Live 24! Padova, il risveglio più dolce dell’anno: è tutto vero, il Biancoscudo è in Lega Pro!

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Ore 23.20 – Queste, infine, le dichiarazioni rilasciate alla trasmissione “Biancoscudati Channel” su Telenuovo dal sindaco di Padova Massimo Bitonci: “Cestaro? Non l’ho più voluto incontrare. Questa è una scommessa vinta, giocata senza avere all’inizio nulla in mano. Bisogna ringraziare la “premiata ditta B&B”, la squadra, il mister ma soprattutto i tifosi, perché grazie a loro eravamo in serie D ma sembrava di essere in serie B! Il vecchio logo del Calcio Padova? Il termine ultimo è il 30 settembre, se non dovessero restituircelo pagando anche la parte di debito pattuito chiederemo subito il fallimento. La curva a bordo campo? Abbiamo già stanziato la somma pattuita, stiamo studiando la soluzione migliore dato che in Lega Pro gli standard di sicurezza sono diversi. La tempistica? Stiamo pensando all’ampliamento della tribuna del Colbachini, quindi una volta attuato si potrà dismettere la pista d’atletica. E stiamo ragionando a qualcosa di più, pensando anche ad una “cittadella del calcio” dove allenarsi, con più campi da calcio. Penso sia giunta l’ora di fare un simile investimento…”.

Ore 23.10 – Queste le dichiarazioni rilasciate alla trasmissione “Biancoscudati Channel” su Telenuovo dall’amministratore delegato Roberto Bonetto: “Sabato mattina ero così teso che avevo la febbre! È stata un’emozione intensa… Abbiamo l’onore di rappresentare un’intera città! Io e Bergamin non ci vedevamo da tanto, ma quest’estate ci abbiamo messo due telefonate e mezz’ora per decidere cosa fare… È la passione a muoverci! Il futuro? Stamattina abbiamo incontrato De Poli e questo pomeriggio Parlato, la loro disponibilità c’è ma non è che per decidere basta il tempo di un caffè… Li abbiamo incontrati nella tribuna d’onore dello stadio Euganeo. Col sindaco abbiamo deciso che qualora dovesse prospettarsi un cambio del pacchetto di maggioranza a livello azionario lui dovrà dare il benestare. Tornare a Bresseo per gli allenamenti l’anno prossimo? Sono sorti dei problemi, e così è nata l’idea della ‘cittadella dello sport’ nell’area circostante allo stadio Euganeo. La tempistica? Non va oltre all’anno…”.

Ore 23.00 – Queste le dichiarazioni rilasciate alla trasmissione “Biancoscudati Channel” su Telenuovo dal presidente Giuseppe Bergamin: “La partita di ieri? Dentro di me ho sempre creduto in questa promozione, quindi l’ho vissuta tranquillamente almeno fino al triplice fischio finale! Dopo la resurrezione c’è l’Ascensione… Dobbiamo salire, e per salire c’è bisogno di una giusta struttura, con uomini adatti. Parlato e De Poli? Abbiamo subito pensato alla conferma immediata, chi ha fatto bene se lo merita. Abbiamo la volontà di continuare con loro due, i meriti di questa vittoria sono loro ma è chiaro che il progetto va condiviso da entrambe le parti. Abbiamo parlato con loro, ognuno sta ragionando e dopo ragioneremo tutti insieme. Dove si allenerà il Padova? Stiamo pensando di creare questa zona polifunzionale attorno allo stadio Euganeo, al momento è ancora un’idea ma speriamo di poter presentare in futuro un progetto in Comune. Il finanziamento sarebbe in parte pubblico ed in parte privato”.

Ore 21.10 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Per il Venezia è già tempo di pensare al futuro. Di fatto con il pareggio di sabato contro il Pavia (1-1) la stagione attuale va in archivio: sette i punti di vantaggio sul quint’ultimo posto che significherebbe playout, margine rassicurante per poter già voltare pagina. Dopo un’altra stagione priva di soddisfazioni e vissuta senza emozioni particolari, per la formazione lagunare è già il momento di iniziare programmare il prossimo campionato e non solo. Indispensabile per guardare avanti in maniera costruttiva è però che il presidente Yury korablin scopra le carte e faccia capire le proprie intenzioni, magari avviando un progetto che veda poi veramente rispettate le scadenze, che dia serenità e sicurezza all’ambiente e che favorisca il riavvicinamento di una tifoseria spoetizzata dal recente metodo di gestione del sodalizio. Per la società lagunare c’è la necessità di effettuare quel salto di qualità che non significa necessariamente creare una squadra altamente competitiva ma soprattutto gettare le basi per una società con gestione ordinaria serena. Per farlo è indubbiamente necessario che il presidente sia più vicino alle sorti della squadra – in prima persona o tramite un suo rappresentante di fiducia con pieni poteri – e che dia indicazioni precise sin da subito a chi dovrà costruire l’organico, possibilmente con un mandato che vada al di là degli incarichi annuali sinora sottoscritti. Far crescere una realtà uscita da una serie infinita di vicissitudini richiede una programmazione che va al di là della singola stagione, investimenti – anche a livello di immagine e di organizzazione – che possono essere ispirati solamente da un grande interesse per il Venezia, per il suo futuro. Proprio per questo è necessario che il presidente Korablin scopra le proprie carte e faccia capire al più presto i propri intenti sia sul fronte squadra, sia su quello del nuovo stadio (tema che pare quasi paradossale in questo frangente).

Ore 21.00 – (La Nuova Venezia) Ci ha messo le gambe, la testa, il coraggio e alla fine è tornato a casa con due punti sul sopracciglio sinistro. Ma Francesco Cernuto è stato il grande protagonista del pareggio ottenuto dal Venezia sabato contro il Pavia. Poteva andare meglio, certo, e una traversa colpita da Zaccagni grida ancora vendetta; ma poteva anche andare peggio, e se non lo è stato è proprio grazie al 23enne di Milazzo, alla seconda stagione nel Venezia, che ormai sembra essere un punto fisso della difesa arancioneroverde. «Nel complesso abbiamo giocato una ottima partita» spiega, «nonostante si sia partiti un po’ così e così, con il Pavia che ha preso campo e ci ha mesi inizialmente in difficoltà. Alla fine il pari è giusto. Si poteva anche vincere sabato, e questo stando solo al numero di occasioni avute». Per tutta la partita la sfida Cernuto-Soncin è stata una costante quando il Pavia attaccava, ma il difensore centrale del Venezia ha sempre avuto la meglio, anche quando in un contrasto aereo i due si sono feriti. «Un paio di punti li ho presi, ma li avrei dati volentieri alla squadra per farne tre in tutto contro il Pavia”, prosegue con una battuta, «a inizio partita ho salvato la porta con una deviazione istintiva, ho visto il pallone arrivare solo all’ultimo momento, e se è per quello ho pure rischiato di fare un autogol. Ma è andata bene, come allo scadere quando ho messo il corpo per intercettare un tiro dal limite. È stato peggio quando un rinvio di Fortunato mi ha colpito in pieno al volto, me la sono vista brutta». Una stagione in crescita la sua, anche favorita dalla cessione di Marino (proprio al Pavia, ndr) nella sessione invernale del mercato. «Ho avuto più spazio ma ho anche saputo guadagnarmelo» sottolinea Cernuto, «non ho fatto altro che lavorare, lavorare e lavorare. Per farmi poi trovare pronto, sempre a disposizione dell’allenatore e senza fasciarmi la testa se non giocavo. Così si deve fare, e con tanta buona volontà si ottengono i risultati. Poi, certo, potessi cancellare gli infortuni e le espulsioni di quest’anno lo farei volentieri. Quella di Monza mi brucia ancora tantissimo». E se il Venezia è in serie utile da sei partite, lo deve anche alle prestazioni del suo difensore siciliano. «Nel calcio spesso fa impressione il fisico, specie in certi ruoli, come in difesa. Ma io non ho chissà quale prestanza, però di testa me la cavo e così posso dare il mio contributo. Ora il nostro obiettivo è la salvezza, non ancora raggiunta matematicamente a tre giornate dalla fine. Intanto sono contento per i nostri tifosi, perché contro il Pavia si sono goduti uno spettacolo degno dei soldi che hanno speso per il biglietto».

Ore 20.40 – (Giornale di Vicenza) Obiettivo sesto posto. Per i biancorossi la salvezza ormai è in cassaforte grazie alla penalizzazione del Monza nel corso della settimana, ma attenzione! L´obiettivo dichiarato dal tecnico Michele Marcolini è la sesta piazza. Posizione che vorrebbe dire Coppa Italia e una grande soddisfazione. Per raggiungerla, però, non bastano le belle prestazioni. Serve qualcosa di più: la vittoria, che manca da ben otto turni. A tre puntate dalla sigla finale, il Real Vicenza viaggia in settima posizione. E se i risultati delle altre rimpolpano il primo posto del Bassano, traballa il settimo dei biancorossi: l´Arezzo, ma sopratutto la Cremonese stanno sotto a meno due. Pronte all´agguato. E, poco sotto, tutte le altre. La classifica è corta dalla sesta alla tredicesima posizione, con otto squadre in altrettanti punti. All´arrivo manca poco e fare pronostici non serve più. In particolare, aggrappandosi al treno salvezza, risalgono rapidamente anche la Giana e il Venezia. Per i lagunari è il sesto risultato utile consecutivo (2 vittorie e 4 pareggi), mentre per la Giana la serie positiva continua da cinque giornate: due pareggi e tre vittorie. E questa sera tenterà il colpaccio contro il Novara. Un Novara con gli artigli, dopo la penalizzazione di otto punti. Sulla delicata questione giudiziaria che sta coinvolgendo i piemontesi, ma che, come annunciato dalla società di Massimo De Salvo, non è ancora giunta all´epilogo finale, si è espresso anche mister Marcolini: «Non mi sarei mai aspettato una penalizzazione così pesante, ma non essendo dentro, per fortuna, alla vicenda preferisco non commentare. Il dispiacere è, come sempre, vedere le classifiche stravolte da queste decisioni. Però ci sono delle regole e vanno rispettate, anche se credo bisognerà fare un qualcosa per prevenire, più che punire dopo. Io spero che si riesca al più presto trovare una soluzione del genere». Regna insomma l´incertezza, perché a pochissimo dalla fine non si sa ancora se il ricorso, che sicuramente sarà presentato da De Salvo e compagnia, potrà cambiare per l´ennesima volta le carte in tavola nel girone A di Lega Pro e riscrivere nuovamente la classifica. Cosa che, mal che vada, perlomeno a livello di punteggio, comunque non toccherebbe più di tanto il Real Vicenza. A coinvolgere i biancorossi sono invece espulsioni e infortuni che, ormai è un ritornello in questa fase finale del campionato, falcidiano la difesa di Marcolini. Carlini deve dire grazie ai fischi di Fiore e assistenti e sabato a Mantova dovrà accomoderà in tribuna. Piccinni ha recuperato a tempo record, ma, dopo tre settimane di stop, non è sicuramente al top della forma. Solini è ancora fermo ai box, questa settimana saranno la verificare le sue condizioni. E poi ci potrebbe essere Diego Vannucci da sostituire. L´esterno sinistro del Real venerdì è stato costretto a lasciare il campo dopo soli 15´, Marcolini si è reinventato Carlini in quel ruolo, ma per lui non è finita molto bene. «Diego ha avuto dei problemi – ha commentato il mister biancorosso – non stava benissimo. Era un po´ che si sacrificava e giocava con dei dolori. Venerdì si è bloccato subito e abbiamo dovuto cambiare in corsa». Tutto si può dire, tranne che la dea bendata nell´ultimo periodo sia dalla parte del Real: a Novara è toccato a Piccinni e venerdì a Vannucci a uscire praticamente a partita appena iniziata. Per Mantova è a rischio, anche se potrebbe recuperare. Ma è arrivato il momento del rush finale e la fortuna bisogna farla girare.

Ore 20.30 – (Giornale di Vicenza) La strisciata di sei vittorie di fila, quella che di fatto ha propiziato la grande remuntada in vetta, maturata senza di lui. E qualcuno aveva subito malignato che senza Nolè è meglio. Poi Rafa, convalescente e panchinato sino alla ripresa anche col Venezia, ha visto i lagunari violare il velodromo e la coincidenza di Nolè ai box e Bassano a bottino non ha più funzionato. Così quando Asta l´ha riverniciato in pista dall´inizio giusto per il derby del Menti, Rafa si è ritagliato una notte da hombre del partido. Il rigore conquistato e poi realizzato per toccare la doppia cifra e il decimo gol in campionato, che per un trequartista non è mai un traguardo banale e l´espulsione provocata di Carlini. Il penalty, poi, una lecca impressionante su un angolo e Tomei spedito sul lato opposto che anche intuendolo non avrebbe potuto acchiapparlo. «Dal dischetto si calcia così – sorride Rafa – niente ricami e moine, battezzi un punto e spari una fucilata per rischiare il meno possibile….». Poi la festa sotto la porzione di curva occupata dai Boys: «È piacevole riscontrare che questi due campionati da protagonista del Bassano stiano risvegliando sempre più entusiasmo attorno alla squadra – riconosce – era ciò che volevamo questa estate e ci stiamo riuscendo. Personalmente avevo bisogno di tornare determinante dopo il mese e mezzo out per la frattura della scapola. A Vicenza non era nemmeno facile passare, la pressione era tutta su di noi, loro giocavano mentalmente liberi. Adesso però non è deciso nulla, badiamo solo a sabato». Dove senza Iocolano e Semenzato squalificati tocca a Nolè prendere per mano i compagni e accompagnarli al malloppo. PARI RENATE. Il Renate, prossimo rivale sabato al Mercante, ha pareggiato 1-1 in casa con la Pro Patria venendo raggiunto su rigore al 90´ dall´ex biancorosso Serafini. I brianzoli sono saliti a 41 punti, ad appena tre dal Monza di rincorsa e contro i virtussini faranno fatalmente le barricate. Stasera intanto va in scena il posticipo Novara-Giana Erminio con Gorgonzola a caccia di preziosi punti salvezza e i piemontesi che vorranno azzeccare il filotto di affermazioni per rientrare in lizza confidando poi in una drastica riduzione della pena. SALTA SORMANI. La sbandata interna di ieri col Mantova, che è passato al Druso per 1-0 sull´Alto Adige, è costata la panchina ad Adolfo Sormani, 51 anni, e al suo vice Giovanni Mazzella. Sormani, subentrato a novembre a Claudio Rastelli, rilanciando la squadra in grande stile, dalla zona salvezza a quella playoff, negli ultimi tempi aveva accusato una flessione di rendimento e due stop consecutivi sono stati fatali. Il club altoatesino, 44 punti in classifica e l´obiettivo sopravvivenza ancora da mettere al sicuro, ieri sera non aveva ancora comunicato il nuovo allenatore ma non è da escludere un ritorno di Rastelli. Non è un particolare trascurabile, visto che i bolzanini sabato prossimo saranno a Pavia, primo inseguitore del Bassano.

Ore 20.10 – (Giornale di Vicenza) Una rimonta irresistibile. Il Vicenza è la regina del girone di ritorno, ha fatto meglio pure del Carpi, che ormai attende solo di festeggiare in anticipo la certezza della promozione, unica squadra capace di battere i biancorossi nel 2015. Eppure neppure il super-Carpi di Castori è riuscito a tenere il passo della squadra di Marino da quando il torneo è ripreso dopo la pausa natalizia e i biancorossi hanno alzato il ritmo. Nelle 15 partite del girone di ritorno il Vicenza ha conquistato 32 punti, il Carpi “solo” 29, malgrado la vittoria nello scontro diretto al Menti nel quale i biancorossi avrebbero comunque meritato il pari. La media-punti vicentina è stata strepitosa, più di 2 a partita con un ruolino di marcia da stropicciarsi gli occhi: 9 vittorie, 5 pareggi e una sola sconfitta, quella appunto già citata con il Carpi. Il break decisivo in un mese: tra il 24 gennaio e il 28 febbraio il Vicenza ha conquistato 6 vittorie consecutive ed è soprattutto in quel periodo che ha costruito la grande rimonta che gli consente oggi di giocarsi la promozione diretta in serie A. Carpi a parte, la squadra di Marino dopo il punto a Latina alla prima giornata s´è fermata al pari con il Lanciano e il Pescara nelle due giornate meno felici, nelle quali ha saputo comunque centrare una doppia rimonta, con il Catania affrontato senza una punta centrale (Cocco squalificato, Petagna infortunato) e su un terreno molto pesante e con la Pro Vercelli, graziata da quattro pali colpiti dai biancorossi. Per il resto tante vittorie, un cammino sempre più convincente e sicuro di un Vicenza che non ha subito nè la pressione psicologica nè il calo fisico che in tanti paventavano. Al contrario, è una squadra che anche a Cittadella ha dimostrato di avere testa e gambe fino al 90´ per fare risultato. Così nel girone di ritorno il Vicenza ha “mangiato” 7 punti al Bologna che è stato raggiunto e virtualmente superato, ha rimontato 8 punti al  Frosinone, 7 al Perugia, addirittura 11 all´Avellino e al Livorno e ben 14 allo Spezia, la squadra con la quale in questo momento si chiude, all´ottavo posto, la zona playoff alla vigilia della volata finale e alla quale il Vicenza dovrà far visita alla terz´ultima di campionato. Facile dire che se il Vicenza avesse avuto dall´inizio del campionato la media-punti tenuta da Marino da gennaio ad oggi la squadra sarebbe 2 punti davanti al Carpi, che invece viaggia solitario in testa con 15 punti di margine proprio sui biancorossi. Ma con la portentosa arrampicata in classifica nella seconda parte del torneo il Vicenza s´è conquistato il diritto a puntare dritto alla serie A. Numeri alla mano, con ottime carte.

