Gli intrecci tra Padova e Pavia sono tanti, come tanti sono i ricordi e i volti del passato che s’incroceranno di nuovo allo stadio “Fortunati”. E con essi pure le loro storie: Giovanni La Camera, oggi 31enne, dopo la parentesi alla Juve Stabia quest’anno veste la maglia dei lombardi e sabato sera si ritroverà davanti il Biancoscudo. Ed è strana la sensazione che cova nell’animo il centrocampista siciliano. Da un lato c’è una grande riconoscenza nei confronti del Padova e della piazza veneta: era stato proprio all’ombra del Santo, nove anni fa, che La Camera aveva mosso i primi passi in una squadra professionistica. Ed è stato proprio lì, dopo un lungo viaggio per lo Stivale (Cittadella compresa), che era tornato nel gennaio 2014, fortemente voluto da Marco Valentini. Quel che è avvenuto nei mesi successivi è storia indelebile, per i tifosi biancoscudati come pure per coloro che quell’esperienza l’hanno vissuta sulla propria pelle. La brutta sensazione che il mediano del Pavia si porta nel cuore è che quei tifosi che aveva sempre ammirato, fino a giocare per loro due anni fa, non saranno clementi con lui in questa occasione.
«Perché è normale che sia così», confessa La Camera a pochi giorni dalla sfida. «Credo che, dopo una retrocessione, la gente giustamente si ricordi solo degli aspetti peggiori del campionato. Non ci si può fare niente». Ciò che forse non sa è che, oltre a non essere finito in prima persona, in quella maledetta stagione, sul podio degli imputati (occupato, per esempio, dai vari Moretti, Pasquato, Vantaggiato ecc.), quanto è avvenuto il successivo 15 luglio ha inevitabilmente trasferito l’intera rabbia della tifoseria verso ben altri personaggi. «Io spero solo di aver lasciato un bel ricordo in chi mi ha conosciuto. Sapete bene quanto io tenga alla maglia del Padova, ho dato tutto me stesso ogni singolo giorno e sarei rimasto pure in Lega Pro, se non fosse successo quello che è successo. È stata un’annata per tanti aspetti maledetta, ma per me quella con il Padova rimarrà sempre una partita speciale». E a starlo a sentire, si percepisce davvero l’emozione: «Resto più che mai convinto che quella stagione sarebbe potuta finire diversamente: ci sono state tante situazioni strane, ma non mi sono mai spiegato del tutto cosa ci abbia fatto retrocedere, visti i giocatori che avevamo in rosa».
«Ricordo, però, il mio primo giorno nello spogliatoio: sentivo di essere arrivato davvero in una grande squadra, ero emozionato, la prima all’Euganeo con il Novara fu una bellissima emozione. Anche se ero stato accolto in maniera un po’ timida, visto che arrivavo da Cittadella, mentre molti miei compagni avevano giocato per anni in Serie A, ho trovato il mio spazio e ho cercato di dare il mio contributo. È bello sapere che il Padova è tornato subito dove merita». Sabato, alle 20.30, con il suo Pavia cercherà di rifarsi dopo l’amaro pareggio di Gorgonzola: «Ci è rimasto un po’ sullo stomaco quel rigore dubbio al 90’ che ci è costato la vittoria», spiega, «ma siamo una squadra importante, e lottiamo per un grande obiettivo. Non so cosa debba temere il Padova, ma so che, se siamo in giornata, sappiamo essere un’ottima squadra». Con una particolarità unica nel suo genere: il Pavia è infatti l’unica formazione italiana in mano ad una proprietà cinese: «Una società che fa le cose sul serio: hanno costruito un collettivo importante, adesso sta a noi raggiungere l’obiettivo che ci viene richiesto».