Lo scatto dalla linea di centrocampo, l’accelerazione bruciante tra due difensori, il dribbling sul portiere e poi quel destro da “biliardo”, che accarezza il palo lungo e finisce in rete, facendo esplodere l’Euganeo. Nemmeno sognandolo, Nicola Petrilli avrebbe potuto pensare di far davvero un gol come il primo dei due messi a segno sabato, quello che ha tagliato le gambe al Mantova e che, per com’è stato realizzato, ha fatto strabuzzare gli occhi agli oltre 4.000 spettatori che hanno avuto la fortuna di vederlo dal vivo. L’ultima volta che Padova aveva ammirato una prodezza del genere era stata quattro anni e mezzo fa, e lo scenario non era nemmeno l’Euganeo ma il “Castellani” di Empoli: la partenza da centrocampo, lo scatto bruciante verso l’area a metter fuori causa ogni rimonta dei difensori lungo la fascia sinistra, l’arrivo davanti al portiere e il destro di precisione sul secondo palo. L’autore? Stephan El Shaarawy, mica uno qualunque, che il portiere dell’Empoli nemmeno l’aveva scartato prima di segnare.
«Ah, quindi mi state dicendo che anch’io l’anno prossimo vado al Milan?», sorride Petrilli, il giorno dopo. «Scherzi a parte, la prima rete di sabato è stata una di quelle che capitano una volta nella vita, difficili anche solo da pensare. È proprio l’idea “adesso parto e vado in porta” che spesso proprio non arriva, visto che il rischio è di sembrare egoista o di commettere una figuraccia. È stato un bellissimo fine settimana, lo ammetto: prima di capacitarmene, quel gol l’ho rivisto almeno 3-4 volte». Qual è stato il gesto più difficile? «Certamente la conclusione, posso assicurare che la visuale della porta era quasi zero e potevo solo cercare il secondo palo. Le gambe, nonostante 50 metri a tutto gas, mi tenevano benissimo: non so cosa mi abbia spinto in quella corsa infinita, avrei avuto forza anche se il campo fosse stato ancora più lungo». La panchina iniziale, forse? «E chi lo sa! Di certo è bellissimo mettere il mister in difficoltà in questo modo». Come ha festeggiato la doppietta sabato sera? «In realtà non ho proprio festeggiato, sono andato a bere qualcosa in centro con Savio (Amirante, ndr) e un suo amico giunto da Genova. Le feste me le hanno fatte i padovani che mi hanno incrociato, tutti a complimentarsi e a chiedermi come avessi fatto a segnare un gol del genere».
E ieri mattina com’è stato il risveglio? «Forse per la prima volta da quando sono qui mi sono sentito davvero “il” protagonista di una partita. Essere sui giornali, con i titoloni e tanto di foto, mi ha fatto sentire importante ed orgoglioso. E non è finita lì, per tutta la giornata mi avranno fatto interviste almeno quattro giornalisti diversi. E poi in tantissimi mi hanno scritto per complimentarsi.Qualcuno non me l’aspettavo, sono sincero. Mi ha scritto Elio Gustinetti, il mio allenatore quand’ero a Crotone, oppure Schincaglia, il mister nelle giovanili della Juventus». Grande la gioia, ma qualche sassolino dalle scarpe se lo toglie? «Nelle ultime settimane ho letto alcuni messaggi di tifosi che ci definivano “mercenari” o “scarsi”, o altri dire: “Sapevo che facevamo ’sta fine”. Beh, sono cose che fanno pensare molto, anche se rappresentano una minoranza della tifoseria biancoscudata. Dimostrare il contrario con i fatti è la risposta migliore».
