Fonte: Mattino di Padova, Stefano Edel
Carmine Parlato va dalla Madonna. E ad accompagnarlo, perché la promessa se l’erano fatta a vicenda, ci sarà anche Alan Marin, il preparatore atletico del Padova. Proprio come dodici mesi, quando trionfò con il Pordenone all’ultima giornata della Serie D, conquistando la promozione in Lega Pro (la seconda dopo quella ottenuta alla guida del Rovigo), il tecnico napoletano, che domenica prossima compirà 45 anni, ha deciso di rinnovare il suo atto di fede nei confronti della Regina della Pace di Medjugorje. «Sono stato io, stavolta, a dire che, se avessimo centrato l’obiettivo, saremmo tornati là, per ringraziare Maria», spiega. «Tre anni fa vi ero andato con mia moglie Alessia e avevo incontrato per caso Marin. Eravamo nello stesso posto, pur essendo partiti separatamente. A Pordenone, quando iniziammo la stagione 2013/14, il “prof” mi disse: “Carmine, se vinciamo il campionato, andiamo a Medjugorje!”. Gli risposi di sì. E così abbiamo fatto. Ce lo siamo ridetti anche in occasione dell’esperienza padovana, e rispetteremo il voto fatto». Parlato non aggiunge dettagli sulla spedizione, ma l’appuntamento è fissato per l’inizio della prossima settimana, dopo che venerdì si chiuderà ufficialmente la stagione all’Appiani. Basandoci sul precedente del maggio 2014, si tratta di un viaggio di 1.500 chilometri, fra andata e ritorno, da compiere guidando anche di notte.
Otto ore per arrivare, più o meno altrettante per rientrare. Un anno fa, sbancata Este all’ultima gara e lasciato al Marano un pugno di mosche in mano, Parlato partì il lunedì dopo la partita in pullmino con lo stesso Marin, il preparatore dei portieri Michelangelo Mason e l’allenatore in seconda Franco Dall’Anese. Al giornalista freelance Angelo De Lorenzi ha raccontato l’esperienza straordinaria vissuta a contatto con quel luogo sacro, che milioni di pellegrini raggiungono da ogni parte del mondo. «Alle 6 del mattino eravamo ai piedi della collina delle apparizioni. Non abbiamo perso tempo: ci siamo tolti le scarpe e siamo saliti a piedi nudi sul Podbrdo (brullo e sassoso, è la zona più bassa del monte Crnica, sopra la frazione di Bijakovici, dove abitavano i sei veggenti al tempo delle prime apparizioni nel 1981, ndr). Abbiamo raggiunto la cima e ci siamo riuniti a pregare davanti alla statua della Madonna. Il nostro è stato un piccolo gesto rispetto al sacrificio di altre persone che si recano a Medjugorje a chiedere un aiuto o una grazia». Il bisogno di dire “grazie” da parte di un uomo di sport, credente convinto, lo ha spinto ad affrontare un’altra volta il lungo viaggio.
Sempre allo stesso De Lorenzi, il mister napoletano aveva confidato: «Io penso molto semplicemente che, quando ti sei impegnato per raggiungere un obiettivo e lo centri, devi ringraziare chi ti ha aiutato, cioè la Madonna, che ti ha sostenuto nell’impegno e nelle fatiche di ogni giorno. Il senso di questo pellegrinaggio è stato proprio il ringraziamento a Maria». E aveva aggiunto: «Lì ho avuto la possibilità di pregare, di stare anche da solo con me stesso pensando a mio padre, che ci ha lasciato nel 2006. A Medjugorje si va non solo per se stessi, perché preghi anche per le persone che sono rimaste a casa. Porti alla Madonna le intenzioni, le suppliche, le preghiere di tutti loro. E incontri un bel clima di pace e di serenità». Parlato va a messa e frequenta la Basilica di Sant’Antonio. «Durante la settimana», rivela, «cerco sempre di ritagliarmi almeno una mezz’ora di silenzio in chiesa, per stare davanti a Dio. Lo consiglio a tutti». Un altro aspetto significativo del suo rapporto con la fede è testimoniato dalla presenza di un sacerdote vicino alla squadra. «In ogni città dove sono stato ad allenare ne ho sempre cercato uno, che fosse di riferimento per me stesso, innanzitutto, e poi per i giocatori. Credo che la parola di un sacerdote per i ragazzi di una squadra di calcio non possa che fare del bene. I calciatori non vanno incontro solo a successi, possono anche trovarsi di fronte a molte difficoltà nella propria vita, come avviene per qualsiasi persona».