Cittadella, il baby Bizzotto: “Sogno la prima squadra, se non ce la facessi sarebbe solo colpa mia”

Condividi

Quella di Giulio Bizzotto è la storia di un ragazzo di provincia che insegue il suo sogno rincorrendo un pallone. Il brevilineo attaccante classe 1996, punta di diamante della Primavera del Cittadella, sta stupendo tutti con una stagione da protagonista assoluto: 14 reti segnate in 21 presenze stagionali, con i dodici centri in campionato che gli valgono la quarta posizione nella classifica dei bomber del Girone B. Eppure, di questo ragazzo col vizio del gol si parla decisamente troppo poco: Giulio non se ne cura, e continua a segnare, cullando il sogno di entrare a far parte della prima squadra del Cittadella. Mondoprimavera lo ha intervistato in esclusiva, dando visibilità alla stagione di un ragazzo che vale e che promette di ritagliarsi un futuro importante nel calcio professionistico. Bizzotto ci ha raccontato i segreti di un ambiente a dimensione familiare, svelandoci le sue aspirazioni e “smascherando” i suoi fans sfegatati che ci scrivono spesso e volentieri per commentare le sue grandi prestazioni.

Giulio, fin qui la tua è una stagione da incorniciare: e dire che sembrava essere iniziata col piede sbagliato…
“Vero, i primi mesi sono stati duri sia fisicamente che mentalmente: non mi sentivo al top della condizione, forse per le scorie che si erano accumulate dopo un’annata non esaltante come quella vissuta nello scorso campionato. Sono abituato a pensare positivo e conosco bene le mie qualità e quelle dei miei compagni, ma ad essere sincero quest’estate eravamo partiti all’insegna del basso profilo, con aspettative non molto alte”.
Nelle prime partite quel pallone sembrava non voler mai entrare.
“Le prime sette gare sono state davvero dure: non riuscivo proprio a ingranare, e la porta sembrava essere diventata un miraggio. Le prima sensazioni positive sono iniziate ad arrivare a fine ottobre, nella partita contro l’Atalanta: sono entrato a gara in corsa e finalmente ho sentito che le gambe rispondevano come volevo, e siamo riusciti a raggiungere il pareggio contro un’ottima squadra. Nella settimana successiva, nel match di Coppa Italia contro il Parma, è arrivata la svolta: mi sono sbloccato con una doppietta, segnando due gol non difficili che però per un attaccante come me hanno rappresentato una grandissima iniezione di fiducia. Dopo quella gara la fortuna ha iniziato a girare, e sono arrivati altri gol che mi hanno permesso di scalare la classifica marcatori del Girone B. Adesso sto attraversando un momento non brillantissimo, un calo di forma fisiologico a questo punto della stagione, ma non vedo l’ora di tornare in campo e di continuare a dare il mio contributo alla squadra a partire dalla prima gara in programma dopo la sosta”.
Dodici gol segnati in campionato, due realizzati in Coppa Italia: cosa è cambiato rispetto allo scorso anno?
“Sembrerà una risposta un pò ‘da calciatore’, ma credo che buona parte del merito della mia crescita in fase realizzativa sia da attribuire alla squadra. Quest’anno entriamo in campo in ogni partita per provare a giocare a calcio, e per un attaccante è molto più facile fare il proprio mestiere avendo alle spalle dei compagni che producono gioco e che ti mettono nelle condizioni migliori per segnare, piuttosto che dover lottare per crearsi da solo le occasioni da gol. Anche l’aspetto fisico ha avuto il suo peso, perché a differenza della passata stagione sento di poter usare la rapidità e la velocità come due dei punti di forza del mio gioco, mentre un anno fa facevo fatica anche sotto questo profilo”.
Anche l’intuizione di mister Giacomin, che ha avanzato la tua posizione in campo, ha avuto la sua importanza.
“Certo, quest’anno gioco da attaccante rispetto alla posizione da trequartista che ricoprivo fino alla passata stagione. Ma credo che un altro fattore decisivo sia stato quello mentale”.
Spiegaci meglio.
“Quella in corso sarà la mia ultima stagione a livello di settore giovanile, un’annata decisiva per la mia carriera calcistica. Sbagliare l’approccio e non riuscire a mettersi in mostra vorrebbe dire precludersi molte delle chance per un futuro ad alto livello nel mondo del calcio, e anche inconsciamente questo fattore ha avuto un peso specifico determinante per spingermi a dare il meglio di me e superare i miei limiti”.
Hai parlato dell’importanza della squadra per la crescita del tuo rendimento: state rispettando le vostre attese o pensate di poter fare ancora meglio?