Ore 20.00 – (Giornale di Vicenza) Adesso è senza se e senza ma: il secondo posto del Vicenza è realtà. Il Frosinone, che aveva la chance del sorpasso, s´è fermato allo 0-0 a Livorno e dunque è rimasto alle spalle dei biancorossi. E il Bologna, che era secondo dal 28 dicembre, cioè dalla fine del girone di andata, per la prima volta è fuori dalla promozione diretta, perché ha gli stessi punti dei biancorossi ma è in svantaggio negli scontri diretti e dunque in caso di arrivo a parità di punti sarebbe il Vicenza a staccare il biglietto per la A. Certo, il campionato non è finito e ci sono altre 6 partite da giocare, una volata affascinante, ricca di insidie ma anche di opportunità. Nulla è ancora deciso, ma qualcosa è cambiato: il Vicenza corre per la promozione diretta che premierà le prime due della classifica. La zona playoff, che fino a qualche settimana fa sembrava un obiettivo già ambizioso, si può ritenere ragionevolmente “blindata” con 8 punti di margine sullo Spezia, che occupa l´ottava posizione, l´ultima utile per partecipare al minitorneo che mette in palio il terzo posto in serie A. La grande, incredibile novità se si ripensa ad agosto, è che il Vicenza ora ha alzato l´asticella e partirà in testa nella volata per il secondo posto, alle spalle dell´inafferrabile Carpi. Un risultato straordinario, il coronamento di una rincorsa che viene da lontano, dal primo novembre scorso, quando Marino perse a Carpi la sua prima partita sulla panchina dei biancorossi e la squadra era al terzultimo posto. E se si guarda più indietro, agli anni delle tre retrocessioni prima di riammissioni e ripescaggi, alle salvezze centrate all´ultimo respiro, il Vicenza in testa alla volata per la serie A a 6 giornate dalle fine è un risultato davvero incredibile, che ripaga finalmente l´attaccamento ai colori, mai venuto meno, dei tifosi. Erano due i risultati delle gare di ieri che interessavano in modo particolare il Vicenza. A Livorno il Frosinone ha chiuso sullo 0-0 la partita che avrebbe potuto regalare ai laziali (ospiti al Menti proprio nell´ultima giornata di campionato…) il sorpasso e il secondo posto solitario. E invece il Frosinone resta a un punto dal tandem Bologna-Vicenza, dunque in quarta posizione. L´altro risultato da osservare era quello di Varese-Avellino, disputata ieri dopo le devastazioni dell´impianto di gioco dei lombardi da parte degli ultras locali. La sfida è finita 1-1 e l´Avellino, passato in vantaggio, ha buttato via un´occasione di guadagnare posizioni in zona playoff. Ma la partita ha detto anche che il Varese, ultimo e con più di un piede in Lega Pro, in una situazione societaria sull´orlo del fallimento, ha grande orgoglio. Sabato 25 sarà al Menti, dunque vietato sottovalutare un avversario che gioca per difendere il suo onore.

Ore 19.40 – (Tribuna di Treviso) È un Feltrin che non nasconde gli errori quello che esce dallo spogliatoio. «Diciamo che anche stavolta abbiamo iniziato in salita per rendere più interessante la gara – esordisce – e, purtroppo, non è la prima volta che capita eppure la squadra era caricata bene per affrontare il Mori». Nella prima frazione molte difficoltà nonostante il divario in classifica. «Avevo visto bene i ragazzi in settimana – continua – ma il nostro primo tempo è stato inguardabile. I punti di distacco non si vedevano e noi eravamo macchinosi, lenti, con poche idee e difficoltà nel giocare la palla. Gli abbiamo lasciato in mano la gara ma poi siamo ripartiti con più voglia e rabbia». In spogliatoio i rimproveri non sono mancati. «Non mi è piaciuto nessuno – sottolinea – e anche nel secondo tempo abbiamo sbagliato troppe conclusioni e passaggi sotto porta che potevano chiudere la partita. Di buono rimangono i 3 punti e il sapere di aver accorciato sulle altre;ora pensiamo al Mezzocorona, cerchiamo di vincere e poi aspettiamo per vedere se c’è altro che possiamo fare». Secondo Feltrin si salva solo Rossi. «Rientrava dopo quasi 4 mesi e anche se non è al top ha fatto buone cose compreso l’assist per il gol di Comin». Un accenno sul futuro. «Abbiamo un incontro verso fine settimana. S se certe voci di addio dirigenziale fossero vere, si potrebbero creare altre situazioni ma sarebbe brutto cambiare un giocattolo fatto bene».

Ore 19.30 – (Tribuna di Treviso) Union Pro – Mori S. Stefano: 2 a 1 101esima panchina per mister Feltrin, premiato a inizio gara con una targa ma il cui futuro alla guida dell’Union Pro Mogliano rimane incerto. A salvezza acquisita i padroni di casa scendono in campo contro la penultima in una partita che sulla carta sembra già decisa. Forse la troppa sicurezza o forse un approccio mentale sbagliato, ma i trevigiani (come spesso durante il campionato) pagano dazio al primo errore. Bastano 5’ e la difesa di casa si fa trovare impreparata. Lancio dalla sinistra per Tisi che controlla ed entra in area; preciso tiro sul secondo palo e Ziliotto è battuto.Da segnalare poi una punizione di Busetto indirizzata all’incrocio. Rossatti si supera e toglie la palla da sotto la traversa con un gran volo. Sarà l’unico tiro nei primi 45’. Al 37’ viene espulso l’allenatore del Mori per protest. Comunque, manovra al Mori e Union che resta a guardare. L’ultimo brivido della prima frazione arriva al 42’ con un tiro di Serena deviato in angolo dalla schiena di un difensore. In spogliatoio l’allenatore fa la voce grossa e in campo sembra scendere un’altra squadra. Dopo soli 3’ Visinoni viene atterrato in area da Benedetti. Rigore e giallo per il giocatore del Mori. È secondo per Benedetti che è costretto a lasciare il campo. Sul dischetto va Busetto che manda pallone da una parte e portiere dall’altra. 1 a 1 e Mori senza un uomo e senza allenatore. A questo punto il Mori lascia Tisi come unica punta nel tentativo di tenere palla sui lanci lunghi. Il 10 trentino è il migliore dei suoi e al 12’ il Mori si procura una punizione sulla trequarti battuta da Sceffer. Palla in centro e Pozza non arriva di un soffio alla deviazione. Feltrin alza il baricentro della squadra e manda in campo Comin al posto di Fuxa;Il cambio funziona e proprio Comin ribalta il risultato al 18’ con un preciso destro a incrociare su assist di Rossi. L’Union continua a premere per chiudere la partita. La bravura dell’estremo avversario e la scarsa mira degli attaccanti non permettono ai padroni di casa di chiudere il conto. Solo al 39’ si arriva vicini al 3 a 1. Azione manovrata sulla destra con Comin che serve Casarotto. Ottimo controllo del neo entrato e slalom tra due difensori; tiro violento sotto la traversa e volo di Rossatti che manda in angolo. Quasi al termine il Mori alza bandiera bianca. Incursione in area trevigiana, contatto Busetto – Concli e per l’arbitro è simulazione. Il giocatore del Mori rimedia il secondo giallo e lascia la squadra in 9. Al 90’ è il turno di Saitta di avere la palla per chiudere i conti ma il solito Rossatti si oppone. Alla fine dei 5’ di recupero l’unica parata di Ziliotto nel secondo tempo; punizione dall’esterno del Mori e l’estremo di casa, in tuffo di pugno, esce all’altezza del rigore per allontanare la palla. Distanze dai playoff accorciate e prossima contro l’ultima in classifica.

Ore 19.20 – (Gazzettino, edizione di Treviso) A fine partita Daniele Pasa accoglie di buon grado il pareggio. «Dobbiamo ringraziare Nicola Rigo, sappiamo che è un estremo difensore davvero forte. Ha parato tutto, direi anche di più. Per il resto sapevamo che il Fontanafredda aveva più necessità di noi di ottenere un risultato positivo, non era facile perché loro hanno giocato con grinta e correndo tanto». Giglio ha giocato sulla fascia. Come mai? «Volevo provare Fasan, il suo ruolo è lo stesso di Matteo e quindi quest’ultimo, che è un giocatore più esperto, è stato adattato in una posizione più larga». L’obiettivo di arrivare a 49 punti si allontana. «Dobbiamo farne ancora quattro, mancano tre partite e quindi ce la possiamo fare. A partire da domenica, quando incontreremo una squadra che è già a posto».

Ore 19.10 – (Tribuna di Treviso) Pareggio a reti inviolate tra Montebelluna e Fontanafredda. I locali si presentano in campo appagati della salvezza acquisita, dando un turno di risposo ai giocatori reduci dalla nazionale Under 18. L’atteggiamento iniziale degli ospiti è più adrenalinico per la zona playout ancora vicina. Al 16’ prima occasione, con Frempong libero di accentrarsi dalla destra e di scaricare un sinistro a giro, che tutti danno per gol sul sette. Illusione ottica: fuori di un soffio. 18’, controffensiva ospite, Lauro Florean, spalle alla porta e marcato da Guzzo, vede Ortolani partire sulla destra, lasciato libero da Severgnini; lo serve, illudendo la difesa locale. In area piccola, Rigo riesce a capire i tempi dell’esterno ospite, e devia il tiro ravvicinato in angolo. Alla mezzora, i locali si mettono a giocare di leziosità in difesa, mettendo in difficoltà gli attaccanti ospiti, facendoli correre in un pressing senza senso. Al 32’ pt però la pagano, una palla mal gestita dal portiere al limite dell’area grande è intercettata da Florean, che passa a Gargiulo. L’arbitro fischia un fuorigioco di ritorno. Nessun cambio per le squadre al ritorno dagli spogliatoi. Fontanafredda riparte più determinato, locali molli in fase difensiva. Pasa dalla panchina più volte guida l’impostazione del gioco. 9’ st corner di Florean, palla per Gargiulo che spizzica fuori disturbato da Guzzo, tiro di prima di Ortolani, alta sopra la traversa. 14’ st Rigo sbaglia l’uscita su una palla a mezza altezza, Nastri gli scivola addosso e l’arbitro salva i locali con una punizione a favore. 1’ dopo, annullato un gol a Florean per fuorigioco, servito sul secondo palo da Tonizzo. 23’ st brivido per i locali, dal limite destro dell’area di rigore, Alcantara mette in mezzo per Florean, che di prima tira secco sul primo palo. Una deviazione provvidenziale, seppur minima, di Guzzo, mette la palla fuori a fil di palo. Fontanafredda comincia a spingere trovando la porta: al 26’ un superlativo tuffo di Rigo blocca un fendente di destro di Tacoli, diretto sul secondo palo. 44’ st Florean si mangia il gol partita, servito sul secondo palo da un cross di De Martin, a tu per tu con Rigo, non trova il colpo sulla palla per l’uscita fulminea del portiere locale.

Ore 19.00 – (Il Piccolo) Secondo pareggio per l’allenatore della Triestina Gianluca Gagliardi, che dopo lo 0-0 interno con il Dro, impatta con i suoi ragazzi al Comunale di Tamai. «Abbiamo preso gol dopo sei minuti, e dopo il vantaggio il Tamai si è chiuso nella sua metà campo, ai miei ragazzi il merito di aver fatto una partita da squadra vera. Quando una squadra gioca a una metà campo, se non hai Maradona o Pelé, non è facile trovare gli spazi, diventa dura. Guardiamo quindi alle cose positive, la squadra in svantaggio ha trovato la forza di reagire, creare cinque occasioni da gol nel secondo tempo e avremmo meritato anche qualcosa in più». Cosa le è piaciuto dei suoi ragazzi, e dove invece dovete provare a trovare dei miglioramenti in questo spicchio finale di campionato? «Dobbiamo migliorare nell’esperienza, ribadisco quanto detto la partita scorsa. Palle sporche, punizioni, situazioni simili. L’avversario ci ha fatto gol su una punizione a nostro favore, con un cambio di gioco di 60 metri. Non possiamo rendere tutto facile agli altri. Per ottanta minuti poi abbiamo dovuto giocare palla a terra perché non abbiamo alternative di gioco, avessimo un attaccante con altre caratteristiche, che ci fa salire, forse potremmo concederci anche noi delle pause». Al rientro, Manzo si è mostrato un fattore sulla carta importante con un bel gol… «Deve fare di più. E vale per tutti, perché certe cose le abbiamo nel dna. Questa è una squadra che non aveva l’abitudine a finire la partita concentrata, e anche oggi da questo punto di vista abbiamo fatto un passo avanti, si è giocato da squadra. E questo va fatto per salvarsi». Il Mori con questa giornata è retrocesso aritmeticamente. Vietato dar per scontata la partita giusto? «Domenica sarà la partita più difficile della mia gestione sin qui, perché la mia è una squadra giovane e deve giocare restando sempre concentrata al massimo. Può fare brutta figura contro chiunque e contro chiunque potrebbe vincere. Non ci possiamo permettere di sottovalutare nessuno, tantomeno il Mori che due settimane fa ha pareggiato proprio col Tamai».

Ore 18.50 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Non funziona la triplice alleanza liventina. Pareggiano soltanto Tamai e Fontanafredda. Perde addirittura la Sacilese al XXV Aprile con il Giorgione. Alla vigilia del derby al Tognon per furie e rossoneri tallonati dal Giorgione (-3), la questione playout resta aperta. «Abbiamo fatto un buon primo tempo – esordisce a fine gara Stefano De Agostini -. Avremmo potuto anche raddoppiare. Nella ripresa abbiamo patito il forcing della Triestina. Forse i ragazzi inconsciamente hanno pensato di gestire l’importante successo e sono arretrati troppo e troppo presto. Nonostante tutto anche nella ripresa abbiamo avuto l’occasione di andare in gol (ancora Zambon, ndr). Peccato». A tre giornate dal termine non si può ancora stare tranquilli. «Lo ripeto da sempre – conclude mister De Agostini -: è un campionato che nella parte bassa si risolverà solo all’ultima giornata». Domenica sarà derby vero. Niente gentlemen agreement.

Ore 18.40 – (Messaggero Veneto) Quanto serve il punto? A poco a entrambe. Tamai e Triestina pareggiano e rimangono invischiate nei loro problemi. I locali riducono il vantaggio dai play-out a 3 punti, gli alabardati sono sempre al terz’ultimo posto: la strada rispettivamente verso la salvezza e gli spareggi è ancora lunga. Triestina a fare la gara – è obbligata a vincere – Tamai ad aspettare: il canovaccio dei primi minuti è questo. Inaspettatamente, al 6’, i mobilieri passano. Cross da destra verso sinistra di Federico Furlan per Zambon che, da solo, imbuca in rete di testa: 1-0. E per i locali il canovaccio tattico è da sogno. Se già attendevano l’avversario, ora, sopra di un gol, fanno di più. In fase difensiva il 4-3-3 si trasforma in 4-5-1 e la Triestina fatica e parecchio: gli alabardati creano, ma il team di De Agostini non concede la profondità tanto cara a Rocco, il giocatore più forte degli ospiti, che in spazi aperti farebbe disastri. Risultato? Possesso di palla sterile della Triestina, occasioni in contropiede per il Tamai. Che però non vengono concretizzate: clamoroso, al 26’, l’errore di Federico Furlan, che al 26’ stoppa in piena area e di destro manda fuori. Si va alla ripresa, la Triestina ci prova, i locali si abbassano e rischiano, pur avendo con Sellan al 13’ una buona chance. Così, al 25’, arriva la beffa. Lancio di Bedin, Rocco stoppa di petto in piena area in direzione di Manzo. L’attaccante si coordina e lascia partire il sinistro: palla all’incrocio, è l’1-1. Rabbia Tamai, euforia Triestina. Gli allenatori provano a mischiare le carte, ma il risultato non cambia. E’ il pareggio del cuore per gli alabardati, è una chance buttata da parte dei mobilieri: per chiudere la pratica salvezza bisogna aspettare.

Ore 18.30 – (Corriere delle Alpi) Vincere si è vinto come doveva essere, ma mister Max Parteli, visti i risultati degli altri campi, invita i suoi a non abbassare la guardia. «Tra noi e il Giorgione ci sono ancora sette punti di vantaggio a nostro favore, con tre gare ancora da disputare e finché non c’è la salvezza matematica, dovremo sempre rimanere sul pezzo e combattere. A maggior ragione con il calendario che abbiamo, considerando che ci aspetta il derby con il Belluno, la gara con il Padova e poi l’ultima gara proprio in casa del Giorgione. Invece di abbassarla, la guardia dobbiamo alzarla ancora di più, perché non abbiamo ancora fatto nulla». «In questa occasione», prosegue, «era importante vincere, ma sia il Dro che il Giorgione sono stati bravi e hanno fatto risultati importanti (rispettivamente contro Clodiense e Sacilese ndr) contro avversari difficili». Dopo i quattro gol nel primo tempo, nella ripresa zero reti: cosa è successo? «Potevamo fare meglio la ripresa, ma obiettivamente il risultato era al sicuro e i nostri avversari comunque non volevano subire troppe reti: loro hanno calato un po’ il ritmo, noi ci siamo adeguati. Penso che in questi casi debba esserci anche il rispetto verso l’avversario, ovvero verso una squadra composta solo da ragazzini; era giusto non infierire e alla fine nel secondo tempo non c’è stata partita, anche se in realtà due o tre grosse occasioni le abbiamo mancate. Ma va bene così: non era corretto mandare al massacro una squadra di ragazzi che sta cercando di onorare il campionato fino alla fine». L’occasione è stata buona per un paio di debutti in prima squadra ovvero Tommaso Solagna e Matteo Salsano entrambi fuoriquota del 1997… «Sono due ragazzi che lavorano molto bene durante la settimana; sia Salsano, che è con noi da gennaio e finora non aveva avuto la soddisfazione di indossare la nostra maglia, sia Solagna, che sta facendo bene con la Juniores e merita di entrare a far parte di questa squadra, anche perché sarà uno dei giocatori su cui la società potrà contare per il futuro».

