Quattro punti in due partite. Molto, se si considerano il ko di Coppa Italia col Pordenone e le inquietudini che hanno preceduto il via ufficiale al campionato. Molto, se si considera il livello medio del Girone A della Lega Pro 2015-2016, dove almeno otto-nove squadre possono ambire ai primi quattro posti della classifica e dove anche la metà bassa della graduatoria non presenta affatto squadre materasso o comunque largamente inferiori alle migliori quanto a tasso tecnico come accadeva in passato. Il Padova va, batte il Pro Piacenza dopo un primo tempo difficile e nervoso con la miglior virtù che una squadra possa avere: la pazienza. Con calma e tenacia si è lavorato ai fianchi un avversario ben messo in campo e che vantava qualche individualità di spicco, portando a casa tre punti d’oro. La svolta rispetto alla Coppa Italia è stata netta. E, soprattutto, non casuale. Da quando Daniele Corti ha fatto irruzione in squadra scalzando Manuel Giandonato, tutto il meccanismo ha funzionato decisamente meglio di prima. Logico, a ben guardare, osservando attentamente le caratteristiche dei giocatori in rosa. Giandonato, che tecnicamente non si discute, è apparso sin dal primo momento un acquisto fuori contesto, quasi inspiegabile considerato che si era impostata una campagna acquisti basata sul 4-2-3-1, salvo poi acquistare un regista classico che nulla c’entra con questo tipo di modulo. Facendo un esempio immediatamente comprensibile ai più, basterà ricordare che con Vincenzo Italiano in cabina di regia il centrocampo del Padova era sempre a tre, idem per la Juventus con Pirlo, idem per il Psg con Verratti e via dicendo. Per far giocare Giandonato, insomma, bisogna snaturare la squadra, spostando diversi giocatori fuori ruolo. Non so se si riuscirà a trovare un modo per renderlo utile, ma la sensazione è che la squadra abbia una fisionomia ben precisa e che con due pedalatori in mezzo mantenga i necessari equilibri.
Si sono viste tante griglie in queste settimane per provare a fare le carte al campionato di Lega Pro. Personalmente ritengo il Padova non da primissimi posti, quantomeno sulla carta. Ma sono valutazioni che possono cambiare rapidamente, perché basta azzeccare un paio di scommesse e le quotazioni si impennano. I punti deboli a mio parere sono a centrocampo in assenza dei due titolari e sugli esterni bassi, in questo caso per le caratteristiche dei giocatori acquistati. Anastasio è troppo offensivo per questo modulo, Favalli pure anche se ieri mi ha fatto decisamente una buona impressione soprattutto in fase difensiva, dov’è stato capace di annullare praticamente un primattore come Rantier. Vedo Alessandria e Cittadella sopra tutte le altre, Pavia, Bassano, Cremonese e FeralpiSalò appena sotto, Padova e Reggiana a ruota. Questa la prima impressione ricavata dalle prime due giornate di campionato, cercando di andare al di là dei singoli risultati.
Capitolo abbonamenti. Non mi aspettavo assolutamente numeri superiori, anzi ero convinto che il calo sarebbe stato persino più netto. I numeri sono buoni, superiori a quelli dell’era Cestaro e per una Lega Pro di medio alto cabotaggio la risposta della tifoseria è stata positiva. Impossibile trascurare l’effetto spezzatino imposto dalla presenza di Sportube e dalla tv ufficiale della terza serie italiana, impossibile tralasciare gli effetti negativi della burocrazia più bieca, che spesso annacqua anche le migliori intenzioni. Detto questo, Padova ha un’occasione formidabile: dimostrare di poter superare la dimensione provinciale che trasforma la squadra in una calamita solo quando le cose vanno bene. Se si lotta per grandi traguardi, allora tutti allo stadio, altrimenti spuntano improvvisamente le scuse più disparate e il disinteresse dilaga. E’ necessario abbandonare un certo snobismo che aleggia da sempre in città e provare a crescere tutti assieme, evitando confronti talvolta arditi con piazze reduci da decenni di Serie A e provando ad avvicinare le nuove leve alla squadra. Personalmente ho sempre detestato la diatriba fra lo “zoccolo duro” e i cosiddetti “occasionali”. Questi ultimi saranno pure tali, ma se appena si avvicinano li si tratta come un corpo estraneo e si fa di tutto per allontanarli siamo proprio certi che si voglia aiutare l’ambiente a crescere nel modo più consono alle potenzialità della piazza?
Capitolo stadio. Siamo reduci da anni di immobilismo totale da parte delle precedenti amministrazioni comunali. Al netto, lo ribadisco, di qualsiasi considerazione politica, la giunta Bitonci sta provando a trovare soluzioni diverse per creare strutture adeguate alle esigenze di ciascuno sport. Ora, è del tutto evidente che UN evento (Il Meeting) all’anno non può condizionare decine di partite con un’affluenza decisamente superiore e le abitudini di migliaia di persone: chi sostiene il contrario evidentemente vive fuori dalla realtà. Ottima, a mio avviso, l’idea di sistemare il Colbachini e di trasformarlo nello stadio dell’atletica. Interessante l’idea del rifacimento del Plebiscito (con tante incognite però da superare, in primis viabilità e parcheggi), soprattutto se inserita in un contesto più ampio. Stento a capire chi sostiene che 10mila posti sarebbero pochi: andando a vedere i numeri passati, quante volte è accaduto di superare quella quota? Ben poche, anche durante il campionato di Serie B. Fra l’altro c’è già la soluzione alternativa. Nel caso in cui si presentassero eventi di ampia portata o nel caso in cui la squadra decollasse, rimarrebbe sempre l’Euganeo, in attesa che sorga il nuovo stadio. Ora: se saranno soltanto promesse non mantenute sarà il tempo a dirlo, ma come si fa a sostenere a priori che un progetto simile sia negativo per la città e per la tifoseria? Fatico a comprenderlo. L’Euganeo è uno stadio palesemente inadeguato al calcio, ben venga un progetto step-by-step per regalare alla squadra della città un impianto all’altezza della propria storia. Se poi il tutto si esaurirà tutto in una bolla di sapone, state pur certi che alle prossime elezioni i padovani se ne ricorderanno. Bitonci è il primo a saperlo.