“Sono sicuro che questa squadra abbia buone potenzialità per fare ancora di più di quanto raccolto fino a questo punto della stagione, che definirei sufficiente perché potremmo e vorremmo fare meglio di così. Magari non avremo a disposizione i singoli, a cominciare dal sottoscritto, per competere con squadre come Inter o Milan, ma abbiamo un’identità di gioco ben precisa che ci permette di poter dire la nostra contro qualunque avversario. Lo si è visto proprio nel match contro i rossoneri, giocato ad armi pari e che ci ha visti uscire sconfitti solo per un errore banale commesso nel finale. Il calendario per adesso non ci ha aiutato, visto che nelle prime sette partite del girone di ritorno abbiamo affrontato sei delle prime sette classificate. Da qui al termine della stagione abbiamo un cammino sulla carta più agevole, e cercheremo di dire la nostra provando a vincere più partite possibili”.
Come ti senti ad essere uno dei veterani di un gruppo che ha un’età media tra le più basse del campionato?
“Dopo il mercato siamo rimasti soltanto in cinque nati nel 1996, mentre il resto della squadra è composto da ragazzi classe ’97 e ’98. Essere una squadra così giovane può sembrare uno svantaggio, perché è ovvio che il gap a livello fisico e di esperienza si fa sentire, ma dall’altro lato questo aspetto può darci qualcosa in più rispetto agli altri: come accade anche a livello di prima squadra, i più giovani portano entusiasmo e voglia di fare, spingendo anche i più esperti a dare quel qualcosa in più che va tutto a vantaggio del rendimento della squadra. Il mister chiede a noi ’96 di essere d’esempio per i nostri compagni più piccoli: dobbiamo essere i primi a trascinare la squadra, aiutando i giovani soprattutto nei momenti di difficoltà. Penso sia giusto così, è il bello del calcio: io e gli altri compagni del ’96 abbiamo scelto di metterci in gioco anche sotto questo punto di vista, ed è una cosa che ci aiuterà a crescere e a prepararci alle future esperienze della nostra carriera”.
Il Cittadella viene spesso descritto come una famiglia: raccontaci che atmosfera si respira in settimana.
“Penso non ci possa essere migliore frase per sintetizzare una realtà come quella che viviamo giorno dopo giorno: il Cittadella è davvero una grande famiglia, una società dove non esistono le pressioni e che permette tanto ai ragazzi quanto alla prima squadra di lavorare circondati da addetti ai lavori competenti e dediti alla causa. Sono arrivato qui quando ero piccolo, e da quanto mi hanno raccontato in giro riguardo alle altre realtà professionistiche sono certo che questo sia l’ambiente ideale per giocare a calcio e per crescere nel migliore dei modi. È una società che ragiona con la propria testa e che ha la forza di non farsi condizionare dagli eventi, senza uniformarsi alle brutte abitudini di chi magari esonera un allenatore per poi richiamarlo due settimane più tardi. Non a caso mister Foscarini siede da quasi dieci stagioni sulla panchina della prima squadra, malgrado qualche fisiologico momento difficile attraversato nel corso degli anni, e Marchetti continua a ricoprire la carica di direttore generale nonostante abbia ricevuto tante offerte importanti. Se indossi la maglia del Cittadella hai la certezza che la fiducia riposta in te dalla società è totale, sotto tutti i punti di vista; un riconoscimento importante, che ti responsabilizza e ti spinge a dare il massimo per meritarla e conservarla nel tempo, facendo tutto il possibile per ripagarla nel migliore dei modi”.
Hai avuto modo di allenarti con la prima squadra: che differenze hai notato rispetto al settore giovanile?
“Direi che i primi elementi che saltano all’occhio sono la qualità notevolmente più alta e l’intensità che è davvero tutt’altra cosa rispetto a quella del mondo giovanile. Ho potuto toccare con mano quanto avevo sempre sentito dire fin da bambino, ovvero che a certi livelli devi pensare con una frazione di secondo di anticipo: la concentrazione è massima in ogni momento, e devi già sapere cosa fare un attimo prima di ricevere il pallone. Credo che questa sia la differena principale, anche perché un episodio può decidere le sorti di una partita e un errore può essere pagato a caro prezzo: ogni allenamento con la prima squadra è come una lezione di calcio, nella quale cerco di imparare il più possibile da ogni giocatore”.
Sei quarto nella classifica marcatori del Girone B, ma in pochi parlano di te: ti dà fastidio essere meno “pubblicizzato” rispetto ad altri tuoi colleghi?