Ore 18.20 – (Corriere delle Alpi) Nel giorno in cui il Padova vola in Lega Pro con largo anticipo , il Ripa Fenadora conquista una vittoria “obbligata” contro la juniores del Mezzocorona (in campo ’95, ’96 e ’97), ma non può gioire per la salvezza matematica. Se l’Union, infatti, ha battuto i giovani trentini, non sono stati da meno Giorgione e Drò, uscite vincitrici dalla rispettive sfide di spessore contro Sacilese e Clodiense. Nulla cambia, quindi, in termini di punti di vantaggio dei feltrini sulla zona playout: considerando che mancano ancora tre gare, i giochi sono tutt’altro che fatti. Intanto, però, i tifosi tornano a gioire tra le mura amiche dopo tanto tempo e questo è già un bel passo avanti. La sfida con il Mezzocorona alla fine è finita con una rotonda vittoria neroverde, come da pronostico. I feltrini ci mettono dieci minuti a prendere le misure della porta avversaria e iniziano a menare le danze con Cibin, che di esterno destro è bravo a concretizzare la forte spinta offensiva dei locali. Poco dopo ci prova anche Ponik su calcio d’angolo di Antoniol, ma Baldi salva sulla linea a portiere battuto. Al 20’ Malacarne viene atterrato in area di rigore da Rizzi: prima l’arbitro gli dice di alzarsi, poi su indicazione del guardalinee concede la punizione dal limite. Batte lo stesso Malacarne direttamente in porta da posizione defilata, ma Clementi è bravo a deviare ancora in angolo. Lo specialista dalla bandierina è sempre Antoniol e in area piccola questa volta svetta Mastellotto che insacca il raddoppio dell’Union. Passano solo sei minuti e ancora Mastellotto, a porta praticamente spalancata e di piatto destro, mette alle spalle dell’estremo trentino dopo l’ottimo assist di Cibin. Alla mezz’ora e sul triplo vantaggio, mister Parteli decide far debuttare con la maglia di casa il giovane Salsano, regalando a De Carli la possibilità di raccogliere gli applausi dei tifosi. E proprio il portiere fuori quota, appena entrato, ha l’occasione di mettersi subito in mostra, raccogliendo il primo pallone sotto il controllo attento di De Checchi. Continua nel frattempo il monologo feltrino nella metà campo ospite e questa volta, sull’ennesimo calcio d’angolo battuto magistralmente da Antoniol, tocca a De March regalarsi la gioia del gol, battendo tutti con una incornata potente e sottoporta che non lascia scampo a Clementi con conseguente poker feltrino servito prima del quarantesimo. Prima dell’intervallo c’è la prima mezza occasione per il Mezzocorona, ma Salsano esce con i tempi perfetti per togliere dai piedi di Micheli un pallone molto pericoloso. Inizio ripresa e ingresso di Brotto per un Ponik non proprio al top, mentre il mister ospite fa entrare l’esperto Zomer tra i pali al posto del giovane Clementi. Il primo pallone Brotto lo tocca scambiando con Antoniol in area, ma il neo entrato portiere ospite para in due tempi. All’8’ una delle tante cavalcate di De Min che crossa bene a centro area, ma ancora una volta Zomer anticipa tutti. Parteli innesta anche Tommaso Solagna, al suo debutto assoluto in serie D: il giovane è bravo a offrire subito un bel cross sul quale Mastellotto non arriva per poco. Il ritmo cala con il passare dei minuti, con Brotto che cerca di dare una mano ai compagni non disdegnando la ricerca personale del gol. L’occasione più grossa, però, la offre Tibolla, con un assist dalle retrovie a Cibin in area, che però manca clamorosamente il bersaglio. Il Mezzocorona negli ultimi minuti sfiora la rete, ma prima Salsano e poi De March non concedono nulla ai volenterosi trentini.

Ore 18.10 – (Gazzettino, edizione di Venezia) Tutta la delusione per la terza sconfitta consecutiva della sua Clodiense nelle dichiarazioni dell’allenatore Andrea Pagan nel dopopartita della sfida con il Dro. «Le motivazioni dovrebbero fare la differenza e noi dovremmo anche averle considerando la nostra classifica che ci vede coinvolti nella lotta per un posto per i play off, eppure non riusciamo ad esprimerci bene come qualche settimana fa. Peccato perché in questo modo rischiamo di rovinare quanto di buono fatto fino a questo punto del torneo. Ci mancano lucidità e serenità in mezzo al campo. Dobbiamo migliorare nell’atteggiamento. Contro il Dro siamo partiti bene, poi abbiamo subito due gol su calci piazzati. Ci manca la necessaria concentrazione per fare punti in questo momento del campionato. Fino alla trequarti ci siamo mossi bene, poi siamo stati troppo precipitosi al momento della finalizzazione. Certo, abbiamo fuori dei giocatori importanti che speriamo di recuperare per le prossime tre partite. Domani ci ritroveremo al campo ed analizzeremo insieme i motivi di questa sconfitta». Chiusura con le dichiarazioni dell’allenatore del Dro, Stefano Manfioletti. «Abbiamo affrontato questa partita con la testa giusta, per noi era importante vincere per il discorso salvezza. Ci mancano tre finali, da affrontare con il piglio giusto. Contro la Clodiense tutta la squadra si è espressa bene, ma la palma del migliore in campo spetta a Colpo che è stato un punto di riferimento per tutti i compagni».

Ore 18.00 – (Trentino) «Una bella soddisfazione, anche perché l’abbiamo preparata bene. Era un po’ una rivincita della partita dell’andata che si era conclusa con qualche screzio. Abbiamo messo in campo una grossa prestazione, rischiando poco o nulla, se non un tiro deviato che è valso alla Clodiense il gol». Soddisfatto è dire poco. Stefano Manfioletti è raggiante perché ha la consapevolezza di aver raggiunto il suo obiettivo, ovvero dare una precisa fisionomia alla sua squadra. «Con questa vittoria almeno i playout li abbiamo ottenuti – spiega l’allenatore del Dro – ora abbiamo altre tre finali e dobbiamo giocarcele, dopo vedremo come siamo messi. La salvezza diretta è difficile, a meno che qualcuno dietro non si addormenti e si distanzi di 7 punti. Dobbiamo fare una bella prestazione domenica in casa contro il Legnago, che è la squadra più in forma del momento. Ai miei ragazzi ho detto che nel girone di ritorno abbiamo finalmente preso coscienza delle nostre capacità». Le intenzioni dell’anno prossimo di Manfioletti? «Ho ordinato le canne da pesca, per andare a pescare».

Ore 17.50 – (Trentino) A volte succede che l’agnello, destinato al sacrificio, sfoderi gli artigli e si pappi il lupo. La Clodiense è salita, ieri, tra i boschi di Oltra per farsi una vera scorpacciata ed invece si è ritrovata divorata da un Dro dai denti aguzzi come mai prima d’ora. La squadra di Manfioletti sente l’odore del sangue e il profumo dell’impresa. Con la vittoria di ieri, infatti i droati mantengono accese le speranze di potersi salvare in via diretta, senza il bisogno di passare dai playout, risultato che sembrava irrealizzabile fino a qualche settimana fa. L’obiettivo permane difficile ma non impossibile, soprattutto per la squadra vista all’opera nel match con la Clodiense. Il Dro ha giocato una partita perfetta, concentrati, determinati, attenti e micidiali. Un vero spettacolo. La partita degli ospiti dura meno di venti minuti, il tempo di un paio di incursioni di scarso significato, perché al 19′ il Dro guadagna una punizione sulla linea della trequarti, verso destra, che Colpo batte inventandosi una traiettoria in area per la testa di Ischia, il capitano salta più in alto di tutti e la infila in rete. Il vantaggio regala al Dro forze aggiuntive mentre toglie ogni sicurezza alla Clodiense. Al 23′ Bazzanella scende sul fondo e mette dentro un invito per Cicuttini che finisce a terra (poteva starci il rigore) mentre la palla passeggia tutta sola davanti alla linea di porta finendo fuori di un niente. Al 40′ il Dro ha una clamorosa occasione per raddoppiare ma Cremonini, che vince un rimpallo dopo una punizione dal limite calciata male da Piaggio, parte palla al piede verso la porta di Okroglic, in una sorta di “coast to coast” in solitaria che purtroppo per lui si conclude appena varcata l’area, andando a cozzare contro il portiere in uscita disperata. Al quinto della ripresa Colpo, su calcio d’angolo, scodella magnificamente per Bazzanella che incorna anticipando tutti e tutto. La Clodiense perde la testa al 12′: Carlucci strattona malamente Cicuttini e si becca il rosso diretto; uscendo dal campo si dirige verso la panchina di casa costringendo il guardalinee a rincorrerlo e ad intimargli il rientro negli spogliatoi. Alla mezz’ora gli ospiti rientrano improvvisamente in partita grazie all’iniziativa di Santi che prende palla sui 25 metri, si accentra e mira l’angolino trovandolo. Un paio di minuti Cremonini, servito da Cicuttini, scaglia addosso al portiere a porta praticamente sguarnita ma al 43′ il neoentrato Ajdarovski, imbeccato da Proch, non lo imita e a tu per tu con il portiere lo trafigge con un diagonale.

Ore 17.40 – (Gazzettino, edizione di Treviso) «La Sacilese è una signora squadra, per cui c’è ancora maggiore soddisfazione per quanto abbiamo ottenuto in campo. Noi abbiamo dato più del cento per cento, anche come motivazioni, e abbiamo capitalizzato tutti gli sforzi profusi nella gara. Loro sono stati più sfortunati in questo». Antonio Paganin eleva il valore dell’avversario per far risaltare ancora di più l’importanza della vittoria del Giorgione a Sacile. «A fine stagione le motivazioni di chi come noi deve ancora salvarsi possono estrarre energie in più. I giovani – sostiene Paganin – non stanno pensando ai play out e, così facendo, giocano liberamente. Anche contro i sacilesi, le cui qualità sono passate in una giornata meno brillante del solito». Prospettiva finale? «Siamo padroni del nostro destino. Domenica affronteremo un’altra corazzata di questo campionato, come l’Alto Vicentino, che magari avrà voglia di preparare i play off, ma non dobbiamo pensare a questo. Il pregio di avere una squadra giovane – ribadisce il tecnico del Giorgione – è che si riesce a lavorare in settimana senza badare alle questioni di classifica». Contro la Sacilese avete prevalso anche perché siete riusciti a tenere un ritmo alto. «Ci siamo allenati dai tempi del ritiro per giocare con un ritmo alto. Chiaro che poi, lungo tutto il campionato, nell’economia delle singole partite può fare la differenza la qualità dei giocatori. Adesso abbiamo un chiaro obiettivo, per cui non cambierei la mia squadra con nessun’altra».

Ore 17.30 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) La dirigenza, compreso il presidente Paolo Presotto, entra nello stanzone della Sacilese dopo la partita e se ne esce senza sorrisi, né dichiarazioni. In sala stampa torna l’allenatore. «Sicuramente non abbiamo fatto una partita buona», ammette Carlo Marchetto dopo la sconfitta casalinga con il Giorgione. Il tecnico liventino riesce a tenere un’espressione serena, anche se la situazione non lascia spazio a spunti positivi. «Loro hanno meritato la vittoria, lottando su tutti i palloni fino alla fine – evidenzia -, mentre noi abbiamo fatto poco o niente per conquistare i tre punti. Nelle precedenti sconfitte almeno potevamo essere contenti per la prestazione. In questa sicuramente no, neanche per quello». Terzo posto lasciato e ora? «Dobbiamo fermarci a pensare. Ne parleremo in settimana. Di certo il risultato è stato una conseguenza della prestazione. Dobbiamo cercare di fare quadrato per capire e risollevarci». È un problema di testa? «La squadra ha spinto fino al termine, quindi direi che non è un problema fisico. Abbiamo speso energie nell’ultimo mese e mezzo e questo può essersi fatto sentire. Il primo gol è venuto perché non abbiamo liberato, mentre il secondo è scaturito da una situazione mia-tua, in cui alla fine l’hanno presa loro». C’è altro dunque? «Non è normale trovarsi in difficoltà per tutta la partita – conclude -, perché nell’arco dei 90′ qualcosa di più è lecito aspettarsi. Adesso pensiamo alle ultime tre sfide, per mantenere la posizione nei playoff».

Ore 17.20 – (Gazzettino, edizione di Pordenone) Dopo tre sconfitte consecutive la Sacilese perde il terzo posto in classifica. La supera il Belluno, che è stata l’ultima squadra con cui ha fatto punti. La tallona l’Arzichiampo, primo artefice della sua serie negativa. L’attende la Clodiense, che è giusto un gradino sotto i play off. E non finisce qui. L’altra faccia della sconfitta liventina è la vittoria del Giorgione, legittima e meritata, che naviga ancora sull’onda più alta dei play out, ma avvicina i «cugini» pordenonesi, Fontanafredda e Tamai, che galleggiano tre punti avanti. Serie di incroci pericolosi. L’inizio scoppiettante della sfida di ieri sul Livenza pone subito in evidenza, per la Sacilese, i rischi di soccombere. Più che il Giorgione che patisce per primo, ma rintuzza subito bene. 2′ Beccaro da sinistra per Spagnoli, il tiro illude sull’esterno della rete. 1′ dopo, Favaro manda in corner la conclusione di Povdorika e, al 5′, Mattioli conclude il contropiede con un colpo sotto che alza di poco la palla sulla sbarra della porta di casa. Dopo la fase di assestamento, i portacolori di Castelfranco trovano il vantaggio. Episcopo gira di prima intenzione, centralmente, da una decina di metri ed insacca di destro la palla ricevuta dalla destra. Dove Povdorica aveva creato superiorità sul vertice dell’area, superando due avversari mal scaglionati. Fase difensiva sacilese completamente sballata. Un paio di segnalazioni di fuorigioco del primo assistente sono discutibili e fanno arrabbiare i sacilesi. Prima di ristabilire il pari, i liventini vedono (36′) un piazzato di Gazzola, che Favaro respinge a terra e la difesa libera in angolo. L’1-1 è tracciato da una palla firmata Craviari. «Masticandola» la fa rimbalzare nel sacco a fil di montante destro di Bevilacqua, dopo averla ricevuta a centro area da Beccaro sceso a sinistra fino agli ultimi metri. All’intervallo, il terzo posto sarebbe occupato da Sacilese, Belluno e Arzichiampo. La Sacilese fa ancora peggio nella ripresa quando, oltre a scarsità di idee e imprecisione nei passaggi, si fa sovrastare dal ritmo mantenuto alto dal Giorgione, sino a un’innocua reazione finale. Al 11’arriva il raddoppio ospite, con Mattioli che converge e scarica velocemente su Gazzola, il cui servizio è rapido a centro area per Episcopo: controllo in movimento e palla in rete. Nell’ultimo quarto d’ora Povdorica vince un rimpallo fortunoso e impensierisce ancora la retroguardia liventina. Ultimi 10’regolamentari in superiorità per la Sacilese. Assedio tentato, pareggio mancato.

Ore 17.10 – (Corriere delle Alpi) Qualche anno di vita deve averlo sicuramente perso Vecchiato, sulla conclusione di Spetic che per poco non beffava la sua squadra. Poi però tre punti e di nuovo terza piazza che pareva irraggiungibile fino a qualche partita fa. «Qualche capello bianco credo mi sia venuto, quello sì. Siamo stati fortunati in quell’occasione, ma va bene così». Una vittoria meritata, anche se c’è stato qualche patema di troppo in avvio di secondo tempo. Cosa è successo in quel frangente? «Sì, purtroppo non siamo entrati benissimo in partita nella ripresa. Però sapevamo che sarebbe andata così perché loro sono migliorati tantissimo rispetto al match d’andata. Loro hanno attaccanti piuttosto veloci che ci hanno impegnati, ma in generale sono una buonissima squadra. E’ stata una partita difficile e molto dispendiosa, ma noi siamo stati bravi a crederci fino alla fine». Sembra decisamente alle spalle il momento grigio che, tra febbraio e marzo, ha complicato non poco le cose alla squadra tra infortuni e altre situazioni varie… «Sicuramente abbiamo passato questi due mesi difficili, quando avevamo molti infortunati e spesso ci trovavamo ad allenarci in 12-13 giocatori. Purtroppo questo ci ha fatto pareggiare delle partite in maniera fastidiosa, mentre, sconfitta con il Padova a parte, abbiamo pagato più che altro gli episodi con Sacilese e Legnago. Chiaro che quando puoi inserire giocatori del calibro di Pellicanò, Miniati e Masoch le cose sono diverse. Ai ragazzi ho comunque sempre detto di stare tranquilli, di fare qualche punto e recuperare gli infortunati per poi tornare a giocarcela con tutti: quello che sta succedendo adesso». Proprio Pellicanò è stato il rientro più atteso… «Chiaramente non può avere i 90’ nelle gambe ma uno come lui, per le sue caratteristiche fisiche, se non sente male venti minuti può farli e ha dato il suo prezioso contributo». Il calendario però impone già di guardare avanti e ad una partita che non può essere considerata come le altre. «Cercheremo di vincerla come tutte le partite. Non credo che loro siano avvantaggiati o svantaggiati dal fatto che ormai hanno raggiunto la tranquillità necessaria. Li affrontiamo forti di 54 punti che sono per noi un orgoglio; e proveremo a regalarci questa gioia».

