È difficile spiegare cosa si prova realmente in situazioni simili. Anzi, forse è impossibile. Il sottoscritto, però, tenterà di farvelo comprendere. Partendo dal fondo.
Padova, Casa di Reclusione Due Palazzi. È da poco terminato il primo trofeo “Pallalpiede”, ed anche i giornalisti sono invitati a lasciare lo spazio antistante il campo da calcio in cui si è appena disputato il triangolare. Si apre il primo, enorme cancello. Appena lo varco mi volto verso destra. Ed il mio sguardo incrocia quello di un detenuto. È quasi nascosto dalle sbarre, ma noto subito che mi saluta. Io rispondo, senza alcuna esitazione. E sul suo viso si apre un sorriso timido ma riconoscente. Lo sfodera per ringraziarmi. E capisco che è l’istantanea che racchiude alla perfezione l’essenza della giornata.
Una giornata – inserita nei festeggiamenti per i 40 anni del Panathlon di Cittadella – che ha visto la Polisportiva Pallalpiede (squadra composta da soli carcerati che milita in Terza Categoria) perdere – ma lottando a testa alta – con le formazioni Berretti di Padova (1-0, rete di Nnaj) e Cittadella (4-0 maturato negli ultimi minuti), coi granata che si sono aggiudicati la coppa grazie all’1-0 firmato da Kingsley con cui hanno battuto i Biancoscudati nell’ultimo mini-match da mezz’ora. Ma del risultato finale poco importa. Ciò che contava veramente era dare ulteriore risalto ad una realtà unica nel suo genere regalando nel contempo quasi tre ore di svago a chi, consapevole di aver sbagliato nel “mondo di fuori”, cerca nel calcio un mezzo per riscattarsi. L’inizio è promettente, visto che l’anno scorso la Pallalpiede ha vinto la Coppa Disciplina di categoria: se il buongiorno si vede dal mattino…
Palloni che sorvolano il muro di cinta seguiti con occhi sognanti, gabbiani che stazionano a mezz’aria quasi a voler seguire le fasi salienti del triangolare, giocatori acclamati dalle celle: del pomeriggio al “Due Palazzi” rimangono molte immagini emblematiche. Una più bella dell’altra. Alcune particolarmente significative. Tutte emozionanti. Quanto il sorriso di un detenuto…