“Rispondo molto sinceramente, e dico che non mi sento né infastidito né sminuito dal fatto di essere meno conosciuto rispetto a giocatori che stanno facendo parlare di sé negli ultimi tempi. Penso ad un esempio lampante come quello di Bonazzoli, un ragazzo contro il quale ho giocato più volte e che è arrivato nella prima squadra dell’Inter perché ha davvero qualcosa in più rispetto a quasi tutti i ragazzi che giocano in Primavera. Sono dell’idea che per arrivare in società di questo calibro, salvo exploit straordinari nell’annata degli Allievi, sia necessario approdarvi entro il primo anno di Giovanissimi. Io ho vissuto annate non esaltanti in quelle categorie, perciò non mi dà fastidio non avere la risonanza mediatica di giocatori così forti da meritarsi di entrare nel giro della prima squadra di un grande club. Dirò di più, il fatto che ci siano tanti giovani in rampa di lancio rappresenta un grande stimolo per me, come credo lo sia per tanti altri ragazzi della mia età: se un club è pronto a investire tanto quanto fatto dalla Sampdoria per assicurarsi il cartellino di un classe ’97 come Bonazzoli, tutti possiamo avere a disposizione una chance per arrivare lontano, continuando a fare sacrifici e lavorare per migliorare le nostre qualità e meritarci la nostra occasione nel calcio che conta. Tutto ciò mi motiva tantissimo, perché magari un giorno potrò dire di essere diventato qualcuno a dispetto dei pochi che parlavano di me quando avevo diciotto anni”.
Mancano sei partite al termine della stagione: dove può arrivare il Cittadella?
“La società non ci ha imposto alcun traguardo né obiettivo preciso a livello di posizione in classifica. L’unica cosa che ci viene richiesta è quella di uscire dal campo consapevoli di aver dato massimo in ogni partita. Nessuno ci rimprovererà per una sconfitta come quella contro il Milan, arrivata dopo un match nel quale abbiamo corso per novanta minuti prendendo gol all’ultimo minuto per un errore dettato dalla stanchezza. Il nostro obiettivo è quello di migliorare i risultati ottenuti nelle ultime gare disputate e di finire il campionato in crescendo, magari portando a casa più punti rispetto a quelli totalizzati nel girone d’andata. Vogliamo cercare di vincere tutte e sei le partite che restano da qui alla fine del campionato, per provare a risalire la classifica e concludere il più vicino possibile alla zona playoff”.
Quali aspirazioni hai per la tua carriera?
“Ogni giocatore che arriva a giocare in Primavera deve avere l’obiettivo di riuscire ad arrivare in prima squadra, quindi il mio sogno è quello di entrare a far parte in pianta stabile della rosa del Cittadella. Sono qui da quando sono bambino, e arrivare in prima squadra è una cosa che desidero con tutto me stesso. Detto questo, sono consapevole sia delle mie qualità che dei miei limiti, e allenandomi col gruppo di Foscarini mi rendo conto di avere ancora qualcosa in meno rispetto a tanti giocatori della prima squadra. Mi dispiacerebbe molto se la società non puntasse su di me e non mi promuovesse in prima squadra, ma se ciò dovesse accadere so che sarebbe soltanto ‘colpa’ mia, perché non ho dato il massimo oppure perché le mie qualità non permettono di giocare a certi livelli. Sono certo che, qualsiasi sarà la scelta fatta dalla società, sarà quella giusta: conosco il loro modo di lavorare, e so quanta pianificazione c’è dietro ogni decisione presa. A fine anno vedremo, per adesso continuo a lavorare al massimo per cullare il mio sogno”.
In chiusura, vuoi fare un saluto particolare ai tuoi fans che scrivono sempre sulla nostra pagina?
“È il nostro massaggiatore (Giulio ride di gusto, ndr.), una persona fantastica che è uno dei valori aggiunti del nostro gruppo. Dopo la prima Top 11 stagionale ha iniziato a prendermi in giro, commentando con la sua grande ironia le mie prestazioni sia in spogliatoio che sui social. È davvero una grande persona, che ci tiene sempre su di morale e ci fa ridere ogni giorno di più, e lo ringrazio per i suoi simpatici incoraggiamenti tramite Facebook”.

Fonte e foto: Mondoprimavera.it




Commenti

commenti

About Dimitri Canello

Direttore responsabile del sito web Padovagoal. Nato a Padova l'11 ottobre 1975, si è laureato nel marzo del 2002 in Lingue Orientali con la specializzazione in cinese. Giornalista professionista dal settembre 2007, vanta nel suo curriculum numerose esperienze televisive (Telemontecarlo, Stream Tv, Gioco Calcio, Sky, La 7, Skysport24, Dahlia Tv, Telenuovo, Reteazzurra, Reteveneta, Telecittà), sulla carta stampata (collaborazioni con Corriere dello Sport, Tuttosport, Corriere della Sera, Repubblica, Il Giornale, World Soccer Digest, Bbc Sport online, Il Mattino di Napoli, Corriere del Veneto) e sui media radiofonici (RTL 102.500, Radio Italia Uno)

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com