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Ore 21.40 – (Il Piccolo) Ci sono pareggi e pareggi. Quello ottenuto ieri dall’Unione Triestina 2012 a Belluno, è di quelli pesanti, perché ottenuto in inferiorità numerica sul campo di una delle squadre meglio attrezzate del torneo. E lo conferma anche un soddisfatto Stefano Lotti: «Alla fine è arrivato un punto di quelli che contano. La stavamo perdendo e quando siamo rimasti in dieci, poteva venir fuori una brutta batosta. Invece l’abbiamo recuperata e alla fine addirittura abbiamo rischiato di vincerla. Ancora una volta questa squadra ha dimostrato di avere un grande carattere, che viene fuori proprio nei momenti difficili, una squadra che non molla davvero niente. Si tratta di un gruppo fantastico». Lotti racconta di una partita iniziata bene, ma anche di grossa sofferenza quando il Belluno ha fatto vedere le proprie qualità. Proprio per questo, il fatto di averla raddrizzata una volta rimasti in dieci, assume un’importanza ancora maggiore: «Peccato non riuscire a esprimerci nel modo migliore fin dall’inizio – dice il tecnico – anche se in realtà avevamo cominciato bene, con una ventina di minuti buoni e trovando il vantaggio. Dopo però siamo un po’ calati, è uscito fuori il Belluno che è davvero una bella squadra». Per quello il tecnico dell’Unione se l’è vista brutta una volta sotto e in inferiorità numerica, anche se l’espulsione di Crosato non gli è andata giù: «Ho già dei dubbi sul primo giallo, ma soprattutto sul secondo perché l’azione si è svolta davanti a me. I due stavano correndo spalla a spalla, non so nemmeno se era fallo, ma certamente l’ammonizione non ci stava proprio». Ma poi la Triestina ha dimostrato il suo volto migliore: «Ho spostato Migliorini in basso a destra, ho inserito Baggio e Giordani. Un po’ a sorpresa siamo venuti fuori alla grande. In 11 contro 11 eravamo in difficoltà, invece poi è scattato qualcosa, il calcio è strano e nei momenti difficili escono energie incredibili e non solo abbiamo pareggiato, ma a un minuto dalla fine abbiamo anche rischiato di vincerla, solo che il loro portiere ha fatto una grande parata su Giordani».
Ore 21.20 – (Corriere delle Alpi) «Bisogna essere umili e pensare solo a fare punti». Dopo il pareggio contro la Triestina, il mister non usa giri di parole, per immortalare il momento del Belluno. La squadra sta raccogliendo meno punti di quelli sperati e preventivati ad inizio anno e adesso bisogna avere l’umiltà per guardarsi in faccia e capire che può non essere l’anno che tutti si aspettavano. «Sono arrivato in questa squadra e il primo anno l’obiettivo era la salvezza», continua il tecnico gialloblù, «in due stagioni le aspettative sono cambiate e siamo cresciuti, raggiungendo due volte i playoff, ma adesso può anche essere che la situazione si sia ribaltata. Se questa non è la stagione giusta è bene capirlo subito e pensare solo a fare punti per salvarci. Non dobbiamo guardare alla quinta, quarta o terza in classifica, bisogna essere umili e cercare di portare a casa i risultati». Sul match contro gli alabardati, il tecnico del Belluno non ha dubbi, la squadra avrebbe meritato di vincere: «Se non ci siamo riusciti, vuol dire che qualcosa non quadra. dDopo lo svantaggio, abbiamo rimontato bene ma non siamo stati capaci di fare il terzo gol. Nel calcio basta un episodio e tutto cambia, e così è andata. Fino all’85’ le cose stavano andando bene, poi è arrivato il rigore e poi è stato bravo Brino a salvare alla fine. La squadra non mi è piaciuta fino al vantaggio della Triestina, dopo siamo cresciuti. Dovevamo però chiuderla». Sei rigori in dieci partite. Il Belluno continua a subire tiri dagli undici metri, troppi a questo punto della stagione: «Questo è il quarto rigore su cinque partite che giochiamo in casa. Non so se quello su Zanardo c’era, dicono che fosse fuorigioco. Sulla Triestina dico che è un buon avversario, al nostro livello, con un attacco forte». Mercoledì c’è la Coppa Italia in casa del Montebelluna. Mister Vecchiato deve fare i conti con gli infortuni di Davide Solagna e Paolo Pellicanò a cui si aggiunge quello di oggi di Simone Corbanese: «La rosa non è lunghissima ma i giocatori da far schierare li ho», conclude con un apunta di amarezza Vecchiato, «sarà l’occasione per far giocare chi ha visto meno il campo. Valuterò le condizioni di tutti, è ovvio però che undici devono scendere in campo e sceglierò i più adatti».
Ore 21.00 – (Corriere delle Alpi) Il Belluno pareggia ancora. La squadra gialloblù viene riacciuffata nel finale dalla Triestina, grazie al rigore di Zanardo che gela il Polisportivo all’85’ spiazzando Brino. I ragazzi di Vecchiato, dopo essersi trovato sotto al 19’ per il gol di Migliorini, erano riusciti a ribaltare il risultato con il solito Corbanese nel primo tempo e Farinazzo ad inizio ripresa. Quando ormai sembrava fatta, Zanardo ha guadagnato il rigore per il contatto in area con Mosca. Pochi secondi dopo l’attaccante alabardato ha avuto l’occasione addirittura per chiudere i conti, ma Brino gli ha detto di no. Oltre al pareggio l’ulteriore nota negativa è stata l’infortunio patito dallo stesso Corbanese che ha accusato un problema all’adduttore e le sue condizioni andranno valutate. Mister Vecchiato è costretto a rinunciare al portiere Solagna e al terzino Pellicanò, entrambi infortunati. Tra i pali la scelta è obbligata. In difesa sulla corsie esterne ci sono a destra Pescosta e dall’altra parte Mosca: al centro c’è la coppia formata da Calcagnotto e Sommacal. A centrocampo in cabina di regia c’è Bertagno insieme a Masoch e Duravia. In attacco bomber Corbanese guida la squadra insieme ai due fuoriquota Marta Bettina e Farinazzo. Tra le fila della Triestina gioca dal primo minuto l’ex gialloblù ai tempi della C2 Mehdi Kabine che forma il tridente davanti con Zanardo e Morelli. Nei primi minuti, è il Belluno a farsi vedere in avanti con l’angolo di Duravia che attraversa tutta l’area piccola senza essere deviato da un difensore. Sul capovolgimento di fronte, Kabine entra in area sfruttando una palla in profondità, ma è bravo Sommacal a recuperare in scivolata e mettere fuori. Al 19’ la Triestina si affaccia in avanti e punisce senza pietà i gialloblù. Kabine stoppa in area un traversone da sinistra e appoggia la sfera qualche metro indietro per la corrente Migliorini che calcia di prima, trovando una deviazione che spiazza Brino e fa carambolare la palla in rete. Le sorti del Belluno vengono risollevate una manciata di minuti dopo quando Corbanese si avventa sul cross di Pescosta e di testa sovrasta il suo marcatore infilando la palla nell’angolino basso. Parità ristabilita. La gioia gialloblù dura però pochi minuti perché alla mezzora proprio l’autore del gol del pareggio, Corbanese, è costretto a uscire per un problema muscolare e al suo posto entra Totò Acampora. Nel finale, Marta Bettina accelera e calcia di sinistro dal limite, ma Di Piero in tuffo devia in angolo. Il secondo tempo non potrebbe iniziare meglio per i padroni di casa che al 3’ trovano il raddoppio con il gran gol di Farinazzo che sulla sinistra libera tutta la sua velocità e da dentro l’area calcia di potenza, Di Piero riesce solo a toccare ma non impedire alla palla di entrare in rete. Per Farinazzo si tratta del secondo gol stagionale dopo quello segnato nel derby contro il Ripa Fenadora. Al 13’ st la Triestina rimane in dieci per il rosso a Crosato, che becca la seconda ammonizione per un fallo su Marta Bettina. Il Belluno fino alla fine cerca il tris con incursioni sulle corsie ma non riesce a far male. La Triestina invece raccoglie una sola mezza occasione con Battaglini. Infine, Zanardo viene toccato in area ingenuamente da Mosca ed è rigore. Dal dischetto il numero 9 pareggia e poco dopo sfiorerà il tris in contropiede, ma ci sarà la paratone di Gabriele Brino. In pieno recupero ci prova Duravia dalla distanza ma Di Piero mette in angolo.
Ore 20.40 – (Gazzetta di Mantova) Riccardo Maspero ieri ha diretto l’allenamento al “Dante Micheli”, con la testa già all’impegno di mercoledì (ore 18.30 al Martelli) in Coppa Italia contro la Spal e alla gara di campionato di sabato, sempre in casa contro la Giana Erminio (17.30). Riguardo alla sua posizione, il mister è parso abbastanza tranquillo: «Siamo tutti arrabbiati. Il presidente non ha dormito, così come non ho dormito io. Passata la rabbia del momento, però, si ragiona e fra noi resta piena sintonia. L’obiettivo stagionale è quello di mantenere la categoria e lo raggiungeremo, anche se il ko di Padova ci costringe a un esame di coscienza per riflettere su ciò che stiamo sbagliando. Sarebbe però delittuoso buttare all’aria un progetto fatto in un certo modo. Nei prossimi impegni non potrò guardare più in faccia a nessuno, chi ha gamba gioca e basta. I miei ragazzi, nei 90’ della gara, devono diventare dei figli di buona donna, devono prendersi i tre punti con cattiveria. E così risaliremo».