Ore 17.00 – (Corriere delle Alpi) Ben ritrovato. Il Belluno torna a salire sul podio del campionato, scalzando la Sacilese e riprendendosi la posizione di classifica persa qualche settimana fa. Merito tanto del ko dei liventini con il Giorgione, certo; ma merito soprattutto della squadra di Vecchiato che è andata a trovare tre punti sul campo del Kras Repen, impegnato e motivato a cercare di migliore la posizione play-out e, perché no, anche a tenere acceso il lumicino della salvezza. Un gol per tempo, di Duravia nella prima frazione e di Corbanese su rigore. In mezzo il pareggio di Rabbeni in un avvio di secondo tempo brutto. Poi, una volta ritornati avanti, i gialloblù si sono difesi con tutti i mezzi a disposizione, rischiando solo su un conclusione di Spetic a lato di un soffio. Al termine festa con i tifosi arrivati fino al confine con la Slovenia. La formazione di partenza è pari pari a quella scesa in campo con l’Altovicentino; va quindi Schincariol tra i pali, difeso da Paganin e Mosca sui lati e dai centrali Merli Sala e Sommacal. A metà campo, a far compagnia a Bertagno, ci sono Pescosta e Duravia, mentre davanti il trio è quello composto da Corbanese, Radrezza e Posocco. Ci pensa il capitano, al quinto minuto, a tentare un’incursione nell’area avversaria, andando però a sbattere sui difensori biancorossi. Dietro la retroguardia regge bene agli urti portati avanti dalla formazione dell’ex nazionale sloveno Zlogar, nella quale si fa sentire la mancanza di bomber Knezevic. Corre il 10’ quando il numero uno di casa deve iniziare a sporcarsi i guanti: bella la deviazione sul tiro a giro di Corbanese, coraggiosa la successiva uscita ad anticipare Posocco. C’è un colpo di testa di Spetic che non esce di moltissimo al quarto d’ora, poi la partita vivrà una fase priva di sussulti, in cui le difese la faranno da padrone. Di fatto a riaprire la penna dei cronisti è il gol di Duravia che, al 38’, indovina da poco fuori l’area di rigore una conclusione che prende una traiettoria strana, prima di colpire il palo ed infilarsi in rete. Non manca troppo all’intervallo, ma il Belluno rischia seriamente di complicarsi la vita; Sommacal va di retropassaggio per Schincariol che, anche forse per qualche irregolarità del manto erboso nella sua area di rigore, rischia la frittata sul pressing di Corvaglia; ma il numero uno bellunese è bravo poi a recuperare senza commettere fallo. Si va così alla ripresa che però dura un po’ di più per il Belluno che va in apnea sulla spinta del Kras. Qualche fallo di troppo negli ultimi venti metri e su una punizione che è una sorta di corner corto, il pallone resta troppo in area e Rabbeni sigla il pari. Va detto che per fortuna la rete scuote i gialloblù che neanche un minuto dopo vanno vicini a riportarsi avanti; punizione di Mosca dalla sinistra, pallone respinto e botta da posizione defilata di Merli Sala che soffia vicino al palo. Doppio cambio per Vecchiato con Pellicanò che rileva Paganin e Masoch che subentra a Radrezza. Di fatto si ridisegna l’assetto tattico con Pescosta e Pellicanò nuovi terzini, gli agordini Mosca e Masoch ai lati di Bertagno e Duravia che avanza a supporto del Cobra. I due tentano nel giro di quattro minuti di trovare la via del gol, poi l’episodio chiave: su angolo di Duravia, c’è una spinta piuttosto evidente ai danni di Merli Sala da parte di Del Nero; inevitabile il rigore che è trasformato con freddezza da Corbanese. A questo punto il Belluno riduce al minimo i rischi, mancando di fatto solo la rete della tranquillità. Ma se la vedono davvero brutta i tifosi gialloblù proprio ad inizio del recupero quando Spetic, uno dei migliori dei suoi, dal limite manda fuori di un nulla il possibile pareggio. Poi, col fallo da ultimo uomo di Slavec e la successiva punizione di Bertagno, si chiude la gran domenica dei gialloblù.

Ore 16.50 – (Giornale di Vicenza) Sugli spalti Mauro Zironelli ex tecnico della Sacilese, all´orizzonte, per l´Altovicentino, Antonio Paganin e il suo Giorgione, in campo Paolo Beggio. È la meglio “gioventù” panchinara vicentina, capace di regalare sogni, ma soprattutto ottimo calcio con quello che passa il convento. Prendete l´allenatore dell´Arzichiampo: è vero che Trinchieri è di un´altra categoria, ma se una squadra passa nel giro di una stagione da candidata alla retrocessione a protagonista per la corsa play off un motivo ci sarà. «Se sono anch´io di un´altra categoria? No, mi basta confermarmi qui. E lo dico senza falsa modestia». Sorride soddisfatto e un po´ sornione: «È stata una bella partita, abbiamo confermato che non siamo lì per caso, ma che meritiamo questa posizione. Abbiamo acquisito mentalità e consapevolezza». Lo riconosce anche Diego Zanin, che nonostante l´espulsione, trova belle parole per tutti: «Innanzitutto complimenti ai miei ragazzi. Non siamo con la testa in vacanza e oggi abbiamo dominato. Purtroppo, come a Belluno, continuiamo a prendere gol senza subire tiri. Siamo una squadra strana, dai calci da fermo arrivano sempre troppi gol, ma abbiamo anche grandissime qualità. Detto questo, complimenti al Padova, a Parlato e De Poli per la conquista della serie C. E complimenti a Beggio e all´Arzignanochiampo, sono proprio una bella realtà». Parole al miele anche per Roveretto mentre si rabbuia solo sul finale: «Rove? Ha sofferto più di tutti il cambiamento di modulo, ma si è sempre allenato con serietà e professionalità dandomi la certezza di avere comunque un giocatore importante su cui contare. Riguardo la mia espulsione, ho solo detto all´arbitro che dopo il gol dubbio ci lasciava pure in 10». Arrivano i protagonisti. Roveretto: «Scrivila quella frase, “palla a Rove e s´abbracciamo”, è da tanto che non la leggo. Sono stati mesi duri, ovviamente il mister fa le sue scelte, ma questi due assist mi ripagano dell´attesa. E costringono Gambino a pagarmi tutte le sere da bere, quando andremo in vacanza». Con un friulano è una bella spesa, ma Gambino sorride. Per lui solo gol d´autore: «Eppure un gol su rovesciata mi era riuscito solo a Rodengo Saiano mentre a Rimini ho preso un palo. Sono felice di stare qui». Felice anche Dall´Amico, una saracinesca dal volto gentile: «La parata più difficile su Pozza, eravamo 2 a 2 e non ho visto partire il tiro. Ringrazio il mio preparatore Nogara e Cristofoli, l´altro portiere. Siamo un bel gruppo». E lo sottoscrive pure Trinchieri, 54 gol in due anni di Arzignanochiampo: «Il mio lavoro è ai fianchi, do il massimo per la squadra. È l´umiltà la nostra forza e la capacità di Beggio di creare il gruppo. Le sue birre? Non sono un mito, ma un inizio». Impagabile bomber. Impagabile e immarcabile.

Ore 16.40 – (Giornale di Vicenza) Nel giorno in cui il Padova vola in Lega Pro, Altovicentino e Arzichiampo danno vita ad un derby spettacolare, che da una parte alimenta i rimpianti dei padroni di casa e dall´altra mantiene intatte le speranze della vigilia. Finisce in parità e il punticino serve alla Banda Beggio per restare agganciata al treno dei playoff, e ai padroni di casa per evitare un´altra settimana di passione dopo quella post-Belluno, sebbene l´arbitro Meraviglia di Pistoia riesca a rovinare il pomeriggio a Diego Zanin, spedendolo anzitempo negli spogliatoi assieme a Ricci e poi a Peluso. Pronti, via e Alto subito in profondità. Al 3´, però, la prima tegola per i locali: Brancato si infortunia tanto fortuitamente quanto seriamente e lascia il campo a Nchama Oyono. L´Alto fa la partita ma non trova verticalizzazioni, l´Arzi attende e poi sfiora il vantaggio con Trinchieri, bravo ad arpionare un lungo lancio in area e a liberarsi di Bertozzini, il quale, però, al momento della battuta si immola mettendoci gambe e torace. Qualche minuto e tutti gli incubi dei padroni di casa si materializzano nella punizione lunga e lenta di Tecchio, che trova Simonato defilato. L´inserimento del numero 4 sorprende i difensori di casa e sulla sua sponda volante Federico Marchetti, tutto solo nell´area piccola, infila al volo Di Filippo per la gioia di mezzo “Fiori”. Ferita nell´orgoglio la formazione di casa si riversa nella metà campo avversaria, ma di palle gol vere e proprie non se ne vedono fino al 37´ quando il “Mago” si inventa un calcio d´angolo alla Sinisa che si va a stampare sul palo più lontano, Pozza e Nchama Oyono non trovano il modo per ribatterla verso la porta. Il bunker gialloblu resiste con ordine. Brividi, ma null´altro. LA RIPRESA. Al rientro in campo Cortesi lascia il posto a Cozzolino e l´Alto passa a tre davanti. E pure 4 dal 15´, con l´entrata di Roveretto. Peluso ci prova su punizione, strepitosa la parata in tuffo di Dall´Amico, poi è Gambino a sfiorare di testa l´incrocio. Prove tecniche di assedio, rotto un attimo dalla punizione di Carlotto, e ripreso prima dal colpo di tacco da due passi di Pozza e poi dalla verticalizzazione di Cozzolino per Gambino, con il centravanti stoppato al momento del tiro. Il gol è rimandato, però, di pochi minuti: Roveretto, come ai vecchi tempi, si prende la fascia e pennella cross per i compagni. Su uno di questi,bello teso, Gambino anticipa l´ottimo Pregnolato di testa e manda la palla sotto l´incrocio. Esplode stavolta l´altrà metà dello stadio. Roveretto è galvanizzato e al 31´ serve una gran palla a Gambino che a sua volta inventa una “bicicleta” fantastica che impietrisce Dall´Amico. Palla a Rove e s´abbracciamo: sì, sembra davvero di essere tornati ai tempi del Marano. Il sorpasso sembra irreversibile, ma guai a fare i conti senza Trinchieri. L´argentino, apparentemente abbandonato nella metà a campo avversaria, lavora invece come un marine prendendosi metri e spazi. E al 37´ la ventesima rete stagionale insaccando con freddezza da due passi dopo essersi liberato della marcatura di Ricci, che piomba a terra. Gol irregolare per i locali e per l´esterno di Zanin, che dopo le cure protesta e viene espulso. Il tecnico di casa non ci sta ma anche la sua protesta viene punita con la doccia anzitempo. Nel finale grandissimo intervento all´incrocio di Dall´Amico su tiro di Pozza ed espulsione pure per Peluso, beccatosi con un rivale. Il derby è servito e non è detto che sia solo un antipasto.

Ore 16.20 – (Mattino di Padova) La situazione in casa Thermal non è certo delle migliori. Ormai è lampante davanti agli occhi di tutti che per raggiungere la salvezza bisognerà almeno passare per i play out. Ne è consapevole tutta la squadra, mister Pedriali in primis che ammette la prova piuttosto incolore dei rossoverdi. «Se vogliamo raggiungere la salvezza non possiamo giocare con questa poca personalità. Eppure a Rimini non avevamo fatto male, ma stavolta sembravamo molto timorosi nonostante avessimo preparato bene la partita, consapevoli della forza del Delta. Purtroppo paghiamo anche gli infortuni di alcuni giocatori importanti come Baldovin e Sadocco. Domenica con il Formigine non possiamo permetterci di sbagliare». Troppi però gli errori, a cominciare dall’assurda giocata di Cassese che ha portato al vantaggio del Delta.

Ore 16.10 – (Mattino di Padova) Troppo forte questo Delta per la malcapitata Thermal che, al “Ballarin” di Chioggia, prende tre sonori schiaffoni dai polesani e deve ringraziare la giornata superlativa del portiere Merlano se il passivo è stato anche limitato. Un’ autentica caporetto per i ragazzi di Pedriali, sempre in balìa dell’avversario sin dalle battute iniziali. Merito del Delta, che rischia di chiudere questo campionato con molti rimpianti, ma deve far riflettere in casa termale la mancanza di quella rabbia che non può mancare a una pericolante. Cronaca a senso unico con grandinata di occasioni per gli ospiti contro un paio di tiri in porta della Thermal, rigore compreso. Schieramenti speculari in campo, 4-4-2 per entrambe, anche se nella Thermal l’esterno sinistro Franciosi prova un po’ a svariare lungo tutto il fronte d’attacco, finendo spesso col trovare il muro dei difensori avversari. Difficile, invece, trovare punti deboli nel Delta. Il Delta si presenta subito aggressivo ed al 6’ Merlano è già agli straordinari per deviare un colpo di testa di Gherardi. Ci prova anche Laurìa (8’), che non è un gigante, tra gli statici difensori aponensi: palla fuori.Merlano vola ancora al 15’ per fermare una punizione del solito Laurìa, mentre al 17’ il primo tiro rossoverde porta la firma di Franciosi che, di mezza punta, non inquadra la porta. Al 20’ il Delta arriva al logico vantaggio: Cassese si fa soffiare in area la palla da Laurenti che segna. Continuano i miracoli di Merlano, su Laurìa dalla distanza prima (25’) e sul pallonetto di Pradolin (26’) poi. Pradolin sfiora il palo di testa al 35’ ed al 41’ ancora Merlano allunga le mani per respingere un tiro da fuori di Laurìa. Il portiere Merlano è protagonista anche ad inizio ripresa (4’) quando respinge un tiro dalla distanza di Laurìa. Nulla può però al 13’: punizione di Pradolin, sponda aerea di Gherardi e Laurìa stoppa di petto ed inventa una rovesciata da applausi per il 2-0. Al 23’ ecco poi servito il tris: cross di Laurìa da sinistra ed in mezza girata al volo Laurenti mette ancora in porta. C’è ancora tempo (25’) per un clamoroso errore sotto porta di Gherardi, prima del gol salva onore messo a segno su rigore da Cacurio (46’), dopo che Bargiggia aveva intercettato con la mano il tentativo di andare in porta dello stesso Cacurio. Per la Thermal, comunque, resta una giornata da dimenticare.

Ore 16.00 – (Mattino di Padova) Mister Vito Antonelli commenta a caldo: «Non ci volevano questi tre gol sul groppone, risultato pesante che ci penalizza oltre i nostri demeriti. Loro sono entrati in area tre volte e tre volte ci hanno segnato. A questa squadra manca quel pizzico di attenzione in più per evitare certi errori. Sulle vicende societarie ho ben poco da aggiungere, il nostro compito è di onorare il campionato ed uscire da uomini da questa situazione». «Onore al San Paolo», ribatte il collega Alberto Mantelli, «che ha disputato una gara ordinata e con tanto cuore. Non meritano la classifica che hanno e bisogna far loro un plauso per come stanno disputando il campionato, seppur tra mille difficoltà. Bravo il Fiorenzuola che ha rischiato poco ed ha disputato una gara accorta, mettendo subito in sicuro il risultato».

Ore 15.50 – (Mattino di Padova) Pesante capitombolo interno per l’Atletico San Paolo che viene martirizzato dal lanciatissimo Fiorenzuola in una domenica al sapore di cicuta. L’unica buona notizia deriva dall’antico adagio “mal comune mezzo gaudio”, poiché i cugini della Thermal Abano affondano una katana nelle proprie viscere, perdendo per 1-3 il derby veneto contro il Delta Rovigo. Padovani e aponensi restano così a braccetto a quota 30 punti, ma sono come due commilitoni che precipitano e si accapigliano per un solo paracadute che porta ai playout, con il terreno in veloce avvicinamento, distante appena tre giornate. Domenica campale, invece, per il Fiorenzola che, complice la finale di Coppa che ha liberato un posto nei playoff, comincia a fare sogni che sembravano proibiti ad inizio stagione. Conquistata la salvezza matematica, quasi in surplace, i rossoneri rischiano adesso un innesto di stagione fuori programma ma non per questo sgradito. Se poi ci si mettono anche i risultati dagli altri campi (pareggio della Fortis, sconfitta dell’Abano nello scontro diretto col Bellaria) a soffiare venti benevoli sui destini piacentini, è possibile immaginarsi l’accalorata domenica padovana alla stregua di una piacevole degustazione di prosecco. A pompare di bollicine il calice degli ospiti è stato Franchi che, con una doppietta, ha dettato i ritmi della danza accompagnata dal rigore di Guglieri. Un plauso lo meritano i padovani che, a causa di oscure vicende societarie, hanno percepito in tutta la stagione appena due mensilità su dieci: solo l’orgoglio tiene incollati gli atleti al campo di calcio. La cronaca, fatta la tara alle marcature, è scevra di spunti interessanti. I piacentini hanno sfondato quasi senza volerlo, controllando ed amministrando la gara con la tattica del gatto che assalta un roditore, seppur affamato. Al 5’ già si indirizza la partita con Franchi che raccoglie un cross dalla sinistra e col piattone manda a gambe all’aria Savi. Il raddoppio, al 17’, ha la valenza di un uppercut: Boscaro usa il braccio entro i limiti dell’area, per Ricci da Firenze è rigore. Dal dischetto, Guglieri tramuta l’onore della trasformazione nell’onore dello 0-2. Il San Paolo ha le classiche poche idee ma confuse e non riesce a risalire il guado. Nella ripresa, al 53’, Franchi con un dribbling in area e successiva ribattuta vincente sulla respinta di Savi, cala il drappo vermiglio sullo show, che per il San Paolo ha tutto l’aspetto di un sudario.

Ore 15.40 – (Mattino di Padova) Arrabbiatissimo. L’allenatore dell’Abano Massimiliano De Mozzi (sostituito in panchina da Andrea Maniero per squalifica) non salva una virgola del match del “Nanni” di Bellaria. Troppi errori, ma soprattutto, un approccio poco adeguato alla gara: «Non ci siamo presentati nelle condizioni adatte per affrontare questa partita» commenta il tecnico di Marostica. «Non c’eravamo con la testa e abbiamo sbagliato passaggi anche elementari». Il Bellaria ha sfruttato gli svarioni della difesa, apparsa in difficoltà: «Il Bellaria aveva molta più “fame” di noi» aggiunge. «Era inferiore dal punto di vista tecnico, ma aveva molta più voglia di fare risultato. Insomma, i nostri avversari erano più presenti, aggressivi e caparbi». Domenica l’Abano affronta la Virtus Castelfranco.

Ore 15.30 – (Mattino di Padova) Come una burrata. L’Abano invoglia, stupisce, ammicca e poi si squaglia. Sempre così, da settembre ad aprile. Un gran gioco, quello dei neroverdi, che però non riesce a portare punti nelle partite che contano. Come lo scontro diretto di Bellaria, che vale il primo timbro sui playoff, seccato da una doppietta di Marco Bernacci e dalla rete di Daniele Forte. Una batosta che consegna il sesto posto, l’ultimo valido per la post-season, al Fiorenzuola (grazie al 3-0 rifilato all’Atletico San Paolo) e proprio al Bellaria Igea Marina, a pari merito con 48 punti. L’Abano è ancora lì a un passo, ma a tre giornate dalla fine, si sa, gestire è sempre meglio che inseguire. Questioni di classifica a parte, preoccupa la “bambola” generale dell’undici aponense: giocatori svogliati, in ombra, sbriciolati dalla furia agonistica dei romagnoli, nonostante i piedi non leggerissimi. Tranne Bernacci, che al 4’ insacca un calcio di punizione provocato ingenuamente da Ianneo. L’attaccante biancazzurro si ripete al 12’ con un’azione personale quasi accompagnata dai difensori ospiti: l’ex bomber del Bologna consegna poi il pallone a Forte che infila Rossi senza troppi problemi. Il 2-0 è una bella botta, ma gli uomini di Andrea Maniero (in panchina al posto dello squalificato Massimiliano De Mozzi) reagiscono prima con Bortolotto, troppo macchinoso nel preparare la conclusione, poi con Franceschini e Zanardo, che decidono di prendere a sassate Foiera senza badare alla mira. Nella ripresa Bortolotto indovina l’angolo giusto su rigore (58’), ma è una magra consolazione perché le continue trame senza acuti dell’Abano convincono il Bellaria a piazzare il colpo del k.o.: ci pensa il solito Bernacci, facilitato dall’ennesimo svarione difensivo, a risolvere la pratica da tre punti. Il match si chiude con la girandola delle sostituzioni e con una conclusione per parte: Bortolotto e Camporesi ci provano dalla distanza, senza pretese e, di conseguenza, senza gloria.

