuno (stampa o tifosi), bensì di un tentativo di evitare qualsiasi dispersione di energie – soprattutto mentali – in un momento delicato del club. Scelta opinabile ma comprensibile, soprattutto alla luce del clima venutosi a creare dopo il ko di sabato contro la Giana Erminio. Con il pubblico che ha contestato la squadra («andate a lavorare» è stato il coro alzatosi più volte dalla curva Te) e con il presidente Sandro Musso che, beccato in tribuna da qualche tifoso, ha risposto per le rime, proseguendo poi il botta e risposta con gli sportivi critici su Facebook. Il fatto è che la dirigenza sta soffrendo molto la mancanza di risultati e quanto ne consegue. Del resto, dopo aver salvato il club e aver investito risorse importantissime sul fronte tecnico ma anche su quello strutturale, con il rifacimento dei campi da gioco e il “maquillage” al Martelli, è ovvio che ci si senta feriti di fronte alle critiche. La realtà è che la società ci ha messo entusiasmo e risorse, ha commesso diversi errori ma ha anche cercato di riparare. Adesso (in silenzio o parlando fa lo stesso) l’unica cosa possibile è concedere tempo al nuovo corso tecnico, sperando che Javorcic trovi la chiave (tattica e caratteriale) per far esprimere al meglio una squadra che ha valori tecnici decisamente superiori alla zona retrocessione.
Ore 19.00 – (Messaggero Veneto) Il Padova che, domenica prossima, affronterà il Pordenone nel suo stadio non sta vivendo un periodo roseo. Anzi: è reduce da una vicenda che sta tra il comico e il grottesco. Nell’ultima gara, giocata a Pavia e finita con un ko per 2-0, la squadra dell’ex neroverde Carmine Parlato ha giocato gli ultimi 25’ con un uomo in meno. E non a causa di un’espulsione: bensì per un mancato cambio. È bene spiegarsi. A metà del secondo tempo, a partita ormai persa, il tecnico bianscoudato ha deciso di mandare in campo Amirante al posto di Petrilli. Una scelta fatta soprattutto per far ritrovare il ritmo del match al centravanti, assente dallo fine dello scorso campionato per un infortunio. Ecco il problema: Amirante non può giocare in quanto non è presente nella “famosa” lista dei 24, quella che ogni società, a inizio campionato, doveva redigere e spedire alla Lega Pro. Considerati i tempi di recupero incerti, il Padova aveva scelto di lasciare fuori Amirante dal “listone”. Parlato, avvertito dal segretario sportivo, ha così chiesto di annullare il cambio, ma ormai Petrilli aveva messo il piede fuori dal campo di gioco. La sostituzione è stata comunque segnata. Il Padova, per non incorrere in ulteriori problemi, ha chiuso la gara in 10. Nei prossimi giorni, visto l’incidente, la società biancoscudata dovrebbe rimediare una multa di 30 mila euro. Il Pavia, poi, qualora decidesse di fare ricorso, vincerebbe la gara per 3-0 a tavolino: difficilmente lo farà, visto il verdetto il campo. Non è finita. La proprietà del club è talmente infuriata per l’errore che potrebbe prendere una decisione pesante: si parla di un licenziamento del direttore sportivo Fabrizio De Poli, che in sala stampa al Fortunati ci ha messo la faccia, assumendosi la responsabilità dell’errore. Insomma, saranno giorni di fuoco quelli che precedono il match di domenica per i biancoscudati.
Ore 18.40 – (Messaggero Veneto) Non poteva mancare il suo messaggio, in questo momento di festa e dopo una vittoria del genere. Anche il presidente del Pordenone, Mauro Lovisa, si congratula con la squadra e con il suo bomber, Caio De Cenco. Al numero uno neroverde, oltre ai gol, è piaciuto il gesto del centravanti dopo la rete del momentaneo 1-0. «L’immagine di lui che abbraccia i due ragazzi del settore giovanile (raccattapalle per l’occasione, ndr) è davvero emozionante – attacca il massimo dirigente -. Un istantaneo simbolo della nostra società, uno scatto magnifico. Ne faremo un quadro e lo appenderemo in sede». Un’esultanza che ha fatto vibrare il cuore di tanti, oltre che il suo. Lovisa poi loda il giocatore e il team: »Caio è bravissimo e completo. Sa fare bene tutto – afferma -. La squadra sta facendo un grande percorso, cresce di partita in partita. E questo successo è uno dei più belli dei miei anni di presidenza, anche per la folta presenza di tifosi al Bottecchia». Lovisa è anche soddisfatto dell’arbitraggio: «Come quando ci sono episodi sfavorevoli si evidenziano – spiega –, stavolta è corretto elogiare una direzione perfetta, fra le migliori di queste due stagioni di Lega Pro. Complimenti ad Amoroso di Paola». Altro grande protagonista del match è stato Francesco Finocchio, l’attaccante italo-brasiliano “padre” dell’1-0 e autore dell’assist valso il 2-0. «La mia miglior partita col Pordenone – afferma –. Poi, con una prestazione del genere della squadra, è più facile anche per i singoli fare una prestazione di alto livello». Promettente l’intesa con De Cenco. «Mi trovo bene con lui – spiega –, sia se gioco esterno destro del tridente sia se sono impiegato al suo fianco con Cattaneo mezzapunta. É il primo anno che giochiamo assieme, l’intesa si sta affinando». E il risultato potrà diventare sempre più letale.
Ore 18.20 – (Messaggero Veneto) Spesso, negli sport di squadra, ci si lascia ingannare dal risultato. Poche volte si riesce a guardare oltre, più in là del punteggio della singola gara. E quindi in pochi, due settimane fa, vedevano i potenziali margini di crescita del Pordenone. Cosa avrebbe potuto in futuro raccogliere questa squadra. Una parte l’ha ricavata nella notte del Bottecchia: 3-0 al Bassano, all’ormai ex capolista, steso dal nuovo idolo del Bottecchia, il capocannoniere del campionato Caio De Cenco, autore di una tripletta. Il centravanti è la punta di diamante del gruppo e il successo con i vicentini è il punto esclamativo della prima parte di stagione, perché ottenuto non solo col bel gioco, ma anche con doti morali importanti. Il risultato è il quinto posto in classifica in Lega Pro, un piazzamento che mai, nella storia recente, il Pordenone era riuscito a occupare. Le cifre. La città, ieri, si è risvegliata da grande nel calcio che conta. La sua squadra, infatti, non solo è così in alto in graduatoria, ma è anche riuscita a conquistare la prima affermazione con una grande, rincorsa ma mai portata a casa la scorsa stagione e in questo avvio di torneo. Non capita spesso di interrompere l’imbattibilità della capolista, di scalzarla dalla vetta. C’è riuscito questo Pordenone, che ha domato il Bassano per gran parte della gara e l’ha contenuto in quella sfuriata degli ultimi 25’ del primo tempo. É una squadra, quella di Tedino, che è riuscita a mettere subito da parte il ko di Lumezzane. E che, in un colpo solo, ha estinto una parte del credito accumulato nel Bresciano e in casa con l’Alto Adige, in cui meritava di più del solo punto raccolto. Così i “ramarri” sono tornati alla vittoria, che mancava da tre turni; dopo quattro gare ha chiuso il match con la porta iniviolata e senza subire rimonte, come invece era già capitato in quattro circostanze. Segnali importanti di crescita, valsi appunto un quinto posto in classifica. Il re. E poi c’è l’uomo-copertina del gruppo, Caio De Cenco, il centravanti brasiliano arrivato dal Pontedera. I gol di sabato scorso, che lo consacrano capocannoniere del girone (in compagnia con Cesarini e Brighenti), costituiscono una delle pagine più belle della sua carriera e anche della storia del Pordenone. In poco tempo l’attaccante ha smentito i critici – che non lo ritenevano un bomber – e ha valorizzato al massimo il lavoro della squadra: lui è il terminale, la punta dell’iceberg di un collettivo che gioca (anche) per lui. Il prossimo passo, dopo questa prodezza e la rete in rovesciata all’Alto Adige, è segnare in trasferta: delle 6 reti sinora realizzate 5 sono state messe a segno al Bottecchia. A Padova, domenica prossima, è chiamato a sfatare questo piccolo tabù. Entusiasmo. Intanto la gente del Bottecchia ama lui e la squadra di Tedino. Tanto che si sta muovendo per seguire il match dell’Euganeo dell’8 novembre. Il Caffè Nogaredo, fan club ufficiale del Pordenone, sta organizzando una corriera per essere nella città del Santo per l’incontro della decima giornata. Il costo è di 10 euro, quota che non prevede il prezzo del biglietto. La partenza è prevista in mattina dal parcheggio della Lidl di Cordenons (vicino al bar). Esserci a Padova, visto il momento del team, sembra d’obbligo.
Ore 17.50 – (La Provincia Pavese) C’è voluta la spiegazione in sala stampa per capire quello che è successo alla mezzora della ripresa, quando il Padova è rimasto in dieci per il cambio più anomalo della storia: esce Petrilli ed entra… nessuno. In realtà a subentrare avrebbe dovuto essere il numero 21 Amirante, già pronto. Ma poi la panchina biancoscudata fa retromarcia perché nel frattempo il segretario del Padova si è precipitato ad avvertire che il giocatore non può essere utilizzato: non è nella lista dei 24 giocatori inviata alla Lega Pro, il Padova rischierebbe di perdere la gara a tavolino. Mister Parlato allora cerca di cambiare in corsa: entra Aperi, ma l’arbitro non ne vuol sapere. E siccome Petrilli è già uscito e non può rientrare, il Padova gioca l’ultimo scorcio di gara in dieci. Già nel ’99 il Padova aveva commesso un errore analogo, costato la retrocessione in C2. La serata si era aperta con un’altra cosa che non si vedeva, anzi sentiva, da anni: il suono dei tamburi proveniente dalla curva, incessante per metà del primo tempo. Proprio mentre il Pavia segnava i due gol che avrebbero deciso la partita. Una curva nutrita nonostante il numero non alto di spettatori: 1.342, di cui 1.092 paganti.