Ore 20.20 – (Gazzetta di Mantova) Il Mantova prepara la rivoluzione. A tarda sera, ieri, nessuna decisione era ancora stata presa dalla proprietà, ma era in corso una riunione a Brescia con l’allenatore della Berretti biancorossa Elia Pavesi, che potrebbe sedersi sulla panchina della prima squadra al posto di Riccardo Maspero insieme a Gabriele Graziani. Nel ruolo di direttore tecnico potrebbe esserci invece l’ex mister del Catania Dario Marcolin, legato da un ottimo rapporto al presidente Musso. E, a quanto pare, novità potrebbero esserci anche sul fronte direttore sportivo, con la “promozione” del responsabile del vivaio Christian Botturi e il conseguente addio di Alfio Pelliccioni, nell’ultimo periodo apparso a dire il vero sempre più defilato nell’ambiente biancorosso. Ma il condizionale è assolutamente d’obbligo perché, mentre la Gazzetta va in stampa, dalla società non arrivano conferme ufficiali. L’unica voce è quella del presidente Sandro Musso, che attorno alle 20.40 spiega lo stato dell’arte: «Siamo ancora in riunione e stiamo valutando da moltissime ore la situazione. Abbiamo preso in esame tante possibili soluzioni, ma al momento non abbiamo ancora deciso nulla. E probabilmente non accadrà niente prima della gara di Coppa Italia contro la Spal, perché i tempi sono strettissimi. Ci sono stati incontri e molte telefonate, perché in tanti si stanno proponendo: stiamo vagliando alcune ipotesi ma ripeto, al momento nulla è stato deciso, nè in un senso e nè nell’altro». Qualche incontro con allenatori candidati a sostituire Maspero c’era stato del resto anche la scorsa settimana (ad esempio con il croato ex Brescia Ivan Javorcic), dopo il ko di Cuneo. Ma alla fine Maspero era rimasto saldamente in sella. Potrebbe dunque accadere la stessa cosa adesso, anche se stavolta l’ago della bilancia sembra pendere maggiormente verso il cambio in panchina. E questo anche se in mattinata lo stesso Maspero (vedi altro articolo in pagina) si era detto rassicurato da un colloquio avuto con il presidente Musso. Sembra che la dirigenza non sia stata convinta da alcune candidature di tecnici esperti (ovviamente la soluzione più gettonata nel calcio in frangenti del genere), ma abbia invece grande fiducia in Elia Pavesi, che nelle ultime stagioni ha fatto molto bene alla guida della Berretti. Scelta, questa, che troverebbe favorevoli anche i soci mantovani e in particolare Giambattista Tirelli, che da tempo auspica un futuro in prima squadra per il tecnico delle giovanili. In tal caso, sarebbe tutto da verificare il discorso staff tecnico, nel quale magari potrebbe anche tornare la “bandiera” Mirko Bellodi, che al momento sta lavorando proprio con Pavesi allenando i portieri della Berretti. Di certo, nello staff dovrebbe esserci un allenatore dotato di patentino per allenare in Lega Pro, che Pavesi e Graziani ancora non hanno. Per ora dunque la situazione è tutta da decifrare, ma di certo appare difficile che si possa andare avanti di questo passo, con continui “ultimatum” a Maspero e ogni gara che si trasforma in un’ultima spiaggia. Se la fiducia c’è ancora bisogna andare avanti senza scadenze, altrimenti è meglio cambiare strada subito.
Ore 20.00 – (La Provincia Pavese) Ventidue minuti Claudio Grauso, quindici Rocco Sabato. Tanto è durata la loro partita sabato sera. Il primo classe ’79, arrivato anche in A con il Livorno, a lungo in B con i toscani e soprattutto il Mantova (fino al 2010) e oggi alla Giana Erminio. Il secondo classe ’82, con 29 presenze in A tra Catania e Cagliari e tante in B prima di tornare l’anno scorso a Pavia, dove aveva mosso i suoi primi passi quindici anni fa in D. Due giocatori di esperienza, insomma, che in Lega Pro stanno chiudendo le rispettive carriere. E invece entrambi sono stati traditi da ingenuità che si possono concedere ai calciatori molto più giovani di loro. La serata no dei veterani la apre Grauso, chiamato a sostituire al 22’ del primo tempo il compagno di squadra Pinto, infortunatosi. Dopo qualche minuto il centrocampista biancazzurro si becca un’ammonizione sacrosanta per un fallaccio in mezzo al campo. Passa un altro po’ di tempo e al 44’ lo stesso Grauso, sempre nella stessa zona e in un’azione non pericolosa per la squadra, entra in maniera vigorosa e scomposta prendendo palla e gamba di Alessandro Marchi: l’arbitro è ben piazzato e non ha dubbi, estraendo il secondo giallo e quindi il rosso. Il secondo atto si compie nella parte finale della ripresa. Al 32’ Sabato è entrato al posto di Martin e il terzino sinistro quasi allo scadere è protagonista del tocco di mano che il signor Giua di Pisa considera volontario, con qualche dubbio e tra le proteste dello stesso Sabato (come quelle di Grauso dopo il secondo giallo). Sta di fatto che Bruno realizza al 90’ il gol dell’1-1 con una cannonata sotto la traversa, facendo sfumare il sogno del Pavia di ritrovarsi in testa. Sabato non gioca più sereno, probabilmente, anche perché a Cuneo era successo qualcosa di simile: un contatto con un attaccante dei piemontesi era stato punito con il rigore (a dir poco generoso) che aveva permesso ai padroni di casa di tornare temporaneamente in vantaggio. La rabbia per quest’altro rigore non giustifica, però, il fallaccio che Sabato compie al 47’, abbattendo da dietro un avversario. E stavolta è cartellino rosso diretto. Una serataccia.
Ore 19.40 – (La Provincia Pavese) Umori decisamente opposti nel dopo partita di Giana Erminio-Pavia. Tra gli azzurri, prevale la delusione. Mister Marcolini non nasconde il disappunto: «La Giana ha disputato una grande partita di corsa e intensità, ma certamente dalla mia squadra pretendo di più. Con la superiorità numerica, nel secondo tempo, abbiamo trovato le giuste geometrie e siamo riusciti a creare qualche situazione interessante, oltre al gol. Serviva più maturità nei minuti finali, quando abbiamo subito il ritorno della Giana, che ha non ha mai smesso di lottare e ha poi pareggiato sull’episodio del rigore». Sull’ingresso in campo di Sabato, Marcolini offre una spiegazione precisa: «Giocando con questo modulo, i due esterni spendono molto e mi serviva un giocatore fresco nel finale di partita. Poi loro avevano inserito più peso in avanti e un giocatore come Sabato è utile nel gioco aereo». Il malcontento è ben visibile anche sui volti di Andrea Ferretti e Tommaso Bellazzini. Il goleador azzurro, salito a quota cinque centri in campionato, è onesto nel riconoscere la bravura dell’avversario: «Anche quando sono rimasti in dieci hanno giocato a ritmi alti, con aggressività e intensità. Non siamo riusciti a giocare il nostro calcio e abbiamo creato poco anche per l’atteggiamento della Giana, che ci ha pressato molto». Anche Bellazzini, autore dell’imbucata in verticale per la rete di Ferretti, mette in luce le difficoltà palesate dagli azzurri nella costruzione del gioco: «La Giana ha messo in campo grande ritmo e intensità e per noi non è stato facile giocare». L’ex Venezia ha tratto beneficio dalla mossa tattica di mister Marcolini, che nella ripresa l’ha spostato nella casella del trequartista alle spalle di Cesarini e Ferretti. «Nel primo tempo faticavo ad entrare nel vivo del gioco – ammette Bellazzini – sicuramente è andata meglio nella ripresa come trequartista. Riuscivo a prendere palla tra le linee e a combinare con Ferretti e Cesarini, come è accaduto in occasione del nostro gol». Soddisfatto invece Cesare Albè, storico timoniere della Giana Erminio: «Abbiamo fatto una grande partita, peccato per l’espulsione di Grauso che ci ha condizionato, ma la squadra non ha mai rinunciato a giocare, anche quando siamo rimasti in dieci. Per la qualità delle nostre prestazioni, mi sento di dire che meritavamo qualcosa in più dei soli due punti raccolti nelle ultime tre partite con Bassano, Cittadella e Pavia».
Ore 19.20 – (La Provincia Pavese) E’ stata forse la peggiore prestazione del Pavia in questo avvio di stagione, ma probabilmente con il migliore avversario incontrato fin qui, per ritmo e intensità di gioco. E dunque c’è un’altra faccia della medaglia del primo pari della stagione, contro la Giana Erminio, oltre a quella densa di delusione e rabbia per l’1-1 raggiunto al 90’ e su rigore dalla squadra di Albè (ma obiettivamente più che meritato). La faccia è quella di un avversario che a dispetto del classifica, del blasone e dei «nomi» è una delle più belle realtà della Lega Pro: una squadra che va a mille e che però non è solo velocità, ma capacità di stare in campo e di imporre la gara agli altri, al punto da giocare in dieci, come è capitato sabato sera per un tempo intero, dando l’impressione di essere ancora in undici. Una squadra, la Giana, che è bene ricordare si è divorato una vittoria già in tasca con il Bassano (da sabato di nuovo capolista) e che nel turno precedente con il Cittadella (ex capolista) aveva perso immeritatamente, costringendo i veneti nella loro metà campo per tutta la ripresa. Così un pareggio che nel dopo gara sembrava avere un sapore amarissimo – anche perché ha impedito al Pavia di raggiungere la vetta – in realtà va accettato come un punto in più per la stagione azzurra, e senza alcun rimpianto. Certo, la prestazione è stata a dir poco deludente, ma va considerato il valore degli avversari, come giustamente sottolinea sempre mister Michele Marcolini. E anche se di primo acchito può sembrare un’eresia, ma il valore della Giana è molto alto in un campionato nel quale non c’è una squadra dominatrice. Come dimostrano, da ultimi, la fatica bestiale del Bassano per avere ragione della Pro Patria ancora a quota zero punti, e il tonfo del Cittadella a Bergamo, contro un Albinoleffe fin qui capace di fare solo tre punti contro la cenerentola Pro Patria. Proprio quell’Albinoleffe contro il quale il Pavia aveva vinto all’ultimo minuto ed era stato perciò crocifisso e punito con un allenamento extra la mattina dopo la gara. Marcolini sa bene che la sua squadra non sta brillando in fatto di gioco. Ma non andrebbero dimenticate le pesanti assenze in attacco (fuori Marchi e Del Sante) né qualche problema di condizione fisica forse determinata anche dalla necessità di anticipare il raduno precampionato (per una tournèe in Cina poi saltata). Marcolini sa però di avere una squadra di alto livello che ha già dimostrato di potere giocare, vincere e segnare. E dovrebbe saperlo anche chi guarda le cose in maniera obiettiva. E chi sa che vincere il campionato non è mai una passeggiata.
Ore 19.00 – (Messaggero Veneto) Prima o poi doveva succedere. Il Pordenone incassa la prima sconfitta, dopo 2 vittorie e 5 pareggi. Peccato che sia successo sul rettangolo del Lumezzane, già avaro la scorsa stagione, ma tutto sommato considerato abbastanza abbordabile. Invece a menare le danze sono stati i rossoblù, praticamente dall’inizio. Merito loro? Certamente sì. Ma anche demerito del Pordenone, apparso decisamente più opaco di quello delle prime 7 gare, e in particolare del ramarro della prima frazione con il Sudtirol. Tedino lo ammette con onestà e sincerità. «Certo – esordisce -, non era e non sarà mai semplice ripetere il primo tempo con il Sudtirol. Ma è atrettanto vero che abbiamo giocato sottotono e sottoritmo. Se questa squadra non corre e non velocizza il gioco non va lontano. Dobbiamo tenere sempre ritmi altissimi ed essere aggressivi. Invece nella prima frazione – scuote la testa il tecnico – ci siamo adeguati ai loro ritmi da rumba lenta. Anzi, paradossalmente abbiamo subito e patito la loro aggressività». Un po’ meglio le cose solo in avvio di ripresa. «Sì – concorda Tedino -. Abbiamo fatto un quarto ‘ora importante, durante il quale abbiamo pure costruito tre palle-gol senza capitalizzarle». Il rigore ha cambiato la storia del match. «Forse – riprende Tedino – non era nemmeno rigore. Marchi mi ha detto che lui è rimasto fermo e che Varas ha furbescamente cercato il contatto. Ci può anche stare, che l’arbitro prenda una decisione sbagliata nelle situazioni dubbie. Ma perché sempre contro di noi?». Il 2-0 immediato ha chiuso i conti. «Qui – ammette il mister – non abbiamo scuse. Prendere un contropiede 30’’ dopo il primo gol è da polli. Forse – azzarda, annunciando quello che sarà il tema della settimana – abbiamo pensato di essere diventati grandi, allentando la tensione. Se non usciremo presto da questo stato di cose non andremo lontano». Possibile che la squadra abbia pagato critiche esterne e interne per i due gol subiti negli ultimi 10′ con il Sudtirol? «Di critiche interne non ne ho sentite. Quelle esterne – conclude – fanno parte del gioco».