(Fonte: Mattino di Padova, Francesco Cocchiglia)
—
«Quante volte ho rivisto i miei gol? Abbastanza, sto esaurendo i giga del mio telefonino». Nicola Petrilli si gode una giornata che resterà impressa nella sua mente, grazie a una doppietta di ottima fattura che sabato ha permesso al Padova di chiudere i conti ai danni del Mantova. «Rivedendo le immagini del primo gol – racconta l’esterno torinese – mi sono accorto di avere fatto una bella cosa che non capita tutti i giorni. Se la riprovassi, non credo mi riuscirebbe ancora». E allora ricordiamo con le sue parole quello scatto da centometrista finalizzato con un tocco da bigliardo a superare l’estremo avversario: «Mi ero riscaldato poco e non avevo ancora rotto il fiato. La prima intenzione, con due uomini addosso, era quella di spostare avanti la palla per evitare che la intercettassero; poi, visto che avevo campo, ho iniziato a correre, ma pensando che mi potessero raggiungere, mi sono posto il quesito se accelerare o fermarmi e indietreggiare e fortunatamente ho scelto la prima soluzione. Poi è venuta la cosa più difficile».
Ovvero l’esecuzione: «Per evitare il portiere, ho spostato la palla e mi sono allargato per cui lo specchio della porta era strettissimo. Ho calciato e sono caduto in modo strano, capendo di avere segnato solo quando la rete si è mossa». Nella sua personale “hit parade” dei gol più belli quello di sabato che posizione occupa? «Si gioca il primo posto con quello dell’anno scorso a Trieste, ma non cancello l’1-1 a Legnago dove anche mi trovavo in posizione defilata dopo uno scatto, quella volta però a sinistra». Seppure con la deviazione di un giocatore, non è stata da meno la sua seconda rete, con un tiro dal limite all’incrocio dei pali: «Ho intercettato palla più o meno nella stessa zona, pensavo arrivasse da dietro qualche compagno, ma non vedevo movimenti e allora ho provato a inventare qualcosa».
E poi la meritata festa. «Nulla di particolare – replica – sono uscito con Savio Amirante per un giro in città e in qualche locale. Più che altro abbiamo liberato un po’ la testa dopo settimane in cui non eravamo più usciti. Non ce la sentivamo, visti i risultati, in quanto non ci sembrava rispettoso nei confronti della gente che ci segue». E i complimenti non sono mancati. «Qualcuno è venuto a farmeli, altri mi indicavano agli amici. Tra le tante telefonate e messaggi, invece, uno mi ha fatto particolarmente piacere ed è arrivato da Elio Gustinetti, l’allenatore che a Crotone, mi ha fatto crescere come uomo e dato tanta fiducia, facendomi giocare in B una ventina di gare a diciotto anni». E ora di anni ne ha ventotto: «Come dicevo tempo fa, questa per me è una stagione molto importante, forse l’ultima a disposizione per un salto di categoria, prima che le attenzioni virino su altri. Non mi sento vecchio, ma il sistema calcio funziona così».
L’inizio fa ben sperare, anche perché tre gol in Lega Pro li aveva segnati solo con la Nocerina, ma non dopo nove gare: «La strada è quella giusta, non devo fermarmi e il futuro è nelle mie mani. Ho il contratto in scadenza e sta a me dimostrare che merito la conferma o una categoria più alta». Per il Padova dopo un punto in tre gare, un successo pesante. «La sensazione era che in campo non ci divertissimo: pochi movimenti, poca costruzione e penso che con un avversario diverso dal Renate due domeniche fa sarebbe arrivato un altro ko. Con il Mantova, invece, da fuori percepivo già dai primi minuti una sensazione diversa, con tanta fame, cattiveria e i compagni che arrivavano per primi sulla palla. Noi siamo quelli di sabato e, per blasone e importanza della piazza, dobbiamo pensare in grande e non accontentarci di un torneo da provinciale che deve salvarsi». Sabato sera una controprova importante: il Pavia. «Un avversario attrezzato per vincere, serve la migliore squadra, ma affronteremo la settimana con maggiore serenità e consapevolezza. In fondo noi siamo il Padova e loro non sono il Real».
(Fonte: Gazzettino, Andrea Miola)