Crac Padova, nubi grigie all’orizzonte: manca ancora l’ok del Credito Sportivo, e i tempi per la riappropriazione del vecchio logo…

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Fonte: Gazzettino, Andrea Miola

Il vecchio Padova torna a intravedere nubi grigie all’orizzonte. Sembrava destinato a buon fine il piano di ristrutturazione del debito con i creditori, ma da qualche settimana tutto tace. Se in passato si indicava in febbraio il termine per definire il tutto, ora le parti in causa vedono nel mese in corso quello del «dentro o fuori». Con il ritiro delle domande di fallimento da parte dell’avvocato Mattia Grassani e della società di broker Ni.Pa srl – il cui titolare Alfredo Pastorelli è ora al vertice della Vi. Fin, l’organismo di imprenditori berici che sta aiutando il Vicenza Calcio – la vertenza è uscita dalle aule del tribunale per essere portata avanti in via stragiudiziale con una particolare forma di concordato. Perché questo possa essere certificato da un professionista e poi omologato dal tribunale, occorre che l’accordo di ristrutturazione venga raggiunto con un numero tale di creditori da rappresentare almeno il 60 per cento degli importi complessivamente dovuti. Per superare tale soglia manca ancora l’ok del Credito Sportivo che avanza una somma attorno ai due milioni di euro relativa alla gestione Penocchio.

Il via libera pare da tempo imminente, ma ancora non arriva e gli altri creditori (con alcuni dei quali non è stata ancora trovata in toto la quadratura del cerchio), si stanno spazientendo. Ecco perché, in assenza di novità entro fine maggio – così è stato deciso – ognuno si sentirà libero di muoversi nella maniera più opportuna. Questo comporta la possibilità di nuove istanze di fallimento, il ritorno della procedura in tribunale, con tempi più lunghi e conseguenze tutte da scoprire in caso di sentenza di fallimento. Nessuna ripercussione, va precisato, ricadrà sull’attuale Padova che potrà comunque tornare alla vecchia denominazione, ma i tempi per riappropriarsi del logo sarebbero più lunghi, anche perché il credito dell’amministrazione comunale (poco più di 300 mila euro) che in parte dovrebbe essere pagato con la restituzione del biancoscudo, non è di tipo privilegiato (come gli stipendi, i contributi previdenziali e l’Irpef) e dunque rischierebbe di restare insoddisfatto.




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