Fonte: Corriere del Veneto/Mattino di Padova
Quindici a zero. No, non è un errore di stampa o il risultato di un’amichevole estiva contro una squadra di dilettanti. È il ko più pesante di sempre maturato nella storia del calcio italiano in Coppa Italia. Quindici a zero. Per ritrovare un risultato di tali proporzioni bisogna tornare indietro di ben 89 anni. Nell’edizione della Coppa Italia 1926-1927 la Juventus sconfisse il Cuneo con identico punteggio. Quasi un secolo più tardi ecco il clamoroso successo del Cittadella contro il Potenza. Con il club granata che entra di diritto negli almanacchi dell’ars pedatoria italiana. Ma quella di domenica non è solo una semplice vittoria nel primo turno di una competizione che mette di fronte una squadra retrocessa in Lega Pro (il Cittadella) contro un avversario di categoria inferiore (il Potenza). Al Tombolato si sono affrontate una squadra rodata (il Citta) e un gruppo di ragazzini tra i 20 i 17 anni, messi insieme senza alcun tipo di preparazione atletica e fisica, dopo tribolate vicissitudini societarie. Per rendere l’idea, il viaggio di 1600 chilometri andata-ritorno è stato organizzato in fretta e furia in pullman, con pranzo al sacco e con rientro immediato in Basilicata. Chiaro però che un risultato del genere riapra l’annosa ed eterna discussione su cosa sia giusto fare. Ma se dalla dirigenza lucana non arriva nessun rimprovero (ma soltanto elogi per i giovanissimi calciatori), i più inviperiti sono i tifosi del Potenza: una rabbia incontrollata che si è scatenata via social sul profilo facebook del Cittadella e sui siti di riferimento. Dal canto suo invece la tifoseria granata ha regalato solo applausi agli juniores potentini con passerella finale sotto la tribuna dei malcapitati in maglia gialla. «A nome di tutta la società – spiega il direttore generale del Potenza Mimmo Rossiello – esprimo il massimo apprezzamento per questi ragazzi. Al loro ritorno saremo ben lieti di mostrargli tutto il nostro orgoglio per averli in squadra. Per noi non resterà nella mente il risultato, ma il loro attaccamento ai colori rossoblu». Serafico il direttore generale del Cittadella Stefano Marchetti, che a fine gara si è stretto la mano con gli avversari: «Il nostro dovere era di non fermarci, rispettare l’avversario significa andare avanti e giocare al massimo. Il nostro atteggiamento è stato apprezzato dalla dirigenza del Potenza, poi siamo in Italia e vedremo cosa diranno…». Il dilemma che si ripresenta in questi casi è sempre lo stesso: rispettare l’avversario significa evitare di infierire in una situazione «particolare» oppure giocare al massimo delle proprie possibilità fino alla fine? Il dibattito è aperto, alcune voci sparse: «Vergogna vergogna…avete toppato alla grande giocando fino al 95° contro ragazzini del 95». Oppure: «Vergognatevi… a fare i fenomeni con i ragazzini di 16 anni … la ruota gira!!! Potenza non dimentica». E ancora: «Sperate di non incontrarci con una squadra vera perché ve la faremo pagare cara. Allora conoscerete il vero Potenza e il suo pubblico». Ma c’è anche chi non la pensa così, come tanti tifosi neutrali e un tifoso potentino controcorrente: «Loro hanno giocato al massimo delle loro possibilità come si fa in una qualsiasi competizione sportiva che si rispetti. Non hanno mica deriso la squadra segnando nei modi più assurdi». Polemiche, veleni, accuse e controaccuse. Anche se a ben guardare Giulio Bizzotto, mattatore della serata con quattro gol, dopotutto è pur sempre del 1996.
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Quindici gol pesano, rimbombano nella testa di ragazzini nemmeno ventenni catapultati a giocarsi il primo turno di Tim Cup contro professionisti con anni di esperienza. Pesano e gettano discredito persino sulla testa di una società come il Cittadella, la cui unica colpa è stata la sfortuna di ritrovarsi abbinata a una squadra che non esiste. Il giorno dopo Cittadella-Potenza e il suo clamoroso 15-0 (record nazionale in Coppa Italia) l’Italia si divide sul senso dello sport. L’eterna lotta tra il «Più corretto fermarsi» e il «Giusto continuare a giocare» vive di un altro episodio controverso. L’affondo. «I dirigenti del Potenza hanno espresso il loro apprezzamento per il non esserci fermati, per l’aver continuato a giocare rispettando l’avversario», aveva detto a caldo il ds del Cittadella Stefano Marchetti. Una realtà lontana dalla sua effettiva dimensione. Erano da poco passate le 22, meno di un’ora prima, quando il direttore generale del Potenza, Mimmo Rossiello, capendo che i suoi Juniores stavano per andare incontro alla più totale disfatta, scriveva sul suo profilo Facebook un attacco diretto al Cittadella e ai suoi giocatori: «Fanno i fenomeni con i ragazzini di 15 anni. Posso augurare loro di ritrovarli il prossimo anno da qualche parte…». Un ceffone in piena regola, rincarato dal post successivo delle 22.40: «È giusto ricordare ai tanti fenomeni (al pari dei calciatori del Cittadella) che stanno postando critiche e giudizi, che a Padova hanno giocato i ragazzini della Juniores, e in numero limitato». Sono la prima di una lunga serie di polemiche. Le critiche. Perché da quando il 15-0 ha cominciato a circolare in rete, su tutti i principali quotidiani nazionali e sui social network, l’opinione si è divisa. E moltissimi sono stati coloro che al Cittadella non le hanno mandate a dire: il profilo Facebook non ufficiale della società è stato letteralmente invaso da messaggi di insulti di tifosi del Potenza, ma anche del Padova. E si è andati dal «Un po’ di ritegno, dai: state giocando contro dei ragazzi che potrebbero essere i vostri figli», al «Vergognatevi di infierire così contro dei ragazzi». L’appoggio. Di contro molti altri si sono schierati a favore della squadra di Venturato. Compresi gli stessi giocatori potentini, che dal pullman che li riportava a casa hanno cinguettato: «Abbiamo visto il calcio vero, da quando siamo arrivati allo stadio a quando siamo usciti tra gli applausi. Ci hanno trattati da squadra vera, non come una banda di ragazzini. Hanno giocato la loro partita, senza mai una parola fuori posto. A volte anche incoraggiandoci». Manuel Iori, all’inizio del secondo tempo, si era rivolto a mister Venturato, chiedendo lumi. I gesti del tecnico, come a dire: «Dobbiamo andare avanti», e la discesa verticale verso un punteggio storico. Qualcuno non avrà gradito, i giocatori lucani sul momento si saranno sentiti a terra. Ma poi ognuno è tornato con una maglia del Citta in tasca.