Ore 17.30 – (La Provincia Pavese) Giovanni La Camera sottolinea come il Pavia abbia interpretato al meglio la gara con il Padova e da qui possa ripartire per il futuro. «Abbiamo avuto l’atteggiamento giusto dall’inizio alla fine e questo è quello che probabilmente ci può far fare il cambio di passo – dichiara il centrocampista azzurro – è indubbio che questa squadra ha grandi qualità tecniche e anche a livello di organico e di gruppo ma se riesce ad avere continuità può fare cose importanti». Proprio la continuità di rendimento è quella che cerca ora il Pavia. «Credo che la gara di Gorgonzola abbia lasciato in tutti l’amaro in bocca per i due punti persi e non solo – ricorda La Camera – dobbiamo imparare soprattutto in futuro a chiudere le partite perché questa è una categoria dove incontri gente di qualità e quando anche stai 2-0 a 10’ dalla fine può capitare che le gare possano essere riaperte e quindi è importante farlo prima possibile. Oggi l’abbiamo fatto, creando quattro-cinque ripartenze importanti. Poi si è speso anche tanto perché è stato fatto molto lavoro in fase di non possesso palla, a partire dalle punte Ferretti e Cesarini in poi, come ci aveva chiesto il mister». Continua ad essere il miglior attacco del girone quello azzurro, un ulteriore conferma è arrivata dalla gara con il Padova. «In fase di possesso abbiamo tantissima gente di qualità in grado di fare la differenza. Siamo pericolosi con le potenzialità di Ferretti e Cesarini . Ora dobbiamo cercare di recuperare anche Marchi e Del Sante perché sarà importantissimo anche il loro apporto nell’arco della stagione. Credo che soprattutto in casa dovremo continuare con quest’atteggiamento». La classifica dopo questa giornata si è allungata in vetta con quattro squadre che hanno allungato sul resto del gruppo. «Penso che in questo campionato ci possano essere due-tre bivi e uno di questi può essere ora in cui quelle cinque-sei squadre che si giocheranno i primi posti possano emergere – conclude La Camera – ma credo che sia ancora troppo presto, manca tantissimo. Dobbiamo essere bravi a ragionare partita dopo partita ad avere quest’atteggiamento giusto per rimanere lì davanti».
Ore 17.10 – (La Provincia Pavese) Una delle mosse vincenti della sfida con il Padova è stato sicuramente l’impiego da esterno di centrocampo di Tommaso Bellazzini, che si è rivelato una spina nel fianco nella difesa del Padova. «Avevamo parlato in settimana con il mister che vedendo che loro giocavano con il 4-3-1-2 e coprivano molto gli spazi centrali – spiega il centrocampista toscano – ha pensato di propormi esterno largo per essere un po’ più libero di puntare l’uomo e di far male dalle corsie ed è andata bene». E’ stato importante aver chiuso in mezz’ora la gara. «Sicuramente il doppio vantaggio ci ha favorito e siamo stati bravi poi a gestire bene la gara senza subire granché – dichiara Bellazzini – è andata bene perché venivamo da un pareggio che ci ha un po’ scottato e vincere e convincere era la medicina migliore». Continuità anche di rendimento nei novanta minuti che rappresenta una crescita. «La condizione aumenta – ammette Bellazzini – si è corso fino alla fine e questo è un buon segno. Ora bisogna continuare a lavorare senza fare voli pindarici». Adesso ci sarà la Coppa Italia di Lega Pro ancora a Gorgonzola con la Giana, poi il Renate in campionato. «Pensiamo a partita dopo partita se no rischiamo di distrarci un po’, invece bisogna rimanere molto concentrati sulla singola gara – sottolinea il centrocampista azzurro – perché abbiamo visto che tutte le squadre soffrono su ogni campo e i punti si possono prendere o perdere da tutte le parti». La scelta di essere il rigorista di giornata era concordata o è stata decisa all’ultimo momento? «Con Cesarini e Ferretti siamo molto affiatati – risponde il giocatore del Pavia – ci siamo parlati e ce li gestiamo un po’ per uno perché mi sembra la soluzione migliore con il buon senso e favorirà il gruppo». Può essere la vittoria che dà una svolta al campionato? «Tre punti importanti perché poi dipenderà dai risultati successivi – afferma Bellazzini – bisogna soprattutto continuare a fare buone prestazioni e a volte soffriremo un po’ di più o di meno. Sbagliare meno possibile come è capitato contro il Padova ed essere sempre propositivi». Anche il fatto di non aver subito reti è un dato importante. «Aggredendo più in avanti e giocando più coraggiosi si rischia meno, quando siamo con il baricentro più basso e più attendisti soffriamo di più – spiega il centrocampista – bisogna quindi cercare di martellare su questo punto e subiremo di meno».
Ore 16.50 – (La Provincia Pavese) Lo aveva ricordato mister Marcolini qualche giorno fa: il Pavia ha il miglior attacco della Lega Pro. E non solo: il quarto fra tutti i campionati professionistici (dopo nove turni solo Roma e Napoli in A e Cagliari in B hanno segnato di più). Sabato sera contro il Padova i gol realizzati sono saliti da 16 a 18 il potenziale offensivo del Pavia s’è confermato: altre due reti e gara vinta bene dagli azzurri. Determinante la mossa di Marcolini, che rimanendo fedele al 3-5-2 ha voluto però rimodellarlo in maniera più offensiva, mettendo a fare l’esterno destro di centrocampo non un terzino, come si usa fare, ma un quasi attaccante come Bellazzini. Naturalmente con la dovuta protezione di un elemento come Alessandro Marchi, un’assoluta garanzia in questo senso, e di Abbate in seconda battuta. Una mossa che è un po’ la sintesi della filosofia del tecnico azzurro: sfruttare il potenziale d’attacco senza però squilibrarsi, esponendosi così agli avversari. Non solo, perché la stessa scelta del trio di difensori centrali di fatto titolari – Abbate, Siniscalchi e Malomo – riflette un’idea ben precisa: oltre che marcatori, devono essere giocatori in grado di salire per andare a mettere pressione agli attaccanti avversari, senza limitarsi ad aspettarli, ma anche capaci di portare palla (nel caso di Abbate addirittura talvolta con finezze da attaccante) per far ripartire e accompagnare l’azione. E allora oltre che dei 18 gol fatti, esattamente due a partita di media, bisognerebbe parlare pure degli 8 subiti. Non è, sotto l’aspetto dei numeri, la miglior difesa del girone A di Lega Pro (ma la terza sì). E però andrebbero anche analizzate queste otto reti: tre su rigori per così dire generosi (per essere educati) uno su autorete non provocata, altri due su calci piazzati. Appena due, dunque, su azione: contro Cittadella e Albinoleffe. Non è un caso, perché in tutte le gare giocate, anche in quelle più complesse contro Cittadella e Giana Erminio, il Pavia ha subito pochissimo: difficile che gli avversari riescano a entrare in area pericolosamente, rarissime le occasioni da gol concesse, con Facchin spesso quasi ingiudicabile. Certo, la qualità dell’attacco fa tanto. Cesarini con il gol di sabato sera è arrivato a 6 reti in 9 gare, staccando di una lunghezza il compagno di squadra Ferretti in cima alla classifica cannonieri. Lo stesso Bellazzini contro il Padova ha messo a segno la sua terza rete. E mancano sempre sia Mattia Marchi che Del Sante. E’ un grande reparto offensivo, quello azzurro. Ma dietro c’è una grande difesa.
Ore 16.20 – (La Nuova Venezia) Cinismo, la parola più usata nel dopo partita di Venezia-Levico. Nel senso che con un po’ più di cattiveria nell’area di Zomer e soci, forse si parlerebbe di una squadra arancioneroverde ancora vittoriosa al Penzo. Invece arriva il primo pareggio interno e, sempre della serie doveva pur capitare, neanche una rete in casa. Se proprio dobbiamo guardare il pelo nell’uovo, si può dire che è il secondo 0-0 consecutivo in campionato: strano per chi è abituato a segnare con una certa regolarità. A dire il vero, Gianni Fabiano era riuscito a far esultare i tifosi ma il guardalinee ha visto un fuorigioco. «Non so che dire» commenta il numero 10 veneziano «la palla è entrata e poi la rete non è stata convalidata. Non si può sempre vincere, anche se abbiamo avuto molte occasioni, abbiamo colpito un palo e una traversa, c’è stato qualche rischio nel finale ma non è il caso di essere disfattisti. L’importante è fare dei punti, gli avversari ti studiano, chi gioca contro la prima in classifica ci mette l’anima e vincere dobbiamo meritarcelo sul campo. Di positivo c’è di non aver subito gol neppure stavolta». Eppure lì davanti si poteva fare di più. «Quando certe partite non si sbloccano subito» dice Matteo Serafini «vai incontro a delle difficoltà. Abbiamo avuto tante opportunità, alcune anch’io, ma prendiamo atto di questo risultato per analizzare meglio la gara». Sul gol annullato, Serafini ha dei dubbi. «Non so» spiega «anche perché uno dei loro difensori ha detto che era più indietro del mio compagno». Gianpaolo Calzi sa di aver faticato molto in mezzo al campo, spesso si trovava un uomo alle costole e smistare palla diventava difficile. «Loro hanno sacrificato un centrocampista per marcarmi a uomo» spiega «e non è stato facile: al 90’ hanno festeggiato il pareggio come una vittoria. Non siamo preoccupati, lo dovremmo essere se non avessimo tirato in porta, invece ne abbiamo avute di opportunità per andare in vantaggio. La palla non entrava neanche se l’avessimo fatto con le mani». Marco Modolo invita alla calma e a guardare avanti. «Dispiace per il pareggio» commenta «ma non disperiamo. Ogni gara è difficile, nel primo tempo, avremmo dovuto impostare meglio il gioco dalla difesa, lo abbiamo fatto meglio nel secondo ma poi loro sono arretrati. Nelle palle inattive siamo stati più pericolosi». Guglielmo Vicario ha vissuto una giornata da spettatore non pagante, facendo il difensore aggiunto. «Non si può sempre vincere» commenta il portiere «e abbiamo avuto diverse occasioni per passare. Zomer nella ripresa ha fatto diversi interventi e forse ci sono mancati il cinismo e la cattiveria sotto porta. Siamo sempre primi, siamo sempre a più due sulla seconda e non ci dobbiamo rilassare, ci deve spronare a fare sempre meglio». Vicario guarda già alla trasferta di Tamai. «Sarà una gara difficile» avverte «ed è una formazione in grado di darci fastidio».