Ore 18.40 – (Messaggero Veneto) Puniti dal gol dell’ex, da due errori difensivi, da un minuto di follia: scegliete il prologo che preferite, tanto l’epilogo è lo stesso: all’ottava giornata il Pordenone rimedia la prima sconfitta in campionato. E ancora una volta è un risultato che non gli rende giustizia, proprio come la non vittoria del turno precedente in casa con l’Alto Adige. A Lumezzane, dopo un primo tempo decisamente poco brillante, i neroverdi cadono nonostante un avvio di secondo tempo indiavolato, nel quale collezionano 5 clamorose palle-gol, senza riuscire a capitalizzarle più per sfortuna che per propria incapacità. E poi crollano in un giro di lancette, proprio nel loro momento migliore. Come si suol dire, il calcio è bello proprio perché imprevedibile. Quindi non resta che voltare pagina e archiviare questo doloroso rovescio, senza sottovalutare però il sorpasso in classifica subìto proprio a opera del “Lume”. E ricordando che sabato al Bottecchia arriva la capolista Bassano. Nessun dramma, dunque, ma va ritrovata la massima concentrazione per non perdere il controllo della situazione. In Val Trompia Tedino si affida nuovamente al 4-3-1-2, con Cattaneo trequartista e non esterno d’attacco. L’avvio è incoraggiante, con Finocchio che al 6’ dimostra di avere la giusta verve. Risponde Russini al 9’ scaldando i guanti a Tomei, ma i ritmi sono tutt’altro che vertiginosi. L’ex Barbuti è bravo a non dare punti di riferimento ai difensori neroverdi e sfrutta le ottime giocate di Russini e Varas. Proprio quest’ultimo mette i brividi a Tomei al 28 e 10 minuti più tardi Barbuti colpisce a botta sicura da centro area, ma la difesa dei ramarri riesce a respingere. Il Pordenone va al riposo a capo chino e probabilmente Tedino si fa sentire in spogliatoio. Già, perché Pasa e compagni rientrano in campo “spiritati” e in un attimo cingono d’assedio l’area avversaria: al 3’ gran palla di Pasa per Cattaneo, che chiude il triangolo con lo stesso centrocampista, tocco sottomisura e miracolo di Furlan; al 7’ piazzato che è un corner corto dalla sinistra, Pederzoli cerca la porta, Furlan è scavalcato da una deviazione, sembra già gol ma interviene Marchi di testa e incredibilmente schiaccia a lato; all’8’ Cattaneo va al cross dalla destra, De Cenco spalle alla porta controlla con la coscia e involontariamente serve Finocchio, conclusione ravvicinata e traversa piena; sulla ribattuta arriva Pasa come un fulmine, botta di prima intenzione e Furlan è ancora decisivo; al 10’ De Agostini crossa dalla fascia mancina e Nossa, in confusione, colpisce di testa costringendo il proprio portiere all’ennesimo prodigio. A questo punto si spegne l’offensiva degli ospiti, che al 23’ cadono nella fatale ingenuità: Varas sfugge a Pasa, Marchi lo insegue in area e sembra travolgerlo. L’arbitro indica il dischetto, Barbuti non perdona. Palla a centrocampo, poi riconquistata dal Lumezzane, Russini fugge in contropiede sulla sinistra, mette in mezzo per Varas che spara, Tomei respinge, arriva Cruz per il più comodo dei tap-in. E il patatrac è completato.
Ore 18.20 – (Gazzetta di Reggio) «Sapevo che dopo la partenza di Vacca potevo fare bene. Il mister mi ha dato fiducia, è toccato a me scendere in campo e sono contento di quello che sto facendo fino ad ora». Quando Dario Maltese arriva in sala stampa, raggiante e consapevole della sua prova maiuscola, Colombo ha già speso parole importanti nei suoi confronti, “un gran giocatore e può essere anche una grande mezz’ala visto che nello scatto è bruciante”. Nel giorno della sua prestazione più bella il mister trova anche un limite e parla di “timidezza da superare”: sicuramente un modo per sferzare il suo giocatore e alzare l’asticella delle aspettative, perché ieri il mediano palermitano ha mostrato in campo una bella personalità, ha corso in ogni parte del rettangolo di gioco, è stato bravo in copertura e in fase d’impostazione. Come se non bastasse ha anche fornito il cross per la rete di testa di Mogos. Insomma, l’uomo in più per i garanata. Maltese, quella di oggi è stata la sua più bella partita alla Reggiana, non crede? «Diciamo che oggi mi sono sacrificato tanto, anche perché nella mia zona avevo la marcatura degli avversari e dunque dovevo svariare molto». In occasione del gol ha fatto un bel cross teso e preciso. A proposito Mogos come l’ha presa, di testa o come? «Non ho visto bene, ma l’importante è che l’abbia buttata dentro. Anche con l’orecchio va benissimo. La cosa che conta è che abbia segnato la rete della vittoria». La Reggiana è stata vincente, ma forse un po’ bruttina rispetto ad altre gare dove si era visto anche un bel gioco. Siete stati più cinici. «Brutta non direi proprio. Siamo stati molto concreti, bravi nella fase difensiva. La Cremonese era messa bene in campo e non era facile trovare gli spazi giusti per fare la partita. Forse non sono mai stati molto pericolosi, ma ci hanno creato dei fastidi. Però siamo stati bravi a contenerli». Le ripartenze della squadra forse non sono state perfette come in altre occasioni… «Potevano fare meglio e sfruttarle meglio, non c’è dubbio. Magari oggi anche io sono stato egoista in un’occasione. Nella partita di Salò potevo tirare e ho preferito passarla. Volevo fare gol e ho tirato in porta, mentre potevo passarla. E’ andata così». Il mediano centrale è la sua posizione preferita o vorrebbe giocare in altri ruoli? «Lì in mezzo gioco bene, ma anche a sinistra mi trovo bene». La partita di Maltese è la dimostrazione che, come ha detto il mister dopo la vittoria con il Renate, prima ancora del modulo e degli schemi conta la grande determinazione, quella che il centrocampista siciliano ha profuso a volontà. La determinazione che servirà per il proseguo del campionato, a partire dalla trasferta di sabato in Alto Adige, per continuare a stare in vetta, dove squadra e tifosi si trovano ovviamente benissimo e sperano di restare il più possibile.
Ore 18.00 – (Gazzetta di Reggio) «La nostra è una squadra cinica. Nel primo tempo ha mirato unicamente ad andare in vantaggio poi, nella ripresa, si è impegnata soprattutto a difendere, con ordine, il risultato positivo. E così alla fine ha avuto pienamente ragione». Il presidente Stefano Compagni è visibilmente appagato di questa nuova affermazione della Reggiana e trasmette la sua gioia a chi lo circonda mentre riceve raffiche di strette di mano. Si interrompe solo per additare un amico spettatore che, da anni, viene appositamente da Milano per vedere la “Magica Regia”. L’interessato conferma e dice di preferirla alle compagini del capoluogo lombardo. «Penso di poter aggiungere – spiega Compagni – che tutto quello che sta accadendo è il frutto del clima che si è creato negli spogliatoi, dove c’è un gruppo che fa fronte comune; nessuno si sente escluso anche se talvolta è costretto a restare fuori dal campo. Tutti accettano le decisioni del tecnico senza commenti. E’ un ambiente coeso che cresce e che regala una euforia collettiva. Lo stesso clima che si nota in tutto l’ambiente sportivo. Lo si poteva avvertire chiaramente anche sabato in centro storico dopo la presentazione del nuovo inno che ora accompagnerà il nostro cammino e che parla, giustamente, di orgoglio granata». Non servirebbe altro per dire che è felicissimo! «Per forza – sottolinea – quattro vittorie consecutive, il primato in classifica e imbattuti da inizio campionato. Non si poteva sperare più di così». Possiamo cominciare allora a parlare di stagione di lancio in orbita? Qui il presidente frena. «Calma – dice soltanto – ci sono ancora tante gare da affrontare prima della fine del campionato. Certo che partire con il piede giusto è un valore aggiunto. Ciò che mi rassicura però è la tranquillità con cui tutti affrontano i propri impegni, qualcosa che mancava assolutamente nella passata stagione».
Ore 17.40 – (Gazzetta di Reggio) «La Cremonese ci porta fortuna. Rammento che, nella stagione 1980/81, vincemmo proprio contro i cremonesi e alla fine fummo promossi alla serie B. Se si vuole lo si può prendere come un viatico lusinghiero». Mentre rinfresca questi gradevoli ricordi il vice presidente Sisto Fontanili fa qualche scongiuro ma non cerca minimamente di nascondere il piacere e la speranza di rivivere un simile esaltante accostamento. Gli scongiuri li aveva fatto, nell’intervallo, anche il direttore generale Raffaele Ferrara allorchè qualcuno gli aveva fatto scherzosamente notare che…”in assenza di Vavassori, la Reggiana vince sempre”. A fine gara il dirigente granata ammicca sorridendo al pronostico di metà partita (“Occhio che Pietro è scaramantico”) ma poi passa subito ad altri temi con accenti di carattere tecnico: «Bartolomei, Arma, Mogos – spiega – danno maggior sostanza e qualità alla squadra e proprio l’ultimo, oggi, è stato addirittura il protagonista mettendo a segno il gol che ha deciso l’incontro. Con l’innesto di questi uomini Colombo riesce in effetti più facilmente ad organizzare le coperture e a mettere in moto le ripartenze. La squadra mostra di disporre di maggiore sostanza e di qualità nel controllo del gioco». In attesa del fischio finale al primo piano dello stadio si era intanto già fatto festa con una torta policroma offerta da Paolo Sassi per i 45 anni della Bmr. Un compleanno cui sono stati invitati a partecipare anche gli ospiti dei palchi. Fra i quali c’era il presidente della Provincia, Giammaria Manghi, che dà sintesi ma sostanza al suo giudizio sulla partita esprimendo tre semplici concetti: «Vittoria meritata, non si discute. Squadra, la nostra, che appare solida e dà l’idea di affrontare il campionato con grande sicurezza. Le prospettive sono molto buone». Per finire con una chiosa sintetica ma corposa: «Speriamo vivamente in una esaltante stagione della Reggiana». Un concetto che ripete anche Andrea Rossi sottosegretario alla presidente della Regione Emilia Romagna. «Una bella vittoria al cospetto di un grande pubblico». Il socio granata Gianni Perin è doppiamente soddisfatto per la vittoria della Reggiana e per l’iniziativa promossa dalla sua Bitecnology che ha trovato una splendida partecipazione da parte dei tifosi dei Distinti. «Una bella domenica per la Reggiana – rimarca – che coincide con la conquista del primato e anche una splendida cornire di pubblico». Simpaticissimo, come sempre, il socio Gianfranco Medici: «Io sono all’opposizione e ora devo stare zitto, va tutto troppo bene».