Ore 15.20 – (Mattino di Padova) Dopo la gara, il tecnico dell’Este Gianluca Zattarin non si dispera troppo per i tre punti buttati ma focalizza l’attenzione sugli errori costati i due gol della Virtus Castelfranco nel finale: «Abbiamo commesso due grosse ingenuità», commenta l’ex stopper di Padova e Chievo. «L’uscita di Meneghello ha condizionato un po’ la partita. Era l’uomo di maggior esperienza della difesa e dopo il suo infortunio abbiamo iniziato a soffrire. In campo c’erano tanti giovani che hanno bisogno di farsi le ossa. È un peccato perdere così». L’Este ha gestito la gara per 80’: «Abbiamo giocato un buon primo tempo, nel secondo abbiamo avuto delle ottime occasioni» aggiunge. «Siamo anche riusciti a passare in vantaggio, ma i due gol nel finale sono stati clamorosi».

Ore 15.10 – (Mattino di Padova) Vincono tutte tranne l’Este. Nella corsa per il secondo posto, il tris di Correggese, Delta Porto Tolle e Piacenza contro Romagna Centro, Thermal Abano e Imolese, danneggia (e non poco) i giallorossi, che riescono a confezionare una domenica nera in quattro minuti, prendendo due gol in rimonta dalla Virtus Castelfranco Emilia. Lo scivolone in fondo alla griglia dei playoff (comunque già sicuri) è un campanello d’allarme, ma non ancora una sentenza definitiva, perché la Correggese, prima fra le concorrenti, ha solo quattro punti di vantaggio, recuperabili con un rush finale senza troppe sbavature. Ne sa qualcosa, a proposito di sbavature, proprio la difesa ospite, che perde la trebisonda dopo l’infortunio del difensore più esperto, Meneghello, per la gioia di Cortese e Sciapi, che possono così stappare le prime bottiglie-salvezza per i compagni. L’Este, mollato dalla buona sorte, interrompe così una serie positiva che durava da dieci partite. E lo fa con un primo tempo a ritmo serrato ma senza far venire le palpitazioni ai pochissimi spettatori del “Ferrarini” di Castelfranco. Non deve sporcarsi troppo guanti e braghette l’estremo di casa Gibertini, ammansito dalla monotonia generale. Nella ripresa, però, si risveglia il duo Rondon-Beghetto: il fantasista di Malo prima sfiora l’1-0 di testa al 59’, poi trova il passaggio a rimorchio per Coraini, sfortunato nella mira. Il solito Coraini riesce infine a ribadire in rete la sventola di Beghetto respinta dal palo (81’). A risultato ottenuto, gli uomini di Zattarin chiudono baracca. All’86’, però, la Virtus Castelfranco trova il pareggio grazie a una punizione (provocata da un fallo di Tulhao) deviata dalla barriera sui piedi di Cortese, pronto a infilare Lorello. E non è neanche il 90’ quando Sciapi riceve il pallone all’altezza del vertice dell’area piccola prima di far sbiancare per la seconda volta il portiere atestino. L’Este accusa il colpo e s’innervosisce: il match, infatti, si chiude con qualche scaramuccia, sedata sotto il tunnel degli spogliatoi.

Ore 14.50 – (Gazzettino, editoriale di Claudio Malagoli dal titolo “La forza del coraggio”) Era il 4 agosto dell’anno scorso. In un pomeriggio molto assolato, dove scottava anche l’asfalto, il nuovo Padova targato Bergamin-Bonetto aveva mosso i suoi primi passi, in netto ritardo rispetto alla concorrenza. Un raduno quasi da patronato a Piazzola sul Brenta, nel cortile di un’azienda del neo amministratore delegato. Tanti calciatori ancora in tenuta da spiaggia, i più giovani addirittura accompagnati dal papà, volti anche spaesati e perplessi, una sensazione di totale provvisorietà, ma con tre punti fermi: l’allenatore Parlato, fresco vincitore del campionato di serie D con il Pordenone e giubilato troppo in fretta dal club neroverde, il direttore sportivo De Poli, amico di vecchia data e uomo di fiducia dei nuovi proprietari, e la ritrovata passione dei tifosi, pronti a mettersi alle spalle la funesta gestione di Penocchio. Da lì, in un crescendo rossiniano, superando ogni ostacolo, è cominciata una cavalcata trionfale che ha riportato il Padova nel calcio che conta e ha esaltato la voglia sana di pallone del popolo biancoscudato. È stato un campionato da applausi. Una partenza sprint, con otto vittorie di fila e il primo posto quasi sempre in mano fino a Natale. Poi una piccola flessione che ha illuso gli ambiziosi rivali dell’Altovicentino, tornati per un paio di domeniche in vetta alla classifica. Quindi un girone di ritorno quasi a cento all’ora, strapazzando un avversario dietro l’altro fino allo straordinario epilogo di ieri a Legnago, dove si è consumato l’ultimo atto di un’impresa da pelle d’oca. Grandi i meriti di Parlato, l’uomo giusto al posto giusto, che non ha mollato di un centimetro nel predicare il suo credo calcistico e che ha saputo cementare giorno dopo giorno un gruppo inossidabile. Grandi i meriti dei giocatori, sempre pronti a mettere da parte le esigenze personali di fronte agli interessi del collettivo e a lottare con tutte le loro forze per riportare il Padova nel calcio professionistico. Grandi i dirigenti nel costruire a tempo di record una società seria e trasparente, ma anche nel garantire alla squadra di lavorare senza pressioni e soprattutto nella più assoluta serenità. Grandi i tifosi a trasmettere un calore smisurato e a spellarsi le mani di fronte a questo rullo compressore che ha lasciato solo le briciole agli avversari. Sicuramente è troppo presto per parlare del futuro. Oltretutto la Lega Pro è un campionato difficile e anche dispendioso sul piano economico. Ma a questo Padova nessun traguardo può essere precluso.

Ore 14.40 – Le pagelle del Padova (Gazzettino): Petkovic 8; Busetto 6.5, Sentinelli 6, Thomassen 6.5, Salvadori 6; Segato 6.5 Mazzocco 6.5; Ilari 6, Cunico 7 (Nichele sv), Petrilli 7 (Dionisi 6); Zubin 6 (Ferretti sv).

Ore 14.30 – (Gazzettino) Vivacissimo sulla corsia opposta anche Valente che al 39’ ha costretto Petkovic a un difficile intervento. Prima dell’intervallo il portiere biancoscudato si è ripetuto su Fioretti, a conferma che la squadra di casa era pronta a dare fuoco alle polveri ogni volta che poteva. Dallo spogliatoio è uscito un Padova sempre deciso a prendersi i tre punti, ma molto più attento alla fase difensiva. A dare una mano, nel vero senso della parola, alla squadra di Parlato è arrivata l’ingenuità di Friggi (4’) che è intervenuto in area con un’azione da pallavolista nel tentativo di anticipare Zubin. Inevitabile il calcio di rigore. Senza esitare Cunico si è preso la responsabilità del tiro dal dischetto e con freddezza ha fatto centro. A quel punto la Lega Pro era in tasca, qualunque fosse stato il risultato finale dell’Altovicentino. Ma le emozioni non erano finite. Di nuovo il Legnago è ripartito a testa bassa e a cavallo del 12’ ha sfiorato per due volte in rapida successione il 2-2. La sventola di Longato quasi a colpo sicuro è stata respinta con il corpo da Sentinelli, poi Petkovic ha mostrato straordinari riflessi nello sventare il colpo di testa da distanza ravvicinata di Fioretti. Era davvero il caso di mettere in ghiaccio la partita, tanto più che l’Altovicentino aveva ribaltato il risultato e dunque solo vincendo il Padova poteva festeggiare la matematica promozione. Parlato ha inserito Dionisi al posto di Petrilli, quindi Nichele è subentrato a Cunico, infine Ferretti ha sostituito Zubin. I biancoscudati sono passati a un più prudente 4-1-4-1 che di fatto ha disinnescato le ultime velleità della compagine di casa. Ed è stato il trionfo.

Ore 14.20 – (Gazzettino) A restituire un po’ di sollievo è arrivata poco dopo la notizia del vantaggio dell’Arzignano Chiampo in casa dell’Altovicentino. Ma non sarebbe stata la stessa cosa festeggiare solo grazie alle disavventure altrui. E così Cunico e compagni hanno ripreso il controllo delle operazioni alla ricerca del pareggio. Petrilli ci è andato molto vicino con una mezza rovesciata che meritava una sorte migliore, stessa sorte per il capitano e Ilari. Quindi ci ha provato Mazzocco dalla distanza. Niente da fare, la porta del Legnago sembrava quasi stregata. Come se non bastasse, una micidiale ripartenza della compagine veronese (20’) ha messo i brividi a Petkovic. A seminare il panico nell’area biancoscudata è stato lo scatenato Zerbato, scattato ancora una volta alle spalle di un disattento Salvadori, ma per fortuna del Padova il suo destro a incrociare da posizione favorevole è stato maldestro e così il pericolo è sfumato. Dal possibile raddoppio del Legnago si è passati in un attimo al pareggio del Padova. Bruciante lo scatto palla al piede di Petrilli che ha saltato di netto Viteritti, è entrato in area e in corsa ha mirato nell’angolino opposto, non dando scampo a Cybulko. Rimesse le cose a posto, i biancoscudati hanno un po’ abbassato il ritmo. Ciò comunque non ha impedito loro di minacciare ancora la porta veronese. Allo stesso tempo hanno però dovuto tenere le antenne ben dritte di fronte ai sempre temibili ribaltamenti di fronte del Legnago, tutti ben orchestrati da Longato. A destra del fronte offensivo il solito Zerbato si è conquistato un paio di velenose punizioni.

Ore 14.10 – (Gazzettino) Il triplice fischio dell’arbitro Raciti a sancire la promozione del Padova è arrivato alle 16.56 in punto. I tifosi biancoscudati avevano già da una quindicina di minuti scavalcato le recinzioni dello stadio per prepararsi all’invasione di campo. E si è scatenata la festa, prima sul terreno di gioco e poi davanti allo spogliatoio, tra prosecco, champagne e secchiate d’acqua che non hanno risparmiato nessuno. Ma non è stata una passeggiata, anzi. Merito di un Legnago che ha giustamente cercato fino all’ultimo di mettere il bastone tra le ruote alla truppa di Parlato, forte di una striscia positiva fatta di sei vittorie e un pareggio nelle ultime sette giornate che stava appunto a certificare una brillante condizione di forma. E dire che l’avvio di partita aveva illuso un po’ tutti. In appena cento secondi il Padova è infatti riuscito a battere due calci d’angolo e soprattutto a costruire una doppia occasione da gol. Sfortunatissima l’incornata di Cunico che è andata a stamparsi sulla traversa a portiere battuto, poi ci ha provato Segato con un tiro a pelo d’erba che è sfilato di pochi centimetri al di fuori dello specchio della porta. Partita in discesa? Neanche per idea. E al primo affondo (4’) è stata infatti la squadra di casa a passare in vantaggio. La combinazione in velocità tra Adriano e Zerbato ha colto completamente impreparata la retroguardia biancoscudata, pallone invitante al centro e perfetta inzuccata di Fioretti, al quattordicesimo centro stagionale. Per il Padova e per gli oltre millecinquecento tifosi presenti allo stadio è stata come una doccia fredda.

Ore 14.00 – (Gazzettino) «Da padovano adottato provo un enorme piacere, sono emozionato e contento. Ho cercato fino alla fine di non mollare mai un po’ per il bene di tutti, ce l’abbiamo fatta. Grazie a tutti». La partita è finita da pochi istanti e Carmine Parlato esprime così a caldo in mezzo al campo la sua gioia prima di essere strappato via dai tifosi per essere portato in trionfo. Lo ritroviamo qualche minuto più tardi fuori dallo spogliatoio, inzuppato fracido. E indossa ancora l’immancabile giubbotto che l’ha accompagnato in panchina per quasi tutta la stagione. È la sua terza promozione dalla serie D alla Lega Pro, ma questa è quella più bella. «Direi di sì, c’erano molte più difficoltà», replica il tecnico, mentre alle sue spalle i giocatori cantano a squarcia gola «Ce ne andiamo in Lega Pro!». Il tecnico va avanti: «Devo essere sincero, devo ringraziare un po’ tutti, l’ambiente, la stampa, è merito di tutte le componenti che ci sono state vicine. Abbiamo seguito l’onda dei tifosi per riportare il Padova dove volevamo, ce l’abbiamo fatta». L’intervista si interrompe bruscamente perché i giocatori lavano con una secchiata d’acqua il tecnico, anche i cronisti sono presi di striscio. «È stata dura – riprende Parlato – ma con un gruppo del genere…». E giù ancora acqua. La forza di questo gruppo e di questa società? «L’umiltà, la passione e la professionalità. E i ragazzi non hanno mollato mai, ci hanno creduto sempre. E poi quando ci tieni alle cose, dai qualcosa in più. Non siamo andati in confusione: quando fai male nella tua città, ti senti ancora più colpevole. Noi siamo stati bravi anche a tenere le emozioni, a non andare oltre. Ma adesso dobbiamo ripeterlo, ce l’abbiamo fatta. Il Padova sta in una categoria che può essere una buona partenza per tornare nel calcio che gli compete veramente (serie B, ndr), ma è già tanto quello che abbiamo fatto». Per uno come lei che ha giocato nel vecchio Padova e che vince con il nuovo Padova, è una soddisfazione ancora superiore? «Mi fa un piacere enorme. Non è stato facile e ho cercato di coinvolgere tutti nella professionalità e nel sapere gestire le emozioni fino alla fine. L’Altovicentino ha tenuto fino alle prime cinque giornate del girone di ritorno, poi ci siamo staccati e siamo stati più forti. Lo siamo stati sempre, l’unica cosa è che loro sono partiti a metà giugno e noi il 5 agosto, i ragazzi sono stati fantastici». È la sua vittoria più bella in carriera? «È una vittoria che dice tanto, me la godo, nella mia città. La dedico a mia moglie che mi sta sempre vicino, ha gioito e sofferto». Lei, tra l’altro, è padovana. Quindi le ha fatto un regalo doppio. «Sì, sì, saranno contenti anche i miei suoceri, mia zia, i miei cognati e cognate. Sono in tanti e mi fa piacere anche per loro perché, al di là del fatto che ho giocato nei biancoscudati, ci tengono moltissimo al Padova e quindi c’era anche questo aspetto familiare che mi portavo dentro». Venticinque vittorie e un girone di ritorno straordinario. «È vero, non è facile aver fatto questo cammino. Oggi il Legnago ci ha fatto la guerra come è giusto che sia dal primo minuto e siamo venuti a vincere. Bravi i ragazzi, bravi tutti».

Ore 13.50 – (Gazzettino) Ha seguito come al solito la partita in disparte in un angolo della tribuna, tra l’altro in mezzo ai tifosi del Legnago. «Ma non ho litigato con nessuno», puntualizza. E quando il presidente Giuseppe Bergamin arriva in zona spogliatoio sfoggia in testa un cappello. «È una cosa che mi avevano promesso gli ultras all’inizio e adesso me l’hanno data». Intorno a lui i giocatori sono scatenati nei festeggiamenti, Bergamin mantiene un profilo composto. Forse non se ne rende ancora conto. «Sono contento. È una bella giornata, coronata con questo risultato che ci aspettavamo. È un’emozione difficile da descrivere, però sono contento soprattutto per chi c’era e per chi ci aspetterà», ossia i tifosi. «È una grande soddisfazione, abbiamo superato un ostacolo che poteva sembrare semplice a priori e invece si è dimostrato complicato. L’abbiamo fatto con tenacia e volontà di arrivare. Quando credi fino in fondo a qualcosa, la raggiungi». A chi dedica questa promozione? «Alla città e alla sua gente, e mi auguro che in futuro possa essere ancora più vicina a questa società che farà ancora di più». E adesso? «Assorbiamo un po’ questa iniezione di adrenalina e a mente più tranquilla vediamo di fare un discorso razionale». Dopo l’intervista anche il presidente è bagnato dai giocatori. È già completamente inzuppato invece l’amministratore delegato Roberto Bonetto: quanto è contento? «È una soddisfazione enorme. Quando siamo partiti a luglio era impossibile pensare di fare questa impresa e invece ce l’abbiamo fatta con umiltà, con forza di volontà, con un grosso gruppo di uomini e con un grande allenatore e un grande direttore». Questa vittoria a Legnago è il coronamento di una stagione perfetta. «Abbiamo riportato il Calcio Padova, perché così ci chiameremo nel prossimo campionato, nei professionisti e poi un po’ alla volta vedremo dove riusciremo ad andare». Lega Pro come primo passo per tanti altri successi? «Abbiamo fatto questo passo importante, siamo tornati nel calcio che conta un pochettino. Adesso cercheremo di andare nel calcio che conta: dobbiamo lavorare per ritornare nel giusto lasso di tempo in serie B, nella categoria in cui si trovava il Padova». Prendiamo al volo il diesse Fabrizio De Poli quando è ancora in mezzo al campo durante i festeggiamenti, e indossa la maglia celebrativa della promozione. «Siamo in Lega Pro, abbiamo fatto ciò che dovevamo fare. Siamo stati bravi e fortunati, ha vinto la squadra e la società più forte. Quando vinci è sempre importante, mi mancava farlo in serie D». A Padova ha un gusto speciale. «Sì, è tutto più bello. Ho tanti amici, sono di Padova e lo è anche la mia famiglia. È stato davvero un campionato importante ed è stato soffertissimo proprio perché tutti si aspettavano una risposta importante da noi e non è facile farlo in una grande piazza come Padova». La svolta della stagione? «La gara con l’Union Pro è stata una tappa importante dopo la quale ci siamo riconciliati e abbiamo capito che certi errori non potevamo più permetterceli. Ci ha dato una grande mano anche l’Altovicentino che ha mollato, anche se la squadra più forte siamo noi». Una dedica? «A mia moglie e ai miei figli».