Ore 16.00 – (La Nuova Venezia) Primo pari interno per il Venezia, nonostante si sia giocato per gran parte della gara nella metà campo trentina. Invece gli uomini di Paolo Favaretto ci hanno provato in mille modi ma la palla non è voluta entrare. «Ma si doveva essere più cinici» spiega l’allenatore del Venezia «anche se le occasioni non sono mancate. Il loro portiere è stato bravo, abbiamo colpito i legni ma si deve essere più concreti. Spiace non aver vinto ma gare come queste, rischi pure di perderle». Eppure nella ripresa Favaretto ha cercato di svoltare con tre mosse, inserendo Malagò, Callegaro e Maccan ma è stato tutto inutile, il fortino del Levico è rimasto in piedi. «Volevo due giocatori fisici davanti» commenta «e allargare di più sugli esterni. Inoltre Acquadro era stato appena ammonito. Ho portato Gualdi in panchina perché avuto un problema influenzale e ho deciso di non rischiarlo. È stata una partita diversa da Campodarsego, dov’è stata più una battaglia e si è giocato in verticale. Con il Levico, invece, si è giocato più». Fa specie per una squadra come il Venezia ritrovarsi imbattuto dopo undici giornate e avere “appena” due punti di vantaggio sul Campodarsego. Invece la classifica dice questo e non si deve abbassare la guardia perché il campionato è tutto da conquistare. «Ma loro stanno facendo bene» osserva il tecnico «tengono duro ma si vince a lungo termine. Stavolta ci è mancato il gol». Infine una battuta sull’arbitro, tenuto conto che i tifosi se la sono presa per la rete annullata a inizio ripresa. «Non commento gli episodi» aggiunge e conclude Favaretto «ma devo dargli atto di aver gestito bene l’incontro, dando sempre ritmo alla gara quando il Levico cercava di abbassarlo».
Ore 15.40 – (La Nuova Venezia) Il Venezia inciampa nel Levico e regala i primi punti stagionali tra le mura del Penzo. Contro i trentini finisce 0-0, il secondo consecutivo in campionato, pieno di recriminazioni e con la convinzione che servono meno fronzoli e più concretezza davanti alla porta. Dopo la partita di Campodarsego, per la seconda volta in otto giorno gli attaccanti arancioneroverdi sono rimasti a bocca asciutta, e buon per loro che dietro Modolo e Beccaro hanno vestito i panni dei gladiatori, altrimenti Vicario non si sarebbe passato un’altra domenica a fare lo spettatore tra i pali. Per “scaldarsi” spesso si è offerto come sponda nella circolazione della palla, avventurandosi in qualche dribbling di troppo con gli avversari. Anomalia. Quella introdotta nello scacchiere tattico dal tecnico ospite Marco Melone: Fabiano e Calzi marcati sistematicamente a uomo per togliere idee e respiro alla manovra del Venezia. E ci è riuscito, presentando una squadra che ha giocato un primo tempo a testa alta, accettando la sfida e cercando di pungere in contropiede. Il Venezia dal canto suo, forte di una netta superiorità tecnica, ha cercato di ovviare ai problemi con manovre avvolgenti sulle fasce, ma in molte occasioni i cross degli esterni hanno peccato di precisione. I primi 25’ sono un monologo di marca veneziana: è mancato solo il gol a legittimare questa situazione. Dove non c’è arrivata la sfortuna, con il palo colpito su punizione da Fabiano (11’), ci si è messo Zomer. I trentini hanno cercato di contenere gli arancioneroverdi, spezzando il ritmo a centrocampo ma senza mai rendersi pericolosi contro Vicario. Errori. Fondamentali quelli commessi nella ripresa dalla terna arbitrale. In avvio il Venezia ha cercato subito di chiudere i conti, ma dopo 3’ la bandierina del guardalinee si è alzata per fermare la corsa di Carbonaro, lanciato solo verso la rete avversaria. Può capitare di sbagliare, certo, però l’attaccante era chiaramente in gioco prima di ricevere il pallone. Al 12’ è stato Fabiano a non poter gioire dopo un gran gol in sforbiciata, fermato ancora dallo stesso guardalinee per un presunto fuorigioco. Infrazione che perfino gli avversari non hanno ravvisato. Pausa. Il Venezia se l’è presa per riordinare le idee, ma è stato in questo momento che il Levico ha arretrato il baricentro, capendo che un punto al Penzo significava oro colato per la classifica. Con nove maglie gialloblù in area, gli attaccanti di Favaretto hanno faticato a trovare centimetri liberi per uno spunto, e quando c’è riuscito Serafini (37’) a fermarlo è stata la traversa. Finale. L’assalto degli ultimi minuti ha portato emozioni e niente più. In tribuna è salita la tensione tra tifosi ospiti e locali, costringendo all’intervento steward e carabinieri. In campo alla fine il Levico ha esultato come se avesse vinto il campionato, e per il Venezia è rimasta solo la consapevolezza che a Tamai sarà dura ma si dovranno prendere i tre punti. Forse sabato: il club sta infatti valutando l’ipotesi di chiedere l’anticipo visto che mercoledì 11 al Penzo c’è il turno infrasettimanale con il Mestre.
Ore 15.10 – (Mattino di Padova) Al tecnico dell’Abano Massimiliano De Mozzi non manca l’orgoglio. Lo dimostra ancora una volta nel dopo-partita, non risparmiando frecciate al tecnico avversario Giovanni Soncin, convinto della superiorità della sua Calvi: «Dire che meritava di vincere o aveva in mano la partita è una bugia grande come una casa», afferma De Mozzi. «Abbiamo avuto dieci occasioni da gol contro le due dei nostri avversari. Hanno preso un palo e sbagliato un rigore, certo, ma l’Abano ha giocato bene cercando soluzioni che non fossero la solita palla lunga a scavalcare il centrocampo». Sul periodo sfortunato dei neroverdi l’ex mister del Real Vicenza taglia corto: «È così, non ci possiamo fare nulla. Prima o poi la ruota girerà e a festeggiare saremo noi. Non vinciamo da tantissimo ma, nonostante ciò, proviamo sempre a proporre il nostro gioco».
Ore 15.00 – (Mattino di Padova) Il portiere dell’Abano Alex Ruzzarin aveva già sentito parlare del collega della Calvi Noale Marco Fortin. Destino ha voluto che Ruzzarin, 18enne esordiente in serie D, ieri abbia parato un rigore all’ex estremo di Siena e Cagliari, 41 anni e una autorevole esperienza in serie A. Tiro dal dischetto decisivo, tra l’altro, all’86’ di un match tiratissimo. Alla fine, l’Abano festeggia il suo «bocia» per il punto salvato in extremis, anche se l’astinenza di vittorie (l’ultima risale a metà settembre) inizia a pesare. Resta il colpo in canna, invece, agli uomini di Giovanni Soncin, meno arrembanti del solito. L’Abano ieri ha messo la puntina sul solito disco: gioco, trame interessanti e una dannata paura di segnare che, sommata a piccole amnesie difensive, finisce per condannare capitan Ballarin e compagni all’apnea eterna. La Calvi, proprio su un errore di Creati (6’) nel retropassaggio verso Ruzzarin, rischia di passare subito con Siega. Ma anche Barichello, dall’altra parte (17’) non sfrutta a dovere il lancio di Segato, calciando fuori da buona posizione; e 4’ più tardi mira al solito angolo (della siepe) girando un pallone vagante piazzato in area da Segato. Dritta per dritta, invece, va la punizione da fuori area di Viola: Ruzzarin si tuffa sul pallone e blocca in presa (29’). Non fa una piega nemmeno Fortin alla mezz’ora, quando Segato, abbandonato per un attimo il ruolo di rifinitore, va a nozze sul filtrante di Ballarin ma non spaventa il capitano del Calvi. Gli ospiti, dal canto loro, aspettano un varco e lo trovano al 45’ sul cross di Rumor: Siega e Viola si buttano alla meno peggio senza impattare. Nella ripresa, la Calvi Noale replica alla botta di Segato (poco prima dell’intervallo e fuori di un soffio) mentre l’Abano, al 58’, dà l’ennesima prova che il “mal di gol” è ancora in fase acuta: fiondata di Segato, aggancio maldestro di Caraceni e mezzo tuffo di Bortolotto in area sul recupero dello stopper. L’arbitro Tremolada, mostra il giallo al numero 7 aponense, che non protesta. La storia si ripete al 66’, ma stavolta Bortolotto (servito da Barichello), sceglie la conclusione, trovando la risposta di Fortin. La Calvi sfiora l’1-0 in una delle sue rare sortite offensive con Zuin che s’inserisce sull’imbeccata di Meite e trova il palo. Viola, invece, il gol può solo immaginarlo sul cross di Rizzato. Ma è all’86’ che Ruzzarin piazza la manata vincente sul rigore di Fortin per presunto fallo di mano di Creati.