Ore 17.20 – (Gazzetta di Reggio) «Prima di salire in sala stampa stavo pensando a cosa dire e la prima cosa che mi è venuta in mente è stata questa: non belli ma con due palle grosse così». Potrebbe iniziare e finire così la conferenza stampa del tecnico granata Alberto Colombo che con una frase ha fotografato il match contro la Cremonese. «Solidi, cinici – ha proseguito l’allenatore granata – e comunque abbiamo giocato una prima parte di primo tempo buonissima e poi non abbiamo concesso nulla. Se però vogliamo andare a vedere il pelo nell’uovo potevamo fare meglio sulle ripartenze». Che indicazione trae da una gara come questa contro la Cremonese? «Mi pare evidente che questa squadra è cresciuta rispetto all’anno scorso e sia anche una squadra diversa rispetto a quella dell’anno scorso. Giochiamo forse meno bene ma siamo più efficaci e più solidi». Però? «Però calma. Ricordo che l’anno scorso dopo la partita contro il Pontedera pensavamo di aver svoltato, invece arrivò la partita contro la Pro Piacenza. Detto questo, siamo in fase di crescita e per la prima volta faccio i complimenti ai miei giocatori». Che parole ha usato per congratularsi con i ragazzi? «Ho detto loro che ci sono vari modi per fare la prestazione. C’è l’aspetto tecnico ma contro la Cremonese hanno giocato con il cuore, con la determinazione e non hanno mollato una palla. Questa per me è una grande prestazione». E’ così che si vincono i campionati? «E’prematuro dirlo adesso. Dico solo che questo è un passo importante verso la maturità. Quella maturità che ti consente di lottare per dei traguardi più importanti. Stiamo cambiando pelle e spero che questa pelle sia una pelle vincente». Come spiega l’evoluzione di Mogos rispetto alle prime gare di campionato? «Tutti si meritano i complimenti: i tre centrocampisti, dietro non abbiamo concesso nulla, Frascatore e Mogos sono cresciuti tanto. Dopo questa gara i complimenti si sprecano. vincere ti aiuta a lavorare con più fiducia. Sembrano frasi banali e scontate di ogni allenatore, ma chi fa calcio sa che non c’è nulla di meglio di una vittoria per poter crescere». E adesso? «Siamo arrivati a questo punto e dobbiamo continuare in questo modo il più possibile su questa strada». Faccia una sforzo e trovi qualcosa di negativo nella prestazione della Reggiana. «Faccio solo complimenti ma di anche attenzione. Il motto che mi viene in mente è questo: se sono in basso mi viene voglia di volare, ma quando volo ho paura di cadere. E più sono in alto, più mi faccio male». Qualcuno pensava che Maltese fosse la riserva di Vacca: ne vuole parlare? «Vacca era un gran giocatore, così come sta dimostrando di esserlo Maltese. Abbiamo fatto di tutto per riportarlo e credo che il suo unico problema sia quello della personalità. Se si libera di paura e timidezza, è un grande giocatore». Ha detto qualcosa ai ragazzi al rientro negli spogliatoi? «Di solito non parlo mai, ma in questo caso ha detto che avevano fatto una grande prestazione». Sabato contro il Sudtirol potrebbe iniziare ad avere problemi di abbondanza. E’ tra quelli che sostiene che sono problemi che tutti vorrebbero avere? A centrocampo qualcuno dovrà andare in panchina. «E’ un discorso che avevo già fatto. Uno coglie l’occasione e deve essere premiato. E ci deve essere la consapevolezza che chi prende il posto di chi è fuori può fare bene e quindi meritarsi la conferma. Si chiama concorrenza».
Ore 17.00 – (Gazzetta di Reggio) “Non c’è due senza tre e il quarto vien da sé” è il caso di dire per questa Reggiana che infila la quarta vittoria consecutiva in campionato, porta l’imbattibilità del suo portiere a 525′ ( ultima rete subita la terza giornata a Piacenza al 14’pt ) ma, quel che più conta, vola in testa alla classifica insieme al Bassano che sabato, con fatica, aveva avuto ragione di misura della cenerentola Pro Patria. Una vittoria importante perché è stata diversa dalle altre così come imponeva l’avversario, una Cremonese che non aveva mai perso in trasferta, pur avendo giocato su campi difficili. Tre punti che sanno molto di consacrazione perché ora sappiamo che la Reggiana sa vincere anche contro le grandi e lo sa fare nel modo giusto: non servono goleade ma piuttosto saper colpire al momento opportuno per poi controllare il match veicolandolo nella propria direzione, consapevoli che di fronte ci sono giocatori di valore che devi saper anticipare nelle intenzioni di gioco. Questo è stato il senso di questa partita che la Reggiana ha tenuto in mano, finalmente, dal primo minuto tanto che, già al fischio di partenza, Frascatore aveva messo in area una palla d’oro sulla quale Arma non è arrivato. Pur senza schiacciare gli ospiti, i granata hanno saputo imporre le loro azioni lungo tutto l’arco del primo tempo, trovando il gol dopo 15′ con Mogos ( secondo centro consecutivo dopo Salò ), abile ad inserirsi di testa su un cross dalla sinistra di Maltese – ieri un leone in campo – anticipando Russo ed il portiere Ravaglia. L’unica vera risposta dei grigiorossi è al 25′ quando Perilli si fa aiutare dalla traversa per neutralizzare una parabola velenosa di Crialese su calcio di punizione, poi a creare occasioni sono solo Arma e compagni senza però rendersi particolarmente pericolosi. Nella ripresa ci si aspettava qualcosa di più dalla Cremonese infatti la squadra di Pea, con l’ingresso di Perpetuini, Forte e Magnaghi, è diventata sempre più offensiva portando anche quattro giocatori nella linea avanzata, costringendo Mogos e Frascatore a difendere, di fatto limitando molto il potenziale offensivo granata sulle fasce, ma l’impressione era che non avrebbe mai segnato. Così è stato, per merito di tutta la squadra che ha lottato su ogni pallone ed in ogni zona del campo. L’unico appunto che si può fare agli uomini di Colombo è di non averla chiusa prima, nelle tante ripartenze avute a disposizione, perché l’1-0 lascia il risultato in bilico fino al 90′ e spesso si viene castigati come stava per succedere se il tiro dal limite di Crialese allo scadere, dopo alcuni rimpalli fortuiti, avesse preso una direzione diversa da quella delle braccia di Perilli. Va bene così: primo posto centrato, secondo successo nel trittico di ferro che culminerà con la trasferta di sabato in Alto Adige, interpretazione di partita da grande squadra ed in più si è finalmente rivisto in campo Max Pesenti, un attaccante che quando sarà in forma darà il suo contributo alla causa.
Ore 16.40 – Neto Pereira e Corti erano assenti in quanto godevano di un permesso per motivi personali.
Ore 16.20 – Qui Guizza: termina l’allenamento.
Ore 16.00 – Qui Guizza: nuovi esercizi per perfezionare il giro palla.
Ore 15.40 – Qui Guizza: esercizi col pallone e lavoro atletico.
Ore 15.20 – Qui Guizza: regolarmente in gruppo Amirante, assenti invece Corti e Neto Pereira.
Ore 15.00 – Qui Guizza: Biancoscudati in campo per l’allenamento.
Ore 14.30 – (Gazzettino) «È stato un gol importante che ci ha permesso almeno di pareggiare, ma in spogliatoio c’era un po’ di delusione dato che ci aspettavamo un salto di qualità». A parlare è Enrico Bortolotto, al rientro nell’anticipo di sabato con il Montebelluna dopo essere rimasto ai box per un’infiammazione al tendine rotuleo, e autore del sigillo del 2-2 in pieno recupero. Un risultato che consente all’Abano di fare un passettino avanti in classifica (nove punti), anche se resta il momento complicato certificato da due pareggi nelle ultime sette gare. «È sotto gli occhi di tutti che non stiamo andando bene, pur essendo una squadra forte. Giochiamo e facciamo la partita, ma non concretizziamo, il che mi fa pensare che siano proprie le nostre caratteristiche a metterci in difficoltà trovando avversarie che si chiudono e ripartono. È paradossale che una squadra come la nostra stia facendo fatica, anche se c’è tutto il tempo per rimetterci in carreggiata. Dobbiamo avere l’umiltà di pensare che probabilmente dovremo fare un campionato per salvarci, che non era l’idea d’inizio stagione, e riuscire a trovare quel qualcosa in più che al momento ci manca».