Ore 13.40 – (Gazzettino) «Dedico la vittoria del campionato a tutti coloro che vogliono davvero bene al Padova. Vederli così felici è il momento più bello, dopo quello che hanno passato la scorsa estate». Marco Cunico non è solo il capitano, ma un simbolo del Padova che ha ottenuto con pieno merito il salto in Lega Pro. È letteralmente in mutande davanti allo spogliatoio quando comunica ai cronisti tutta la sua felicità. «È motivo d’orgoglio questa vittoria, ringrazio società, compagni e allenatore. Un gruppo di ragazzi così difficilmente si trova, e questo è stato semplicemente l’esito scontato di una grande stagione». Proprio Cunico, al rientro dall’infortunio, ha segnato il rigore decisivo per la promozione. «L’ultimo mese è stato un po’ duro da mandare giù, ho lavorato con l’obiettivo di essere presente nel momento decisivo e alla fine il lavoro paga sempre. Quanto scottava la palla sul dischetto? Sinceramente ero abbastanza tranquillo». Al momento del cambio si è levato il coro dei tifosi “C’è solo un capitano”. «Fa piacere, considerata la gente che è passata qui. Anche se i paragoni sono un po’ fuori luogo, vuol dire che nel piccolo abbiamo fatto qualcosa anche noi». Cunico è anche il cannoniere della squadra con 12 reti. «Già il fatto di vincere il campionato rende è straordinaria l’annata, poi sono contento del mio rendimento a prescindere dai gol. Penso di avere fatto una buona stagione, fisicamente mi sono sentito bene e mi sono sentito apprezzato». Un flash di Nicola Petrilli, altro goleador di giornata. «Adesso ci godiamo questa festa e poi pensiamo alla poule scudetto, ci teniamo a vincere anche quella. Sono molto felice di questo traguardo, e aver segnato oggi (ieri, ndr) mi rende ancora più orgoglioso. Me ne devo ancora rendere bene conto, spero di restare l’anno prossimo». Altro protagonista Ilari: «La consapevolezza di poter vincere il campionato l’abbiamo avuta al termine del girone d’andata. Pur perdendo con l’Altovicentino, avevamo disputato una prestazione di altissimo livello. E abbiamo capito che potevamo spiccare il volo dato che nessuno poteva metterci in difficoltà». Per Sentinelli, che tiene davanti a sè il figlio Cristian, è l’ottavo campionato vinto in carriera: il più bello? «Di sicuro è favoloso per tutto ciò che ci è stato attorno, entusiasmo incluso. Domenica speriamo di superare seimila tifosi, vogliamo festeggiare fino al 10 maggio e poi pensare alla poule scudetto: vogliamo testare la nostra forza con le altre squadre che hanno vinto il campionato». L’anno prossimo? «Sarebbe bello rimanere, poi sono una persona che non si pone limiti e se dovessi rimanere vorrei giocare per vincere». È rimasto ai box per squalifica Amirante, anche lui grande protagonista nella seconda parte di stagione. «Abbiamo fatto quattro-cinque mesi stupendi, è una promozione meritata. Spero tanto di rimanere». Dispiaciuto di non essere stato in campo? «Un po’ sì, ma ero straconvinto che avremmo vinto. Le partite decisive erano quelle con Clodiense e Sacilese, oggi era una festa». La forza del Padova? «Sicuramente il collettivo».

Ore 13.30 – (Gazzettino) Ma lo sconforto dura solo pochi istanti e i tifosi tornano a spingere a gran voce Cunico e compagni: «Forza ragazzi! Forza Ragazzi! Padova! Padova!». E quando Petrilli firma l’1-1 l’esplosione di gioia è incontenibile. La ripresa si apre con il sigillo su rigore di Cunico che scatena la “torcida” del popolo biancoscudato: «Forza Padova vinci per noi!». Si registra però in tribuna anche la caduta di stile da parte di un drappello di tifosi: tutto nasce quando uno di loro accende gli animi beccandosi con alcuni supporter di casa, e un gruppo di compagni lancia cori offensivi contro Legnago. Devono intervenire i carabinieri per riportare la situazione alla normalità. Si torna a guardare al campo. È standing ovation all’uscita di Petrilli, pochi istanti più tardi inizia il solito valzer di insulti all’ex stato maggiore del Padova. Poi è Cunico a lasciare il campo accompagnato dal coro «C’è solo un capitano!». Quindi è il turno di Zubin rimpiazzato da Ferretti, sempre nel cuore dei tifosi: «Rulo, Rulo, Rulo». Manca ormai una decina di minuti alla fine e nel settore degli ultras viene esposto lo striscione «E adesso ghe ne xe par tuti». Iniziano i preparativi per l’invasione di campo, le forze dell’ordine lasciano fare. E al triplice fischio è festa grande.

Ore 13.20 – (Gazzettino) Riavvolgendo il nastro della giornata, già a mezzogiorno sono presenti fuori dallo stadio i primi tifosi: qualcuno ne approfitta anche per un pic nic veloce al fianco della propria macchina. La predisposizione dell’organizzazione è esemplare, tutto fila liscio senza intoppi: passano i minuti e l’onda biancoscudata diventa sempre più grande fino a riempire lo stadio. In tribuna ci sono anche l’ex presidente Sergio Giordani e tifosi doc come Mario Liccardo e Mario Merighi. Il “Sandrini” diventa una bolgia quando lo speaker annuncia la formazione del Padova scandita dall’olè dei tifosi con applausi annessi. Pochi minuti e quando le squadre fanno ingresso in campo parte la “sciarpata” degli ultras tra fumogeni rigorosamente bianco e rossi ed è tutto uno sventolio di bandiere. Ci sono anche i primi cori all’insegna della promozione. «Alè, alè, oh oh, e tanto già lo so che l’anno prossimo giochiamo in Lega Pro!». E poi via ancora con pezzi classici del repertorio: «Noi vi lasceremo mai soli! Padova, Padova». Al primo angolo dopo pochi secondi è subito «Voemo el gol, voemo el gol»: arriva una clamorosa traversa di Cunico. È invece una doccia fredda il momentaneo vantaggio di Fioretti.

Ore 13.10 – (Gazzettino) Un’atmosfera elettrizzante da fare venire la pelle d’oca. Sono le 16.56 quando l’arbitro sancisce con il triplice fischio la vittoria del Padova, dando il via all’invasione pacifica dei tifosi che si fiondano a festeggiare sul campo i propri beniamini. È una festa coinvolgente nella quale giocatori, staff tecnico e dirigenti sfoggiano la maglia celebrativa di una promozione strameritata che sancisce il ritorno del Padova in Lega Pro. I giocatori restano ben presto in mutande, i tifosi vanno a caccia di cimeli (maglie, pantaloncini, calzettoni e scarpe), il tutto in un tripudio di bandiere e di cori che inneggiano al capolavoro della squadra. Non mancano anche sfottò nei confronti dell’Altovicentino e del suo patron. È il momento tanto atteso per i tifosi che riservano sorrisi e abbracci a tutti i protagonisti, presi d’assalto anche per fotografie ricordo. E il bagno di folla coinvolge naturalmente pure Parlato, portato letteralmente in trionfo. Sono momenti bellissimi e toccano il cuore. L’amore per il Padova sboccia in tutto il suo splendore, e la festa si protrae per diversi minuti fino a quando i biancoscudati non fanno ritorno verso lo spogliatoio, dove naturalmente la festa è solo all’inizio.

Ore 13.00 – (Gazzettino) Roberto Bonetto, dopo avere ringraziato Comune e tifosi e prima di parlare del futuro, fa un breve passo indietro: «Mai avremmo pensato di potere coagulare attorno alla nuova società un simile calore. Adesso, come scritto sullo striscione, sono cavoli nostri, ma la nostra promessa è che da domani mattina ci siederemo attorno a un tavolo per costruire un nuovo Padova degno della Lega Pro e di questa piazza». E intanto si va avanti con i festeggiamenti, con le pacche sulle spalle e con le foto con il pollice alzato. I cori dei tifosi guardano al futuro: «Venezia stiamo arrivando» e non manca una «attenzione» per i cugini biancorossi «Chi non salta è un vicentino». L’ultimo della serie è un semplice «Grazie ragazzi» che sintetizza al meglio lo spirito del popolo biancoscudati. I giocatori e il loro seguito se ne vanno alla spicciolata, si mischiano alla gente e poi risalgono sul pullman che li porterà a cenare al Kofler, riprendendo a intonare i loro cori. La notte è piccola…

Ore 12.50 – (Gazzettino) Tra le gente pure Humberto Rosa, uno dei gloriosi panzer di Rocco. Tutt’altro che tranquilli sul loggione del Palazzo della Salone, giocatori, allenatore, dirigenti e soci, molti accompagnati dalle rispettive famiglie. I cori che arrivano dagli ultras, nel frattempo approdati in piazza, sono ripetuti a squarciagola dai calciatori, con il vicepresidente Edoardo Bonetto a dirigere le operazioni gridando «Salutate la capolista». Suo papà Roberto si fuma sereno un sigaro. Poi arriva un altoparlante e il primo a parlare è il sindaco Massimo Bitonci: «Siete dei grandi tifosi, l’onore di questa città. Dopo tanti anni è finita la sfortuna!». Poi, in separata sede, tesse le lodi al duo Bergamin-Bonetto, chiamandoli scherzosamente B&B: «Due imprenditori che hanno creduto nel Padova e investito; non era facile partire da zero. Quanto all’amministrazione, si è mossa per la città, per i tifosi e per tutti e ora si vede la risposta della gente». Poi prende il microfono lo stesso Bergamin: «Frequentavo queste piazze nel ’68 quando da giovane studente cercavo qualcosa in cui credere. Abbiamo davanti gente che crede in qualcosa e per questo sono felice».

Ore 12.40 – (Gazzettino) Nessuna notte è così lunga da permettere al sole di risorgere. Così si leggeva in uno striscione esposto dalla curva l’anno scorso nei momenti più bui. Anche questa volta la notte è stata lunga, ma trascorsa nel migliore dei modi, per festeggiare una promozione che mette una volta per tutte da parte un recente passato da dimenticare. La festa in città coinvolge almeno duemila tifosi che si radunano in piazza Cavour per un colorato corteo che li porta in piazza delle Erbe dove li attende la squadra, arrivata con il pullman scoperto dopo una passerelle per le vie della città. Il serpentone si muove verso le 21, con davanti un ironico striscione “semo tornai e desso xe c. vostri!”. Ironia, sorrisi e buon umore regnano naturalmente nelle vie del centro, con un bell’effetto scenico regalato dai fumogeni rossi e dalle centinaia di bandierine bianche che sventolano. Il primo coro è l’ormai consueto “tanto già lo so che l’anno prossimo giochiamo in Lega Pro”.

Ore 12.30 – (Gazzettino) Sciarpa biancoscudata al collo, Giovanna Bergamin, moglie del presidente, si gode serena dal loggione del Palazzo della Ragione lo spettacolo della festa dei supporter padovani, senza perdersi un fotogramma e partecipando a canti e cori. «Ancora non riesco a rendermene conto – le sue prime parole – ma è fatta, è fatta. Sono sempre stata una grande tifosa, ma vissuta dall’interno, questa esperienza è sentita in una maniera diversa e quello che si prova dopo un simile risultato ha un altro sapore. Ora che la mia famiglia è in società ci si sente più responsabilizzati e proprio per questo motivo la gioia è ancora più bella».

Ore 12.20 – (Gazzettino) Cori, bandiere, entusiasmo: la festa dei tifosi in piazza delle Erbe lascia senza voce in molti, soprattutto tra gli abitué della Tribuna Fattori: «Tutto è partito da dove è iniziato – commenta emozionato Andrea, uno dei portavoce dei tifosi della Fattori – Un anno fa abbiamo fatto una manifestazione in piazza Cavour, questo è il continuo. Siamo contenti perchè c’è stato un momento in cui eravamo senza calcio in città. Ci abbiamo creduto per primi noi della Tribuna Fattori e abbiamo detto a tutti che questa è la nostra squadra e la sentiamo davvero nostra». Le magliette sono quelle storiche, ma anche alcune con la scritta “PROmessa mantenuta”. Qualcuno ha anche un copricapo strano, rigorosamente con i colori del biancoscudo, come Ugo Soranzo: «Sono contentissimo – commenta – Ma ho paura che l’anno prossimo non ci saranno queste gioie. Spero che sia così, ma sarà difficile. Bisognerà rifare la squadra, a parte qualche ragazzo». Ci sono tifosi che si sono avvicinati alla squadra sull’onda dell’entusiasmo per la “rinascita”, ci sono quelli che hanno i colori padovani nel cuore da sempre, come Giovanni Favero: «Da vecchio tifoso l’anno scorso ho avuto una crisi di rigetto, non ne volevo più sapere – confessa Favero – Quando ho visto l’entusiasmo e la serietà della nuova proprietà mi ha fatto piacere tornare allo stadio, in un ambiente familiare, dove si sta bene, senza problemi agli ingressi e controlli eccessivi». Ovviamente accanto alla gioia c’è la consapevolezza di dover pensare seriamente al futuro: «Sarà difficile confermare tutti – prosegue Favero – L’entusiasmo ti porta a dire di sì, perchè sono stati tutti bravi, giovani e “senatori”, però sappiamo che in Lega Pro sarà tutto un altro campionato. Bisognerà ricostruire soprattutto l’attacco, fermo restando Amirante. Speriamo che De Poli faccia un buon lavoro come ha fatto quest’anno e soprattutto che qualcun altro si avvicini alla società portando delle risorse».

Ore 12.10 – (Gazzettino) IL MOMENTO PIÙ DIFFICILE. Il 4 gennaio quasi tremila tifosi seguono la squadra a Valdagno per lo scontro diretto con l’Altovicentino, dietro di cinque punti. Sa di beffa la sconfitta di misura rimediata, con il portiere avversario protagonista dell’incontro e con 19 corner battuti. I petardi lanciati in campo costano in più la squalifica dell’Euganeo, sanzione poi ridotta con la chiusura della sola tribuna Fattori. Da un ko bugiardo a quello meritato sul campo dell’Union Pro da cui scaturisce il sorpasso (l’ultimo dei vicentini). MERCATO E FUGA. Gli infortuni degli “under” Petkovic, Busetto e Degrassi avevano costretto Parlato a cambiare modulo e la società corre allora ai ripari, con l’arrivo a gennaio dei giovani Lanzotti, Bortot, Salvadori e Fenati, senza dimenticare i pezzi da novanta per l’attacco Amirante e Zubin. La vittoria in extremis con il Montebelluna (decide Mattin) regala la giusta scossa ed è la prima di una serie di sei – tra cui quella d’autorità a Belluno – che permettono di portarsi a +10 sulla concorrente che vive un periodo di crisi. Indolore il pareggio a reti bianche con l’ArzignanoChiampo, anche perché poi il Padova non molla di un centimetro e supera agevolmente altre sfide, comprese quelle più temute a Trieste e Chioggia e con la Sacilese. A turno risultano decisivi Amirante, Zubin, Cunico, lo stesso Ferretti nelle poche occasioni in cui i guai muscolari gli concedono una tregua, ma pure gli imprendibili esterni Petrilli, colui che spesso rompe gli equilibri con le sue giocate, e Ilari. È l’apoteosi: da Mogliano in poi Dionisi & C. incamerano 34 punti su 36 in palio, creando i presupposti per la grande festa di ieri.

Ore 12.00 – (Gazzettino) Promozione conquistata con tre giornate di anticipo, migliore attacco e (dato ancora migliorabile) seconda difesa del girone, maggiore numero di successi ottenuti in un campionato nella storia biancoscudata e la più lunga striscia di vittorie (otto) iniziali e a torneo in corso. Numeri da capogiro, quelli che certificano il trionfo del Padova, ancora più esaltanti pensando alla situazione della scorsa estate, con la partenza a inizio agosto della squadra per il ritiro di Asiago con un anonimo pullman giallo, senza divise e con un continuo viavai di giocatori in prova per allestire una rosa all’altezza. Vincere è sempre difficile, vincere partendo da zero, senza palloni, acqua, sede e con la necessità di definire ogni problema in tempi brevi, lo è ancora di più. UN AVVIO CON IL TURBO. Visto in campo, però, il Padova non sembra patire una simile situazione, a partire dalle partite di Coppa con la vittoria per 2-0 (gol di Niccolini e Cunico) sul Castellana Castelgoffredo il 24 agosto nel primo storica impegno ufficiale della nuova portacolori cittadina. Arriva poi il bis con la Virtus Vecomp, ma nemmeno il campionato tradisce le attese. Si apre con i larghi successi a spese di Union Pro all’Euganeo (3-0, doppietta di Ferretti e Aperi il 7 settembre) e a Montebelluna, con ancora “El Rulo” (due reti) a trascinare la squadra e l’entusiasmo dei tifosi. Con il Mori per la prima volta il Padova viene provvisoriamente raggiunto, ma una punizione di Cunico nel finale mette a posto le cose, e la domenica successiva a Tamai per la prima volta si trova in svantaggio, ma i tre punti non vengono meno. Di quel giorno resta il ricordo del commuovente saluto dei supporter biancoscudati al locale giocatore Riccardo Meneghel, appena mancato a seguito di un un incidente stradale. Si continua a vincere, solo in extremis con il Mezzocorona, dopo il grave infortunio muscolare di Ferretti e l’espulsione di Segato, senza patemi a Fontanafredda dove segna all’esordio l’attaccante Tiboni poi ceduto. Il 19 ottobre grazie alla decisiva giocata di Ilari, il Padova supera il Belluno davanti a 5.729 spettatori e conquista la vetta solitaria in classifica. Fino alla sosta natalizia si registrano altri sei successi, i primi pareggi con Triestina e Clodiense e l’unico ko del 2014 a Sacile (1-0).