Ore 14.40 – (Mattino di Padova) «Per come si era messa è sicuramente un punto guadagnato, ma sono soddisfatto della prestazione della squadra nel suo complesso». Enrico Cunico fa comunque i complimenti alla Luparense dopo il 2-2 col Tamai, non certo esaltante: «La partita l’abbiamo fatta quasi sempre noi, girando la palla anche se in alcune situazioni ci è mancato lo spunto decisivo. Sicuramente siamo stati ingenui a concedere al Tamai le due ripartenze che hanno causato i due gol di svantaggio, situazioni che sapevamo avrebbero cercato di sfruttare e sulle quali avremmo dovuto essere più attenti. Siamo stati bravi a riprenderla, altra dimostrazione che questa squadra ha carattere. Nel finale avremmo potuto anche vincerla. Nel complesso, comunque, complimenti alla squadra anche per una condotta di gara che non sento di etichettare come negativa».
Ore 14.30 – (Mattino di Padova) Proprio come una settimana fa con la Liventina, la Luparense trova un punto con una grandissima reazione nel finale: il Tamai, avanti di due reti dopo un’ora, si vede raggiungere dagli uomini di Cunico che però, con 2 punti nelle ultime 3 gare, non attraversano un grande momento. Il Tamai chiude il primo tempo meritatamente in vantaggio. La Luparense, priva degli squalificati Severgnini e Nichele, va vicina al vantaggio al 24’ con Giglio, che disegna una bella parabola da calcio piazzato scavalcando la barriera ma trovando il puntuale Peresson. Col passare dei minuti, però, il 4-1-4-1 di De Agostini prende il pallino del gioco. Al 34’ arriva la doccia fredda: Davide Diaw, frizzante esterno friulano, porta avanti il Tamai con un gol in stile calcio a cinque; il numero 11 biancorosso conquista palla sulla trequarti, parte a testa bassa passando fra tre difensori di casa e, a tu per tu con Bazzichetto, lo fredda con un colpo di punta sul primo palo: applausi. A inizio ripresa i Lupi provano a scuotersi, riprendono le redini del gioco e con Beccaro (8’) tentano di rimettere subito le cose a posto, ma la punizione a giro del numero 10 sfila a pochi centimetri dall’incrocio dei pali. Quello che manca, a ben guardare, è l’organizzazione di gioco: le azioni rossoblù sono farraginose, la manovra raffazzonata, non c’è una vera e propria azione corale che sia una. Cunico si gioca la carta Brotto, ma dopo pochi istanti dallo sbilanciamento in avanti dei Lupi parte il contropiede che permette al Tamai di raddoppiare. È il 18’quando Diaw, ancora lui, raccoglie il pallone vagante perso da Perosin, si invola per 70 metri in campo aperto e, all’ingresso in area, serve perfettamente Paladin che batte Bazzichetto con un dolcissimo tocco sotto. La gara sembra chiusa, ma la Luparense è brava a reagire: al 25’ Beccaro batte il primo corner di giornata, Peresson si supera sull’incornata ravvicinata di Paganelli, ma nulla può sul tap-in di testa di De March, che riapre la gara a 20’ dal termine. Ed è così che nel finale, dopo aver faticato per un’ora abbondante, la Luparense si getta in avanti con coraggio: al 39’, su cross dalla destra di Benucci, Paganelli trova l’incornata che fa esplodere lo stadio di San Martino. Un tempo a testa e la posta a metà: al Tamai il 2-2 sta certamente stretto, per la squadra di Cunico, visto come si era messa, il pareggio è sicuramente un punto guadagnato.
Ore 14.10 – (Mattino di Padova) «Due punti buttati via». Il tecnico dell’Este Andrea Pagan non è soddisfatto: «Abbiamo creato occasioni da gol ma, come al solito, non le abbiamo sfruttate. È mancata anche la prestazione, non siamo andati in campo con il solito piglio». A Pagan non vanno giù nemmeno le espulsioni nella ripresa: «Dobbiamo evitare certe ingenuità» continua. «Per carità, Tiozzo ha rimediato due ammonizioni nel giro di pochi minuti, una delle quali un po’ troppo “generosa”, ma doveva gestire meglio le situazioni. Rosina ha commesso un fallo di reazione, evitabilissimo». «Sono un po’ deluso» conclude Pagan. «Non credo nella sfortuna e nemmeno negli episodi. I risultati sono sempre frutto delle prestazioni. Noi dobbiamo e possiamo fare di meglio».
Ore 14.00 – (Mattino di Padova) L’Este ci ricasca. Un altro pareggio con la Sacilese, il settimo, riporta i giallorossi in vetta alla speciale classifica delle squadre con più “ics”. Pareggi a parte, c’è un altro aspetto che balza all’occhio: gli uomini di Pagan, per la seconda volta, concludono la partita in nove. Con il Montebelluna, il 10 ottobre, erano stati cacciati Rosina e Canton. A Sacile, finiscono sotto la doccia Tiozzo e il solito Rosina. Ingenuità che costano caro alla truppa atestina, costretta ad arrembaggi finali spennacchiati. In ogni caso, l’Este spreca ancora troppo. Nei primi 10 minuti falliscono Mastroianni, Marcolini e Coraini, anche se, sul rasoterra del centravanti veronese, è provvidenziale il salvataggio di Craviari. La Sacilese risponde con Rigutto (13’), ma la staffilata è ordinaria amministrazione per Lorello. Il portiere ospite deve superarsi alla mezz’ora su Villanova, intenzionato a ingaggiare singolar tenzone. La formazione atestina torna a farsi vedere dalle parti di Andreatta al 33’: traversone di Maldonado, sponda di Mastroianni e botta al volo di Marcandella, a lato di un soffio. Sul finire del primo tempo, invece, è Mastroianni a far incavolare il pubblico ospite, calciando fuori a porta sguarnita. All’inizio della ripresa, ci pensa Coraini a trasformare i mugugni in applausi: il bomber infila Andreatta piazzando l’1-0 alla destra dell’estremo biancorosso. Dall’altra parte, Lorello sventa il pareggio neanche un minuto più tardi, opponendosi a Villanova. La Sacilese impatta al 70’: Guizzo apre per Villanova che a sua volta trova Bello, abile nella deviazione di testa. L’Este, al 78’, fallisce l’1-2 in modo piuttosto rocambolesco con Marcandella che parte in contropiede e improvvisa il tiro dalla distanza. Andreatta, già in uscita, capisce l’intenzione e devia in tuffo. Poi sbaglia pure Ferrara (respinta di un difensore a porta vuota), ma a far imbufalire Pagan sono le espulsioni di Tiozzo (doppia ammonzione) e Rosina (fallo di reazione). L’arbitro, a dirla tutta, mostra il rosso pure a De Martin, sponda Sacilese, per un’entrata dura su Lorello.
Ore 13.40 – (Mattino di Padova) Alla fine del match, il tecnico di casa Tossani osserva: «Un primo tempo frizzante, in cui potevamo segnare, stavamo facendo bene. Per contro un secondo tempo brutto, farcito di alcuni errori da parte nostra». Il mister del Campodarsego Toni Andreucci ritiene che «la vittoria sia meritata. C’era un rigore per noi che l’arbitro non ha fischiato. Sapevamo che c’era da lottare per tutta la partita, perché la Liventina gioca un buon calcio». In avvio di ripresa, la sostituzione di Favero per altro ammonito, viene motivata dal tecnico: «Era un po’ che giocava ed era un po’ stanco». Le tre neopromosse sono tutte davanti. Non è un caso. «No non lo è. Evidentemente abbiamo trovato tutte e tre lo spirito giusto e la spavalderia delle neo promosse».
Ore 13.30 – (Mattino di Padova) Alla fine di una battaglia lunga 94′ la spunta il Campodarsego. Avvio spumeggiante dei padroni di casa che macinano gioco e occasioni; gli ospiti cercano di chiudere tutti i varchi. Al 3′ Iacono per Vianello che ci prova, il suo diagonale finisce out. Al 6′ Cacurio mette in movimento Radrezza: Bettin blocca sicuro. La Liventina continua a pungere. Al 10′, Grandin si infila nella difesa ospite, ne ricava soltanto in calcio d’angolo. Sul rovesciamento di fronte, ci pensa Cofini a fermare Radrezza. Al 14′, Grandin mette palla in area, la difesa padovana sbroglia. Al 16′ arriva il vantaggio degli ospiti. L’area di rigore di casa, diventa un flipper. Nella confusione, fallo su Cofini non ravvisato dal direttore di gara e palla a Grasian, che infila alle spalle di Bettin. Al 17′ la Liventina fruisce di un calcio di punizione per fallo di mano. Calcia Zanetti, l’estremo Vanzato para sicuro. Poco dopo la mezz’ora fallo di Favero, che sarà ammonito, ai danni Iacono e calcio di punizione per i locali. Sul rovesciamento di fronte, fallo in area ai danni di Cacurio. L’arbitro, prima di far proseguire, su segnalazione del primo assistente, allontana dalla panca il dirigente accompagnatore Luciano Stevanato. Al 35′ gol annullato a Boem che, in fuorigioco, insacca alle spalle di Vanzato. A inizio di ripresa, Toni Andreucci lascia negli spogliatoi Favero, inserendo Arthur. Il Campodarsego sale di tono, cerca di pungere e prova a far male alla difesa di casa. Radrezza prima e Cacurio poi provano a mettere fuori gioco la difesa di casa, che chiude gli spazi e applica alla perfezione il fuorigioco. Al 19′, doppio cambio nelle file dei padroni di casa: dentro Dene e Cardin. La Liventina, prova a trovare qualche pertugio nella difesa padovana, ma non c’è verso. Anzi, al 32’ arriva il raddoppio ospite. Calcio di punizione, dal lato destro: Radrezza, ex Belluno, mette la palla nell’angolo opposto a quello di tiro. Bettin, ingannato dal sole, non scorge la sfera se non all’ultimo, quando ormai è troppo tardi. Al 35′ miracolo di Merlano, subentrato a Vanzato, che dice di no a una conclusione di Grandin.