Ore 14.10 – (Mattino di Padova) Liventina vs Luparense? Per come sono andate le cose, la si può tranquillamente definire come la classica partita da far venire la gastrite anche a chi assume l’antiacido tutti i giorni. Nel complesso del suo svolgersi, invece, la partita è stata vivace e briosa come il Barbiere di Siviglia: da una parte i padroni di casa, nel ruolo del Conte di Almaviva, dall’altra, gli ospiti padovani di mister Cunico nei panni di Don Bartolo. Entrambi i contendenti hanno nel mirino lei, la bella Rosina, che nella fattispecie è rappresentata dai 3 punti in palio. Ecco che i trecento spettatori sugli spalti non hanno di sicuro avuto modo di lamentarsi in quanto a gioco espresso dalle due contendenti. Liventina costantemente con il pallino del gioco in mano. La mole di gioco è tanta, la difesa padovana cerca di chiudere tutti i varchi, ma qualcuno sfugge al controllo. Nel primo tempo, le occasioni per i padroni di casa non sono mancate. Come al 3’, quando Grandin si procura la prima occasione e per Murano, è già tempo di straordinari. Dalla panchina, mister Cunico urla e strepita. Le grandi manovre liventine, si infrangono nella difesa ospite, mentre nelle ripartenze, i “lupi”, finiscono spesso e volentieri nella trappola del fuorigioco. 8’: Cescon ruba palla in mezzo al campo e se ne va. Sulla trequarti ospite cerca un compagno che non c’è e non se ne fa nulla. Al 10’ e al 12’, altre due occasioni per i padroni di casa. La prima se la procura capitan Vianello, con un diagonale stretto che non trova compagni sul palo opposto pronti alla deviazione finale; la seconda al 12’ quando Fantin mette palla in area, e i difensori padovani fanno buona guardia. Quando la Luparense prova a pungere finisce sistematicamente in fuorigioco. La Liventina, ha un tasso di fortuna pari a zero, quando si procura le migliori occasioni per passare a condurre. Poi due occasionissime per capitan Vianello, con altrettante parate da lasciare senza fiato, da parte dell’estremo padovano Murano. Al 35’ finisce la partita di Mattioli: frattura alla clavicola sinistra. Al suo posto entra Giglio fatale allo scadere del tempo, con la Luparense in dieci per l’espulsione di Severgnini, quando trova un sinistro ad incrociare sul palo opposto a quello di tiro: Bettin si allunga ma non ci arriva. Al ritorno in campo, la Liventina continua a macinare chilometri. Avanti adagio, si arriva al 28’, quando dal taschino del piemontese Prior, spunta il secondo cartellino rosso ai danni di Nichele. Il calcio di punizione è un affare tutto tra Dene e Grandin, che lascia l’incombenza al compagno. La sassata dell’attaccante ex Padova, prima sbrindella la barriera padovana e poi si insacca alle spalle del portiere. Al 34’ Liventina avanti: cross da sinistra di Pagan per capitan Vianello che scaraventa la palla alle spalle di Murano. Partita in cassaforte? Manco per sogno. Al 43’ all’ennesimo invito, dagli spalti, di un tiro alla viva il parroco, tanto la partita è finita, palla tra i piedi di Beccaro che infila prima la difesa di casa, e poi Bettin che nulla può.
Ore 13.50 – (Mattino di Padova) Dopo la gara, il tecnico dell’Este Andrea Pagan non può fare altro che sorridere. Il 3-0 rifilato all’Union Ripa La Fenadora scaccia via, almeno per ora, qualche dubbio sul valore della squadra, anche se il mister chioggiotto ha sempre difeso le scelte tecniche e di mercato: «Negli ultimi tempi ho detto più volte che siamo una squadra equilibrata: segniamo poco ma ci difendiamo anche bene. Non a caso abbiamo la miglior difesa del girone C col Venezia» afferma. «Oggi (ieri, ndr) è la conferma che il nostro non era un problema di struttura della squadra ma di atteggiamento: per segnare ci vuole cattiveria». Poi aggiunge: «Ora abbiamo dato una ritoccatina alle statistiche. I ragazzi sono stati bravi a sfruttare le occasioni create e in campo ho visto la grinta giusta. Siamo riusciti a trovare il vantaggio con Mastroianni e poi Coraini ha fatto un gol fuori dal normale. Forse perché anche lui, e glielo dico sempre, non è proprio normale (ride, ndr). E’ un ragazzo difficile da gestire ma ha dei colpi di genio assurdi. Nella ripresa abbiamo sofferto un po’, rischiando di incassare il 2-1 ma abbiamo comunque gestito il risultato tanto è vero che i nostri avversari non hanno avuto occasioni. Dobbiamo continuare così». Mercoledì, al Nuovo Stadio, arriva l’Abano per il primo turno di Coppa Italia di Serie D: «Mi aspetto una partita complicata anche perché l’Abano vorrà sicuramente vincere per ritrovare entusiasmo dopo un periodo difficile» chiude Pagan. «Farò qualche cambiamento in formazione, privilegiando chi, finora, ha giocato meno, ma mi fido di tutti i giocatori che ho disposizione. Vogliamo passare il turno».
Ore 13.40 – (Mattino di Padova) Ci volevano i numeri per svegliare l’Este. D’altra parte, quel 7 alla voce “gol fatti” gridava vendetta. E non solo: faceva pure a cazzotti con i risultati, bloccati nel limbo della vittoria risicata, del “solito” pareggio o (vedi Belluno) della sconfitta, altrettanto di misura e in rimonta. Con l’Union Ripa Fenadora, invece, arrivano tre gol. Una scorpacciata che fa notizia, anche perché a segnare sono due attaccanti ultimamente presi un po’ di mira, Mastroianni e Coraini, oltre al buon Arvia, reinventato difensore con la fortuna (e la caparbietà) di trovarsi ben appostato e con l’occhio sul mirino in pieno recupero. Eppure, Este e Union non giocano la partita delle partite. Il 4-3-3 speculare, con il trittico Marcandella, Coraini e Mastroianni opposto a Santi, Madiotto e Cibin non sposta gli equilibri verso l’attacco. Anzi, le due compagini si scambiano opinioni più o meno fallose a centrocampo e spesso e volentieri fanno sbuffare i rispettivi portieri con conclusioni precise ma centrali. La dicono lunga i primi due episodi, un presunto fallo di mano di Guagnetti su tiro di Santi e una rovesciata fine a se stessa di Guagnetti sugli sviluppi di un calcio d’angolo: insomma, c’è gioco ma non tutta questa intraprendenza sotto porta. Qualche brivido in più lo provocano la sponda di Mastroianni per Caporali che si fa respingere da Salsano (25’), mentre un minuto più tardi, sponda neroverde, la staffilata di Ianneo colpisce il muro difensivo atestino. L’Este, però, sul finire del primo tempo, nel giro di due azioni trova il vantaggio: al 42’, infatti, Coraini fa sbarellare Salsano su punizione da 30 metri. L’estremo ospite riesce a mettere il pallone in corner ma proprio dalla bandierina arriva l’1-0 grazie alla deviazione di testa di Mastroianni che inganna leggermente lo stesso Salsano, costretto all’intervento sulla linea di porta. L’arbitro Spataru, su consiglio dell’assistente, assegna il più tipico dei gol fantasma ai giallorossi tra le proteste dei giocatori dell’Union. Una volta ripigliati dal colpo, gli uomini di Lauria impegnano subito Lorello con Santi: il portiere dell’Este, però, smorza tutto coi guantoni (46’). Lo stesso fa Peotta a inizio ripresa, sfruttando una percussione di Santi stroncata alla meno peggio dai difensori dell’Este: anche stavolta Lorello blocca la sfera. Il raddoppio dell’Este è un’esclusiva di Coraini che parte dalla tre quarti, vince due rimpalli, fa fuori l’ultimo difensore a colpi d’anca e poi sorprende Salsano con un sinistro incredibile. 2-0. L’Union Ripa, e sta proprio qui il merito della formazione bellunese, non demorde: il solito Santi trova l’affondo sulla sinistra e il passaggio a rimorchio per Madiotto, troppo frettoloso nel tap-in. Poi tocca al neo entrato Savi, lanciato sulla fascia opposta, anche se il mediano non trova colleghi smarcati in area. L’Este, dal canto suo, inizia a fare le prove generali per il tris: alla mezzora Niselli serve Marcandella che prova il destro a giro, esaltando il guizzo televisivo di Salsano. Nel recupero, invece, Arvia, imbeccato ancora da Niselli, disegna la parabola giusta: stavolta Salsano può solo accennare il tuffo. Il triplice fischio arriva mentre i giallorossi festeggiano il terzo marcatore. Este e Union Ripa torneranno in campo mercoledì per il primo turno di Coppa Italia di Serie D: i giallorossi affronteranno i “cugini” dell’Abano al Nuovo Stadio (calcio d’inizio alle 14.30), mentre i neroverdi (alle 19) se la vedranno al campo sportivo di Rasai con il Dro.
Ore 13.20 – (Gazzettino, edizione di Venezia) «Abbiamo fatto il nostro dovere e preso un punto, è stata una domenica positiva». Le parole sono di capitan Soligo, tra i protagonisti nel pareggio al Gabbiano. «Rispetto alle altre partite, questa è stata più una battaglia. Non si riusciva a giocare e soprattutto in mezzo al campo vedevamo passare spesso la palla sopra la testa, ma è una partita che ci può stare tra prima e seconda in classifica. A livello agonistico è stata la gara più tosta giocata finora, ma l’allenatore ci aveva avvisato che loro avevano questa prerogativa, oltre ad avere qualità». I padovani hanno recriminato per un presunto fallo da rigore su Aliù di Modolo, che spiega. «Non ho fatto altro che allargare le braccia e lui mi teneva con le mani dietro, secondo me era fallo per noi». Aggiunge. «Sapevamo che era una partita difficile e che gli episodi potevano fare la differenza. Abbiamo avuto un paio di palle gol nel primo tempo che non abbiamo concretizzato per bravura del loro portiere, però non abbiamo preso gol e alla fine è un buon punto». Tra le occasioni migliori, anche la girata di Carbonaro. «Quando ho colpito la palla ero sicuro che entrasse, poi ho sentito il rumore del guanto del portiere, ha fatto davvero una parata incredibile e merita i complimenti. Se guardiamo le occasioni, meritavamo di vincere. Abbiamo comunque disputato una partita da grande squadra senza rischiare mai. L’importante è che siamo sempre in testa alla classifica e con lo stesso vantaggio di punti. Per il Campodarsego questo è un risultato di prestigio, ma va bene anche a noi». Nella ripresa Favaretto ha inserito anche Barreto. «Era importante rientrare, adesso devo lavorare per poter giocare dall’inizio. Era una partita da non perdere, anche se dispiace non essere riusciti vincerla. Alla fine è un buon punto, tenuto conto anche che loro non hanno mai calciato in porta, mentre noi abbiamo avuto qualche occasione, pur non giocando come in altre occasioni». Era abituato a grandi palcoscenici, che effetto le ha fatto giocare in un campo stretto come quello del Gabbiano? «Mi devo abituare ancora. Ma era difficile anche giocare dato che dalla difesa abbiamo cercato con palle alte subito gli attaccanti».
Ore 13.10 – (La Nuova Venezia) «Una partita da serie D, e per certi versi siamo stati bravi a calarci in questo contesto, dovendo affrontare una buona squadra su un campo stretto e non in perfette condizioni». Segnali dalla battaglia di Campodarsego, quelli che manda Paolo Favaretto. Un commento schietto e stretto tra la soddisfazione del punto ottenuto e la speranza mancata di portare a casa qualcosa di più. «Abbiamo provato a vincere, e per questo dico che il punto è ben preso, altrimenti in caso contrario avrei dovuto dire “ci è andata bene”» prosegue l’allenatore del Venezia, «ora, non ho visto gli estremi del rigore sull’intervento di Modolo nel finale di partita, ma aggiungo che ho apprezzato un arbitraggio all’inglese, lasciando andare quando serviva. Alla fine, in questo campionato ci sono decisioni contro e altre a favore con tutto che si equilibra. Piuttosto, è stato difficile giocare su un campo così stretto. Ci siamo dovuti inventare qualcosa con i lanci lunghi a scavalcare il centrocampo. Poi ho provato a giocare con quattro attaccanti per allargare l’azione sulla fasce, e vanno lodati i ragazzi, perché in molti sono da categoria superiore, e hanno saputo adattarsi e sacrificarsi al gioco e ai campi della serie D». Quindi chiude con un passaggio dedicato agli avversari: «Bravi, una buona squadra, compatta in difesa e che non dà spazi tra le linee. E anche noi abbiamo concesso poco o nulla. Questa era una prima verifica di classifica, a fine girone di andata vedremo chi saprà restarci in scia. Intanto è positivo il rientro di Barreto».