Ore 11.50 – (Gazzettino) Dio non turba la gioia dei propri figli se non per prepararne una più grande. Lo scriveva quasi due secoli fa nei “Promessi Sposi” Alessandro Manzoni che sicuramente non pensava in quella scrittura al mondo del pallone. La frase sembra fatta apposta per sintetizzare quanto successo al popolo biancoscudato. Per una stagione sciagurata in campo e fuori, chiusa con la retrocessione in Lega Pro, i tifosi hanno sofferto come pochi, arrivando poi a vivere il dramma della mancata iscrizione della squadra e la beffa legata a un ripescaggio in serie B di cui hanno beneficiato i rivali vicentini anziché lo stesso Padova. Eppure, da episodi sportivamente così tragici, con il rischio della cancellazione dal calcio che conta, sono nati i presupposti per una stagione che ha invece regalato soddisfazioni e sorrisi in quantità industriale. Un bagno di umiltà ripartendo dal basso e una sorta di rito di rigenerazione collettiva per i supporter padovani che nell’arco di un anno tornano nella categoria a cui il verdetto del campo li aveva indirizzati al termine di un’esperienza in serie D da cui escono tutti rinforzati. Sono stati mesi di trasferte di massa in località ai più sconosciuti, di riscoperta di un calcio «pane e salame» che vede la partita come momento di ritrovo collettivo nel nome di una passione comune e non come occasione per sputare odio nei confronti dell’avversario di turno. Niente tornelli, niente misure di sicurezza, con i tifosi biancoscudati visti dalle società ospitanti come motivo di festa e di guadagno economico anziché come un problema di ordine pubblico da gestire. Ci piacerebbe rivedere questo spirito e questa atmosfera, presupposti per un ritorno al vero significato del calcio, pure nelle categorie superiori. Non solo. I momenti di sofferenza hanno pure regalato una nuova consapevolezza alla tifoseria, capace di determinare almeno in parte gli eventi societari, risvegliando l’orgoglio della piazza in ogni sua componente, politica e imprenditori compresi, con manifestazioni pacifiche di massa per le vie della città.

Ore 11.30 – (Mattino di Padova, lettera aperta di Giuseppe Bergamin dal titolo “Amore, Carattere, Passione. Come A.C.P.”) Amore, carattere, passione (A.C.P.?) e in questo modo abbiamo conquistato la nostra “Coppa dei Campioni”. Non è solo un risultato sportivo ottenuto in un campo di calcio, ma rappresenta la determinazione di scrivere una pagina nuova, dove ognuno di noi può mettere qualcosa. Ma noi chi siamo? Noi siamo una grande città: le istituzioni che ci governano, le scuole e l’università, i centri culturali e sociali, le associazioni, un’imprenditoria d’eccellenza, gli organi di stampa e tutti i media di ultima generazione. Noi siamo una grande città fatta di tanta gente “normale”, piena di civiltà e di orgoglio che vive il quotidiano, che lavora, che soffre, che sogna e spera in un futuro più sereno. Noi tutti insieme abbiamo creduto in un progetto per una nuova squadra di calcio in questa città. In poco tempo abbiamo creato una società sana e credibile, un gruppo di collaboratori appassionati e capaci, una squadra di calcio “a misura d’uomo” che ci ha fatto vivere nuove emozioni. Noi siamo i tifosi attaccati ai colori della nostra città e al biancoscudo. Siamo i gruppi organizzati passionali e colorati, le famiglie con donne e bambini, i diversamente abili, i più ricchi e i più poveri. Abbiamo tutti una grande dignità. Adesso pensiamo solo che possiamo gridare forte e tutti insieme: il Padova siamo noi!

Ore 11.20 – (Mattino di Padova, editoriale di Stefano Edel dal titolo “Serietà e fatti, così è rinato il Biancoscudo”) Esattamente 5 anni, 9 mesi e 28 giorni dopo quel 21 giugno 2009, quando la doppietta di Di Nardo a Busto Arsizio regalò ai biancoscudati la serie B inseguita da ben 11 anni, il Padova torna in Lega Pro, scrollandosi di dosso l’etichetta di “dilettanti” che, francamente, stava tremendamente stretta a tutti. Chiamiamola pure terza serie, per rendere meglio l’idea, di cui ci siamo riappropriati dopo lo scempio compiuto da Penocchio & C., capaci in una sola stagione di oltraggiare i colori più amati e di cancellare – perché questo è stato fatto – 104 anni di storia con la più scellerata delle gestioni che si potesse immaginare per una Spa calcistica. È acqua passata, per fortuna, oggi si gioisce per una nuova promozione, e poco importa che sia dalla serie D al gradino più basso della scala del professionismo. Promozione dignitosissima è e resta, che nulla ha da invidiare alle altre (certo, la serie A raggiunta dopo 32 anni di attesa con il vittorioso spareggio di Cremona il 15 giugno 1994 suscitò un entusiasmo straripante più che giustificato), ma che impregna l’aria di un profumo buonissimo ed inebriante. A volte bisogna toccare il fondo per rendersi conto che ciò che si è conquistato giorno dopo giorno, ripartendo dal basso e con tanta modestia, è qualcosa di impagabile per chi ha voluto fermamente credere in se stesso e nella rinascita. Erano in tanti a professare scetticismo, a luglio 2014, sulla “scommessa” di Bergamin e Bonetto, convinti che a queste latitudini sarebbe passato un bel po’ di tempo prima di restituire a Padova ben altra dignità. Faranno bene a ricredersi invece, perché serietà, capacità e soprattutto gioco di squadra sono state le basi di partenza per un’impresa che non era facile da realizzare, considerando che si era partiti in ritardo (ai primi di agosto) rispetto agli altri, e che erano stati visionati una sessantina di giocatori prima di scegliere quelli che avrebbero fatte parte della rosa definitiva. Merito dei due soci – imprenditori della provincia, non finiremo mai di rimarcarlo – che hanno messo i soldi e la voglia necessari per dare una struttura adeguata ad un club nuovo in tutto, ma anche di De Poli e Parlato, il mastice tecnico che ha cementato le varie componenti, e di un gruppo che ha sposato all’unisono la “filosofia” del suo allenatore per arrivare lontano, quella dell’umiltà e della coesione nel quotidiano. Il resto sono lo staff, i collaboratori, i dipendenti e quanto ha ruotato attorno alla prima squadra. Il Padova è rinato, dunque viva il Padova! Giusto far festa, perché dopo il buio è riapparso il sole. Grazie di cuore, davvero.

Ore 11.10 – Le pagelle del Padova (Mattino di Padova, Stefano Edel): Petkovic 7; Busetto 6.5, Sentinelli 6, Thomassen 7, Salvadori 6; Segato 7, Mazzocco 6; Ilari 6.5, Cunico 7 (Nichele 6), Petrilli 7 (Dionisi 6.5); Zubin 6 (Ferretti sv).

Ore 11.00 – (Mattino di Padova) I ritmi sono alti, il Legnago se la gioca senza timori e con una voglia matta di fare il colpaccio. E al 20′ sfiora il raddoppio. Un lancio lungo pesca ancora Zerbato, che fugge alle spalle di Salvadori; l’esterno scarica un tiro-cross sul quale Adriano, in scivolata a due passi dalla porta, non ci arriva per un soffio. Scampata la paura, dopo un minuto il Padova trova il pareggio: lancio lungo di Busetto, Zubin riesce a vincere il duello aereo con Friggi e fa da sponda per Petrilli, il quale mette il turbo, supera Viteritti, s’invola verso la porta e batte Cybulko in diagonale. Ottavo gol stagionale per il torinese e pubblico biancoscudato di nuovo in delirio. La gara resta comunque sempre in equilibrio, al 24′ Longato calcia dalla distanza trovando i guantoni di Petkovic, prima dell’occasionissima, che capita ancora a Cunico al 38′: anche stavolta, però, il colpo di testa del capitano non trova il bersaglio. Il capitano non perdona. La ripresa parte senza cambi, ma a cominciare meglio questa volta è il Padova, che al 4′ guadagna il calcio di rigore decisivo: sul lungo traversone di Petrilli, Friggi tocca la palla con la mano per anticipare Zubin. Penalty netto e sul dischetto si presenta Cunico, che spiazza il portiere, segnando il suo (pesantissimo) dodicesimo gol in campionato e spezzando un digiuno che durava dall’11 gennaio. La festa può partire, anche se il Legnago non ci sta e al 12′ uno strepitoso Petkovic salva il risultato sul colpo di testa sottomisura di Fioretti. Al 15′ Parlato sostituisce Petrilli e inserisce Dionisi, avanzando Busetto a centrocampo, mentre dopo 10′ l’ingresso di Nichele per Cunico porta Segato nel ruolo di trequartista. Ormai si aspetta solo il fischio finale, il Legnago mostra di aver finito presto la benzina, mentre al 30′ l’ingresso di Ferretti per Zubin è salutato da un’ovazione, prima che parta la festa più attesa.

Ore 10.50 – (Mattino di Padova) In 9 mesi il Padova è rinato. Tanti ne sono passati dalla fondazione della Biancoscudati Padova il 24 luglio 2014 al trionfo di ieri. Con la vittoria per 2-1 a Legnago la squadra di Parlato centra la matematica promozione in Lega Pro, a tre giornate dal termine. Un successo strameritato, a conclusione di un campionato dominato, nel quale gli uomini di Parlato hanno inanellato ben 25 successi in 31 gare. La ciliegina è stata messa ieri, con una vittoria meno facile del previsto, arrivata in rimonta grazie ai gol di Petrilli e, su rigore, di capitan Cunico. Il ballottaggio della vigilia lo vince Zubin, che si piazza al centro dell’attacco, con Ferretti dirottato in panchina, vista la squalifica di Amirante. Cunico, dopo un mese di stop, rientra, mentre Busetto viene confermato terzino destro nel “4-2-3-1”. Le maglie rosse. Il clima è elettrizzante, lo stadio è praticamente tutto biancoscudato e i cori rimbalzano da una parte all’altra, con il settore ospiti scoperto, dove sono posizionati gli ultras, che dà il “la”, e la parte opposta che fa da cassa di risonanza. I giocatori (che per la prima volta vestono la maglia rossa) si caricano subito, partendo a razzo e andando vicini al vantaggio dopo meno di 2’. Su corner di Segato, Cunico stacca più in alto di tutti ma il colpo di testa centra la traversa. Sembra il preludio ad un assedio, ma al primo affondo passa il Legnago: Zerbato è un fulmine sulla destra, riesce ad andare sul fondo e a mettere il pallone al centro, Fioretti si inserisce sul secondo palo e tutto solo insacca di testa dal limite dell’area piccola (4’). Nessuno ci avrebbe scommesso, ma la gara si fa in salita per la capolista, che prova immediatamente a trovare il pareggio. E le occasioni fioccano: già al 6′ Petrilli sfiora il palo in rovesciata, mentre a cavallo dell’11’ Cunico e Mazzocco vanno due volte al tiro, ma in entrambe le occasioni trovano l’opposizione del portiere.

Ore 10.40 – (Mattino di Padova) Un primato che non è quasi mai stato in discussione, ma questa verrà sicuramente ricordata come la stagione dei record: 25 vittorie (finora) come mai il Padova era riuscito a fare nella sua storia ultracentenaria, maggior numero di gol segnati del girone C – 70 in 31 partite disputate, una media spaventosa – e soli 28 subìti, uno in più della difesa meno perforata, quella della Sacilese. Dopo aver infilato la miglior partenza della storia biancoscudata, otto successi nelle prime otto gare, Parlato è riuscito a battere tutti i primati suoi e del Padova: nel fantastico girone di ritorno che ha tracciato un abisso con la concorrenza i biancoscudati hanno inanellato, dopo l’iniziale sconfitta contro l’Union Pro, ben 12 vittorie e un solo pari, con l’Arzignano. Il totale è impietoso: 78 punti in 31 giornate, miglior squadra d’Italia per media di punti fatti a gara, superiore persino alla Juventus, al Carpi e alle altre primatiste dei gironi di serie D. Era proprio il suo anno, non poteva che finire con un trionfo. Infine, la curiosità del suo capocannoniere: Marco Cunico, che ieri ha segnato la rete decisiva, non andava a bersaglio da quattro mesi, e più precisamente dalla sfida di Mogliano contro l’Union Pro. L’ultima sconfitta legata indissolubilmente alla vittoria più bella.

Ore 10.30 – (Mattino di Padova) Padova, dopo Rovigo e Pordenone. È questa la sua impresa più bella? «Direi di sì, perché qui c’erano molte più difficoltà. Nel ringraziare tutti, tutte le componenti che ci hanno aiutato standoci vicino, devo dire un grazie enorme a questa tifoseria: questa non è un’onda, è un vero oceano di passione. Sono contento di aver dato loro questa grande gioia, e orgoglioso di essere padovano». Il fatto di abitare in città da anni l’ha aiutata, secondo lei, in questa impresa? «Mi ha dato qualcosa in più, certamente: conoscendo la piazza, ho cercato di non alzare troppo le aspettative su questo gruppo, per non perdere alcuni punti di riferimento. Il mio carattere mi dice di cercare sempre il maggiore equilibrio, di non evidenziarmi troppo, ma anche di non abbattermi». Qual è stato il vero punto di forza di questa squadra? «Il nostro segreto è stata l’umiltà. Ma poi è arrivata la passione, la professionalità che i ragazzi hanno tenuto senza mollare mai. Ce l’abbiamo fatta, finalmente possiamo dirlo. È inutile che stiamo lì a combattere, a dire e fare confronti con gli avversari: fare i punti che abbiamo fatto noi è una vera impresa sportiva, siamo sempre stati più forti dell’Altovicentino». Qual è stato il momento decisivo? «Abbiamo costruito il nostro trionfo nel girone di ritorno, siamo andati oltre i numeri del Pordenone dell’anno scorso e, credetemi, non è stato affatto facile. Come non lo è stato venire qui, a Legnago, e giocarsela contro una squadra che non ci ha concesso assolutamente niente». A chi dedica questa vittoria? «A mia moglie Alessia: ha gioito e sofferto al mio fianco, e quindi adesso se la godrà molto. La dedico a lei, ma anche a mia zia, ai miei suoceri e ai cognati, che sono padovani e tengono moltissimo a questa squadra. L’ho fatto anche per loro». Sarà ancora Carmine Parlato l’allenatore del Padova in Lega Pro? «Non è mai stato un problema da parte mia: adesso siamo in festa, ci troviamo benissimo tra di noi, quindi ne parleremo presto con la società».

Ore 10.20 – (Mattino di Padova) Per riportare Padova in alto, per riportare l’entusiasmo alle stelle, per rinascere dalle ceneri di un’estate nera come non mai, serviva qualcuno che Padova l’avesse nel cuore. Troppi avventurieri, troppe figure lontane erano passate a queste latitudini lasciando poco o niente dietro di loro. Serviva un uomo capace di tenere tra le mani i nervi di una squadra che sarebbe stata, inevitabilmente, per tutta una stagione sottoposta ad una pressione che mai, per molti giocatori, si era vissuta in un campionato di serie D. E lui, Carmine Parlato, lo specialista della quarta serie, colui che già due volte aveva vinto questo campionato, dalla sua aveva anche un legame profondo con la città: a Padova aveva vissuto due stagioni da giocatore, all’inizio degli anni Novanta, a Padova da allora si era stabilito con la famiglia, vivendo giorno dopo giorno la realtà calda e passionale di un popolo, quello biancoscudato, affezionato ai suoi colori, sì, capace tanto di appassionarsi quanto di deprimersi con una facilità disarmante. Non solo è riuscito a portare a termine un’impresa storica, ha anche riallacciato il legame tra squadra e tifosi, spezzato dall’ultima gestione che sullo storico Biancoscudo aveva lasciato macerie. «Siamo stati fenomenali», esulta il tecnico napoletano quando la festa volge ormai al termine e i vestiti, di tutti, sono fradici di prosecco e di gioia. «Il ringraziamento più grande va innanzitutto alla società: senza Bergamin e Bonetto non ci sarebbe mai stato nulla di tutto ciò. Devo ringraziare tutti i miei giocatori: un grande gruppo, nel quale ognuno farebbe a botte per difendere il compagno. Se c’è qualcuno che non riesce a sposare in pieno la causa, il rischio è di creare problemi nello spogliatoio: quest’anno non ci sono mai stati, perché Fabrizio De Poli, un diesse di grande livello e che mi è sempre stato vicino, lo ha costruito benissimo, perché al suo interno tutti si vogliono bene. Il Padova adesso è in una categoria che può essere un buon punto di partenza per ritornare grande».

Ore 10.10 – (Mattino di Padova) Bergamin indossa un cappello da cow boy, Roberto Bonetto lo prende in giro: «Sembri un ultras!». I due si abbracciano prima di brandire assieme uno stendardo con la scritta: “AdDio”, con una D maiuscola che sta a significare la voglia di non toccare mai più questa categoria. Goliardia e sorrisi. Proprio mentre innalzano lo striscione, Roberto Bonetto viene nuovamente investito da un getto d’acqua. E un po’ perde la pazienza: «Ma dài, mi ero appena cambiato, basta!». Nessuno, però, gli dà retta. La festa è senza freni, Edoardo Bonetto continua ad imperversare assieme ai giocatori che innaffiano Parlato più e più volte. Davanti agli spogliatoi vola di tutto: da acqua alle secchiate piene di ghiaccio e champagne. Mentre Roberto Bonetto prova a non perdere la lucidità: «Sono ubriaco di felicità. Abbiamo fatto una grande impresa, non era facile dopo aver fondato la società a luglio. Siamo due piccoli imprenditori della provincia, ma abbiamo costruito un grande gruppo di uomini in meno di 9 mesi. Abbiamo fatto un parto prematuro». Per una volta l’amministratore delegato non guarda al futuro: «Prendiamoci un paio di giorni, la settimana prossima inizieremo a pensare alla Lega Pro». A chi dedica il trionfo? «Vorrei farlo a due persone che sono sempre state amanti del calcio. Vasco Sarti, con cui ho condiviso tanti lavori, e Luciano Meneghini. E poi a due amici che seguivano il calcio a Padova, entrambi della stessa età di mio figlio, Turiaco e Tommasini, che adesso non sono qui con noi». Ma c’è un’altra dedica speciale e a rivelarla è Edoardo Bonetto: «Io e mio padre avevamo giurato sulla tomba di mio nonno, che abbiamo sepolto l’11 dicembre, che gli avremmo dedicato questo trionfo. Ma poi voglio dedicarlo anche a tutte le persone che hanno lavorato con noi in questa avventura». E via nuovi gavettoni dei giocatori, mentre Bonetto jr prova a continuare a descrivere le sue emozioni: «Vincere è una sensazione stupenda, dobbiamo iniziare a prenderci gusto: voglio festeggiare per tanti anni. Questa partita non era scontata, ma siamo una grande squadra e non ci siamo abbattuti alla prima difficoltà». Come sarà il Padova del futuro? «Competitivo, perché a noi piace vincere». E poi via tutti nello spogliatoio, in doccia ci finisce anche Bergamin, mentre la squadra non smette di cantare: «L’anno prossimo si gioca in Lega Pro».