Ore 13.10 – CASO AMIRANTE: Si è appena concluso alla Sunglass di Piazzola un summit tra il presidente Giuseppe Bergamin e l’amministratore delegato Roberto Bonetto dopo il caso Amirante, scoppiato durante Pavia- Padova di sabato sera, con il giocatore che per una dimenticanza, non era stato inserito nella lista dei 24 che potevano scendere in campo. Domani pomeriggio all’Euganeo è prevista l’assemblea dei soci che potrebbe prendere alcune decisioni clamorose. Roberto Bonetto ha rilasciato una breve dichiarazione: “Abbiamo fatto questa chiacchierata per parlare di quanto accaduto, domani alle 15 in sede ci sarà l’assemblea dei soci che è stata convocata e in questa occasione verrà presa una posizione ufficiale su quanto accaduto. Io ribadisco di avere le idee chiare sul da farsi, per me è arrivato il momento di dare una scossa al Calcio Padova”.
Ore 12.50 – (Gazzettino) Mattia Minesso è il giocatore che tutti vorrebbero avere in squadra: quando gioca non risparmia una singola goccia di sudore, quando parte dalla panchina – come succede in questo momento – non fa mai una polemica. E dev’essere dura stare fermo a guardare gli altri giocare per un giocatore che la stagione scorsa, in serie B, era uno dei punti fermi di Claudio Foscarini. Il modulo attuale, con il 4-4-2 e il “rombo” a centrocampo, lo penalizza, con Venturato che punta su elementi con caratteristiche diverse dalle sue. «Ma il tecnico ha ragione a continuare così – esordisce – perché il Cittadella sta facendo bene. Credo sia la soluzione migliore in questo momento e i risultati arrivano. Ci sarà spazio anche per me». Si vedrebbe comunque in questo modulo? «Penalizza un po’ quelle che sono le mie caratteristiche, trequartisti come Chiaretti e Sgrigna sono tagliati per quel ruolo, ma mi posso adattare a tutto». Al fianco di Litteri? «Può essere una soluzione, l’allenatore mi ha già provato in quella posizione». Finora soltanto una gara da titolare, poi sette volte è subentrato nel corso dell’incontro. «Entro in campo sempre con una grande voglia. Vorrei spaccare il mondo se potessi. Con l’Alessandria è andata meglio del solito perché ho fatto gol, ma l’impegno mio è sempre lo stesso. Mi sento importante per questi colori, per la maglia che indosso, e cerco di offrire il mio contributo quando vengo chiamato in causa». L’ha sottolineato anche Roberto Venturato: è stata la vittoria del gruppo, con gli applausi più grandi che vanno fatti proprio a quelli come lei. «Ringrazio il tecnico, so che è così. In questo momento sto giocando un po’ meno, ma sono certo che più avanti toccherà anche agli altri. È normale per una squadra costruita per vincere avere una rosa forte, di giocatori dello stesso livello, in campo purtroppo ne vanno soltanto undici. Tutti dobbiamo essere bravi a farci trovare pronti quando arriverà la chiamata del tecnico». Sabato un gol pesante, il primo della stagione, che ha regalato vittoria e primato solitario al Cittadella. «Sono contento perché la mia rete è servita per vincere uno scontro diretto per l’alta classifica». E a Minesso sono giustamente arrivati i complimenti dei compagni. «Ho ricevuto tante pacche sulle spalle, sono contenti perché reputano il gol il premio per il lavoro che faccio durante la settimana». Dopo una settimana di “purgatorio” il Cittadella ha riconquistato la vetta: un motivo di orgoglio o una responsabilità in più per voi? «Siamo orgogliosi del primato, adesso però serve continuità. Cercheremo di stazionare dove ci troviamo adesso fino alla fine della stagione». A patto di evitare scivoloni come quello di Bergamo. «Abbiamo faticato più contro le cosiddette “piccole” che non con le squadre più blasonate. Queste ultime pensano a giocare, mentre abbiamo sofferto avversari che ci pressano su ogni pallone, che riversano in campo tanta foga e agonismo. Il Cittadella deve migliorare in questo senso, imparare a gestire pure questo tipo di avversari perché ne troveremo altri così». Quella di sabato prossimo potrebbe essere una di queste: il Lumezzane. «Sulla carta sì, ma vedremo poi cosa dirà il campo. Sarà un test importante per noi, per saggiare la nostra maturità». Il gol si festeggia sempre, sabato poi era la notte di Halloween, dove ha brindato? «Niente feste, soltanto una cena con la mia fidanzata, Sofia. Tutto molto tranquillo».
Ore 12.30 – (Mattino di Padova) Stavolta il coro dei tifosi “salutate la capolista”, a fine partita, non c’è stato. Né ci sarebbe potuto essere, se non altro per ragioni scaramantiche: quando Cittadella-Alessandria è terminata, si sapeva che i granata avevano ri-sorpassato la Reggiana, bloccata sullo 0-0 dal Sudtirol, ma non ci si poteva immaginare il clamoroso tonfo del Bassano a Pordenone, un inatteso 3-0 che ha permesso a Iori e compagni di sopravanzare pure i “cugini”. E così quel “salutate la capolista”, che al Tombolato era echeggiato dopo l’1-0 sulla Giana di un paio di settimane fa, è ricomparso soltanto su facebook, nelle pagine dedicate al Citta, anche se l’impressione è che all’euforia da vetta stavolta si accompagni la saggia prudenza, fra chi scrive “nessuno si monti la testa o pensi che sia solo una passeggiata” e chi evidenzia “obiettivo raggiunto, ma dobbiamo chiudere prima certe partite”, che è poi quanto ha affermato pure Roberto Venturato nell’immediato dopo-gara, sottolineando come «la squadra sia migliorata nella capacità di concretizzare, ma debba ancora crescere sul piano del cinismo». Il tecnico granata ieri ha concesso un giorno di riposo ai suoi uomini, che si ritroveranno soltanto questo pomeriggio nel centro sportivo di via Gabrielli. Da preparare c’è la trasferta di sabato a Lumezzane, in cartellone alle 15. E sarà il primo match di una settimana densa di impegni: quattro giorni dopo, mercoledì 11, sempre alle 15, il Citta tornerà in campo per ospitare il Sudtirol nel secondo turno della Coppa Italia di Lega Pro, in gara secca. Passeranno poi appena altri tre giorni prima di rituffarsi in campionato contro il Mantova, domenica 15 alle ore 17.30, allo stadio Tombolato. È invece ancora da definire l’orario dell’attesissimo derby con il Bassano, in calendario il week end successivo.
Ore 12.10 – (Mattino di Padova) Ai tempi della Ternana gli avevano affibbiato il soprannome di “bomber pacio” per le sue esultanze “pazze” ad ogni gol. Qui a Cittadella vien voglia di chiamarlo “Re Mida”, perché quello che tocca diventa oro. Prendete la partita di sabato contro l’Alessandria, che ha permesso ai granata di riportarsi in vetta alla classifica del girone A di Lega Pro. Quanti palloni degni di tal nome sono arrivati a Gianluca Litteri nell’area piemontese? Abbastanza pochi, nonostante la superiorità nel possesso palla esibita dagli uomini di Venturato. Uno, verrebbe da dire. E lui l’ha sfruttato da vero bomber: difesa del pallone con il fisico e fendente ad incrociare dove il portiere non poteva arrivare. Oro colato. «Beh, mica del tutto vero» la replica dell’ariete granata. «Per la verità, ho avuto un’altra clamorosa occasione nel primo tempo, quando mi è stato annullato un gol per fuorigioco. E ho seri dubbi su quel fischio arbitrale, perché ero stato attento alla posizione di Morero, che mi controllava, ed ero in linea con lui quando è partita l’azione. Quella rete era da concedere». Messi i puntini sulle “i” è il caso, poi, di soffermarsi proprio sulla sua esultanza. Che, di fronte al pubblico del Tombolato, è stata tutt’altro che pazza. Dolce, piuttosto. Perché si è chiusa con l’abbraccio ad un tifoso speciale, a cui Litteri ha dedicato il suo quarto centro in campionato. «È Nicolò, ha 13 anni ed è il figlio della mia compagna Deborah. In realtà è come se fosse mio figlio, perché gli sono molto legato. Gioca nelle giovanili del Cittadella e aveva il permesso di stare a bordocampo come raccattapalle. Quando ho segnato, mi è venuto incontro e sono stato contento di trovarmelo lì». Detto del suo lato paterno, il ritratto del puntero del Citta si completa con uno sfoggio di onestà, quando gli si chiede del contrasto fra Bobb e Iunco in occasione del rigore che poteva riaprire la partita. «Diciamo che non era un fallo clamoroso, ma il rigore poteva starci perché l’intervento è stato un po’ scomposto». Infine, c’è il lato generoso. Con tanto di elogio pubblico ad un compagno che, quelle parole, se le merita davvero. «Mattia Minesso ha sempre lavorato sodo in questi mesi, rimanendo zitto e non facendo mai alcuna polemica, anche se, ultimamente, non ha giocato spesso. Sono contento che sia stato lui a decidere l’incontro». Una partita molto tattica fra due squadre attente a non scoprirsi, che, nel primo tempo, hanno regalato poche emozioni. «Ma l’atteggiamento dell’Alessandria più di tanto non ci ha stupito. Ci aspettavamo che rimanesse “bassa” e che provasse a ripartire in modo veloce. Abbiamo preparato questa sfida stando innanzitutto attenti a difenderci bene, proprio perché sapevamo che gli uomini di Gregucci sarebbero stati pronti a punirci alla minima disattenzione, soprattutto con Marras, che è un attaccante rapidissimo nel ribaltare il gioco. Alla fine l’abbiamo dominata sul piano del possesso palla, riuscendo a non concedere alcuna occasione nel primo tempo. Nella ripresa siamo passati in vantaggio, la gara si è aperta e abbiamo raccolto i frutti di quanto seminato. E, vi dirò, abbiamo realizzato il gol della vittoria soltanto al 92’, ma ho sempre avuto la sensazione che quella rete sarebbe arrivata».