Ore 13.00 – (La Nuova Venezia) Si sono date battaglia, le prime della classe, Venezia e Campodarsego. E come spesso succede, ne è venuta fuori una partita spigolosa, poco spettacolare, senza fantasia. Di quelle che otto volte su dieci finiscono 0-0. E infatti. Una partita che lascia poco da raccontare ai posteri, ma anche agli assenti. Il Venezia recrimina per il maggior numero di occasioni create, due o tre, non di più, con paratissima di Vanzato al 23’ della ripresa su tiro a botta sicura di Acquadro; il Campodarsego a sua volta recrimina per un corpo a corpo Modolo-Aliù dieci minuti più tardi, sul quale il rigore – viste e riviste le immagini – poteva anche starci. E insomma eccoci al sodo, perchè lo 0-0 è una fotografia abbastanza nitida della contesa. Un pareggio e tutti contenti, perchè da una parte, biancorossa, dicono che non perdere con il super Venezia è sempre un gran risultato e privilegio per pochi; dall’altra, arancioneroverde, dicono invece che un pari in casa della seconda in classifica, nel giorno in cui le altre non approfittano, è bicchiere mezzo pieno. Poi, verranno tempi e giornate migliori, il Venezia riavrà Serafini e la qualità finirà per vincere sul cuore. Non è bastata, in questa partita, perchè è stata una tipica partita da campo-dilettanti, terreno stretto, tecnica poco privilegiata e se il Venezia ha un merito è quello di essersi calata con umiltà in una dimensione non sua. Squadre ben messe, comunque, con due vecchi marpioni come Soligo e Bedin piazzati davanti alla difesa. Poco gioco sulle fasce, parecchi palloni lunghi, da qui il gioco prevedibile e le palle-gol con il contagocce. Una partita non adatta alle caratteristiche di Maccan e condizionata anche dalla leggerezza degli altri attaccanti, spesso per terra. Tra l’altro, da Roma arriva un arbitro che fischia – come dicono gli esperti – all’inglese, cioè poco o niente. Il risultato è che per trequarti di partita si corre giocando duro quanto basta, mentre nel finale, tra stanchezza e nervosismo, il romano perde un po’ il controllo della situazione incappando in qualche sproposito vistoso. Del primo tempo resta il ricordo di una palla-gol sprecata da Poletti al’inizio, la mezza rovesciata di Carbonaro, e una palla alzata da Fabiano; della ripresa invece un primo fallaccio di Favero su Carbonaro con accenno di rissa, la giocata di Acquadro che esalta il portiere padovano e un lampo di Barreto appena entrato, ma ancora alla ricerca di una condizione accettabile. Non c’è altro, allo stadio “Gabbiano”, centro sportivo all’avanguardia che sta dando una dimensione nuova ad un Campodarsego che, è giusto dirlo, merita la classifica che ha. Stadio pienissimo, grande colore di marca arancioneroverde con una curva piena piena e la tradizionale sciarpata. Altro? L’ottimo voto ai panini con porchetta e soppressa del dopopartita e un dubbio amletico: cosa intendeva quel signore che ha definito il presunto rigore del Campodarsego un “fallo plateatico”?
Ore 12.40 – (Gazzettino) «Il rigore era netto, ho rivisto le immagini. Aliù era davanti al difensore e si vede che la sua maglia viene tirata vistosamente, trenta-quaranta centimetri». Il presidente Daniele Pagin si sofferma sull’episodio che poteva cambiare volto alla super sfida con il Venezia. Resta il rammarico, anche se non disdegna il pareggio. «Sono comunque soddisfatto della nostra partita. Mi aspettavo che il Venezia ci schiacciasse di più, invece abbiamo tenuto bene il campo. Loro si sono resi insidiosi con un paio di tiri, e ha fatto due belle parate di Vanzato che è alla seconda partita consecutiva. Sono felice per il risultato e per il campionato che sta disputando la squadra, non me l’aspettavo». Grande soddisfazione anche per le tribune piene di gente. «Abbiamo fatto registrare il record di presenze, tanto che ho dovuto chiudere anche i cancelli e una quarantina di persone arrivate nella ripresa sono rimaste fuori. Non mi era mai capitato in nove anni di presidenza». Ecco Luciano Stevanato, che ha preso il posto in panchina di Antonio Andreucci (squalificato): «Il pareggio ci soddisfa dato che abbiamo affrontato una squadra di vertice con qualità al di sopra della media. Pensavamo di riuscire a fare qualcosa di più in fase propositiva, ma probabilmente abbiamo pagato dazio come personalità nel proporre gioco e nel rischiare qualcosa in più, anche se l’episodio del rigore poteva essere decisivo. L’impressione è che fosse netto». Il Campodarsego ha dimostrato di essere una bella realtà. «Dopo dieci gare nelle quale abbiamo affrontato avversari importanti la squadra ha dimostrato di avere una sua identità di gioco. Naturalmente dobbiamo stare sul pezzo per conseguire obiettivi che a inizio anno erano inimmaginabili, però anche in questa occasione è stato premiato il lavoro a livello di organizzazione». Record di tifosi sugli spalti. «È un premio anche per il presidente e per i dirigenti che fanno sacrifici, è stato molto bello vedere una cornice simile e speriamo di rivederla ancora». Dove può arrivare la squadra? «Noi cerchiamo di restare in alto il più possibile, poi la società ha interesse a valorizzare anche i giovani».
Ore 12.30 – (Mattino di Padova) Per tutti era la “partita” della stagione, non soltanto perché di fronte c’erano la prima e la seconda della classe. Ma anche perché si scontravano la vecchia gloria Venezia contro la matricola terribile Campodarsego, peraltro al cospetto di oltre mille spettatori in maggioranza ospiti. Alla fine ne è scaturito un pareggio a reti bianche, che rispecchia il sostanziale equilibrio della gara seppure la compagine arancioneroverde abbia avuto occasioni più nitide. Ma è anche un risultato che mantiene salde le posizioni di entrambe, in virtù della sconfitta della diretta inseguitrice Virtus Vecomp contro il Tamai: Union Venezia a 26 punti, Campodarsego 22. Dopo un po’ di studio reciproco, il primo tentativo è di Poletti al quarto d’ora, che stacca di testa su corner di fronte all’area piccola; l’incornata finale, tuttavia, non è abbastanza potente e precisa per terminare in rete. Risponde il Venezia prima con un lancio di Galli per Carbonaro, neutralizzato dalla difesa, e con lo stesso Carbonaro che si aggiusta la palla in area ma nella conclusione finale la manda sopra la traversa. Ben più pregevole è il gesto tecnico dell’attaccante lagunare poco dopo la mezzora, con una bella rovesciata che costringe Vanzato a uno scatto di reni e alla ribattuta in angolo. Nel mezzo la replica di Aliù, abbastanza fuori misura, e un lancio lungo per Fabiani, anticipato un secondo prima della ribattuta da Poletti. I maggiori pericoli restano comunque nella metà campo padovana, con la botta al volo di Maccan su cui mette una pezza il portiere biancorosso. Il tentativo di Piaggio su cross su punizione di Radrezza anticipa di poco la chiusura della prima frazione. Al rientro dagli spogliatoi, il primo tentativo a rete è la botta al volo di Gualdi che però finisce alle stelle. È Cacurio a rispondere «presente» da parte dei padroni di casa, pure con un tiro dalla distanza. Altro ribaltamento di fronte e punizione: dallo schema nasce un batti e ribatti in area; alla fine arpiona Acquadro, che non riesce a centrare la porta nella successiva conclusione. Gli va meglio con un cross di Barreto al 24’, in cui riesce a coordinarsi molto bene e a colpire al volo, ma altrettanto bene Vanzato scatta e a salva in angolo. Si tratta però del canto del cigno dei blasonati ospiti, perché poi cala progressivamente il loro volume di gioco a parte qualche sprazzo dei neoentrati Innocenti e Barreto. La squadra casalinga ne approfitta e alza il baricentro, con incursioni che si fanno via via più frequenti. La svolta potrebbe esserci poco dopo la mezzora: Aliù finisce a terra, giocatori e panchina del Campodarsego reclamano con veemenza il rigore ma l’arbitro fa cenno di proseguire. Il solito Aliù si fa vedere di nuovo, stavolta di testa; nessun problema per Vicario. C’è spazio anche per il neoentrato Tanasa, che porta avanti un’iniziativa personale e si affaccia alla porta avversaria, ma il tiro finale è troppo centrale. Il gol non arriva neppure nell’ampio recupero, mentre il triplice fischio finale inesorabilmente sì. Un punto a testa che forse va bene a entrambe, nonostante le recriminazioni sul rigore non assegnato e qualche attimo di nervosismo (ma senza conseguenze di nessun tipo) nei minuti finali.