Ore 10.00 – (Mattino di Padova) Così scatenati, senza freni e disinibiti, non li avevamo mai visti. Dal più vecchio (il presidente Bergamin) al più giovane, il suo vice Edoardo Bonetto, che quasi sembra un giocatore da quanto corre in giro per il campo di Legnago e negli spogliatoi, con la bottiglia di champagne in mano per innaffiare chiunque gli capiti a tiro. Compreso il papà Roberto, amministratore delegato biancoscudato, che scherzosamente rimprovera il figlio, prima di essere nuovamente inondato di acqua e vino. I due Bonetto si erano alzati dalla tribuna centrale ad un quarto d’ora dalla fine, dopo aver vissuto con la solita grande tensione l’incontro. Ma ormai sentivano che era fatta e così hanno raggiunto bordocampo per non perdere nemmeno un secondo di festa con squadra e staff. Esplode la gioia. Al fischio finale, assieme ai tifosi, anche la dirigenza si è riversata in campo per abbracciarsi, festeggiare e godersi un momento atteso da 9 mesi. E poi via verso gli spogliatoi, dove sono continuati i gavettoni e i cori. Il presidente Bergamin, invece, come di consueto ha visto la gara da solo, in un lato nascosto della tribuna centrale, si è voluto assaporare per qualche secondo il momento vedendo i giocatori che esultavano, prima di scendere gli scalini e decidere di entrare in campo per ricevere gli abbracci di tutto il gruppo. «Mi sono voluto godere prima lo spettacolo da sopra e poi sono sceso anch’io sul terreno di gioco», confessa. «Credo che siamo riusciti a raggiungere il traguardo grazie a tutto un gruppo: noi, i tifosi, l’amministrazione comunale e i media. La squadra è una proprietà della città e proprio per questo non voglio dedicare a me stesso questa vittoria, ma la voglio attribuire all’intera città in maniera che si affezioni ancora di più a questa squadra e a questa società». I tifosi. Mentre il presidente parla, gli corrono incontro per abbracciarlo e ringraziarlo. Qualcuno gli chiede una maglia, altri gli vogliono solo rendere omaggio per aver fondato una nuova società capace di non far sparire il calcio a Padova e di vincere e convincere al primo colpo. Tanto che adesso c’è chi chiede a Bergamin di restare a vita presidente. «Oggi potrei anche rispondere di sì», sorride il numero uno di viale Rocco. «Domani, in maniera razionale, deciderò con calma, anche perché devo pensare a quanto durerà questa vita». Non perde mai il vizio della battuta, il patron, entrato anche per la sua grande umanità nel cuore dei tifosi. Ed è già da qualche mese che assieme ai suoi soci sta progettando la prossima stagione. Che Padova sarà? «Creeremo ancora obiettivi per far star bene questa gente e per noi stessi che amiamo questo sport. Ora godiamoci questo momento, ogni domenica è stata un’immagine da ricordare, ma quest’ultima gara è quella che ti lascia di più il senso di appagamento per quanto compiuto».

Ore 09.50 – (Mattino di Padova) Con i suoi nove gol è stata una delle armi più forti al servizio del Padova di quest’anno. Marco Ilari, uno che De Poli ha voluto portare in biancoscudato ad occhi chiusi dopo averlo avuto a Martina Franca, non sta nella pelle dalla gioia: «Vincere a Padova è indescrivibile, forse è ancora più bello perché si vivono le emozioni davvero al cento per cento», rivela l’attaccante romano. «È stato un campionato incredibile, una cavalcata unica. E questo successo ce lo meritiamo un po’ tutti: per quello che abbiamo fatto noi, per quello che era stata la passata stagione per questa tifoseria». Il Padova, settimana dopo settimana, ha messo in fila tutte le avversarie, e solo in un’occasione, a Mogliano, è sembrato sbandare: «Questa promozione era preventivabile, ma non era scontata: tutti, in cuor nostro, sapevamo che il Padova non avrebbe mai potuto permettersi di fare un campionato anonimo, di bassa classifica. Ma che avremmo davvero potuto spiccare il volo l’abbiamo capito dopo la partita di Valdagno: in quel momento ci siamo resi conto che, affrontate tutte le avversarie, nessuna ci avrebbe potuto mettere in difficoltà. E, nonostante la sconfitta con l’Altovicentino, abbiamo avuto la consapevolezza di essere superiori».

Ore 09.40 – (Mattino di Padova) A fine gara pure lui è andato a festeggiare con i tifosi, in mezzo al campo. Loro gli hanno urlato che c’è solo un capitano e gli hanno fatto sentire tutto l’affetto di questo mondo, lui non ha potuto che ringraziarli: «Con la gente che è passata da queste maglie, paragonarmi a chi ha indossato questa fascia prima di me mi sembra fuori luogo: è un piacere incredibile, perché nel mio piccolo ho sempre cercato di dare del mio meglio. E questa festa, così sentita, mi ha fatto capire cosa possa aver passato questa gente l’estate scorsa». Nicola Petrilli, invece, con il suo gol ha riaperto una partita che era cominciata come nessuno si sarebbe mai immaginato: la traversa biancoscudata, poi il vantaggio veronese a gelare i quasi 2.000 padovani presenti. «Sapevamo che non sarebbe stato facile», ammette, «ma mai avremmo pensato che l’inizio ci avrebbe riservato un simile shock. Siamo stati bravi a rimanere sul pezzo, a non disunirci e a continuare a premere come avevamo fatto prima di subire la rete di Fioretti. Alla fine ce la siamo meritata, questa vittoria a Legnago, e pure quella del campionato». Nella seconda parte di stagione, quella che a tutti gli effetti ha segnato le distanze tra i biancoscudati e l’Altovicentino, Petrilli è stato uno dei protagonisti: «Il mio campionato non era iniziato bene, giocavo poco e non trovavo spazi. Ho deciso di rimanere qui, non ho mai pensato di andarmene davvero a stagione in corso, e ho fatto la scelta giusta. Devo ancora rendermi conto di quello che sta accadendo: vincere qui a Padova, con questa maglia, è una sensazione indescrivibile, un’emozione unica».

Ore 09.30 – (Mattino di Padova) Come sono diversi i volti dei due match-winner, degli autori delle due reti che in un assolato pomeriggio di aprile hanno regalato, dopo una stagione straordinaria, una promozione esaltante al popolo biancoscudato. E come sono diverse le loro storie: il primo è un attaccante con una voglia matta di rifarsi e dimostrare che qualche anno fa, quando giocava in serie B, quella era la sua vera dimensione; l’altro è un “ragazzino” di 37 anni che ha preso per mano la squadra e si è lasciato, a sua volta, trascinare dall’entusiasmo contagioso di una piazza che l’ha subito eletto unico “re”. Se l’estate scorsa non fosse arrivata la chiamata del Padova, chissà dove, e soprattutto chi, sarebbe oggi il capitano biancoscudato. E se Fabrizio De Poli non avesse legato Petrilli alle ringhiere dell’Euganeo, per evitare che se ne andasse a dicembre, il suo ricordo nel cuore dei tifosi sarebbe stato davvero opaco. Invece eccoli lì, ora, eroi di una città in festa. «Questa vittoria per me è grande motivo di orgoglio», sottolinea il capitano Marco Cunico, «perché una squadra come questa, con un gruppo di ragazzi del genere, difficilmente si trova in tanti anni di carriera. Il trionfo di questo pomeriggio è stato semplicemente il finale scontato di una grandissima stagione: è una vittoria che voglio dedicare a chi vuole veramente bene al Padova, alle tante persone che hanno sofferto per quello che era successo un’estate fa. Abbiamo semplicemente riportato questa società nella categoria minima che le compete». Dopo un mese ai box per un problema al ginocchio, Cunico si è ripreso la maglia da titolare nella giornata più importante: fascia di capitano, rete decisiva e primato dei cannonieri biancoscudati. «Io allaccio la mia annata alla stagione della squadra: se è stata trionfale, per me non avrebbe mai potuto essere negativa. Ma poi mi accorgo di esserne il capocannoniere, di essere quasi sempre stato bene fisicamente, quest’anno mi sono sentito soprattutto apprezzato e benvoluto: ne sono felicissimo».

Ore 09.20 – (Mattino di Padova) Una firma autorevole su un campionato dominato. Fabrizio De Poli, il direttore sportivo che ha plasmato una corazzata, a fine partita ha la voce rotta dall’emozione: «Siamo in Lega Pro, abbiamo fatto quello che dovevamo», sorride abbracciando tifosi, giocatori, compagni d’avventura. «Magari ci siamo arrivati con un po’ di fortuna, ma questo era un dovuto riconoscimento alla città e a chi ha iniziato questo cammino con noi. Ha vinto la squadra più forte, la società più forte, il gruppo più forte. Ne sono immensamente orgoglioso». Quando la maglia biancoscudata la indossava, negli anni ’80, De Poli aveva già provato simili emozioni: «A Padova è tutto più bello, io so bene cosa vuol dire vincere qui. Ma, viste le difficoltà iniziali, penso che questo sia stato un campionato veramente importante. Siamo stati primi dall’inizio, è stata una cavalcata soffertissima e anche dopo il momento più duro, a Mogliano, abbiamo tenuto botta. Lì ci siamo un po’ riconciliati con noi stessi, abbiamo capito che non avremmo potuto più permetterci certi errori, e oggettivamente una grande mano ce l’ha data anche l’Altovicentino. È una vittoria che voglio dedicare a mia moglie e ai miei figli».

Ore 09.10 – (Mattino di Padova) Ottava promozione in carriera. Avete letto bene: ottava! Davide Sentinelli ha centrato anche in biancoscudato l’ennesima vittoria della sua straordinaria carriera, vissuta a spadroneggiare al centro della difesa nei campi di serie D e C di tutta Italia. A 36 anni il centrale romano non è ancora sazio e subito dopo il fischio finale dell’arbitro ha festeggiato assieme a tutti i compagni, alla moglie e ai due figli, il nuovo trionfo. «Non posso che dedicare il successo a tutta la mia famiglia, ma soprattutto ai miei due bambini, visto che da quando sono nati non ho perso un campionato, sono magici», sorride, mentre i compagni preparano l’ennesimo gavettone alle sue spalle. «Questo è il mio ottavo campionato vinto, credo sia un record, ma è un record che voglio abbattere già il prossimo anno». L’entusiasmo è alle stelle, la squadra non vorrebbe mai smettere di festeggiare e anche per questo Sentinelli pensa già alla prossima stagione e ad un sogno che cova nel cuore. «Dài che l’anno prossimo andiamo in B», urla sghignazzando, prima di precisare: «Sto scherzando, ma sarebbe bellissimo per me rimanere a Padova. Io non voglio pormi nessun limite, se dovessi restare sarei felicissimo e ovviamente vorrei restare per vincere ancora. Ancora tutti insieme con questo grande gruppo». La mente corre, anche se Sentinelli prova a fermarla e a godersi il momento. Ripensando a come è nato tutto, una squadra partita da zero, nella quale lui è entrato dopo aver affrontato da avversario Carmine Parlato nella finale per lo scudetto di serie D dello scorso anno tra Pordenone e Lupa Roma. «Volevo festeggiare ancora, vincere è bello soprattutto quando c’è tutto questo entusiasmo. Negli ultimi dieci minuti di gara c’erano già i tifosi a bordocampo e non vedevamo l’ora che l’arbitro fischiasse la fine. Da un lato quasi mi dispiace che sia finita, visto quanto ci siamo divertiti, ma dall’altro voglio godermi la festa con questo pubblico meraviglioso».

Ore 09.00 – (Mattino di Padova) Ha potuto esultare solo dalla tribuna, ma anche per lui la festa è stata totale. Salvatore Amirante, assente per squalifica, la gara se l’è goduta comunque: «Sicuramente c’è un pizzico di dispiacere, ma in cuor mio sapevo che i compagni avrebbero portato a casa la vittoria», commenta l’attaccante ligure. «Le partite decisive erano quelle con Clodiense e Sacilese: avendole vinte entrambe, questa doveva essere solo una festa. Ce la siamo meritata, abbiamo lavorato bene tutta la stagione». E pensare che lui, a dicembre, al Padova ha rischiato di non arrivarci nemmeno, perché la Lavagnese non voleva lasciarlo partire: «Forse oggi sarei la persona più arrabbiata di questo mondo, ma per fortuna sono qui e posso godermi questa festa: anche se ero fuori, è questo il mio momento più bello della stagione».

Ore 08.50 – (Mattino di Padova) E la scena è quasi surreale, perché nel luogo deputato alla festa i tifosi ad attendere sono davvero pochi. Come mai era avvenuto prima d’ora, ma con un significato intrinseco davvero notevole, è la squadra ad aspettare la propria gente: dalla loggia del Palazzo della Ragione capitan Cunico e compagni vedono sfilare i loro sostenitori, i fumogeni rossi accesi, ad illuminare vie e piazze del centro storico. Ci sono tutti: i giocatori, le loro famiglie, la società, l’amministrazione comunale. «Perché è solo grazie a Bergamin e Bonetto se oggi siamo qui, di nuovo in Lega Pro», dice al microfono il sindaco Bitonci, che un ruolo fondamentale, nella ricostruzione del Padova, l’ha giocato in prima persona. «Grazie ragazzi!», urlano in 2.000, proprio come quelli di Legnago, tra i colori delle bandiere e il calore dei cori. Diego Penocchio e Rino Dalle Rive sono i due fantasmi scacciati dalla memoria con cori di scherno, “Ma quando torno a Padova” risuona sulle facciate dei palazzi circostanti come un inno orgoglioso. «Sono più contento per voi che per me, perché so che adesso avete qualcosa in cui credere», sottolinea il presidente Giuseppe Bergamin dagli amplificatori. E quello striscione, steso nel bel mezzo della folla, lancia un messaggio preciso: “Semo tornai, desso xè c… vostri!”. Forse più goliardico che intimidatorio, ma tremendamente vero: è bastato nemmeno un anno per far tornare a Padova la voglia di tifare calcio. «Lavoreremo da domani per creare un nuovo Padova degno di voi e della Lega Pro», promette l’a.d. Roberto Bonetto. Archiviata la prima vittoria, è già tempo di una nuova sfida. Fianco a fianco, la città e la sua squadra, per tornare là dove il Biancoscudo deve stare.

Ore 08.40 – (Mattino di Padova) Due momenti di una domenica che ha riconciliato Padova con il calcio. Il primo, alle 16.56: il signor Raciti, arbitro siciliano, porta il fischietto alla bocca e decreta la fine delle ostilità allo stadio “Sandrini”. I Biancoscudati battono il Legnago 2-1, e con tre giornate di anticipo sono promossi in Lega Pro. La squadra più forte, quella capace di sbaragliare ogni avversario, di dominare quasi incontrastata sui campi della serie D del Triveneto, può finalmente esultare. Per i giocatori e il mister è una giornata meravigliosa: l’abbraccio di una tifoseria intera in estasi, il coronamento di un’annata straordinaria, la legittimazione di un primato mai in discussione. E per loro, per i tifosi, che a quei colori si sentono legati visceralmente, questo 19 aprile 2015 rappresenta molto, molto di più: è la fine di un incubo, di un esilio forzato, provocato dolosamente da personaggi che hanno calpestato e infierito su una storia ultracentenaria per poi mollare tutto, senza voltarsi indietro, lasciando una società gloriosa nella polvere. Da oggi, a meno di un anno di distanza da quel drammatico 15 luglio, il calcio padovano entra in una nuova era: il primo passo, un percorso quasi obbligato, era liberarsi in fretta dell’etichetta di dilettanti, senza nulla togliere alle squadre che, valorosamente, per tutta la stagione hanno cercato, il più delle volte invano, di fermare la corsa di una macchina quasi perfetta. Il prossimo, una volta liberatisi definitivamente delle macerie di un passato nebuloso, è riprendere la corsa proprio lì dove si era interrotta. Il secondo momento scocca poco dopo le 21, quando la squadra, dopo il giro per il centro sul pullman scoperto noleggiato per l’occasione e bardato dello scudetto della Biancoscudati Padova, uno stemma che non rimarrà sulle maglie ma che porterà con sè per sempre il gusto dolce della rinascita, arriva in Piazza delle Erbe.

Ore 08.38 – Serie D girone C, il prossimo turno (trentaduesima giornata, domenica 26 aprile ore 15.00): ArziChiampo-Montebelluna, Belluno-Union Ripa La Fenadora, Clodiense-Sacilese, Dro-Legnago, Fontanafredda-Tamai, Giorgione-AltoVicentino, Mezzocorona-Union Pro, Padova-Kras Repen, Triestina-Mori S. Stefano.

Ore 08.36 – Serie D girone C, la classifica aggiornata: Padova 78, AltoVicentino 65, Belluno 54, Sacilese 53, ArziChiampo 52, Clodiense 49, Union Pro 47, Montebelluna 45, Legnago 42, Union Ripa La Fenadora 41, Fontanafredda e Tamai 36, Giorgione 34, Dro 33, Kras Repen 29, Triestina 28, Mori S. Stefano 16, Mezzocorona 12.

Ore 08.34 – Serie D girone C, i risultati della trentunesima giornata: AltoVicentino-ArziChiampo 2-2, Dro-Clodiense 3-1, Kras Repen-Belluno 1-2, Legnago-Padova 1-2, Montebelluna-Fontanafredda 0-0, Sacilese-Giorgione 1-2, Tamai-Triestina 1-1, Union Pro-Mori S. Stefano 2-1, Union Ripa La Fenadora-Mezzocorona 4-0.

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E’ successo, 19 aprile: il Padova torna in Lega Pro grazie alla vittoria per 2-1 in rimonta a Legnago.




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