Ore 11.50 – (Gazzettino, editoriale di Claudio Malagoli dal titolo “Una struttura tecnica da rimodellare”) Una sconfitta senza attenuanti sul campo, una figuraccia a livello di immagine fuori. A Pavia, proprio nel giorno di Halloween, il Padova ha vissuto la propria notte degli orrori. Il 2-0 finale sta stretto alla squadra di casa, superiore ai biancoscudati quasi in ogni fase della partita. Assolutamente impreparata la truppa di Parlato nel contrastare la partenza sprint dei pavesi, con ingenuità imbarazzanti nella fase difensiva. Ma anche dopo il doppio svantaggio la musica non è migliorata. Impalpabile il centrocampo sia nella costruzione della manovra e sia nell’azione di copertura. Quasi nullo il tasso di pericolosità della squadra sul piano offensivo, se si eccettuano un paio di accelerazioni di Petrilli e una rasoiata di Mazzocco. Sempre alle corde la retroguardia di fronte alle scorribande di Cesarini e Ferretti. Ma il peggio si è consumato con il clamoroso errore al momento del cambio tra Petrilli e Amirante, con il Padova che ha chiuso desolatamente la partita in inferiorità numerica. E non basta l’assunzione di responsabilità a fine gara da parte di De Poli per disinnescare questa brutta pagina che mina la credibilità dell’intera struttura tecnica biancoscudata. Non sappiamo se qualcuno ne pagherà direttamente le conseguenze, ma di sicuro serve un intervento deciso da parte della società per evitare altri corti circuiti così fragorosi. Vanno rimodellati ruoli, mansioni e competenze, sradicando tutto ciò che è causa di contrasti, difetti di comunicazioni e veleni.
Ore 11.40 – (Gazzettino) A livello disciplinare, il regolamento di Lega Pro parla di una sanzione di 30.000 euro “nel caso in cui una società utilizzi un giocatore non inserito nella lista depositata in Lega in una partita di campionato e tale violazione avvenga nel girone di andata”. Tutto dipende quindi dall’interpretazione che verrà data al concetto di “utilizzo”. Amirante, che nei giorni scorsi al Gazzettino aveva dichiarato che sperava di tornare a disposizione nella prossima gara con il Pordenone, è entrato in campo, ha percorso non più di tre metri e poi è tornato fuori, il tutto nell’arco di cinque secondi e a gioco fermo. Tali elementi, da un lato sono sufficienti per ritenere che il cambio sia stato effettuato, e infatti l’arbitro non ha poi permesso il rientro di Petrilli o l’ingresso di un compagno, ma al tempo stesso non è da escludere completamente l’ipotesi che il Padova, già danneggiato dal fatto di dovere chiudere in dieci, eviti la sanzione dal momento che la presenza in campo di Amirante è stata solo formale. «In questo momento – liquida il discorso l’ad Bonetto – pur trattandosi di una sanzione alta non è il mio pensiero più importante. Non ho ancora approfondito con i legali il discorso, anche se la nostra buona fede nell’episodio è chiara e lampante».
Ore 11.30 – (Gazzettino) Dalle indiscrezioni che trapelano, il più determinato a chiedere le dimissioni del diesse (che ha due anni di contratto) sarebbe l’amministratore delegato Roberto Bonetto. «Qualcuno ha sbagliato – dichiara – qualcuno si è preso delle responsabilità e questo è il primo tempo. Vedremo il secondo. Domani (oggi, ndr) ci troveremo per fare delle considerazioni. Io ho le idee chiare, ma non sono il proprietario del Padova e non ho ancora condiviso con gli altri soci il mio pensiero, a parte uno sfogo personale fine gara». «Queste cose – aggiunge – tra i professionisti non devono succedere. Sono rimasto allucinato e al di là del risultato, che in undici si poteva riagguantare dato che il Pavia era in calo, scoccia dal mio ruolo avere fatto fare una brutta figura alla città e ai tifosi per cui è giusto che ci diano dei dilettanti». Così sulla vicenda: «Amirante non era in lista per tenere aperta una finestra qualora non avesse recuperato, ma l’accordo preso anche con il ragazzo era che un minuto dopo l’ok dei medici sarebbe stato inserito. La scorsa settimana, per restare al capezzale di mia madre (scomparsa giovedì, ndr) sono stato poco in sede, ma pensavo, vedendolo in panchina, che la cosa fosse stata risolta». Non c’è stato allora un problema di comunicazione interno? «Sì, qualcuno non ha comunicato, ma non so perché. Le porte degli uffici sono sempre aperte e tutti si parlano con il sorriso».
Ore 11.20 – (Gazzettino) Il giorno dopo la sconfitta a Pavia l’attenzione generale, più che sul verdetto del campo, è inevitabilmente concentrata su quel cambio “abortito” a metà ripresa di Amirante che, non essendo ancora stato inserito nella lista dei 24 giocatori depositata in Lega (c’è ancora un posto libero) sabato non poteva giocare. Oltre alla brutta figura, conseguenza di quell’errore è stata la chiusura della gara in dieci. Perché allora quel cambio? Chi doveva evitarlo prima che l’attaccante entrasse in campo? Oltre che sui perché, resta l’incognita su quello che succederà nelle prossime ore in cui i soci biancoscudati si ritroveranno per valutare la situazione e prendere eventuali provvedimenti, non necessariamente con identità di vedute su tale fronte. Proprio per la delicatezza del momento, il direttore sportivo Fabrizio De Poli, che nell’immediato dopo gara si è preso ogni responsabilità dell’accaduto, preferisce non andare oltre: «Non ho null’altro da dire e rimango alle parole di sabato sera».
Ore 11.10 – (Gazzettino) Un precedente di simile tenore, sia pure con circostanze e regolamenti diversi è costato al Padova la retrocessione in C2 sedici anni fa. Era sabato 3 aprile 1999, vigilia di Pasqua e la squadra sconfisse sul campo per 2-0, con reti di Barone e Saurini, il Varese, diretta concorrente nella lotta per evitare i play out salvezza. Quell’anno era in vigore una regola che prevedeva l’obbligo di utilizzo in partita di un giocatore under 21 e contro i lombardi l’allora tecnico Aldo Fedele ne schierò addirittura due, dando spazio e De Zerbi, sostituito da Nicoli al 32′ della ripresa e Barone. A tre minuti dalla fine la sciagurata decisione di sostituire quest’ultimo con il fuori quota Landonio. Se ne accorse dalla tribuna il segretario Giovanni Gardini che però non fece in tempo a evitare il cambio e così il Varese vinse 2-0 a tavolino. Quell’errore costò in pratica al Padova sette punti: i tre conquistati sul campo revocati, i tre concessi al Varese che così finì a pari merito con i biancoscudati, ma con il vantaggio negli scontri diretti dopo il pareggio dell’andata. Il Padova fu costretto ai play out, poi persi con il Lecco.
Ore 10.50 – (Mattino di Padova, editoriale di Stefano Edel dal titolo “Quando la serenità pesa, eccome!”) Ci risiamo. Le due facce della medaglia del calcio di casa nostra ci mostrano un’immagine lucente da un lato ed è quella del Cittadella, ed un’altra torbida ed ingrigita, quella del Padova. […] Serenità, appunto. Una condizione emotiva che in questo momento non appartiene al Padova, inteso in senso lato. Deludente, purtroppo, la prestazione degli uomini di Parlato al cospetto di un gran bel Pavia, non a caso issatosi al secondo posto, ma appesantita dall’incredibile errore di inserire fra i panchinari, quindi ipoteticamente disponibile per entrare in campo in qualsiasi momento, un giocatore – Amirante – che di fatto lì c’entrava come i cavoli a merenda, non essendo stato ufficializzato come effettivo per il campionato. Premesso che chi fa sbaglia, e solo chi non fa non commette errori, l’aspetto spiacevole delle ore successive alla serata da incubo vissuta allo stadio lombardo è che si è scatenata una caccia al colpevole che non sappiamo sinceramente dove porterà i dirigenti biancoscudati. Il rischio di una clamorosa “rottura” fra i due soci storici del nuovo corso, Giuseppe Bergamin e Roberto Bonetto, è un’ipotesi da non scartare. Dal “ci eravamo tanto uniti” del luglio 2014, quando insieme si lanciarono in un’avventura suggestiva ma anche tanto impegnativa, all’attuale “ci stiamo tanto… sopportando” il passaggio è stato sorprendentemente veloce. Appena (ri)approdato al professionismo, da cui era stato estromesso grazie alla fallimentare gestione Penocchio-Cestaro, il Padova vede materializzarsi fantasmi che ritenevamo dissolti definitivamente, primo fra tutti quello di sovrapposizioni di ruoli e di interferenze interne fra i vari soggetti coinvolti nella vita del club che da sempre è considerato uno dei mali peggiori del calcio. Servono trasparenza e chiarezza, una professionalità adeguata alla categoria in cui si è approdati ed una cura maggiore dei particolari: si paghi pure il necessario pedaggio all’adattamento alla nuova realtà calcistica, ma si evitino cadute di stile, e di immagine, così pacchiane. Sembra davvero che capitino solo a Padova certe cose. Per il bene di tutti, sarà il caso di riflettere e ponderare bene il futuro. Non c’è bisogno di altri guai, dopo tutti quelli del lontano e recente passato.