Ore 11.40 – (Mattino di Padova) Va bene non buttar via la palla, ma guai ad esagerare! Prendete la partita di sabato a Bergamo, la peggiore giocata dal Cittadella in questo avvio di stagione in Lega Pro. Manca un minuto alla fine del primo tempo e Scaglia passa indietro il pallone mettendo in difficoltà Alfonso, che per poco non combina un pasticcio in contrasto con Soncin. Appena un altro paio di giri di lancette ed è Paolucci a chiamare in causa il portiere, dal cui controllo difettoso nasce il gol del 2-0 dell’Albinoleffe, quello che ha complicato definitivamente una gara che i granata potevano ancora recuperare. Lezione servita? Mica vero. Al quarto d’ora della ripresa è Iori a “servire” l’estremo difensore con una certa leggerezza, costringendolo all’uscita disperata: Danti lo anticipa e poi, visto che la sfera è troppo lontana, cerca il rigore venendo ammonito. Ma che ulteriore, inutile brivido! Il fatto che tutto sappia di “déjà-vu”, di già visto e già vissuto, acuisce l’impressione che certi rischi siano evitabili. Già in Coppa Italia, contro l’Atalanta, proprio nello stesso stadio era stato Moralez a beffare Vaccarecci, che sostituiva Alfonso, dopo un controllo difettoso con i piedi, successivo ad un retropassaggio. E con la Pro Patria, appena un paio di settimane fa, era stato Coppola a punire il Citta in una situazione non troppo diversa. Insomma, è evidente che l’input a provare sempre a costruire la manovra dal basso arriva direttamente da Venturato, che vuole una squadra capace di imporsi e mettere in pratica un calcio propositivo. In certe circostanze, però, non sarebbe un reato fregarsene del bel gioco e spazzare il pallone in tribuna, se necessario, considerato l’impaccio mostrato da entrambi i portieri nell’utilizzare i piedi. «È una questione di lucidità. A volte ci facciamo prendere dalla fretta di giocare la palla», ammette Filippo Scaglia, coinvolto in prima persona nella giornata storta della retroguardia granata e di certo capace di giocare molto meglio rispetto a sabato. «Sul gol del 2-0, comunque, le colpe non sono solo del portiere, ma partono da prima. Se riguardate l’azione, avevamo una rimessa laterale a nostro vantaggio che potevamo battere una ventina di metri più avanti, ma per velocizzare la ripresa abbiamo regalato un bel po’ di campo, rimettendo in gioco la sfera a ridosso dell’area». Nemmeno sul gol dell’1-0 la retroguardia è parsa immune da colpe: Danti ha avuto tutto il tempo di prendere la mira prima di sfoderare il maligno tiro mancino che ha sbloccato il risultato. «L’azione si è svolta velocemente e ci siamo fatti cogliere di sorpresa. Pascali era uscito incontro agli avversari e toccava a me e Iori, che era al mio fianco, ridurre lo spazio davanti all’attaccante, mentre Schenetti stava accorciando. Invece gli abbiamo lasciato troppi metri. Quella rete ha cambiato la partita: sapevamo che l’Albinoleffe avrebbe provato ad aggredirci e, tutto sommato, non avevamo cominciato male l’incontro. Subito sotto nel punteggio, però, abbiamo accusato il colpo». Gli errori in fase difensiva, macroscopici, si sommano a una prova offensiva tutt’altro che convincente, con Coralli e Litteri abbastanza in ombra. Se è vero che Venturato ha meglio di tutti sotto gli occhi lo stato di salute dei suoi uomini, viene comunque da chiedersi perché Jallow non sia stato utilizzato nemmeno per un minuto e, allo stesso modo, come mai Bizzotto, attaccante rapido e tecnico, ideale per mettere in difficoltà la legnosa retroguardia biancoazzurra, sia scomparso dai radar: non solo è rimasto in panchina per l’intero match, ma nelle ultime cinque giornate ha tenuto i piedi in campo appena 14’ (contro la Pro Patria). Un po’ poco, no?
Ore 11.20 – (Mattino di Padova) Sarà un caso, ma probabilmente non lo è: il Cittadella gioca meglio contro le “grandi” del girone. Le partite più belle, sinora, le ha sfoderate contro una diretta concorrente per la promozione come il Pavia e nel derby con il Padova, molto sentito sotto le Mura. Le gare peggiori? Contro Albinoleffe, Pro Piacenza e Giana Erminio, squadre dai nomi decisamente meno altisonanti. E pure nel 3-1 alla Pro Patria, se si ripensa all’incontro, i granata si sono appoggiati esclusivamente alla loro indubbia superiorità tecnica, senza “strafare”. Non ci sarebbe da meravigliarsi se sabato prossimo, contro un’altra diretta concorrente d’alta classifica come l’Alessandria, ospite del Tombolato alle ore 15, Iori e compagni sfoderassero un approccio più simile a quello del derby. Intanto, per loro, due giorni di riposo, già fissati prima della gara di Bergamo: riprenderanno gli allenamenti domani pomeriggio, nel centro sportivo di via Gabrielli.
Ore 10.50 – (Gazzettino, editoriale di Claudio Malagoli dal titolo “Più equilibrio e compattezza, adesso va migliorato il gioco”) Cominciamo dalle note positive. Prima di tutto i 3 punti: una boccata d’ossigeno fondamentale dopo tre partite di modesto profilo. Giusta la scelta del tecnico di mettere subito da parte quel 4-3-3 che non sembra avere gli interpreti adatti. Il passaggio al 4-3-1-2 con Bearzotti seconda punta ha garantito più equilibrio tra i reparti e soprattutto una maggiore compattezza. Prova ne sia che per la seconda volta di fila il Padova non ha incassato gol. Ma se con il Renate solo per una questione di fortuna la porta biancoscudata era rimasta immacolata, con il Mantova la tenuta difensiva ha fatto la differenza: zero occasioni concesse nel primo tempo agli ospiti (minacciosi unicamente con le punizioni di Dalla Bona), una parata importante di Petkovic nella ripresa quando la partita era ancora in bilico. Guai però a farsi troppo esaltare dal 3-0. Sia perchè i primi venti minuti della ripresa, di fronte a un avversario più aggressivo, hanno visto il Padova indietreggiare pericolosamente. E sia perchè a dare le dimensioni rotonde al punteggio sono state due prodezze individuali. C’è dunque ancora da crescere sul piano del personalità e del gioco. La sfida di sabato sera con l’ambizioso Pavia arriva al momento giusto per catalogare lo stato di salute della squadra. Ci vorrà infatti una prova di spessore per strappare un risultato positivo.
Ore 10.40 – (Gazzettino) L’inizio fa ben sperare, anche perché tre gol in Lega Pro li aveva segnati solo con la Nocerina, ma non dopo nove gare: «La strada è quella giusta, non devo fermarmi e il futuro è nelle mie mani. Ho il contratto in scadenza e sta a me dimostrare che merito la conferma o una categoria più alta». Per il Padova dopo un punto in tre gare, un successo pesante. «La sensazione era che in campo non ci divertissimo: pochi movimenti, poca costruzione e penso che con un avversario diverso dal Renate due domeniche fa sarebbe arrivato un altro ko. Con il Mantova, invece, da fuori percepivo già dai primi minuti una sensazione diversa, con tanta fame, cattiveria e i compagni che arrivavano per primi sulla palla. Noi siamo quelli di sabato e, per blasone e importanza della piazza, dobbiamo pensare in grande e non accontentarci di un torneo da provinciale che deve salvarsi». Sabato sera una controprova importante: il Pavia. «Un avversario attrezzato per vincere, serve la migliore squadra, ma affronteremo la settimana con maggiore serenità e consapevolezza. In fondo noi siamo il Padova e loro non sono il Real».
Ore 10.30 – (Gazzettino) E poi la meritata festa. «Nulla di particolare – replica – sono uscito con Savio Amirante per un giro in città e in qualche locale. Più che altro abbiamo liberato un po’ la testa dopo settimane in cui non eravamo più usciti. Non ce la sentivamo, visti i risultati, in quanto non ci sembrava rispettoso nei confronti della gente che ci segue». E i complimenti non sono mancati. «Qualcuno è venuto a farmeli, altri mi indicavano agli amici. Tra le tante telefonate e messaggi, invece, uno mi ha fatto particolarmente piacere ed è arrivato da Elio Gustinetti, l’allenatore che a Crotone, mi ha fatto crescere come uomo e dato tanta fiducia, facendomi giocare in B una ventina di gare a diciotto anni». E ora di anni ne ha ventotto: «Come dicevo tempo fa, questa per me è una stagione molto importante, forse l’ultima a disposizione per un salto di categoria, prima che le attenzioni virino su altri. Non mi sento vecchio, ma il sistema calcio funziona così».
Ore 10.20 – (Gazzettino) Ovvero l’esecuzione: «Per evitare il portiere, ho spostato la palla e mi sono allargato per cui lo specchio della porta era strettissimo. Ho calciato e sono caduto in modo strano, capendo di avere segnato solo quando la rete si è mossa». Nella sua personale “hit parade” dei gol più belli quello di sabato che posizione occupa? «Si gioca il primo posto con quello dell’anno scorso a Trieste, ma non cancello l’1-1 a Legnago dove anche mi trovavo in posizione defilata dopo uno scatto, quella volta però a sinistra». Seppure con la deviazione di un giocatore, non è stata da meno la sua seconda rete, con un tiro dal limite all’incrocio dei pali: «Ho intercettato palla più o meno nella stessa zona, pensavo arrivasse da dietro qualche compagno, ma non vedevo movimenti e allora ho provato a inventare qualcosa».
Ore 10.10 – (Gazzettino) «Quante volte ho rivisto i miei gol? Abbastanza, sto esaurendo i giga del mio telefonino». Nicola Petrilli si gode una giornata che resterà impressa nella sua mente, grazie a una doppietta di ottima fattura che sabato ha permesso al Padova di chiudere i conti ai danni del Mantova.
«Rivedendo le immagini del primo gol – racconta l’esterno torinese – mi sono accorto di avere fatto una bella cosa che non capita tutti i giorni. Se la riprovassi, non credo mi riuscirebbe ancora». E allora ricordiamo con le sue parole quello scatto da centometrista finalizzato con un tocco da bigliardo a superare l’estremo avversario: «Mi ero riscaldato poco e non avevo ancora rotto il fiato. La prima intenzione, con due uomini addosso, era quella di spostare avanti la palla per evitare che la intercettassero; poi, visto che avevo campo, ho iniziato a correre, ma pensando che mi potessero raggiungere, mi sono posto il quesito se accelerare o fermarmi e indietreggiare e fortunatamente ho scelto la prima soluzione. Poi è venuta la cosa più difficile».
Ore 09.50 – (Mattino di Padova, editoriale di Stefano Edel dal titolo “Citta, Padova e un copione a sorpresa”) Tutto questo per dire che cosa, allora? Che serve prudenza nei giudizi e che ora come ora è impossibile trarre conclusioni sulle prospettive e sull’esito di una stagione appena iniziata. Il tifoso ha il diritto di sognare quando le cose vanno bene, ma non deve farsi trascinare nella critica feroce e spesso distruttiva quando, invece, il quadro si tinge di nero o grigio. Giusto far rilevare alcune cose se non funzionano, ma non con toni ultimativi. Momenti difficili, in un torneo lungo 9 mesi, ce ne saranno altri, tutto sta a gestirli con intelligenza ed equilibrio, senza esasperazioni. Parlato, che di questa realtà respira anche l’umidità che trasuda dai muri delle case, dato che a Padova prima ha giocato e ora vi allena, ha dimostrato di non essere uno sprovveduto. Diamogli i meriti che gli spettano, è uscito da una situazione delicata, insieme ai suoi giocatori, provando e riprovando sul campo schemi e soluzioni utili ad esorcizzare la (mini)crisi. Non si è arroccato al 4-2-3-1 che gli è particolarmente caro, ma ha variato il sistema di gioco, puntando al 4-3-3 (peraltro senza risultati tangibili) e poi al 4-3-1-2, con un regista vero (Giandonato) e un trequartista in grado di far male (Cunico, schierato nel ruolo che più predilige). Sentenziare che questa sia la strada da battere d’ora in avanti equivale a ritornare al punto di partenza: non ci sono certezze. Meglio navigare a vista che credere di aver trovato la (definitiva) quadratura del cerchio. Il Padova, così come il Citta, farà bene a ragionare di gara in gara, organizzandosi a seconda di chi si troverà di fronte di volta in volta, perché le sorprese sono in agguato. Niente sentenze sino a Natale, quando, alla 16ª delle 17 giornate dell’andata, ragioneremo su basi più fondate per capire quali chance avranno le nostre squadre in ottica traguardo finale. Certo, con il ritorno di Neto e un migliore assetto del centrocampo, molti tasselli sono tornati ad incastrarsi nel modo giusto, ma siamo curiosi di (ri)vedere i biancoscudati quando si troveranno di fronte a formazioni arcigne e in grado di effettuare un pressing asfissiante. Perché in Lega Pro bisogna correre, e con intelligenza, non a vuoto, e sacrificarsi in ogni zona del campo, dal primo difensore centrale all’attaccante più avanzato. Per ora godiamoci la risalita al sesto posto. Senza enfasi ma neppure senza minimizzare.