Ore 10.40 – (Mattino di Padova) Ci sarebbero state discussioni e opinioni opposte fra De Poli e i Bonetto riguardo ai giocatori da prendere e questo avrebbe contribuito ad incrinare il rapporto di fiducia fra le due parti. Bergamin, invece, avrebbe difeso il lavoro del ds di fronte al socio, sulla base dei risultati ottenuti in Serie D. Insomma, il clima sarebbe diventato pesante, e proprio la famosa lista dei 24 avrebbe contribuito ad alimentarlo ulteriormente. Una lista – si badi bene – mai resa nota ufficialmente dalla società, come se ci fossero dei segreti che poi non si sono rivelati tali. Vedremo oggi cosa succederà (e in serata, sia su Telenuovo, alle 21.10, che su Tv7 Triveneta, alle 21, ci saranno trasmissioni appositamente dedicate al momento in casa biancoscudata). Di una cosa, però, siamo certi: questo Padova non ha bisogno di frantumarsi su se stesso a distanza di poco più di un anno e tre mesi dalla fondazione. Che ci si scontri pure fra soci, che si litighi quanto si vuole, ma dal confronto deve uscire alla fine una strategìa unica e concorde, altrimenti quanto è stato fatto si rivelerà totalmente inutile.
Ore 10.30 – (Mattino di Padova) Bergamin non sarebbe propenso a seguire Bonetto sulla strada dell’epurazione. Lo avrebbero sentito dire, l’altra sera: «Siamo tutti colpevoli, nessuno si è ricordato evidentemente, perché lo sapevamo tutti di Amirante». Dunque, oltre alla proprietà, ne erano a conoscenza, insieme a De Poli e Pagliani, il team manager Giancarlo Pontin, il dirigente accompagnatore Pierino D’Ambrosio, l’addetto alla comunicazione Massimo Candotti, più ovviamente lo stesso Parlato e i suoi collaboratori. La domanda è la stessa che si fanno in queste ore le migliaia di tifosi che seguono il Padova: possibile che nessuno sapesse che il 24º posto della lista era ancora vuoto e che non si fosse provveduto a riempirlo almeno nelle 24 ore precedenti la partita? Una cosa è certa: De Poli non ha alcuna intenzione di piegarsi al diktat di Bonetto, forte anche di un contratto biennale sottoscritto a giugno, e che scadrà solo nel 2017. I rapporti societari. L’episodio, gravissimo e sconcertante per un club professionistico, è rivelatore di rapporti non più sereni all’interno della compagine azionaria e nella stessa società. Qui non c’entrano nè i tifosi, nè i giornalisti nè fattori esterni: i problemi del Padova, di comunicazione (fra le varie componenti) e di organizzazione, sono nati dentro il Padova, nel momento in cui, fra giugno e luglio, bisognava allestire la squadra per la Lega Pro.
Ore 10.20 – (Mattino di Padova) Il viaggio di ritorno in pullman è filato via tranquillo, ma in un autogrill sull’A/21 fra Cremona e Brescia la squadra si è fermata per una sosta e lì l’abbiamo raggiunta. Bocche cucite fra i giocatori sull’argomento, solo Parlato ha detto poche parole per ribadire di essere stato più che mai «convinto che fosse tutto a posto per Amirante». La squadra è rientrata in città dopo le 3 e godrà di riposo sino a domani, quando tornerà ad allenarsi alla Guizza. Richiesta di incontro. A questo punto si passa a ieri. Il tam tam mediatico rimbalza attraverso le tv e il web, ma nessuno dei personaggi coinvolti interviene. È una domenica di riflessione, al centro della quale, nel pomeriggio, s’inserisce una telefonata molto importante fra lo stesso Roberto Bonetto e patron Giuseppe Bergamin. «Bepi, ci dobbiamo vedere», questo il succo della comunicazione fatta dall’a.d.. E l’incontro ci sarà, probabilmente stamattina, non si sa in sede, se alla Thema di Piazzola (dove opera Bonetto) oppure alla Sunglass di Villafranca, l’azienda del presidente. Un faccia a faccia tra i due, senza gli altri tre soci (Poliero, Salot e Tosetto), nel corso del quale si capirà quali saranno le intenzioni dell’a.d.: se davvero darà le dimissioni (dalla carica, non – sembra – da azionista), se chiederà, com’è probabile, che De Poli sia messo alla porta, se e come verrà presa una posizione unitaria, a livello di proprietà, di fronte alla “figuraccia” di cui ci si è macchiati.
Ore 10.10 – (Mattino di Padova) Dunque, per tornare a De Poli e a quanto è accaduto allo stadio “Fortunati”, il diesse, in qualità di responsabile dello staff tecnico, è chiamato a rispondere di una “dimenticanza” (per restare alle sue parole) che sta pesando moltissimo sull’immagine del club, oltre a procurare un pesante danno economico (come spieghiamo a parte, in base al regolamento). Quella che vi proponiamo adesso è una cronaca, il più possibile dettagliata, di quanto è successo da quando Cunico & C. sono rientrati nello spogliatoio, a fine gara, sino a ieri sera e che potrebbe portare oggi a decisioni clamorose. La rabbia di Bonetto. Nello stanzone occupato dai biancoscudati l’a.d. è entrato scurissimo in volto, insieme al figlio Edoardo, vice-presidente, e davanti a tutta la squadra, ai tecnici e agli accompagnatori, oltre che al presidente Giuseppe Bergamin, ha urlato: «O mi dimetto io o la fa qualcun altro», senza peraltro aggiungere alcun nome. Ma il bersaglio della sua ira, nel silenzio assoluto, era palese: De Poli. Colpevole di non aver fatto quello per cui è pagato, compreso il completamento di una lista ancora monca. Nessuno ha fiatato, ma alla delusione e all’amarezza per una sconfitta netta e incontestabile il gruppo di Parlato ha dovuto aggiungere la palese sconfessione, da parte di uno dei due soci storici del nuovo Padova, del “direttore”. Al quale si aggiungerebbe anche il segretario di viale Rocco, Fabio Pagliani, che, accortosi di quel cambio irregolare, si era precipitato giù dalle scale della tribuna sino a raggiungere la ringhiera che separa gli spalti dal campo e aveva urlato alla panchina: «Non è in lista, non è in lista».
Ore 10.00 – (Mattino di Padova) Fabrizio De Poli è un uomo distrutto. Ieri mattina è salito in auto con la moglie e ha puntato su Caorle, per vivere una domenica solo di apparente relax. Il Padova è nella bufera, e più di tutti lo è lui, il direttore sportivo che dopo il “fattaccio” di Pavia ci ha messo la faccia e si è assunto la responsabilità del clamoroso errore relativo ad Amirante: non aver inserito il nome del 31enne attaccante genovese nella lista dei 24 giocatori consegnata agli uffici della Lega Pro di Firenze, e che fa fede per il loro impiego sin qui in campionato. Quando, al 27’ della ripresa di una partita segnata purtroppo in negativo per i biancoscudati, l’allenatore Parlato ha deciso di ricorrere a “Savio”, seduto in panchina con il numero 21, per sostituire Nicola Petrilli, tutti credevamo che quel nome fosse stato comunicato, come da regolamento, in giornata alla stessa Lega Pro, sanando così un vuoto tuttora esistente: perché ci sono 23 giocatori ufficialmente tesserati per il Calcio Padova, ma ne manca uno. Amirante appunto, che, regolarmente sotto contratto con la società di viale Rocco, non può tuttavia essere utilizzato, pena la squalifica dello stesso e la sconfitta a tavolino per la squadra, sino a quando non entrerà ufficialmente nell’elenco.
Ore 09.50 – (Mattino di Padova) “Nel caso in cui una società sportiva utilizzi un giocatore non inserito nella LISTA depositata in Lega”, si legge al punto 4 del regolamento diramato il 15 settembre, “e tale violazione avvenga nel girone di andata, la sanzione sarà di 30.000,00 euro”. Un passaggio ambiguo, che nell’accezione del termine “utilizzare” non chiarisce se la semplice presenza in panchina di “Savio” fosse già di per sé irregolare. Di certo l’ingresso in campo lo è stato, e la multa sarà scontata e pesante: 30 mila euro, a conti fatti, rappresentano più dell’ingaggio netto annuo di alcuni giocatori presenti in rosa. Ciò che potrebbe accadere, però, è che persino il giocatore stesso, o il dirigente che ha firmato la distinta ufficiale, debbano rispondere di fronte agli organi di giustizia sportiva del fattaccio. “In caso di mancata osservanza delle disposizioni di cui al “Regolamento Rose””, precisa infatti lo stesso documento, “la Lega Pro provvederà a segnalare la violazione alla Procura Federale per le determinazioni di competenza”. Il rischio di una squalifica o di un’ammenda è concreto, ma servirà parecchio tempo per avere una certezza.
Ore 09.40 – (Mattino di Padova) Trentamila euro di multa quasi scontati e un grosso punto interrogativo sulle possibili sanzioni individuali ai tesserati. L’errore madornale compiuto a Pavia, con l’ingresso in campo di Amirante, costerà carissimo al Padova. Come noto, le liste consegnate a Firenze il 21 settembre devono contenere massimo 24 nomi di giocatori, ma c’è la possibilità di inserirne altri in corso d’opera qualora alcuni posti siano rimasti vacanti. Il Padova, che aveva inoltrato il suo elenco inserendone 23 ed escludendo Amirante e Gorzelewski, avrebbe potuto evitare ogni problema semplicemente inviando una mail alla Lega Pro almeno 24 ore prima della partita e inserendo Amirante come ventiquattresimo suo giocatore. Non averlo fatto, inserendo il nome dell’attaccante prima nella distinta ufficiale di gara, e poi – peggio ancora – facendogli superare, sia pure per pochi secondi, la linea che delimita il terreno di gioco al momento della sostituzione con Petrilli, costerà carissimo al club biancoscudato.
Ore 09.30 – (Mattino di Padova) Le colpe da dividere. Mentre molti si sono schierati contro il direttore sportivo, chiedendone le dimissioni, altri hanno voluto analizzare la questione su un quadro più ampio. «Chiunque lavorando può sbagliare, l’importante è riconoscerlo, assumersene le responsabilità e porvi rimedio», ha scritto Massimo. «De Poli unico responsabile? Ma non scherziamo!», l’opinione di Barbara. «Va bene la riconoscenza per questa dirigenza, ma qui si devono dare tutti una svegliata». Amaro il commento di Enrico: «Secondo me stiamo ancora pagando il salto di categoria, sono un po’ tutti in confusione». «Apprezzo che ci abbia messo la faccia e sono disposto ad andare oltre», la conclusione di Corrado, «ma assolutamente non si deve più ripetere». L’occhio dietro le quinte. Ma ci sono stati alcuni che hanno paventato, nel ventaglio delle possibili ipotesi, anche la possibilità che il rapporto tra il ds e la proprietà possa non essere roseo. «Tutti pronti a buttare la croce addosso ad una persona come De Poli per un errore», l’opinione di Alberto, «ma se si ha stima di una persona si può anche soprassedere». Un dubbio portato avanti anche da Sauz: «Se venisse cacciato De Poli per questa svista, vorrebbe dire che la fiducia nell’uomo è pari allo zero. Bonetto fa bene ad inc… si perché deve scucire 30 mila euro, ma il danno resta lì ed è esclusivamente economico».
Ore 09.20 – (Mattino di Padova) Una selva di opinioni e di ipotesi, quasi tutte mirate su un solo bersaglio. Nelle ore successive al “fattaccio” della notte di Pavia, il popolo biancoscudato si è scatenato: la sostituzione Petrilli-Amirante è diventata l’argomento di discussione nei bar, sui social e sui blog. L’errore, per quanto grave possa essere stato, di per sé non basta però a scatenare l’incredulità di una piazza intera. Quel che è peggio è che quanto avvenuto sabato sera non è un episodio isolato nella storia biancoscudata: l’immagine della sciagurata sostituzione compiuta da Fedele contro il Varese (di cui riferiamo sotto), costata la retrocessione in Serie C/2, è tornata prepotentemente, ed inevitabilmente, a farsi strada nei paragoni dei tifosi. Le colpe del comando. In tanti, semplicemente scorrendo i commenti dei tifosi sui social network, si sono schierati chiedendo a Fabrizio De Poli un passo indietro. «Abbiamo fatto la figura dei dilettanti», ha scritto Marco. «Ne abbiamo già fatte un sacco in passato di figuracce: un professionista navigato non può cadere in questi errori». Seguito a ruota da Antonio: «Il fatto che vada davanti ai microfoni a metterci la faccia è il minimo, anche se probabilmente altri al suo posto non lo avrebbero fatto. Resta un errore di una gravità inaudita tra i professionisti». Lapidario, ma ragionato, il commento di “Nanan” su un blog: «Purtroppo non è stato un caso isolato», ha scritto. «La vicenda Gorzelewski una barzelletta uguale, così come lo scorso anno quella della punta del Rimini (Cesca, che venne ad allenarsi prima che qualcuno si accorgesse che non poteva essere tesserato, ndr). Francamente non ci sono giustificazioni, e anche le scuse proferite nel post partita non fanno che aggravare e svelare la scarsa professionalità e l’inadeguatezza di alcune figure all’interno della struttura».
Ore 09.10 – (Mattino di Padova) Ma a tre minuti dal 90’ ecco il fattaccio. In base al regolamento della Serie C dell’epoca, ogni squadra doveva avere in campo per tutta la gara almeno un giocatore under 21. Ma Adriano Fedele e il suo staff incredibilmente se lo dimenticarono quando l’allenatore sostituì il giovane Barone con il più anziano Landonio. Il Padova così si ritrovò senza “under” in campo, tra lo sconcerto generale. Il ds Di Marzio e il dg Gardini provarono, dalla tribuna, a raggiungere immediatamente il campo per bloccare il cambio (proprio come successo sabato a Pavia), ma in questo caso giocò un ruolo decisivo anche la distanza degli spalti dell’Euganeo dal terreno di gioco. «Non mi è ancora chiaro che cosa spinse il tecnico a compiere quella sostituzione», raccontò Di Marzio dieci anni dopo agli autori del libro “Biancoscudo”, «pur conoscendo egli perfettamente il regolamento vigente. Ancora mi chiedo se dietro a quell’azione da parte di Fedele ci fosse magari qualche ripicca o qualche divergenza di vedute con altri dirigenti». Risultato? Il Padova perse 2-0 a tavolino e, nonostante tre vittorie consecutive nelle ultime tre gare, a fine campionato arrivò quint’ultimo a pari punti proprio con il Varese. La classifica avulsa (che ovviamente sarebbe stata opposta se nello scontro diretto fosse valso il risultato maturato sul campo) costrinse i biancoscudati ad affrontare i playout contro il Lecco. Playout persicon conseguente retrocessione nell’abisso della C/2.
Ore 09.00 – (Mattino di Padova) L’incredibile errore tecnico dello staff biancoscudato a Pavia, già ribattezzato “caso Amirante”, ha subito riportato alla mente di tanti tifosi quanto successo allo stadio Euganeo contro il Varese il 3 aprile 1999 (anche allora era terza serie). Un altro clamoroso svarione tecnico e regolamentare che in quell’occasione non costò al Padova soltanto una figuraccia a livello nazionale e una multa. Il prezzo pagato dai biancoscudati fu molto, molto più caro: la terza retrocessione in quattro anni, questa decisa ai playout, con la squadra che precipitò in Serie C/2. All’epoca si era nel pieno della gestione Viganò, il presidente brianzolo che aveva rilevato la società in Serie A nella primavera del 1996, trascinandolo in C/1 nell’arco di due anni e mezzo. Ma anche in quella categoria le cose non andarono affatto bene. I biancoscudati, nel giro di dodici giornate, cambiarono tre allenatori (da Colautti a Fedele, con l’intermezzo di Ottoni), e a gennaio salutarono anche Piero Aggradi, che lasciò il posto di direttore sportivo a Gianni Di Marzio. La squadra navigò sempre in acque di bassa classifica, ma il 3 aprile ebbe l’occasione di risollevarsi nello scontro diretto all’Euganeo con il Varese. La partita si mise subito bene, il Padova andò sul 2-0 con Barone e Saurini e sembrò ad un passo dalla vittoria della svolta.
Ore 08.40 – Lega Pro girone A, il prossimo turno (decima giornata, 7/8/9 novembre): Sabato 7, ore 15.00 Giana Erminio-SudTirol, Lumezzane-Cittadella; Sabato 7, ore 17.30 Alessandria-Pro Patria, Renate-Pavia; Sabato 7, ore 20.30 Bassano-Mantova; Domenica 8, ore 15.00 Padova-Pordenone, Pro Piacenza-Cremonese; Domenica 8, ore 17.30 AlbinoLeffe-FeralpiSalò; Lunedì 9, ore 20.00 Reggiana-Cuneo.
Ore 08.30 – Lega Pro girone A, la classifica aggiornata: Cittadella 20, Pavia e Reggiana 19, Bassano 18, Alessandria e Pordenone 14, Cremonese e Giana Erminio 13, FeralpiSalò, Lumezzane, Padova e SudTirol 12, Cuneo e Pro Piacenza 10, Mantova 8, AlbinoLeffe e Renate 7, Pro Patria 0.
Ore 08.20 – Lega Pro girone A, i risultati della nona giornata: SudTirol-Reggiana 0-0, Cittadella-Alessandria 2-1 (Litteri (Ci) al 8′ st, Bocalon (Al) su rigore al 26′ st, Minesso (Ci) al 48′ st), FeralpiSalò-Renate 2-4 (Di Gennaro (Re) al 21′ pt, Valotti (Re) al 30′ pt, Ekuban (Re) al 41′ pt, Bracaletti (Fs) al 43′ pt, Valotti (Re) al 44′ pt, Bracaletti (Fs) al 5′ st), Mantova-Giana Erminio 1-2 (Bruno (Ge) su rigore al 2′ pt, Solero (Ge) al 46′ pt, Di SantAntonio (Mn) al 4′ st), Cremonese-Lumezzane 2-1 (Brighenti (Cr) al 20′ pt e al 6′ st, Monticone (Lu) al 23′ st), Pavia-Padova 2-0 (Cesarini (Pv) al 6′ pt, Bellazzini (Pv) su rigore al 23′ pt), Pordenone-Bassano 3-0 (De Cenco (Pn) al 3′ pt e al 2′ st, De Cenco (Pn) al 37′ st), Cuneo-AlbinoLeffe 2-2 (Girardi (Al) al 18′ pt, Gorzegno (Cu) al 40′ pt, Rinaldi (Cu) al 10′ st, Kanis (Al) al 21′ st), Pro Patria-Pro Piacenza 0-1 (Rantier (Pc) al 12′ st).
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E’ successo, 1 novembre: umore nero in seno al Calcio Padova per la sconfitta col Pavia ed il caso-Amirante.