Ore 09.40 – (Mattino di Padova, editoriale di Stefano Edel dal titolo “Citta, Padova e un copione a sorpresa”) Il calcio è proprio una brutta bestia. Guai a prendere per oro colato i risultati delle prime giornate di campionato, si rischiano fregature solenni. Ci eravamo permessi di sbilanciarci in una previsione favorevole sulle possibilità di fuga del Cittadella, dopo il filotto di quattro vittorie di fila centrato in due settimane, fra il 2-1 di Pavia del 3 ottobre e l’1-0 alla Giana Erminio di domenica 18, compreso il 3-1 rifilato alla Pro Patria nel recupero, ed eccoci subito smentiti. I granata hanno preso una bella imbarcata a Bergamo contro la (ex) penultima in classifica, e il passo falso – il primo in meno di due mesi – è costato loro la leadership, con Bassano e Reggiana pronte ad approfittarne, scavalcandoli a quota 18 (contro i 17 di Iori & C.). È caduto, inaspettatamente, il Pordenone a Lumezzane, e così è sparito lo “0” alla voce “partite perse”, sia per i granata che per i friulani. In testa ci sono le uniche due formazioni ancora imbattute, mentre dietro, bloccato il Pavia sul pareggio dalla Giana, veleggia alla grande l’Alessandria, che da quando è arrivato Gregucci non ha più sbagliato un colpo, infilando una serie di tre successi e un pareggio (sul campo del Bassano). Le gerarchie sembrano essere meglio definite adesso, ma quel “sembrano”, appunto, non può ancora tramutarsi in certezza. E ciò vale pure per il Padova, tornato a fare bottino pieno dopo aver racimolato soltanto un punto fra Sudtirol, il derby e Renate. Il concetto-cardine, per quanto trito e ritrito, è il solito: avere continuità. Sin qui era prevalsa la sensazione di essere su una sorta di “ottovolante”, con saliscendi ad ogni giro. Il girone Nord è duro e tale da non dare, appunto, certezze: si può andare a segno contro qualunque avversario, così come subìre sonori ceffoni da chiunque, come ha dimostrato lo stesso Citta. La Pro Patria, ferma sempre al desolante “0” dell’ultimo posto, per poco non strappava il pari al Mercante di Bassano, a dimostrazione che non c’è mai nulla di scontato.
Ore 09.30 – (Mattino di Padova) E ieri mattina com’è stato il risveglio? «Forse per la prima volta da quando sono qui mi sono sentito davvero “il” protagonista di una partita. Essere sui giornali, con i titoloni e tanto di foto, mi ha fatto sentire importante ed orgoglioso. E non è finita lì, per tutta la giornata mi avranno fatto interviste almeno quattro giornalisti diversi. E poi in tantissimi mi hanno scritto per complimentarsi.Qualcuno non me l’aspettavo, sono sincero. Mi ha scritto Elio Gustinetti, il mio allenatore quand’ero a Crotone, oppure Schincaglia, il mister nelle giovanili della Juventus». Grande la gioia, ma qualche sassolino dalle scarpe se lo toglie? «Nelle ultime settimane ho letto alcuni messaggi di tifosi che ci definivano “mercenari” o “scarsi”, o altri dire: “Sapevo che facevamo ’sta fine”. Beh, sono cose che fanno pensare molto, anche se rappresentano una minoranza della tifoseria biancoscudata. Dimostrare il contrario con i fatti è la risposta migliore».
Ore 09.20 – (Mattino di Padova) «Ah, quindi mi state dicendo che anch’io l’anno prossimo vado al Milan?», sorride Petrilli, il giorno dopo. «Scherzi a parte, la prima rete di sabato è stata una di quelle che capitano una volta nella vita, difficili anche solo da pensare. È proprio l’idea “adesso parto e vado in porta” che spesso proprio non arriva, visto che il rischio è di sembrare egoista o di commettere una figuraccia. È stato un bellissimo fine settimana, lo ammetto: prima di capacitarmene, quel gol l’ho rivisto almeno 3-4 volte». Qual è stato il gesto più difficile? «Certamente la conclusione, posso assicurare che la visuale della porta era quasi zero e potevo solo cercare il secondo palo. Le gambe, nonostante 50 metri a tutto gas, mi tenevano benissimo: non so cosa mi abbia spinto in quella corsa infinita, avrei avuto forza anche se il campo fosse stato ancora più lungo». La panchina iniziale, forse? «E chi lo sa! Di certo è bellissimo mettere il mister in difficoltà in questo modo». Come ha festeggiato la doppietta sabato sera? «In realtà non ho proprio festeggiato, sono andato a bere qualcosa in centro con Savio (Amirante, ndr) e un suo amico giunto da Genova. Le feste me le hanno fatte i padovani che mi hanno incrociato, tutti a complimentarsi e a chiedermi come avessi fatto a segnare un gol del genere».
Ore 09.10 – (Mattino di Padova) Lo scatto dalla linea di centrocampo, l’accelerazione bruciante tra due difensori, il dribbling sul portiere e poi quel destro da “biliardo”, che accarezza il palo lungo e finisce in rete, facendo esplodere l’Euganeo. Nemmeno sognandolo, Nicola Petrilli avrebbe potuto pensare di far davvero un gol come il primo dei due messi a segno sabato, quello che ha tagliato le gambe al Mantova e che, per com’è stato realizzato, ha fatto strabuzzare gli occhi agli oltre 4.000 spettatori che hanno avuto la fortuna di vederlo dal vivo. L’ultima volta che Padova aveva ammirato una prodezza del genere era stata quattro anni e mezzo fa, e lo scenario non era nemmeno l’Euganeo ma il “Castellani” di Empoli: la partenza da centrocampo, lo scatto bruciante verso l’area a metter fuori causa ogni rimonta dei difensori lungo la fascia sinistra, l’arrivo davanti al portiere e il destro di precisione sul secondo palo. L’autore? Stephan El Shaarawy, mica uno qualunque, che il portiere dell’Empoli nemmeno l’aveva scartato prima di segnare.
Ore 09.00 – (Mattino di Padova) Riposo finito, il Padova riprende a correre: questo pomeriggio, alle 15, i biancoscudati si ritroveranno alla Guizza per il primo allenamento settimanale. All’orizzonte c’è la durissima sfida in casa del Pavia (in programma sabato 31, alle 20.30), un incrocio pericoloso per Cunico & C.: dall’altra parte la quarta in classifica, in lotta per i primissimi posti, e tanti “ex” a cominciare dal tecnico Michele Marcolini – che dovrà fare a meno dello squalificato Sabato, espulso contro la Giana Erminio – per arrivare al centrocampista La Camera. Per il Padova, mercoledì, è in programma un’amichevole alle 19 a Cadoneghe, allo stadio Martin Luther King, contro la locale formazione di Prima Categoria per testare ulteriormente l’approccio dei giocatori sotto i riflettori. La polemica. Attacco del presidente del Mantova, Serafino Di Loreto, ai tifosi biancoscudati dopo il 3-0 dell’Euganeo: «Non mi è piaciuto il loro atteggiamento nei confronti di Ruopolo», le parole del patron virgiliano. «Per 45’ l’hanno beccato e intimidito. Per cori discriminatori si chiudono le curve, per Ruopolo invece l’arbitro non ha nemmeno fatto un richiamo al capitano del Padova: vedremo di fare un esposto in Federazione».
Ore 08.30 – Lega Pro girone A, la classifica aggiornata: Bassano e Reggiana 18, Cittadella 17, Pavia 16, Alessandria 14, FeralpiSalò, Lumezzane e Padova 12, Pordenone e SudTirol 11, Cremonese e Giana Erminio 10, Cuneo 9, Mantova 8, Pro Piacenza 7, AlbinoLeffe 6, Renate 4, Pro Patria 0.
Ore 08.28 – Lega Pro girone A, risultati e marcatori dell’ottava giornata: Lumezzane-Pordenone 2-0 (Barbuti (Lu) al 24′ st, Cruz (Lu) al 26′ st), Reggiana-Cremonese 1-0 (Mogos (Re) al 15′ pt), Alessandria-Renate 4-1 (Nicco (Al) al 5′ pt, Bocalon (Al) al 19′ pt, Marras (Al) al 33′ pt, Valotti (Re) al 3′ st, Fischnaller (Al) su rigore al 33′ st). Giocate ieri: , Cuneo-SudTirol 3-1 (Bassoli (St) al 33′ pt, Corradi (Cu) al 38′ pt, Chinellato (Cu) al 22′ st e al 38′ st), Padova-Mantova 3-0 (Neto Pereira (Pd) al 4′ pt, Petrilli (Pd) al 21′ e al 24′ st), AlbinoLeffe-Cittadella 2-0 (Danti (Al) al 5′ e al 46′ pt), Bassano-Pro Patria 1-0 (Proietti (Ba) al 36′ st), Giana Erminio-Pavia 1-1 (Ferretti (Pv) al 18′ st, Bruno (Ge) al 45′ st), Pro Piacenza-FeralpiSalò 0-0
Ore 08.26 – Se non lo hai ancora fatto, regalaci un “mi piace” e diventa fan della pagina facebook di Padovagoal a questo link. Per te tante foto esclusive e tanti contenuti imperdibili dall’universo Padova e dal mondo Cittadella lungo tutto il corso della giornata.
Ore 08.24 – Ringraziamo anche oggi i nostri sponsor Maglietteveloci.it, Macron Store, Studio Pignatelli Netstore, Birra Antoniana, Agenzia fotografica Zangirolami, Piccolo Teatro Padova, Padovanuoto e Columbus Thermal Pool perché rendono possibile questa diretta.
E’ successo, 25 ottobre: giorno di riposo per i Biancoscudati dopo il successo col Mantova. La Reggiana raggiunge il Bassano in testa alla classifica